RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

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venerdì 13 settembre 2024

TRIESTE, NATO, ARMI E PORTO FRANCO – Lettera aperta al Piccolo

Caro Piccolo,
    Oggi 13 settembre pubblichi un doppio paginone sulla dibattuta questione dell’interesse degli USA a fare del nostro Porto Franco un bastione strategico a sostegno del fianco est della NATO al fine di contrapporsi militarmente alla Russia e al resto dell’Eurasia.
    Dopo la pagina di domenica 1° settembre che prendeva spunto da un articolo, legittimamente criticabile, del prof. Pacini per accusare rozzamente di “propaganda russa” chi denuncia i rischi concreti di uso militare del Porto Franco Internazionale di Trieste in funzione antirussa e anticinese, oggi fai una parziale inversione di rotta tentando di apparire più equilibrato e in grado di fare giornalismo invece di denigrazione gratuita.

    Però non avresti sprecato ben tre pagine piene, in soli 10 giorni, se sotto quello che descrivi come fumo non ci fosse un grosso arrosto (oltre a parecchie sollecitazioni autorevoli).

    Oggi invece di un attacco denigratorio frontale, inefficace contro tesi ben documentate, hai dovuto scrivere di “granello di verità” e parli della, precedentemente ignorata, visita a Trieste avvenuta il giugno scorso del dott. Arha, esponente dell’ Atlantic Council, dimenticando però che era accompagnato da Carlos Roa ex direttore editoriale esecutivo del The National Interest nonchè Associate Washington Fellow all’ Institute for Peace and Diplomacy americano: entrambi ben inseriti negli ambienti che vanno, come tu scrivi, dai falchi liberal ai neo-con e securitari americani (quelli che hanno fomentato la fallimentare invasione USA di Afganistan e Iraq, per capirci).

    Dimentichi di dire che la mezza dozzina di articoli, in soli tre mesi, del dott. Arha su Trieste, Nato, Trimarium e Via del Cotone - in contrapposizione militare e commerciale a Russia e Cina - sulle autorevoli riviste dei think-tank americani Atlantic Council e National Interest erano firmati insieme a personaggi importanti.
Ad esempio: George Scutaru, ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente della Romania; Adam Eberhardt vicedirettore del Centro per gli studi sull’Europa orientale dell’Università di Varsavia; Paolo Messa che hai intervistato oggi. Il dott. Messa non è solo un senior fellow dell’Atlantic Council ma il vicepresidente esecutivo, fino al dicembre 2023, di Leonardo - la più grande società italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza - nonché suo responsabile delle Relazioni geo-strategiche con gli Usa.
    Non si tratta, dunque, di giornalisti o intellettuali sognatori che parlano inutilmente.
    Del resto lo stesso tuo Giovanni Tomasin nell’articolo spiega che l’ Atlantic Councilfunge da collegamento informale fra leader europei e gli Usa”, ovvero si tratta concretamente di quella che si chiama “diplomazia parallela”.

    Purtroppo non scrivi, caro Piccolo, che l’ articolo di Arha il 10 settembre per Formiche sulla Via del Cotone era firmato insieme a, nientepopodimeno che, il Ministro degli Esteri del governo Monti, Giulio Terzi di Sant’Agata ora senatore di FdI, e a Francesco Maria Talò ex consigliere diplomatico di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi (ora da qualche mese in pensione). Clicca QUI

    Inoltre Arha era stato audito, come tu stesso scrivi, nell’aprile scorso dal Comitato Permanente sulla politica estera per l’indo-pacifico della Camera.

    Parlare dunque di “libero pensatore e intellettuale” e “curiosità intellettuale” a proposito di Trieste e NATO, come ci tocca leggere oggi, appare un po’ riduttivo (e fa sorridere come la fiaba di Biancaneve) anche alla luce del fatto che parliamo di un esperto pragmatico che “ha seguito fin dall’inizio la costruzione del gruppo I2U2, che include India, Israele, Emirati arabi e Stati Uniti, una intuizione nata dall’amministrazione Trump e confermata senza tentennamenti da quella Biden” come ci fai leggere oggi.

    E non citi nemmeno l’ articolo di Mirko Mussetti di Limes pubblicato sulla Rivista Marittima della Marina Militare italiana nel marzo del 2022 sulla “lettura militare della questione del Trimarium” che definisci “prematura” anche se è invece consolidata da anni.(clicca QUI)

    Tutto questo lo sapevi, e molto altro ancora, perché ti avevo mandato (anche a Tomasin personalmente) alcune copie del mio libretto “Trieste porto franco internazionale o bastione militare della Nato ?” che le illustra, citando esclusivamente fonti americane e occidentali e non certo moscovite o pechinesi. E di cui non hai, inusualmente, pubblicato nemmeno l’ annuncio della presentazione, avvenuta ugualmente con folto pubblico.
    
Bisogna trarre la conclusione che la parabola editoriale del Piccolo lo ha portato a coprire le operazioni dell' Atlantic Council e del National Interest, ovvero della destra neocon americana, eccezionalista e guerrafondaia, in collaborazione con la destra governativa italiana di Fratelli d' Italia? Accusando di essere "propagandisti russi" coloro che le portano allo scoporto? Ti stai riposizionando in previsione delle elezioni americane di novembre?

    Caro Piccolo, dal paginone odierno abbiamo appreso dal Commissario del Porto prof. Torbianelli che “Abbiamo oggi degli obblighi di far passare parte di logistica militare, ma questo non significa che il porto di Trieste sia un avamposto della Nato”.
        Sono proprio le pressioni americane perché lo diventi, bastione della Nato (veramente più “retrovia strategica e obiettivo militare legittimo” che avanposto), che preoccupano molto.
    Perché proprio a questo salto di qualità puntano chiaramente gli scritti, e le riunioni operative anche a Washington con partecipanti triestini, promossi dall’ Atlantic Council anche se usando il lubrificante della Via del Cotone attraverso Arabia Saudita e Israele: stati alleati degli USA nonostante non paiano attualmente campioni mondiali di diritti umani e democrazia.

    Caro Piccolo, dopo aver citato romanticamente il grande David Bowie il tuo Tomasin, per minimizzare e giustificare ogni situazione presente e futura, chiude così: “Trieste è un tassello di quel caotico e mutevole mosaico che chiamiamo Storia” che ci dovremmo tenere in saccoccia così come ci piomba sulla testa.
Il fatto che siano diventati Storia non assolve gli uomini dalle loro responsabilità e dai loro crimini.

    Al liceo un rimpianto professore mi insegnava che “La Storia è fatta da fatti che sono stati fatti dagli uomini” e non è un’entità mistica che governa i destini umani.
    Uno di questi fatti concreti è il Trattato di Pace del 1947 dove all’ art. 1 dell’ Allegato VIII si prescrive che “Il porto e le vie di transito di Trieste siano accessibili in termini uguali per tutto il commercio internazionale….. come consuetudine negli altri porti liberi nel mondo”, mentre l’allegato VI - articolo 3 - tuttora vigente - stabilisce con estrema chiarezza la neutralità e la smilitarizzazione del Territorio Libero di Trieste (o di ciò che ne è seguito) e del suo Porto Franco Internazionale.
    Tutto ciò è palesemente incompatibile con il traffico di armi e di “logistica militare” attuale, molto onestamente e lodevolmente ammesso dal Commissario Torbianelli nell’intervista odierna, e contro cui bisogna opporsi in linea con gli orientamenti dei sindacati dei lavoratori portuali, della società civile e, in particolare, delle organizzazioni cattoliche come Pax Christi e Fari di Pace e laiche come osservatorio Weapon Watch che annunciano su questo un’ iniziativa a Trieste per il 20 novembre prossimo. Iniziativa cui fin d’ora aderisco e invito ad aderire, così come aderisco alla manifestazione di domenica 15 settembre alle 17 da Largo Riborgo e aderirò a qualsiasi manifestazione per la pace e la neutralità chiunque la promuova.
    Perché è una questione terribilmente seria che si presenta in una situazione mondiale esplosiva e molto pericolosa che solo degli irresponsabili possono sottovalutare.

    Figurarsi se in un Porto Franco Internazionale possono essere permessi traffici d’armi esclusivamente a favore di un blocco, quello NATO, a danno di un altro!
Per giunta escludendo il resto del mondo perfino dal diritto ad approdare per compiacere sanzioni emesse, contro i propri avversari geopolitici, solo da 30 paesi sui 193 presenti all’ Onu!

    Può darsi che la Storia ci porti ad un epoca in cui le Potenze egemoni, e i loro satelliti, se ne fregano apertamente di trattati e diritto internazionale e in cui si usano smaccatamente due pesi e due misure a seconda delle convenienze: non ci si lamenti allora del caos crescente e del moltiplicarsi delle guerre.

    Un Porto Franco è un Porto Libero, libero veramente, in armonia coi Trattati di Pace e non con le Dichiarazioni di Guerra e le Sanzioni unilaterali emanate dall’ Egemone di turno.
    Per questo: per la pace, la neutralità e la prosperità vale la pena di battersi. Non per preservare uno “status quo” egemonico morente caratterizzato da crescenti disordini, guerre, diseguaglianze e impoverimento.
    Gli uomini la storia la fanno e non sono condannati dagli Dei a subirla: LA STORIA SIAMO NOI, ogni giorno.

Paolo Deganutti