RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 15 ottobre 2016

IL PRESIDENTE DELL' APT D' AGOSTINO PER LA "NO TAX AREA" - IMPORTANTE INTERVENTO MENTRE I TRIESTINI DORMONO (POLITICI E NON) - LA NO TAX AREA E' UNA PROSPETTIVA CONCRETA, COME SOSTENIAMO DA SEMPRE - IL TITOLO DEL PICCOLO SVIA DAL CONTENUTO -

Oggi Il Piccolo a pag.13 fa un resoconto dell' intervento del neopresidente dell' Autorità Portuale di Trieste Zeno D'Agostino al MIB (clicca QUI).
Sotto un titolo che può far sorridere, fatto dal solito titolista in stato euforico, si cela invece una presa di posizione importante favorevole alla NO TAX AREA (ed all' applicazione estensiva dell' Allegato VIII) di cui noi parliamo da sempre, la Serracchiani da luglio e su cui la cosiddetta "politica" locale tace, impegnata in reciproci sgambetti e discussioni idiote.

Ecco il testo della parte finale dell' articolo:
"Il commissario (Presidente ndr.) intanto ha anche ribadito che è sempre aperto il tavolo sui vantaggi fiscali che derivano dalla condizione del porto franco internazionale. Quanto alla richiesta di una “No tax area” per Trieste - proposta al governo dalla governatrice Debora Serracchiani (e da noi da sempre ndr.)- «noi finora abbiamo fornito documentazioni - ha affermato D'Agostino -. Il discorso c'è già su Milano e Napoli e poi su Trieste, ma se noi puntiamo sul fatto che siamo già una zona franca dal punto di vista doganale, si possono aggiungere anche gli aspetti fiscali. C'è qualche linea di pensiero che ritiene che ci siano già questi vantaggi, perché esiste un passaggio dell'Allegato VIII, che secondo me ha senso, per cui non si possono imporre tasse all' interno del Porto franco se non sono collegate a un effettivo servizio che il soggetto che percepisce la tassa eroga nei confronti del soggetto che la paga». Un punto a favore dunque già in tasca per i terminalisti del porto triestino. «Infatti loro non pagano né Imu né Ici», conferma D'Agostino. Il gioco dunque sembra essere più facile per ottenere questo ulteriore status. «Su alcuni elementi già oggi siamo “No tax area” rispetto ad altri porti. Si può seguire la stessa linea giurisprudenziale, per esempio, per la fiscalità del lavoro. Penso che qualche imprenditore voglia fare qualche iniziativa di questo tipo: se vince in questo campo, gli si apre un mondo». 


Doveva essere un tecnico venuto da Verona a fare questi discorsi mentre i politicanti triestini, di TUTTI gli schieramenti, opposizioni e autonomisti-indipendentisti compresi, tacciono.


Sveglia signori!
Bisogna accogliere questo "assist" CHE DIMOSTRA CHE LA "NO TAX AREA" (O ZONA FRANCA) E' UNA PROSPETTIVA CONCRETA, come noi sosteniamo da sempre, e portare avanti gli interessi di Trieste !
Meno fesserie su striscioni e religioni e più concretezza !
Quando arriva una buona carta bisognerebbe giocarla al meglio, indipendentemente da chi la da, e non restare inerti o recriminare pretendendone una migliore.


Prendiamo atto che anche l' idea del Presidente dell' APT di un "Birrodotto" è molto triestina: noi ci aggiungeremmo anche un "Krautodotto" e un "Parsutodotto" da Praga.

Scherzi a parte, fa piacere che un funzionario nominato dal Governo, che poteva limitarsi a non far niente come tanti suoi predecessori, cerchi ogni possibilità di sviluppo per il nostro Porto e applichi la sua creatività.

Quello che fa invece pena è vedere i triestini che aspettano che il fico gli caschi in bocca pretendendo che sia un funzionario del governo a cavargli le castagne dal fuoco o, secondo alcuni, addirittura dargli l' indipendenza, che va conquistata.

Per non parlare dello sgomento generato da dei giornalisti che in tutta una complessa proposta, centrata sul Porto Franco Internazionale, individuano nella birra il punto qualificante.

Dare a Cesare quel che è di Cesare.

TRUMP O CLINTON ? EUROPA ATTENTA A CLINTON ! - Un articolo di LIMES in occasione dell' invio di truppe italiane ai confini russi - "In un’ottica europea, l’esecrato Donald Trump sarebbe il male minore: il suo isolazionismo promette poco, ma chiede ancor meno. Viceversa, Hillary imporrà al Vecchio Continente il suo interventismo. Precipitando una crisi transatlantica."

Visto che il Governo Amministratore Provvisorio di Trieste comincia a mandare truppe ai confini con la Russia in Lettonia, in spregio del' art. 11 della Costituzione che vuole stravolgere, e considerato che a Trieste abbiamo verificato con le Guerre Jugoslave degli anni '90 come queste cose evolvono e sfuggono di mano, pensiamo sia ora di mettere da parte il "politicamente corretto" e di occuparsi di cose più sostanziali delle abitudini sessuali dei due candidati americani: l' uno accusato di essere un maiale e l' altra di essere in realtà lesbica.

Malgrado la Clinton evochi "l' Apocalisse" e Obama la "fine della democrazia" in caso di vittoria dell' avversario, noi i
nvece di "parlare alla pancia" preferiamo parlare alla testa e pubblichiamo per i nostri lettori un articolo della rivista di geopolitica Limes, diretta da Lucio Caracciolo e parte del Gruppo Espresso:

EUROPA ATTENTA A CLINTON !di 

In un’ottica europea, l’esecrato Donald Trump sarebbe il male minore: il suo isolazionismo promette poco, ma chiede ancor meno. Viceversa, Hillary imporrà al Vecchio Continente il suo interventismo. Precipitando una crisi transatlantica.


1. IN QUESTI TEMPI DI POPULISMO, le affermazioni apparentemente incredibili vanno motivate rigorosamente. Dunque se dico che per gli europei Donald Trump sarebbe meglio di Hillary Clinton, devo fornire una spiegazione convincente.
Non voterei mai Trump. Come ogni demagogo americano che si rispetti – da Huey Long a Douglas MacArthur, da Joseph McCarthy a George Wallace – il candidato repubblicano spesso gioca con la realtà. Mente apertamente, come quando ha detto che al tempo dell’11 settembre grandi folle di musulmani in New Jersey festeggiarono gli attentati; oppure distorce i fatti, come quando lascia intendere di poter imporre al presidente del Messico la costruzione di un gigantesco muro per impedire ai suoi connazionali di attraversare il confine con gli Stati Uniti.
Non si tratta di errori compiuti in buona fede; del resto, il mondo abbonda di ridicole teorie della cospirazione che passano per vere (il sottoscritto si è sentito dire da tedeschi sani di mente che l’11 settembre fu opera di George W. Bush). Per quanto in voga nei caffè europei alla moda, il post-modernismo altro non è che una forma di nichilismo, perché in politica come nella vita ci sono delle verità (Cina e India stanno emergendo e l’Europa è in declino, per esempio) che devono essere riconosciute come tali da noi, discendenti di Pericle e Aristotele. Cercare la verità in politica per rendere il mondo migliore è il nostro lavoro, anzi è la nostra vocazione. I demagoghi che oscurano volutamente la verità sono i nemici dei liberi pensatori, a prescindere dalla loro affiliazione politica. Già questo mi basta per non votare Trump.
È comunque altamente improbabile che Trump vinca le elezioni. Gli uomini bianchi arrabbiati non sono più maggioranza nell’elettorato statunitense, se mai lo sono stati. Trump è riuscito ad alienarsi le donne (il maggior blocco elettorale negli Stati Uniti), i neri (il blocco più fedele ai democratici) e gli ispanici (il segmento elettorale a più rapida crescita). Etica a parte, è possibile alienare due di questi gruppi e vincere, ma con tutti e tre contro la sconfitta appare una questione matematica. Trump ha il tasso di approvazione più basso di chiunque abbia mai corso per la presidenza nella moderna storia politica americana. Un sondaggio Gallup di maggio 2016 ha rivelato che un astronomico 87% degli ispanici vede negativamente il candidato repubblicano, posizione condivisa dal 70% delle donne. Alla fine di giugno Hillary Clinton staccava di cinque punti il rivale nella media dei sondaggi nazionali ed era davanti a lui (anche se con un margine inferiore) negli Stati chiave, come Florida, Ohio e Pennsylvania. a fine agosto il distacco appariva ancora più netto.
Eppure, Trump ha una chance di vittoria, per quanto esigua. Se riesce a mobilitare in gran numero i bianchi diplomati, così scoraggiati dalla globalizzazione da non prendersi di solito la briga di votare, potrebbe ottenere un esiguo ma determinante vantaggio negli Stati della rust belt: Pennsylvania, Ohio, Michigan, Wisconsin e Iowa. Se Trump staccasse la Clinton di una manciata di punti in ognuno di questi Stati, l’impensabile potrebbe diventare possibile. Questo scenario è tuttavia alquanto improbabile; verosimilmente, la Clinton otterrà una vittoria ampia, se non schiacciante.
L’altra ragione per cui Donald Trump è nocivo all’America è che, come la maggior parte dei demagoghi, se ne infischia della costituzione degli Stati Uniti, che in ultima analisi è ciò che tiene insieme questo paese così eterogeneo. Come chiarisce il personaggio interpretato da Tom Hanks nel Ponte delle spie, la costituzione è il cemento che tiene insieme l’America. I francesi hanno avuto cinque repubbliche, gli Stati Uniti solo una. Questa eccezionale stabilità politica è una circostanza storica essenziale ed è resa possibile quasi esclusivamente dall’adesione di ogni generazione alla costituzione. Minacciarla, come Trump fa apertamente ogni qualvolta disprezza lo Stato di diritto, rende l’uomo un nemico pubblico.

2. Non c’è dubbio che Trump ignori realtà obiettive (o le mistifichi), abbia poche possibilità di essere eletto e sia un pericolo per la costituzione e per il paese. Ciò detto, se fossi un europeo e se avessi a cuore più di ogni altra cosa gli interessi di politica estera dell’Europa, riterrei Trump di gran lunga meglio dell’apparentemente filoeuropea Clinton.
Dirò di più. Dopo che l’Europa avrà tirato un sospiro di sollievo collettivo per la sconfitta di Trump, la neoeletta Hillary Clinton innescherà una storica crisi della relazione transatlantica, determinata dall’incolmabile ma trascurato divario tra l’andazzo del Vecchio Continente e i desiderata della nuova amministrazione.
Usciamo per un attimo dal polverone di questa campagna elettorale e facciamo un semplice esperimento teorico, ponendoci nell’ottica della politica estera europea. Il candidato presidente A ha criticato apertamente il movimento neoconservatore, additandolo come l’elemento più pernicioso nella storia recente della politica estera americana. Dopo due decenni di dominio neocon del Partito repubblicano, il candidato A ha emarginato il movimento ed è determinato a far sì che l’America non sia più il gendarme del mondo.
A è altresì contrario alla maggior parte dei trattati commerciali in fieri o in essere, avendo aspramente criticato sia l’accordo Usa-Asia (Tpp, Trans-Pacific Partnership), sia quello Usa-Europa (Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership). A ha detto chiaramente che la guerra in Iraq è stata un disastro e che George W. Bush ha mentito sul pretesto di quell’intervento. A promette di essere duro con i sauditi e vuole giocare un ruolo assolutamente neutrale nella disputa israelo-palestinese. A crede di poter migliorare i rapporti con la Russia di Putin, facendone una priorità della sua politica estera. A considera la Nato obsoleta e crede che, specie in caso di riavvicinamento al Cremlino, l’alleanza dovrebbe concentrarsi sull’immigrazione e sulla lotta al terrorismo, rivolgendosi a sud invece che a est.
Durante il suo grande discorso sulla politica estera dell’aprile 2016, il candidato A ha affermato che l’America dovrebbe ricorrere alla guerra solo come opzione di ultima istanza e che appena eletto si consulterà con i leader di Russia e Cina, per stemperare le tensioni internazionali. Per dirla con le sue parole: «A differenza di altri candidati alla presidenza, non ho tra i miei istinti primari la guerra e l’aggressione. Una superpotenza comprende che la cautela e l’autocontrollo sono i veri attributi della forza». Affermazioni che, al pari delle altre posizioni di cui sopra, potrebbero essere sottoscritte da gran parte dell’élite europea.
Viceversa, il candidato B ha sostenuto la guerra in Iraq e il disastroso intervento in Libia. B è contro i grandi accordi commerciali solo a parole, e cinicamente si scaglia contro il Tpp che egli stesso ha contribuito a negoziare. Interventista fino al midollo, B auspica maggiori legami con Israele, un maggior coinvolgimento occidentale nel ginepraio siriano (attraverso l’istituzione di una zona d’interdizione aerea) e un maggior attivismo dello stesso Occidente in Ucraina, sia armando gli ucraini sia prendendo di petto Putin. Sconfessando il realismo in incognito di Obama, B sprona l’Europa a fare di più e a seguire l’America nella sua politica estera interventista.
Come direbbe Bob Dylan, non serve un meteorologo per sapere da che parte tira il vento. Le politiche di A si attagliano all’Europa molto più di quelle di B. Per inciso, A è l’odiato Donald Trump, mentre B è la rispettata Hillary Clinton (rispettata almeno in Europa, perché in America è il secondo candidato presidenziale meno amato da quando esistono i sondaggi, superata per impopolarità solo da Trump). Quest’esito stupefacente palesa a chiunque abbia occhi per vedere quanto negli ultimi vent’anni la classica visione europea della politica estera si sia allontanata da quella dell’establishment statunitense.
Le politiche della Clinton si confanno al breve periodo del dominio unipolare americano anni Novanta, quando suo marito era presidente. Nel mondo multipolare di oggi invece, le sue ricette unilaterali fanno solo danni. L’élite europea ha ragione a temere Trump, tuttavia non capisce che la prossima crisi transatlantica non sarà causata dal miliardario, bensì dai futili sforzi della Clinton per riportare in auge la primazia statunitense con un interventismo ormai anacronistico e controproducente.


3. Ovviamente vi sono aspetti dell’ipotetica politica estera di Trump che turbano gli europei. «The Donald» promette di andarci giù pesante con la Cina, imponendo un astronomico dazio del 45% sulle merci cinesi a prescindere da cosa dica l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), il che innescherebbe una guerra commerciale tra le due maggiori economie del mondo in una fase di perdurante debolezza dell’economia europea. Trump ha inoltre accennato al fatto di non gradire l’accordo sul nucleare con l’Iran, ma qualsiasi tentativo di sabotarlo sarebbe accolto dal netto rifiuto europeo di ripristinare le sanzioni e precipiterebbe in una crisi transatlantica, rinfocolando al contempo le tensioni in Medio Oriente.
Trump (al pari di Obama) rinfaccia agli europei di non contribuire sufficientemente alla Nato, gravando come un peso morto sugli Stati Uniti. Egli sottolinea giustamente che appena quattro dei ventotto membri dell’Alleanza spendono almeno il 2% del pil nella difesa, sebbene questo modesto impegno sia stato sottoscritto da tutti a più riprese. Trump promette di obbligare ognuno a rispettare gli impegni; avendo lavorato nel ramo per tre lustri, gli auguro buona fortuna.
Il candidato repubblicano, con sommo sdegno degli europei, avversa il grosso degli accordi e delle istituzioni multilaterali che possano limitare la libertà d’azione dell’America; del resto, difficilmente chi non vede un limite nella costituzione intende farsi condizionare da concetti nebulosi come il diritto e la comunità internazionale. Ciò infrange tutti i princìpi delle élite europee che si occupano di politica estera, specie ora che i britannici se ne sono andati.
Malgrado tutti questi caveat, la politica estera di Trump è qualcosa con cui gli europei possono convivere, se non altro perché non chiede loro quasi nulla. Trump offre all’America una politica estera antimmigrazione, protezionista, isolazionista e unilaterale, di norma appannaggio della minoritaria ala nazionalista del Partito repubblicano. A un’Europa attanagliata dalla crisi dell’euro, dall’emergenza rifugiati e dal Brexit, «The Donald» offre invece una pausa, una vacanza dalla storia in cui tentare di risolvere i pressanti problemi interni. Questa ragione, da sola, fa di Trump una buona notizia per l’Europa.

4. Concludiamo immaginando un’altra situazione, che verosimilmente collocheremo all’inizio del 2017. Una Hillary Clinton fresca di elezione incontra la cancelliera tedesca Angela Merkel. Le parla francamente, in una conversazione che si volge più o meno così.
«Angela, ora che ho scongiurato il pericolo del populismo in America, uno spettro che so turbare anche te, sappi che a Washington hai un partner che condivide i tuoi stessi valori. Siamo entrambe wilsoniane, crediamo nel diritto e nella comunità internazionale, reputiamo necessario lavorare attraverso le istituzioni multilaterali ogni qualvolta sia possibile. Diamo entrambe importanza ai diritti umani e alla risoluzione delle questioni internazionali mediante il compromesso. E siccome la nostra comune visione del mondo e i nostri valori condivisi hanno trionfato politicamente sulle perniciose forze del populismo, è tempo che noi agiamo insieme e con forza. Esorto pertanto te e il resto dell’Europa a raggiungere quanto prima gli obiettivi di spesa della Nato, per aiutarci ad armare gli ucraini e a opporci a Putin, per istituire una no-fly zone sulla Siria e per mandare truppe in Libia in funzione di nation building».

Immagino sia questo il momento in cui Merkel ridacchia nervosamente, si guarda le scarpe… e non succede nulla. Questo è anche il momento in cui si apre ufficialmente la crisi dei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Se infatti due leader dalla mentalità e dai valori affini come Merkel e Clinton non riescono a forgiare politiche comuni, cosa resta della relazione transatlantica?
Una presidenza Trump rinvierebbe il momento della verità, ma tale esito è improbabile. Lo scenario più verosimile è quello di un’ampia vittoria di Hillary Clinton, che quasi certamente porterà a una crisi dei rapporti transatlantici nel corso del prossimo anno. Se Trump è il peggio per l’America, Clinton è il peggio per l’Europa: qui sta il paradosso di queste elezioni.
(traduzione di Fabrizio Maronta)



venerdì 14 ottobre 2016

#IpocrisiaGovernativa - CASO REGENI: MENTRE A TRIESTE SI FA LA STRUMENTALE "BATTAGLIA DEGLI STRISCIONI" TRA PD E CD, IL MINISTRO DEL TURISMO EGIZIANO VA ALLA FIERA DEL TURISMO DI RIMINI, REGOLARMENTE INVITATO - IN EGITTO 1.200.000 TURISTI ITALIANI E UN FORTE INTERSCAMBIO COMMERCIALE - ESPORRE UNO STRISCIONE SULLA REGIONE NON COSTA NIENTE E SI FA BELLA FIGURA...

L' interscambio economico Italia - Egitto

L’ipocrisia della visita in Italia del ministro del Turismo dell’Egitto, regolarmente invitato.


Dal Cairo : (al-Yawm al-Sabi’) Il ministro egiziano del Turismo Yahya Rashid si è recato in Italia per partecipare alla fiera del turismo Ttg Incontri, una tre giorni (13-15 ottobre) in programma a Rimini a cui partecipano decine di migliaia di addetti al settore e giornalisti specializzati.
Il resoconto dell’evento sulla stampa egiziana è una celebrazione del successo dell’iniziativa, con tanto di incontro con i rappresentati dell’Astoi (Confindustria Viaggi), per invitarli a organizzare la loro assemblea generale in Egitto, a promuovere una serie di viaggi dei tour operator perché si rendano conto delle condizioni di “sicurezza” dell’Egitto.
Il ministro egiziano ha inoltre annunciato la ripresa delle campagne pubblicitarie turistiche del suo paese in Italia a partire dal prossimo novembre, anche se sul sito dell’Astoi non compare alcun riferimento in merito.
Di fatto, però, la Farnesina non ha mai adottato una linea dura sul settore turistico egiziano, nemmeno all’indomani dell’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni (il cui corpo è stato ritrovato il 3 febbraio scorso): se si visita infatti la pagina relativa all’Egitto del servizio “Viaggiare Sicuri” del ministero degli Esteri italiano, si nota infatti come i viaggi nei resort turistici di Sharm al-Shaykh, della costa continentale del Mar Rosso, della costa mediterranea e dell’Alto Egitto siano ancora “tollerati”.

Ciò che emerge comunque dai media egiziani è il peso dell’industria turistica italiana in Egitto: il sito d’informazione Bawaba Masr 11 ricorda, per esempio, che nel 2010 i turisti italiani ammontavano a 1.200.000. Nella prima metà del 2016, le entrate del settore turistico egiziano hanno subito una perdita di un miliardo di dollari rispetto ai primi sei mesi del 2015, quando registravano 2.3 miliardi di dollari.
Il settore è stato messo in ginocchio dalla situazione precaria della sicurezza egiziana, colpita da svariati incidenti aerei e attentati terroristici nel corso degli ultimi anni.
(da Limes on-line)


FALLIMENTO SAN ROCCO: RISULTATO DEL FANTATURISMO- DA "PORTO CERVO DELL' ADRIATICO" A CRACK: LA STESSA SORTE ASPETTA L' URBANIZZAZIONE DI PORTO VECCHIO - UTILIZZO PRODUTTIVO E NO TAX ZONE: BASTA FANTASIE SU UN TURISMO IMPOSSIBILE !

Ecco un altro bel risultato fallimentare delle ipotesi "FANTATURISTICHE" a Trieste.
La trasformazione dei Cantieri San Rocco in un sito turistico era stata impostata dal PD con il sindaco Bordon e poi spinta da Dipiazza.
Non sfuggono le analogie con la situazione di Porto Vecchio nuovamente avviata dal sen Russo del PD con la "sdemanializzazione" d' intesa col sindaco Cosolini e adesso spinta da Dipiazza.


L' urbanizzazione e "turistizzazione" di siti produttivi non porta bene a Trieste.


"Ci era stato detto che saremmo diventati il Porto Cervo dell' Adriatico" invece gli appartamenti sono deprezzati ed il borgo è moribondo.

Anche PortoPiccolo  di Sistiana, una "location" ben più turistica che dentro il porto come Porto Vecchio, ha i suoi problemi con una buona quota di appartamenti non venduti e cambi di manager conseguenti.

Questo il risultato di politiche velleitarie e sbagliate che puntano tutto sul turismo senza tener conto delle condizioni reali di mercato.
Trieste non è Venezia che è una destinazione turistica mondiale ed ha solo 50.000 abitanti.


Le ipotesi "fantaturistiche" sull' urbanizzazione di Porto Vecchio non solo non trovano finanziatori (ci dicano un solo nome per Porto Vecchio) ma rischiamo di trasformarsi in una catastrofe per il Comune, per i costi per mantenere l' area, e per la città.

I fatti dimostrano che solo un riutilizzo produttivo, che utilizzi le peculiarità del Punto Franco e di una No Tax Area ha delle prospettive concrete e di sviluppo economico.
Ma della No Tax Area proposta a luglio non si sente più parlare...




giovedì 13 ottobre 2016

IL REFERENZI DEL 4 DICEMBRE

Trieste non ha mai votato nè per l' Assemblea Costituente nè per la Costituzione Italiana entrata in vigore il primo gennaio 1948, perchè a quel tempo era TLT in seguito al Trattato di Pace del 1947.
Nel 1954 il Governo Italiano ha ricevuto l' incarico internazionale di amministrare Trieste e non è indifferente essere amministrati bene negli interessi della città o male secondo interessi coloniali.
Non è successo nulla nel frattempo tale da giustificare la necessità di andare a votare sulle modifiche alla Costituzione italiana.
  
Tuttavia gli stessi promotori hanno dato al referendum del 4 dicembre il carattere di gradimento o meno all' azione del Governo.
 Da cittadini mal amministrati saremmo contenti se il popolo italiano votasse contro la combriccola al governo, responsabile di una politica distruttiva anche per la Trieste da loro amministrata (male), e la riforma costituzionale fatta a suo uso e consumo e del tutto pasticciata e scritta coi piedi.
Questa controriforma è pensata per aumentare il centralismo e i poteri del Governo centrale nonchè dei partiti nazionali, che avranno pure il potere di nominare un Senato non più elettivo, a scapito delle limitate autonomie e "specialità" locali esistenti.

Perciò,da triestini amministrati (male), facciamo il tifo per il NO al referendum del 4 dicembre che, tra l' altro, non ha nemmeno un quorum minimo. Per questo il Governo italiano, pessimo amministratore di Trieste, fa il possibile perchè l' astensionismo sia alto soprattutto fra gli oppositori, già piuttosto disgustati.


Perciò a chi ritenesse di andare a votare per esprimere il suo parere sull’ amministrazione del Governo Italiano consigliamo di votare NO per bocciare una controriforma centralista e per dare una bastonata al governo amministratore di Trieste, e almeno per mandare a casa il ducetto fiorentino con la sua corte dei miracoli muovendo così il quadro politico non solo italiano ma anche europeo.

MACROREGIONI EUROPEE: LA SERRACCHIANI HA LE IDEE CONFUSE - Che c' entriamo con Sicilia, Calabria, Puglia, Albania ...? PERCHE' NON ADERIRE ALLA MACROREGIONE DANUBIANA ?

A noi invece pare che la Serracchiani abbia le idee molto confuse quando dice: "nell'ambito della macroregione Adriatico Ionica «il Friuli Venezia Giulia ha idee chiare»" (clicca QUI).

Prima guardiamo la cartina della Macroregione Adriatico Ionica e poi, sotto, 
commentiamo:
La magnificata Macroregione Adriatico Ionica mette insieme Trieste ed il suo Porto Franco da un lato con Venezia, storica avversaria e concorrente, con la Puglia di Taranto (altro concorrente), con la Calabria di Gioia Tauro (altro concorrente), con la Sicilia.

Per parafrasare il titolo di un vecchio film:"Che c' entriamo noi con  il Profondo Sud ?". Con una macroregione che va da Milazzo a Durazzo ?


Non c'è comunità di interessi (anzi il contrario), di prospettive e nemmeno di storia e cultura.

Trieste notoriamente è stato il porto dell' Impero e della Mitteleuropa e tuttora lavora in prevalenza (più dell' 80%) con l' estero e precisamente queste aree che fanno parte della Macroregione Danubiana cui nè l' Italia nè la Regione aderiscono a differenza della Slovenia (con il porto di Capodistria) e della Croazia (con il porto di Fiume).


Non crediamo che nemmeno il Friuli senta una particolare affinità con la Calabria, la Sicilia, la Puglia, l' Albania... dove starebbe il vantaggio dell' adesione alla Macroregione Adriatico Ionica che non ha combinato nulla, come è stato detto nel convegno, e che confina Trieste insieme al Profondo Sud, in crisi strutturale,  dell' Europa e dell' Italia ?


Tutt' altra cosa con la Macroregione Danubiana cui intelligentemente aderiscono Capodistria e Fiume, visto che si occupa di infrastrutture.

Ma aderirvi vorrebbe dire cominciare a gravitare verso Nord - Est, in direzione opposta all' Italia dove ci preparano la bella sorpresa della Macroregione Triveneto, che porrebbe definitivamente Trieste sotto l' imperio di Venezia, realizzando un disegno plurisecolare (di Venezia): ed a caldeggiarla c'è pure il triestino on. Rosato del PD....
Abbiamo già più volte trattato questo argomento: clicca QUI e QUI.


Macroregioni Italiane in programma


ARCHITETTURA MODERNA: A TRIESTE NON SE POL - VINCOLI ARCHITETTONICI, MANIACI DELL' "ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE" IN PORTO VECCHIO... STANNO IMBALSAMANDO TUTTO - INAUGURATA LA NUOVA SEDE DELL' AUTORITA' PORTUALE DI ANVERSA, OPERA DI ZAHA HADID ... QUI LA VIETEREBBERO.

 LA NUOVA SEDE DELL' AUTORITA' PORTUALE DI ANVERSA OPERA DELL' ARCHITETTO ZAHA HADID, APPENA SCOMPARSA.

A pochi mesi dalla prematura scomparsa della famosa architetta, avvenuta lo scorso marzo, è stata inaugurata la nuova sede dell’Autorità Portuale di Anversa, in Belgio. Un intervento frutto di un concorso internazionale, vinto dallo studio Zaha Hadid Architects nel 2009.
Cliccando QUI potete vedere diverse foto.

Piaccia o meno ci offre lo spunto per affrontare il tema del blocco dell' architettura moderna a Trieste  che, fino al 1918, era una città viva e all' avanguardia anche in questo settore.

Ai nostri giovani architetti, quelli che non sono ancora emigrati, tocca al massimo di restaurare l' esistente in modo estremamente rigido assillati da una montagna di vincoli ad opera di occhiuti custodi del passato, impegnati a trasformare Trieste in un museo imbalsamato piuttosto che una città viva che sappia integrare passato e modernità.

Porto Vecchio ne è un esempio paradossale con tutti gli edifici bloccati da un vincolo architettonico demenziale, oltrechè illegale, che blocca anche gli interni degli edifici e che dal 2001 impedisce un utilizzo produttivo dell' area ed ha costretto gli operatori ad andare altrove per l' impossibilità di modernizzarla.


Il Vincolo IDIOTA, messo nel 2001 proprio per impedire l' abbattimento e l' ammodernamento di alcuni magazzini, dimostra che Porto Vecchio non è abbandonato per scelta degli operatori o del mercato ma a causa di scelte politiche governative. Ne abbiamo parlato l' altro ieri in un articolo che ha avuto ben 11.800 visite in 48 ore a riprova dell' interesse sull' argomento (clicca QUI).
Anche i recenti 50 milioni sono stati stanziati dal Ministero della Cultura, e non da quello dei trasporti, e SOLO PER INTERVENTI DI TIPO CULTURALE. 


L' intervento a gamba tesa  di "Italia Nostra" (che ha finanziamenti pubblici e regionali ed ha ottenuto la gestione del Polo Museale di Porto Vecchio) perfino contro l' insediamento di un istituto di ricerca come l' ICGEB al mag. 26 dimostra che l' intenzione POLITICA è quella di mummificare l' area escludendone utilizzi produttivi.
 

Anche Porto Nuovo deve subire queste autentiche angherie della Sovrintendenza del ministero della cultura  romano con l' applicazione, ad esempio, della legge Galasso sul paesaggio in un Porto Franco che dovrebbe essere in continua evoluzione e modernizzazione.
Viene così bloccata la possibilità di costruire nuove strutture produttive e vengono mantenuti magazzini multipiano non più funzionali, pur con la forte carenza di spazi.

Pensate che un edificio come quello dell' Autorità Portuale di Anversa che mantiene il passato ma lo supera con una nuova struttura modernissima sarebbe possibile a Trieste?
Si tratta di un edificio con finalità PRODUTTIVE non certo solo museali o turistiche, e così possono essercene altri in Porto Vecchio solo che si attivi il Centro Finanziario Off-Shore previsto dalla legge 19/91 e la No Tax Area proposta a luglio e già scordata.


Permetterebero a Trieste un "waterfront" come quello dei Doks di Londra e Barcellona?

NON SE POL !
Qui farneticano di Attrattore Culturale Transnazionale (il solito museo ribattezzato), Central Park, Spiaggia di Sabbia a Barcola e Fish Market (mercato all' ingrosso del pesce)...
IL "WATERFRONT" DEI DOCKS DI LONDRA


"WATERFRONT" DI BARCELLONA




IL "WATERFRONT" DI SINGAPORE








martedì 11 ottobre 2016

LA "NUOVA VIA DELLA SETA" DI PECHINO STUDIATA DAI "SERVIZI" ITALIANI - UN ARTICOLO DELLA RIVISTA "GNOSIS" DELL' AISI , CHE OFFRIAMO AI NOSTRI LETTORI, TESTIMONIA DELL' INTERESSE ITALIANO PER QUESTO ARGOMENTO, SU CUI INSISTIAMO DA TEMPO PER IL FUTURO DI TRIESTE - MA I POLITICI SI OCCUPANO DI STRISCIONI...


L' AISI, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna - ovvero i "servizi" interni italiani - pubblica la bella e interessante rivista GNOSIS che contiene spesso contributi di alto livello di autorevoli studiosi sugli argomenti di maggior interesse.

Sull' ultimo numero, che non è per niente segreto e si trova sia in rete che in libreria, c'è un interessante articolo di Vladimiro Giacchè, già esponente della sinistra radicale, sulla Nuova Via della Seta promossa dalla Cina a testimoniare dell' interesse che anche i "servizi" hanno per questi argomenti.

Qualcuno si ricorderà che la Nuova Via della Seta è un nostro "tormentone" con cui abbiamo anche iniziato l' attività di questo blog perchè è molto importante per il futuro del nostro porto e della nostra città.

Si ricorderà anche che il Porto di Venezia ha costruito su questo tutta la sua strategia: dal Porto Off-Shore alla ricerca di finanziatori cinesi.
Infatti il terminale marittimo di questo immenso progetto strategico è, secondo loro, Venezia.

Noi pensiamo che per motivi di fondali, storia e collegamenti il terminale naturale per i traffici marittimi con l' Europa sia invece Trieste, che può vantare anche buoni collegamenti ferroviari ricevuti in eredità dall' Austria.

Non sappiamo cosa ne pensino i servizi italiani...ma prendiamo atto che a Trieste la politica si occupa di striscioni e, nella persona del sindaco Dipiazza, di tessere amicizie e alleanze col sindaco di Venezia Brugnaro, tenace fautore del porto off-shore di Venezia.


Come sempre avviene le antiche faglie e contese geopolitiche riaffiorano periodicamente.

Non a caso Trieste il 30 settembre 1382 si dedicò all' Austria per ottenere protezione dall' imperialismo veneziano che voleva dominare l' Adriatico annullando Trieste.
Per scaricare l' articolo cliccare QUI.




DEGENERA IN RISSA LA MANIFESTAZIONE CONVOCATA DAL PICCOLO E DAL PD - SE FOSSERO STATI INDIPENDENTISTI ADESSO CI SAREBBE IL CORO DEGLI INDIGNATI - DISTRARRE LA GENTE E OCCUPARSI DI "BATTAGLIE" IDEOLOGICHE SU SIMBOLI, INVECE DEI PROBLEMI VERI, E' LO SPORT DI STAMPA E PARTITI ITALIANI - ERANO USCITI I DATI SULL' EMIGRAZIONE DEI TRIESTINI: MEGLIO PARLAR D' ALTRO...


E' finita in una cagnara la manifestazione per lo striscione convocata dal Piccolo e dal PD, che era presente in forze con illustri rappresentanti. 
Cliccando QUI il resoconto e il video.


Fin dall' inizio era stato evidente l' uso strumentale del "caso Regeni" per un regolamento di conti interno ai partiti nazionali italiani.


Il Centro Destra, non avendo niente di meglio da fare ed essendo becero, aveva preparato una mozione "urgente" per far togliere lo striscione esposto da mesi. 
Su questo era piombato Il Piccolo, bollettino locale del PD, con la famosa prima pagina gialla, convinto di fare una grande operazione politica montando un caso mediatico con tanto di telefonate a casa di "opinion leader" nazionali per sollecitare un parere, generalmente grondante retorica. 


Il sindaco, con la abituale rozzezza, emotività ed ignoranza, si è tolto il "dente cariato". 


La Serracchiani lo ha messo alla finestra del suo ufficio per far vedere che lei invece è brava e buona. 

E così via...come nella "Guerra dei Bottoni".

Della "Verità per Giulio Regeni" a nessuno di questi politicanti (e giornali) poteva fregar di meno.


Interessava solo di regolare i conti fra partiti nazionali e innescare una "battaglia" sui simboli perchè sulle cose concrete non possono farla visto che sono ugualmente responsabili.

Lo stesso giorno sono uscite le notizie sulla pesante emigrazione, soprattutto di giovani, che a Trieste è più che doppia alla media Italiana: NEMMENO UNA PAROLA si è sentita da questi combattenti impegnati a duellare su uno striscione.


Con il Piccolo impegnatissimo a far montare la vicenda ed a convocare con pressanti e ripetuti annunci la manifestazione, formalmente indetta da Amnesty, tanta brava gente c'è cascata pensando di essere mobilitata per una nobile causa mentre era solo strumentalizzata in una baruffa da cortile tra Centro Sinistra e Centro Destra.


Ma trattandosi di una cosa non limpida è naturalmente degenerata in un finale incivile come i protagonisti di entrambi gli schieramenti. 
Finale che, se avesse avuto protagonisti gli indipendentisti (che da queste intemperanze si sono sempre ben guardati) avrebbe scatenato il coro dei soliti "indignati".


Non è una novità quella di provocare contese sui simboli, questioni internazionali e vicende marginali per evitare di doversi confrontare su questioni e problemi di fondo, concreti e imbarazzanti.

Da tempo vediamo i partiti nazionali orientati in questo senso.

Meglio parlare di striscioni e prese di posizioni morali, che non costano niente, piuttosto che di emigrazione, ferriera e decadenza economica e civile di Trieste.


Casualmente oggi sul Corriere un "grande vecchio" del PD, Luciano Violante, ha scritto un interessante articolo in cui cerca di spiegare perchè i cosiddetti "populismi" stanno dappertutto soppiantando la sinistra nelle preferenze dei ceti più popolari mentre la sinistra continua ad essere preferita dalle "élite" e dai "radical chic".
Sembra scritto per questa storia dello striscione...


"(Gli appartenenti alla sinistra)... appaiono 

più preoccupati delle grandi questioni del 


mondo che dei problemi quotidiani dei 


concittadini.

Questo mutamento è potuto accadere perché 


le forze di sinistra, forse ritenendo di 


rappresentare in ogni caso gli interessi del 


popolo più e meglio di altri, come per 


concessione divina, hanno smesso di 


occuparsene in modo prioritario. 


Hanno preferito dedicarsi alla scelta del 


capitalismo da sostenere
 e alle riflessioni 

sui cambiamenti indotti dalla globalizzazione. 


Si sono perciò trovate al fianco delle élite 


piuttosto che al fianco del 
popolo." 

LUCIANO VIOLANTE 
Corriere della Sera

11/10/16  (clicca QUI)




lunedì 10 ottobre 2016

#Scoop - PORTO VECCHIO: E' VINCOLATO ANCHE L' INTERNO DEI VETUSTI MAGAZZINI E NON SI PUO' REALIZZARE NIENTE - LO HANNO MUMMIFICATO, ALTRO CHE IMMOBILISMO ! - IMPOSSIBILE QUALSIASI REALIZZAZIONE, ANCHE TURISTICA: SAREBBE NECESSARIO TOGLIERE IL "VINCOLO IDIOTA" - ERANO SOLO CHIACCHIERE DEI PARTITI NAZIONALI, BLUFF E FOLLIA - COMPLIMENTI A SGARBI, SOVRINTENTENDENZA "ROMANA", "ITALIA NOSTRA" E PARTITI -


Siamo andati ad indagare sulla reale situazione creata dal Vincolo Architettonico IDIOTA (copyright arch. Semerani) in Porto Vecchio, ed è molto peggiore di quanto generalmente si pensa.

Siamo stati insospettiti dalle dichiarazione della ex-Segretaria del Porto arch. Antonella Caroli, esponente anche di Italia Nostra, riguardo l' impossibilità di mettere il ICGEB (biotecnologie) al magazzino 26 causa vincoli INTERNI: «A una nostra prima valutazione - hanno commentato le rappresentanti di Italia Nostra - la struttura specialistica dell’Icgeb potrebbe andare a stravolgere le parti interne dell’edificio in quanto la realizzazione di laboratori, attrezzature tecniche, controsoffittature, pavimentazioni galleggianti, aree di rispetto, potrebbero presentare notevoli problematiche dal punto di vista autorizzativo dato che ledificio è vincolato anche dall’interno» 
(clicca QUI).

Abbiamo pensato:" Stai a vedere che questi, insieme a quel fenomeno di Sgarbi sottosegretario del governo Berlusconi nel 2001, hanno creato una situazione che blocca tutta l' area in modo da rendere impossibile qualsiasi realizzazione, compreso quelle turistiche propagandate dai politici nostrani ?
Stai a vedere che è tutta da sempre una colossale presa  in giro per i Triestini ?

Stai a vedere che hanno mummificato l' area per i posteri per trasformare Trieste in un museo ? Altro che immobilismo !".

Siamo andati a vedere le carte e risulta che IL PESANTE VINCOLO ARCHITETTONICO E' ESTESO ALL' INTERNO DI TUTTI I MAGAZZINI: UN MILIONE DI METRI CUBI CHE NON SI POSSONO RICONVERTIRE IN NIENT' ALTRO CHE MUSEI !

Come dicevano sopra gli integralisti di "Italia Nostra" non si possono riorganizzare gli spazi interni, neanche per realizzare laboratori di ricerca, controsoffitti, pavimenti ecc.: figurarsi alberghi, uffici, negozi, residenze e quant' altro vagheggiato dai vari Russo, Cosolini e Di Piazza per realizzare il loro fantomatico turismo e la loro fantasticata "Trieste 2".

Se permane il "Vincolo Idiota" non si può realizzare niente ed è escluso ogni uso civile economicamente compatibile, se lo si toglie bisogna spiegare alle imprese che sono state cacciate da Porto Vecchio a partire dal 2001 perchè si è impedito loro di ammodernare l' area per le loro esigenze produttive.

Tutti gli annunci di "un nuovo rione per Trieste", turismo di massa, alberghi e negozi, loft e quant' altro si scontrano con il fatto che i vecchi magazzini non possono essere toccati nè dentro ne fuori !

Già prima sembrava ridicola la realizzazione di alberghi e uffici perchè le finestre delle facciate vincolate sono di gran lunga insufficienti a garantire aria e luce agli enormi interni secondo le norme igieniche basilari, per non parlare dei costi enormi di riscaldamento di ambienti altri quasi 5 metri e privi di servizi e perfino di fognature: adesso viene fuori che anche gli spazi interni sono vincolati ed è impossibile ristrutturarli !
Ed i costi sarebbero, in ogni caso, insostenibili.


E' la follia di chi vede in Porto Vecchio solo "il più grande sito di archeologia industriale del Mediterraneo" e pensa si tratti di una specie di Pompei, moderna e gigante, da ingessare per sempre: con la differenza che l' attrattività turistica di enormi magazzini di un secolo è pressochè nulla.


Italia Nostra, cui è legata l' ex segretaria generale del porto Antonella Caroli, è riuscita ad ottenere la gestione del cosiddetto Polo Museale costato milioni di restauri (oltre 32 milioni il complesso di Centrale Idrodinamica, Sottostazione e Magazzino 26) oltre a significativi finanziamenti pubblici (
nell’ambito dei Fondi POR- FESR 2007-2013-ora 2014/2020 - e della Legge n.24/1997, in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia, il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e l’Autorità Portuale): a che titolo?

In questo delirio è stata trascinata una città che ha bisogno di nuovi insediamenti produttivi e di lavoro come dell' aria.
Illusa dalle chiacchiere su un turismo di questo genere che non esiste e sull' interesse di mitici investitori privati che non esistono.


E' ora di mettere i piedi per terra e sbattere fuori dal Porto Franco Internazionale di Trieste la Sovrintendenza (che imperversa anche nel Nuovo con la legge Galasso) e gli integralisti di Italia Nostra (che si sono insediati nell' area gestendo il "Polo Museale" e ricevendo finanziamenti pubblici), e pensare a un riutilizzo produttivo dell' enorme area: cominciando col togliere un "vincolo architettonico" assurdo oltrechè illegale in un Porto Franco Internazionale.
32 milioni già spesi  in restauri parziali (polo museale e mag.26), senza creare un solo posto di lavoro, sono più che sufficienti per la "memoria storica".