RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 3 giugno 2017

ZONA FRANCA A GORIZIA: TRIESTE TACE ? Solo sull' edizione goriziana del Piccolo le importanti notizie che riguardano anche noi. NO TAX A TRIESTE, SUBITO !


Sull' edizione di Gorizia del Piccolo oggi ci sono alcuni articoli sulla ZONA FRANCA che viene richiesta a gran voce da TUTTE le forze politiche goriziane e isontine. Sotto riportiamo due articoli che spiegano anche gli aspetti tecnici.

Quello che è difficile capire è perchè la stampa e il mondo politico triestino non ne parlino anche per Trieste, quasi che Trieste non sia anch' essa confinante con la Slovenia e non ne subisca la concorrenza fiscale anche sul costo del lavoro: cosa particolarmente evidente nei porti di Trieste e Koper. C'è una specie di tabù.

Comune al lavoro per vedere introdotta la prima "Zona economica speciale transfrontaliera". Meno dazi doganali. Romoli: «Partita più importante del Gect» La Zese porterà in dote un fisco più leggero di Francesco Fain
Un dossier fitto di analisi e di numeri che dimostra quanto l'introduzione della Zese (e dei benefici fiscali) sia assolutamente "giustificata" in quest'area di confine. Coinvolgendo i Comuni di Gorizia, Nova Gorica e Sempeter Vrtojba. "Il Piccolo", oggi, è in grado di svelare i contenuti dello studio di fattibilità consegnato nei giorni scorsi al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e redatto da Daniele Del Bianco (Istituto di sociologia internazionale di Gorizia), Claudio Meninno (Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università di Trieste) e Sandra Sodini (GectGo). Studio di fattibilità in cui quella sigla, per certi versi misteriosa (Zese), diventa più chiara e comprensibile ai più. Un novità assoluta Intanto, sarebbe la prima Zona economica speciale europea (Zese) transfrontaliera. Una pagina bianca tutta da scrivere. Il dispositivo della legge 108/1998 può essere considerato come il primo passo per l'istituzione di una Zese in quanto «la Zona - si legge nel dossier - non è all'interno dei confini nazionali ma, unico caso in Europa, "transfrontaliera" tra Italia e Slovenia al fine di consentire un vantaggio ad entrambi i Paesi». La Zese - in soldoni - permetterà agevolazioni o esenzioni fiscali, incentivi, canoni di locazione e utenze a tariffe agevolate nel territorio transfrontaliero. L'obiettivo è di attrarre investimenti diretti all'estero (Ide) abbassando i costi di insediamento e produzione; armonizzare le politiche economiche e di riforma finanziaria; attuare strumenti di lotta transfrontaliera all'evasione fiscale.Non solo. La Zona franca di frontiera, istituita nell'area del GectGo, permetterebbe di attrarre investimenti attraverso l'esenzione dai dazi doganali sui materiali non finiti provenienti da territori extra-Ue che verrebbero lavorati nell'area delle tre città. L'auspiciodel sindacoZes, Zese, Tajani, Fasiolo, centrodestra, centrosinistra. Quasi immediatamente è scoppiata una "battaglia" su questo nuovo strumento agevolativo con il rischio che il braccio destro non sappia ciò che fa il sinistro. «Basta che non si inizi un battaglia sulla primogenitura! Zes e Zese - spiega il sindaco Ettore Romoli - sono due strumenti diversi ma credo sia venuto il momento di lavorare assieme». Aggiunge Romoli: «La Zese è una cosa seria. Ritengo che questo riconoscimento sia ancora più importante del Gect. La sua creazione intende favorire l'occupazione e lo sviluppo di zone e territori isolati, svantaggiati o poco produttivi all'interno di uno Stato, ma anche di zone strategicamente rilevanti rispetto alle vie di commercio e comunicazione, come ad esempio porti, aeroporti, stazioni ferroviarie per le merci, arterie autostradali, aree industriali e poli tecnologici e manifatturieri». A livello mondiale, sono numerose le nazioni che hanno promosso lo sviluppo e la crescita anche attraverso la creazione di free zones. Ad oggi ne esistono 2.700, soprattutto in Cina, dove, a partire dal 1978 il governo ha promosso la creazione di tali aree, che hanno contribuito in maniera sostanziale al suo sviluppo economico. Beneficidi natura fiscaleNell'area transfrontaliera del GectGo, unendo le disposizioni della legge 108 (istituzione di "Zone franche di frontiera" tra Italia e Slovenia) con la possibilità, a livello europeo, di creare Zes, si presenta l'occasione di istituire, dunque, la prima Zona economica speciale europea sfruttando le potenzialità offerte dalla stessa legge 108 e dalla creazione di Zes nel superamento delle rispettive debolezze intrinseche, soprattutto nell'ottica di uno sviluppo transfrontaliero armonioso. «L'area individuata a cavallo del confine tra Italia e Slovenia - spiegano Sodini, Del Bianco e Meninno - presenta una disponibilità di suolo notevole e già infrastrutturata (circa due volte la superficie di Mirafiori) che vede già la presenza di aree industriali, di infrastrutture autostradali e ferroviarie ed infine dell'aeroporto Duca D'Aosta, capace d'essere un forte "attrattore" per lo sviluppo delle industrie del settore aeronautico».



Non c'è partita con Nova Gorica dove un operaio costa all'azienda il 45% in meno. «Svantaggio macroscopico» Costo del lavoro Gorizia soccombe In campo fiscale, non c'è partita fra Italia e Slovenia, fra Gorizia e Nova Gorica. Poniamo che un'impresa guadagni 250mila euro. "Di qua", al netto delle imposte, incamera 171.500. La stessa azienda, appena oltre il confine, in Slovenia, porta a casa 187.500 euro. Perché? La pressione fiscale per le aziende del Goriziano, rispetto alle concorrenti d'oltreconfine, è superiore del 13%.A puntare la lente d'ingrandimento su questo, complesso tema sono i commercialisti Vittorio Pella e Piergiorgio Strizzolo: hanno dato vita a una nuova puntata del loro interessantissimo studio dedicato ai fattori di competitività, al costo del lavoro e alla fiscalità di vantaggio. Cosa si evince? In primis, un costo del lavoro a Gorizia superiore di circa il 45% rispetto a quello in Slovenia e una pressione fiscale per le società di capitali maggiore del 13%. Questi gli svantaggi fiscali contro cui devono quotidianamente combattere le imprese della nostra provincia a ridosso del confine con la Slovenia: grandi differenze che appaiono paradossali, se si pensa che Italia e Slovenia sono entrambi Paesi membri dell'Unione Europea.«La vicinanza della Provincia di Gorizia a due Stati dell'Ue, Austria e Slovenia, è diventata fattore di "svantaggio competitivo" per i soggetti economici dell'Isontino, a causa del differente costo del lavoro e delle riduzioni delle aliquote fiscali operate dai citati Stati, che sono diventate notevolmente inferiori a quelle italiane», sentenziano i due commercialisti. Che entrano nel merito: «In Italia, attualmente, due sono le imposte a cui è sottoposto il reddito d'impresa prodotto dalle società di capitali: l'Ires (Imposta sul reddito delle società) e l'Irap (Imposta regionale sulle attività produttive). Le attuali aliquote d'imposta - spiegano Pella e Strizzolo - sono pari al 27, 50% per quanto riguarda l'Ires e al 3, 90% per quanto riguarda l'Irap (seppur con basi imponibili diverse), per un carico fiscale complessivo "teorico" sul reddito prodotto pari al 31, 40%. Anche se per le cosiddette imprese virtuose in Friuli Venezia Giulia l'aliquota Irap scende di quasi un punto percentuale (con un carico complessivo teorico pari al 30, 48%), il sistema fiscale a cui sono sottoposte le società di capitali in Italia si presenta meno attraente rispetto a quello dei nostri confinanti».Infatti, attualmente in Austria, l'aliquota sul reddito prodotto dalle persone giuridiche è del 25% e in Slovenia è del... 17%. Una sfida impari. E non è tutto. Un altro fattore di competitività della Slovenia (e di conseguente svantaggio per le imprese della nostra provincia) è dato dal costo del lavoro che risulta essere molto più basso del costo del lavoro in Italia. L'Ufficio statistico europeo (Eurostat) rileva un costo orario del lavoro (total labour costs) dei settori industria, costruzioni e servizi in Italia pari a 28,30 euro contro un costo orario del lavoro in Slovenia pari a 15,60 euro. «È evidente come il costo orario del lavoro in Slovenia nel 2014 è rilevato inferiore di circa il 45% rispetto al costo orario del lavoro in Italia», osservano i due commercialisti.La soluzione? «Ho proposto al sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, e alla presidente della Regione Serracchiani la costituzione di una "Labour Belt" , una fascia che comprenda le zone di confine del Fvg e dunque anche la nostra provincia», spiegò - a suo tempo - l'allòra presidente della Provincia (oggi in liquidazione) Enrico Gherghetta. Da cui emergono in maniera oggettiva elementi con i quali gli imprenditori del Goriziano hanno imparato, sulla loro pelle, a fare i conti quotidianamente. «La finalità per il nostro territorio deve essere quello di attrarre capitali, aprendo agli investimenti privati e mettendo da parte definitivamente l'approccio assistenzialista. Abbiamo punti di forza forse unici in tutto il Nord Italia: abbiamo un'autostrada, un aeroporto, l'interporto
, l'autoporto. Per partire, bisogna togliere la zavorra della fiscalità che definiremmo di svantaggio: la costituzione della Labour Belt potrebbe essere un punto dal quale partire, costituendo un'iniziativa di cooperazione transfrontaliera che potrebbe essere promossa da Governo e Regione». L'obiettivo, spiegò Gherghetta, era l'armonizzazione del costo del lavoro nella fascia confinaria «superando forme di dumping sociale che costano al nostro Paese sia in termini di entrate sia di disoccupazione».
Francesco Fain









venerdì 2 giugno 2017

IL MERCATO ITTICO IN PORTO VECCHIO DI DIPIAZZA...


Così parlò Roberto Dipiazza il 15 luglio 2016:

«Siamo arrivati alla soluzione del molo Zero che sarà un regalo
che faremo ai pescatori e ai pescivendoli. Spenderemo pchissimi euro e tra un anno in questo periodo potremo già essere dall'altra parte. Sarà il primo insediamento produttivo per la riqualificazione del Porto vecchio:mettete lo spumante in frigo».


Ieri, quasi un anno dopo, la Terza Commisione del Consiglio Comunale è andata ad ispezionare il sito ovviamente deserto (sul quale l' Autorità Portuale ha già detto che non è il caso di mettere un mercato del pesce con ristoranti).
Chissà se ha visionato anche la voragine sul torrente Chiave, inquinato da scarichi fognari, che si è aperta all' entrata del Porto Vecchio in L.go Santos. ed il cui costo di ripristino e bonifica ora ricade sul groppone del Comune in bolletta che ne è proprietario dal 1° gennaio grazie alla "sdemanializzazione".
Per noi l' unico riutilizzo realmente possibile ed utile del Porto Vecchio di °Trieste è per insediamenti produttivi ed è diventato ormai comico seguire le peripezie dei progetti strampalati che i politici si inventano...
Per saperne di più sulla voragine vai al nostro articolo cliccando QUI .



mercoledì 31 maggio 2017

PORTO VECCHIO - VORAGINE, E FOGNA A CIELO APERTO, SUL TORRENTE CHIAVE IN AREA DI PROPRIETA' DEL COMUNE DAL 1° GENNAIO - CHI PAGA IL RIPRISTINO URGENTE E LE BONIFICHE ? IL COMUNE IN BOLLETTA AUMENTANDO LE TASSE?

Nota: i buchi che vedete nella foto hanno alcuni metri di diametro e possono inghiottire un furgone... e non ci sono bastoncini ma assi dette "ponti".

Ne abbiamo parlato già in un precedente articolo (clicca QUI) ma la questione della voragine che si è aperta in Porto Vecchio ha destato molto interesse ma non viene adeguatamente considerata da politica e stampa.
In Porto Vecchio, davanti all' entrata di L.go Santos, su un' area che è di proprietà del Comune dal 1° gennaio 2017 grazie alla "sdemanializzazione", si è aperta una voragine maleodorante di alcuni metri di diametro che fa vedere sotto il torrente Chiave inquinatissimo e trasformato in una fogna piena di liquami.
L' aria intorno è malsana e investe i lavoratori della vigilanza, i Finanzieri ed altri operatori e soprattutto la sera e con brezza di mare esce verso la Stazione.


Quindi è necessario un ripristino urgente anche per motivi sanitari.

Per effettuarlo è ovviamente necessario bonificare il sottostante torrente Chiave inquinato che la riempie e tracima a causa di un deflusso evidentemente irregolare a valle e di riversamenti fognari a monte.


CHI PAGA IL RIPRISTINO E LE BONIFICHE URGENTI ?
IL COMUNE PROPRIETARIO E IN BOLLETTA ?
Al punto che ha appena aumentato tariffe e multe per motivi di bilancio ?

Al punto che ha vietato anche il transito pedonale nella bretella da L.go Santos al magazzino 26 perchè non ha i soldi per mettere in sicurezza quel tratto di strada da anni trafficato?
L' Autorità Portuale non ha più competenza su quell' area ed il Comune ne è responsabile tanto che ha emesso anche un ordinanza di divieto di traffico, anche pedonale (vedi QUI).

Cosa ci costruiranno sopra i fantomatici investitori di cui parlano a vanvera per l' urbanizzazione dell' area?
Ci sono studi geologici sulla situazione del sottosuolo?

Cosa propongono ai mitici e fantasmatici investitori: di investire 5 miliardi su aree che sprofondano in suoli inquinati?
Di costruire alberghi di lusso in riva a uno specchio acqueo dove si scarica una fognatura da cui arrivano miasmi ?
Dove li cercano ? Nei Centri di Igiene Mentale del Dubai?


La voragine si è aperta in una zona distante dal Polo Museale, l' unica area in cui è possibile la spesa per infrastrutturazioni di 9 dei famosi 50 milioni previsti dal Ministero della Cultura esclusivamente per finalità culturali (per l' "urbanizzazione primaria" (fogne ecc.) di tutta l' area di Porto Vecchio servono almeno 300 milioni di cui 140, secondo l' Acega per l' area non Greensisam).

Ernst & Young parla a vanvera quando prevede insediamenti sul Terrapieno di Barcola che notoriamente è inquinato dai residui dell' inceneritore senza tener conto dei costi di bonifica; tutti parlano a vanvera in questa situazione in cui si aprono buchi su aree inquinate.

Noi pensiamo che l' urbanizzazione in chiave turistica di Porto Vecchio sia irrealizzabile e dannosa per vari motivi tra cui i costi stratsferici e l' impossibilità di trovare, perciò, investitori privati di cui tanti parlano ma non si sono mai visti.

L' unica possibilità di recupero è con attività

produttive che sfruttino il regime agevolato di Punto Franco la cui redditività e bassi costi renderebbero conveniente l' insediamento, con la creazione di posti di lavoro.


Invitiamo i lettori a leggere anche l' articolo precedente che commenta la presentazione dello studio definitivo di Ernst&Young presentato  il 30 maggio: clicca QUI o sull' immagine



PORTO VECCHIO: MINESTRA RISCALDATA ALLA PRESENTAZIONE DI E&Y - VINCOLI ARCHITETTONICI, INQUINAMENTO TORRENTE CHIAVE, COSTI ENORMI DI INFRASTRUTTURAZIONE PRIMARIA, MANCANZA DI SOLDI PUBBLICI E INVESTITORI CONCRETI - IL COMUNE IN BOLLETTA CHIUDE LA "BRETELLA" ANCHE AI PEDONI PER PAVIMENTAZIONE SCONNESSA: E LA VORAGINE CHE SI E' APERTA SUL TORRENTE INQUINATO? - CIACOLE NON FA FRITOLE -

NUOVA TAPPA MEDIATICA NELLA "STORIA INFINITA" DI PORTO VECCHIO SDEMANIALIZZATO

Ieri è stata presentata la versione definitiva dello "studio" dell' advisor Ernst&Young sull' urbanizzazione in chiave turistica di Porto Vecchio.
Niente di nuovo rispetto alla fase precedente (clicca QUI e QUI ): un "copia e incolla" di dati noti, desideri e sogni costato €180.000 di soldi pubblici. 
Su richiesta dei politici hanno dimezzato, sulla carta, i tempi ipotizzati per la realizzazione: da 25 anni a 12. Basterà aver la pazienza di attendere per verificare che si tratta di pure chiacchiere.

Restano inalterati tutti i problemi di questo progetto folle di urbanizzazione di un area enorme di una città in forte calo demografico.


Lo stesso Cosolini ha ricordato che tutti i recuperi portuali avvenuti nel mondo, in un periodo di economia in crescita e di disponibilità di soldi pubblici, sono avvenuti per aree molto più piccole in città molto più grandi e in crescita...


Ecco le prime domande che attendono risposta:


--- come superare gli enormi limiti di un vincolo architettonico demenziale che impedisce ammodernamenti di facciate e interni?


--- chi paga l' infrastrutturazione primaria (fogne, viabilità ecc) che l' Acega valuta in 140 milioni per l' area esclusa la concessione Greensisam e che complessivamente viene stimata in almeno 300 milioni ?

--- come si rendono compatibili le attività (e le movimentazioni) esistenti all' Adriaterminal, tra cui la base Saipem per la robotica subacquea che ha appena iniziato i lavori di ristrutturazione per circa 3 milioni (clicca QUI)


--- chi paga la bonifica del torrente Chiave e delle fogne lì convogliate e del Terrapieno di Barcola pieno di rifiuti tossici dell' inceneritore?

--- Qual' è la situazione geologica reale dei terreni (si è appena aperta una voragine maleodorante) ?

---  Chi sarebbero gli investitori disposti CONCRETAMENTE ad investire fino ai 5 miliardi annunciati dal sen. Russo ? La vicenda Greensisam, con tutta la parte più pregiata di Porto Vecchio bloccata da un contenzioso e con un ipotizzato Fondo Svizzero fuggito, non insegna niente ?


--- Non desta qualche preoccupazione il fatto che il Comune, nuovo proprietario dell' area, sia in bolletta, aumenti pertanto tariffe e multe, e che CHIUDA AL TRAFFICO PERFINO PEDONALE LA BRETELLA FINO A LARGO SANTOS per mancanza di risorse sufficienti a mettere in sicurezza quella piccola parte di strada ?

Insomma da una parte si fanno annunci mirabolanti sull' urbanizzazione, con abitazioni (!), di Porto Vecchio, dall' altra si chiudono anche ai pedoni strade finora accessibili per mancanza dei fondi necessari alla messa in sicurezza: novella Città Proibita.


E' chiaro che l' unico modo per ridare vita rapidamente a Porto Vecchio è l' uso produttivo in regime di Punto Franco cui è sempre stato adibito prima dei vincoli architettonici.

Il resto sono chiacchiere e sono passati due anni e mezzo dalla "sdemanializzazione" senza che si sia spostato concretamente un solo chiodo.


ECCO LA VORAGINE E LA FOGNA A CIELO APERTO CHE SI E' APERTA IN PORTO VECCHIO (ENTRATA LARGO SANTOS - PROPRIETA' DEL COMUNE DAL 1 GENNAIO 2017): CHI PAGA  BONIFICHE DEL TORRENTE CHIAVE E RIPRISTINO URGENTE? 
Cosa ci costruiranno sopra i fantomatici investitori ?










martedì 30 maggio 2017

IL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE E' LA GALLINA DALLE UOVA D' ORO: L' ITALIA LO CAPISCE DOPO DECENNI - VISITA RICHIESTA DAI CINESI - TRIESTE NON E' ASSISTITITA MA DA MUNGERE - PORTO VECCHIO: VINCE UN PROGETTO PRODUTTIVO E NON UN MUSEO -


Il primo articolo sulla Nuova Via della Seta e Trieste è stato pubblicato da Rinascita Triestina, allora solo con una pagina facebook, nel gennaio 2014, tre mesi dopo l' annuncio da parte del Presidente Xi Jinping.

Parlavamo anche di un nuovo grande terminal portuale sotto la Ferriera di Servola come alternativa occupazionale pulita e di collegamenti ferroviari con Vienna fino alla Russia.

Eravamo gli unici e da destra a sinistra (abbiamo conservato i nomi) ci sono stati commenti sprezzanti che parlavano di "utopia" o peggio, mentre la realtà ed il futuro sarebbe stato il meraviglioso sviluppo economico grazie all' urbanizzazione in chiave turistica di Porto Vecchio.

Secondo costoro Trieste era ed è una città assistita dalla benevolenza di Roma e vocata a diventare una meta turistica come Pompei  ed altre città morte o moribonde.
Sicuramente non ad avere un futuro di sviluppo economico reale con lavoro vero nei settori portuali, industriali, finanziari.


Sono passati tre anni e mezzo ed il tempo è galantuomo: Portovecchio turistico e sdemanializzato è solo una ridicola "bretella" monca dipinta a terra in viale Miramare che porta a ruderi vuoti, mentre la Nuova Via della Seta avanza.

La stessa Italia che per 23 anni si è "dimenticata" dei decreti attuativi dei Punti Franchi previsti dalla legge 84/94 si è resa conto di amministrare una gallina dalle uova d' oro, l' unica in grado di collegare un paese ormai alla canna del gas a un flusso imponente di traffici e innovazione.

Una mucca da mungere come vuole fare Lubiana col Porto di Capodistria che si trova in una condizione simile ma privo dei Punti Franchi: una specialità triestina molto apprezzata dai Cinesi che hanno costruito il loro sviluppo con il sistema delle Zone Franche Speciali.

I Punti Franchi fino a poco fa considerati inutili e obsoleti se non dannosi e da abolire e che adesso invece si rivelano una carta fondamentale.


Il vento gira grazie alle condizioni geopolitiche globali. non certo grazie al branco di somari nazionali e locali che adesso si affolleranno intorno al nuovo business da loro, finora, attivamente boicottato insieme al Porto Franco.

Trieste riscoprirà e sarà consapevole della propria autonomia economica, base per l' autonomia politica e amministrativa; quotidianamente si scontrerà con l' inefficenza amministrativa italiana e con il rapace bisogno di rinpinguare, a spese delle attività economiche sane, le casse statali in deficit irrecuperabile.
Sentirà l' attrazione della Mitteleuropa e dei mercati internazionali.
Capirà che se vuole svilupparsi ed assicurare un avvenire ai figli deve rivolgersi all' Europa mollando gli ormeggi dalla fatiscente piattaforma italiana.

Anche su Porto Vecchio stiamo assistendo ad un cambiamento di vento: il più votato dal pubblico è stato  un progetto produttivo nel settore agroalimentare  (vedi sotto) e non certo un Museo, una passeggiata o una spiaggia di sabbia o qualche altra fantasia paraturistica.
Si pensi ai vantaggi doganali e fiscali  che avrebbe la produzione agricola idroponica in regime di Punto Franco, mercato di vendita al dettaglio compreso.
Mentre in due anni e mezzo dalla "sdemanializzazione" l' unica cosa concreta che si è vista in Porto Vecchio non c'entra nulla con la medesima: è il polo mondiale per la robotica subacquea della Saipem nella parte di Punto Franco rimasta (QUI).


Sotto riportiamo gli articoli del Piccolo.

Lasciamo i politicanti locali ai loro musei, alle loro bancherelle e bretelle e pensiamo alle cose serie.

Grande è la confusione sotto il cielo e nelle menti dei politicanti: la situazione è eccellente.



La Via della Seta porta i cinesi a Trieste Dopo il vertice di Pechino una delegazione dell’ambasciata ha voluto visitare il porto: «Collaborazione a 360 gradi»
 di Giovanni Tomasin

Il Drago poggia il suo sguardo sul golfo di Trieste. Una delegazione dell'ambasciata cinese ha visitato ieri il porto e incontrato il vicepresidente della Regione Fvg Sergio Bolzonello. Un primo contatto, dopo che a Pechino il presidente Xi Jinping ha definito Trieste un potenziale snodo della Nuova Via della Seta. Esito soddisfacente per ambo le parti. Il ministro consigliere dell'Ufficio economico commerciale dell'Ambasciata di Cina in Italia Xu Xiaofeng, capo della delegazione, ha commentato a fine giornata che si aprono possibilità per «una collaborazione a 360 gradi». La visita è stata organizzata «a tempo di record», fa sapere la Regione, dopo la richiesta formulata dall' ambasciata cinese. La giornata triestina della delegazione si è aperta con un colloquio con il segretario generale dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale Mario Sommariva nella sede dello scalo. Il segretario ha illustrato le caratteristiche del porto, dalla connessione al network intermodale europeo ai piani di sviluppo futuri. Un tema che ha interessato molto la delegazione, che ha rivolto numerose domande in materia. La visita è proseguita con una visita al molo Settimo e al cantiere della costruenda piattaforma logistica, per concludersi nel Palazzo della Regione in un faccia a faccia con Bolzonello. «Visita e incontro - ha dichiarato il consigliere Xu al termine dell'incontro - ci hanno lasciato un'impressione bellissima. Il vicepresidente Bolzonello ci ha presentato i vantaggi settoriali della Regione e credo che integrandoli con la politica del riaggiustamento economico cinese e con il nostro upgrading strutturale avremo una collaborazione a 360 gradi». Per Bolzonello la visita «ha permesso di cogliere appieno il valore del Friuli Venezia Giulia come regione tra le più innovative d'Italia e d'Europa sotto il profilo della produzione e il ruolo della nostra logistica come vero terminale della Via della Seta». Il vicepresidente ha fatto riferimento alla recente visita del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e del ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio a Pechino: proprio in quell'occasione Trieste è entrata ufficialmente tra i potenziali snodi della nuova grande strategia della Repubblica popolare. «Il Fvg è una regione molto sviluppata nel manifatturiero, nei trasporti e nell'innovazione - ha evidenziato Xu nel confronto con Bolzonello - e questi tre settori sono un grande potenziale di collaborazione con la Cina». Durante l’incontro, la delegazione ha salutato con favore il fatto che il porto di Trieste già oggi dedichi all'Estremo Oriente una parte importante della sua movimentazione di container, cosicché, come ha rilevato Xu Xiaofeng, «già abbiamo una buona base». Sono stati ricordati i «buoni esempi di collaborazione» che esistono nel settore produttivo sul territorio regionale. Il ministro consigliere Xu ha parlato di «un'impressione profonda sul ruolo del porto di Trieste in Europa e con l'Estremo Oriente, in particolare - ha osservato il rappresentante diplomatico - per la situazione dell' intermodalità ferroviaria con varie città europee, di cui - ha aggiunto - non avevamo un'impressione sufficiente, mentre ora tutto è chiaro». E se Xu ha insistito sull'opportunità di uno sviluppo bilaterale delle relazioni settoriali, Bolzonello ha risposto assicurando l'invio di materiali informativi dettagliati all'ambasciata del Regno di Mezzo a Roma

il sondaggio
 La serra-mercato è l’idea più votata per Porto vecchio
E se Porto vecchio ospitasse una serra-mercato sul mare, totalmente autosufficiente, in cui produrre prodotti bio a chilometro zero e degustare i prodotti enogastronomici locali? Un sondaggio online condotto dal Piccolo sulle idee di sviluppo per Porto vecchio, a partire da quelle presentate dal Rotary Club due settimane fa, ha visto prevalere proprio questo progetto di recupero tra i 12 proposti. L’ipotesi di fattoria urbana (spazio di produzione) unita a quella di un mercato (spazio commerciale), da collocare nel Magazzino 1A, è stata presentata da “ProgettiAmoTrieste”, associazione di attivisti civici che intende promuovere percorsi di progettualità partecipata dal basso. La serra-mercato si è aggiudicata il 41% degli oltre 4mila voti, seguita dall’idea di collocare uno Science Center al Magazzino 26 (28% delle preferenze) e dalla visione “Il Faro della Scienza” (27%) dell’ing. Pierpaolo Ferrante, coordinatore della commissione tecnica del Rotary. Il sondaggio, dal valore puramente indicativo, si inserisce nella scia indicata da Ferrante, ovvero «cercare di portare alle autorità nuova linfa, idee e proposte con la logica bottom-up, ovvero della popolazione che parla alle autorità. Perché queto è il momento che abbiamo aspettato per decenni». Esprime soddisfazione Alessandro Tronchin, presidente di “ProgettiAmo Trieste”: «Siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Vuol dire che la popolazione triestina ci dà un po’ di credito». Trevigiano d’origine ma ormai triestino d’adozione, «da 12 anni, ovvero da quando sono qui, ho visto piani di riqualificazione da sogno ma irrealizzabili». Tronchin si occupa di progettazione e gestione di fondi comunitari. Assieme ai membri dell’associazione, ha individuato nelle risorse regionali per lo sviluppo rurale «quei due o tre milioni di euro necessari» ai lavori di restauro e implementazione dell’idea. «Non parliamo di cifre astronomiche. Le risorse ci sono, bisogna iniziare a fare. Il Magazzino individuato è prossimale alla città e tornerebbe subito utile, anche alla luce della spinta turistica che sta avendo Trieste in questo periodo. Sarebbe un ottimo segnale». L’idea fonde due modelli: Farm 360 a Indianapolis, esempio virtuoso di recupero di spazi industriali che consente produzione agricola durante tutto l’anno grazie alla tecnica della coltura idroponica, e quello delle botteghe tradizionali per gli artigiani del gusto (utilizzando il piano terra) del Mercato Coperto di Firenze. «Zeno D’Agostino è rimasto colpito dalla proposta: dobbiamo incontrarci per approfondire il discorso», conclude Tronchin. Oggi alle ore 18, intanto, alla Centrale Idrodinamica, verrà presentato lo studio di Ernst&Young per il recupero dell’antico scalo. Tra le ipotesi al vaglio dell’advisor milanese ci sarebbe anche quella di un mercato (di pesce) in Porto vecchio. 

domenica 28 maggio 2017

RESTITUIAMO TRIESTE ALLA MITTELEUROPA ! RESTITUIAMO PORTO VECCHIO ALLE ATTIVITA' PRODUTTIVE PER CREARE LAVORO VERO ! - PORTO MITTELEUROPEO: TERZO PORTO DELLA GERMANIA, PRIMO DELL’ AUSTRIA, SECONDO DELL’ UNGHERIA: SOLO IL 10% DELLE MERCI PER L’ ITALIA- CHE C’ ENTRIAMO NOI CON L’ ITALIA ?


RESTITUIAMO TRIESTE ALLA MITTELEUROPA, DI CUI HA FATTO PARTE PER 6 SECOLI !
RESTITUIAMO PORTO VECCHIO ALLE ATTIVITA' PRODUTTIVE, PER CREARE LAVORO VERO E SVILUPPO ECONOMICO !
Dal convegno del Limes Club del 25 maggio (clicca QUI) è emerso chiaramente che Trieste è tuttora un Porto Europeo e non nazionale, che lavora al 90 % con l' estero e solo per il 10% con il mercato italiano. Che è il terzo porto della Germania, il primo dell' Austria e il secondo dell' Ungheria.

Che i suoi collegamenti con l' Europa e l' Estremo Oriente sono in crescita e che il futuro è questo.

Lo chiarisce anche un intervento di Mario Sommariva Segretario Generale dell' Autorità Portuale:


Oggi un' articolo del Piccolo parla dell' interesse del Paesi Baltici per il nostro porto al fine di collegarsi alla Nuova Via della Seta (vedi immagine).

Che c' entriamo con l' Italia: un paese in fallimento e da sempre esempio di inefficienza e malversazioni?

Da 23 anni (!) il Porto di Trieste è in attesa dei decreti attuativi per i Punti Franchi previsti dalla legge 84 del 1994 (record mondiale di inefficenza e menefreghismo).


Dobbiamo essere oppressi dalla macchina statale italiana solo perchè qui si parla prevalentemente italiano ?
Ma  anche nel Canton Ticino si parla italiano eppure è in Svizzera!

Decine di paesi parlano, ad esempio, lo spagnolo eppure sono paesi diversi!
Che senso ha questo nazionalismo masochista nel 2017?
Il buon senso dice che è meglio essere un Cantone Svizzero o una Città Stato portuale come Brema o Amburgo nel sistema federale tedesco, o un Land autonomo della Mitteleuropa.
Se non altro per non essere paralizzati dalla burocrazia e dal fisco rapace italiani e godere dell' efficienza amministrativa del territorio conseguente all' essere nella "catena di valore" mitteleuropea in cui di fatto ed economicamente siamo già inseriti grazie al Porto Franco Internazionale.
Che senso ha stare in un paese che si rende ridicolo continuamente come nel caso dei Direttori di Museo da licenziare perchè "stranieri" anche se capacissimi e al lavoro da oltre due anni? 


Da alcuni anni a Trieste è stato fatto passare artificialmente, con un uso spregiudicato dei media e del Piccolo in particolare, lo slogan "Restituire Porto Vecchio alla Città'": una mistificazione perchè Porto Vecchio non ha MAI fatto parte della città tanto che è privo di fogne e infrastrutturazione primaria il cui altissimo costo (circa 300 milioni a carico del pubblico) è un ostacolo colossale all' urbanizzazione e agli investimenti.
Gran parte del suo svuotamento è avvenuto su spinta politica e grazie ad un vincolo architettonico totale che ne ha impedito qualsiasi necessaria modernizzazione,

Trieste non ha molti spazi e 6 ettari sono importanti e da utilizzare per attività produttive, non inquinanti e ad alta tecnologia come indicato dal Polo Mondiale per la Robotica Subacquea della Saipem (QUI video) e per attività finanziarie come la proposta sede della BERS: tutte cose che hanno vantaggi dal regime speciale di Porto Franco.


Ebbene, se di restituzione si vuole parlare si tratta di restituzione di Porto Vecchio alle attività produttive, industriali, finanziarie e di servizi, utilizzando al massimo il regime di Punto Franco che ormai tutti ammettono essere assai utile ed attrattivo.


Trieste, in forte calo demografico, non ha bisogno di un nuovo rione ma di sviluppo economico e lavoro vero.


Tutti i bluff comunicativi vengono progressivamente smascherati: anche la stupidaggine propagandistica della "rotonda" in viale Miramare che porta al nulla, ovvero a fare un giro intorno al Magazzino 26 vuoto da anni, il cui parziale restauro è costato milioni di denaro pubblico.