RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 3 giugno 2017

ZONA FRANCA A GORIZIA: TRIESTE TACE ? Solo sull' edizione goriziana del Piccolo le importanti notizie che riguardano anche noi. NO TAX A TRIESTE, SUBITO !


Sull' edizione di Gorizia del Piccolo oggi ci sono alcuni articoli sulla ZONA FRANCA che viene richiesta a gran voce da TUTTE le forze politiche goriziane e isontine. Sotto riportiamo due articoli che spiegano anche gli aspetti tecnici.

Quello che è difficile capire è perchè la stampa e il mondo politico triestino non ne parlino anche per Trieste, quasi che Trieste non sia anch' essa confinante con la Slovenia e non ne subisca la concorrenza fiscale anche sul costo del lavoro: cosa particolarmente evidente nei porti di Trieste e Koper. C'è una specie di tabù.

Comune al lavoro per vedere introdotta la prima "Zona economica speciale transfrontaliera". Meno dazi doganali. Romoli: «Partita più importante del Gect» La Zese porterà in dote un fisco più leggero di Francesco Fain
Un dossier fitto di analisi e di numeri che dimostra quanto l'introduzione della Zese (e dei benefici fiscali) sia assolutamente "giustificata" in quest'area di confine. Coinvolgendo i Comuni di Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba. "Il Piccolo", oggi, è in grado di svelare i contenuti dello studio di fattibilità consegnato nei giorni scorsi al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e redatto da Daniele Del Bianco (Istituto di sociologia internazionale di Gorizia), Claudio Meninno (Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università di Trieste) e Sandra Sodini (GectGo). Studio di fattibilità in cui quella sigla, per certi versi misteriosa (Zese), diventa più chiara e comprensibile ai più. Un novità assoluta Intanto, sarebbe la prima Zona economica speciale europea (Zese) transfrontaliera. Una pagina bianca tutta da scrivere. Il dispositivo della legge 108/1998 può essere considerato come il primo passo per l'istituzione di una Zese in quanto «la Zona - si legge nel dossier - non è all'interno dei confini nazionali ma, unico caso in Europa, "transfrontaliera" tra Italia e Slovenia al fine di consentire un vantaggio ad entrambi i Paesi». La Zese - in soldoni - permetterà agevolazioni o esenzioni fiscali, incentivi, canoni di locazione e utenze a tariffe agevolate nel territorio transfrontaliero. L'obiettivo è di attrarre investimenti diretti all'estero (Ide) abbassando i costi di insediamento e produzione; armonizzare le politiche economiche e di riforma finanziaria; attuare strumenti di lotta transfrontaliera all'evasione fiscale.Non solo. La Zona franca di frontiera, istituita nell'area del GectGo, permetterebbe di attrarre investimenti attraverso l'esenzione dai dazi doganali sui materiali non finiti provenienti da territori extra-Ue che verrebbero lavorati nell'area delle tre città. L'auspiciodel sindacoZes, Zese, Tajani, Fasiolo, centrodestra, centrosinistra. Quasi immediatamente è scoppiata una "battaglia" su questo nuovo strumento agevolativo con il rischio che il braccio destro non sappia ciò che fa il sinistro. «Basta che non si inizi un battaglia sulla primogenitura! Zes e Zese - spiega il sindaco Ettore Romoli - sono due strumenti diversi ma credo sia venuto il momento di lavorare assieme». Aggiunge Romoli: «La Zese è una cosa seria. Ritengo che questo riconoscimento sia ancora più importante del Gect. La sua creazione intende favorire l'occupazione e lo sviluppo di zone e territori isolati, svantaggiati o poco produttivi all'interno di uno Stato, ma anche di zone strategicamente rilevanti rispetto alle vie di commercio e comunicazione, come ad esempio porti, aeroporti, stazioni ferroviarie per le merci, arterie autostradali, aree industriali e poli tecnologici e manifatturieri». A livello mondiale, sono numerose le nazioni che hanno promosso lo sviluppo e la crescita anche attraverso la creazione di free zones. Ad oggi ne esistono 2.700, soprattutto in Cina, dove, a partire dal 1978 il governo ha promosso la creazione di tali aree, che hanno contribuito in maniera sostanziale al suo sviluppo economico. Beneficidi natura fiscaleNell'area transfrontaliera del GectGo, unendo le disposizioni della legge 108 (istituzione di "Zone franche di frontiera" tra Italia e Slovenia) con la possibilità, a livello europeo, di creare Zes, si presenta l'occasione di istituire, dunque, la prima Zona economica speciale europea sfruttando le potenzialità offerte dalla stessa legge 108 e dalla creazione di Zes nel superamento delle rispettive debolezze intrinseche, soprattutto nell'ottica di uno sviluppo transfrontaliero armonioso. «L'area individuata a cavallo del confine tra Italia e Slovenia - spiegano Sodini, Del Bianco e Meninno - presenta una disponibilità di suolo notevole e già infrastrutturata (circa due volte la superficie di Mirafiori) che vede già la presenza di aree industriali, di infrastrutture autostradali e ferroviarie ed infine dell'aeroporto Duca D'Aosta, capace d'essere un forte "attrattore" per lo sviluppo delle industrie del settore aeronautico».



Non c'è partita con Nova Gorica dove un operaio costa all'azienda il 45% in meno. «Svantaggio macroscopico» Costo del lavoro Gorizia soccombe In campo fiscale, non c'è partita fra Italia e Slovenia, fra Gorizia e Nova Gorica. Poniamo che un'impresa guadagni 250mila euro. "Di qua", al netto delle imposte, incamera 171.500. La stessa azienda, appena oltre il confine, in Slovenia, porta a casa 187.500 euro. Perché? La pressione fiscale per le aziende del Goriziano, rispetto alle concorrenti d'oltreconfine, è superiore del 13%.A puntare la lente d'ingrandimento su questo, complesso tema sono i commercialisti Vittorio Pella e Piergiorgio Strizzolo: hanno dato vita a una nuova puntata del loro interessantissimo studio dedicato ai fattori di competitività, al costo del lavoro e alla fiscalità di vantaggio. Cosa si evince? In primis, un costo del lavoro a Gorizia superiore di circa il 45% rispetto a quello in Slovenia e una pressione fiscale per le società di capitali maggiore del 13%. Questi gli svantaggi fiscali contro cui devono quotidianamente combattere le imprese della nostra provincia a ridosso del confine con la Slovenia: grandi differenze che appaiono paradossali, se si pensa che Italia e Slovenia sono entrambi Paesi membri dell'Unione Europea.«La vicinanza della Provincia di Gorizia a due Stati dell'Ue, Austria e Slovenia, è diventata fattore di "svantaggio competitivo" per i soggetti economici dell'Isontino, a causa del differente costo del lavoro e delle riduzioni delle aliquote fiscali operate dai citati Stati, che sono diventate notevolmente inferiori a quelle italiane», sentenziano i due commercialisti. Che entrano nel merito: «In Italia, attualmente, due sono le imposte a cui è sottoposto il reddito d'impresa prodotto dalle società di capitali: l'Ires (Imposta sul reddito delle società) e l'Irap (Imposta regionale sulle attività produttive). Le attuali aliquote d'imposta - spiegano Pella e Strizzolo - sono pari al 27, 50% per quanto riguarda l'Ires e al 3, 90% per quanto riguarda l'Irap (seppur con basi imponibili diverse), per un carico fiscale complessivo "teorico" sul reddito prodotto pari al 31, 40%. Anche se per le cosiddette imprese virtuose in Friuli Venezia Giulia l'aliquota Irap scende di quasi un punto percentuale (con un carico complessivo teorico pari al 30, 48%), il sistema fiscale a cui sono sottoposte le società di capitali in Italia si presenta meno attraente rispetto a quello dei nostri confinanti».Infatti, attualmente in Austria, l'aliquota sul reddito prodotto dalle persone giuridiche è del 25% e in Slovenia è del... 17%. Una sfida impari. E non è tutto. Un altro fattore di competitività della Slovenia (e di conseguente svantaggio per le imprese della nostra provincia) è dato dal costo del lavoro che risulta essere molto più basso del costo del lavoro in Italia. L'Ufficio statistico europeo (Eurostat) rileva un costo orario del lavoro (total labour costs) dei settori industria, costruzioni e servizi in Italia pari a 28,30 euro contro un costo orario del lavoro in Slovenia pari a 15,60 euro. «È evidente come il costo orario del lavoro in Slovenia nel 2014 è rilevato inferiore di circa il 45% rispetto al costo orario del lavoro in Italia», osservano i due commercialisti.La soluzione? «Ho proposto al sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, e alla presidente della Regione Serracchiani la costituzione di una "Labour Belt" , una fascia che comprenda le zone di confine del Fvg e dunque anche la nostra provincia», spiegò - a suo tempo - l'allòra presidente della Provincia (oggi in liquidazione) Enrico Gherghetta. Da cui emergono in maniera oggettiva elementi con i quali gli imprenditori del Goriziano hanno imparato, sulla loro pelle, a fare i conti quotidianamente. «La finalità per il nostro territorio deve essere quello di attrarre capitali, aprendo agli investimenti privati e mettendo da parte definitivamente l'approccio assistenzialista. Abbiamo punti di forza forse unici in tutto il Nord Italia: abbiamo un'autostrada, un aeroporto, l'interporto
, l'autoporto. Per partire, bisogna togliere la zavorra della fiscalità che definiremmo di svantaggio: la costituzione della Labour Belt potrebbe essere un punto dal quale partire, costituendo un'iniziativa di cooperazione transfrontaliera che potrebbe essere promossa da Governo e Regione». L'obiettivo, spiegò Gherghetta, era l'armonizzazione del costo del lavoro nella fascia confinaria «superando forme di dumping sociale che costano al nostro Paese sia in termini di entrate sia di disoccupazione».
Francesco Fain









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