RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 18 novembre 2017

LA BELLA INTERVISTA DEL PRESIDENTE DEI "TOURISTI TRIESTINI" ALESSANDRO SGAMBATI: IL 1918 FU UNA CATASTROFE PER TRIESTE


Pubblichiamo per i nostri lettori che non l' avessero letta l' intervista al Presidente del Club Touristi Triestini Alessandro Sgambati sul Piccolo del 17 novembre:

«Il 1918, che catastrofe»

Per Alessandro Sgambati, presidente del Club Touristi Triestini, la vittoria nella Prima guerra mondiale fu un danno per la città
di Silvio Maranzana

«La più grande catastrofe: questo è stato il 1918 per Trieste».
A parlare è Alessandro Sgambati, presidente del Club touristi triestini. L’associazione escursionistica, speleologica e naturalistica era stata fondata nel 1884 «e vi erano iscritte persone di ogni estrazione culturale, linguistica e sociale residenti a Trieste provenienti da tutti i Paesi della monarchia austro-ungherese» tra i quali Julius Kugy, il celebre alpinista che allo scoppio della Prima guerra mondiale, a 57 anni, si offrì volontario per l’Austria.
Nel 1922 il Club fu sciolto d’autorità e i suoi beni passarono all’Alpina delle Giulie. «Abbiamo ricostituito il club - scrive Sgambati - il 30 settembre 2013 nella ricorrenza del 631esimo anniversario della dedizione di Trieste all’Austria. Il Ctt è risorto per promuovere l’identità mitteleuropea, multiculturale, multietnica, plurilinguistica e pluriconfessionale della città e del territorio di Trieste».
Oggi il Ctt si confonde in una microgalassia di sigle che si rifanno all’eredità dell’Austria Ungheria, ma non mancano i distinguo. «Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli istriani e al contempo rappresentante della Casa d’Austria – accusa Sgambati – sta tentando di occupare lo spazio mitteleuropeo spostandolo verso destra. Teniamo ben marcate le distanze e per questo non ci accodiamo alla sua iniziativa di erigere una statua a Maria Teresa. 

I movimenti politici indipendentisti poi sono fatti da quattro scalmanati. Non ci vogliamo confondere anche se il Territorio libero di Trieste è pure il nostro obiettivo perché il Trattato di pace va applicato in toto e non solo per quanto riguarda il Porto franco con settanta anni di ritardo». 
Secondo il Club, la battaglia che va fatta è quella identitaria, di riaffermazione delle vere radici della città, ma va perseguita con equilibrio e moderazione. 
Eppure le prese di posizione anche provocatorie da parte di Sgambati non mancano: «Siamo triestini e l’italiano è soltanto la nostra prima lingua straniera. Così come in Istria non ci sono italiani, sloveni e croati, ma istriani e basta. Quando vado a trovare lì dei miei parenti si esprimono con un idioma che è un mix di croato, italiano e tedesco. La Venezia Giulia non esiste, è solo un’espressione inventata da Isaia Ascoli. Dobbiamo avere il coraggio di dire che Trieste è Balcani: nessuno, guardando una carta geografica, può negare che Trieste sia un vertice della penisola balcanica». 
Oggi i soci del club sono soltanto 66. «L’anno scorso eravamo in 78 – spiega il presidente – ma 12 non ce l’hanno fatta a pagare il canone annuale che pure è di soli 25 euro e che medito di riportare a 20. È un’altra dimostrazione che in Italia non c’è alcuna ripresa economica, bensì miseria e impossibilità di crescere. Un nostro socio che qui non ce la faceva ad aprire una piccola azienda, in Austria c’è riuscito in cinque giorni: anche per questo guardiamo con favore anche all’Austria dei nostri giorni, che ha un welfare migliore e molta meno burocrazia, sebbene personalmente non sia rimasto contento dell’esito delle ultime elezioni». 
Le escursioni a Trieste, nel Litorale austriaco e nelle «vicine Italia, Austria, Slovenia e Croazia», sono l’attività principale del club. Nel 1905 il Ctt aveva acquistato i terreni sotto i quali si sviluppa la Grotta Gigante che venne attrezzata per visite turistiche a cura e spese del Club stesso e solennemente inaugurata il 5 luglio 1908. Il 29 novembre 1908 il Ctt inaugurò sul Carso la Vedetta giubileare eretta per celebrare i 60 anni di regno di Francesco Giuseppe. La costruzione, alta 11 metri, costò 11.831 corone raccolte con una pubblica oblazione. 
Tra le iniziative attuali però non mancano nelle piazze cittadine le commemorazioni della dedizione all’Austria, del genetliaco di Maria Teresa e di Francesco Giuseppe, dell’anniversario della proclamazione del porto franco, affiancate a nuove richieste per chiedere l’intitolazione a Maria Teresa del Canale di Ponterosso. «Nel 2018, coinvolgendo quattro o cinque viticoltori locali – annuncia Sgambati – vorremmo portare a Vienna il Vino della dedizione. 
Abbiamo dieci soci che vivono in Austria e condividiamo anche una serie di iniziative con il Club touristi austriaci di Vienna, sempre nell’ambito del discorso di riavvicinamento al nostro entroterra. Voglio precisare comunque – prosegue il presidente - che non siamo anti-italiani e del resto noto che il nazionalismo italiano è fortunatamente un fenomeno in calo. 
Ho visto un sondaggio sull’inserimento dello sloveno facoltativo nelle scuole triestine: 400 contrari e 1.400 favorevoli, fino a pochi anni fa sarebbe stato l’inverso. Alcune bestialità comunque andrebbero corrette. A Trieste sono stati cambiati in particolare dal fascismo 50mila cognomi, noi per regolamento riconosciamo e citiamo tutti con il cognome originario. 
Sulla toponomastica cittadina il discorso sarebbe lungo e non abbiamo la forza per imporlo. Chiediamo però almeno che si ponga rimedio a due obbrobri: Bartolomeo D’Alviano (condottiero che combattè per la Serenissima contro l’Austria, ndr) cannoneggiò Trieste: non può avere una via a lui dedicata. E men che meno Ruggero Timeus, che alla vigilia della Prima guerra mondiale propugnava la sparizione completa della razza slava». 
Il 20 settembre 2018 il Club touristi triestini assegnerà il premio Carolus Cergoly nella ricorrenza della nascita del poeta e scrittore triestino. Lo vincerà il giovane con meno di 35 anni che realizzerà il miglior lavoro sul carattere a-nazionale, pluriculturale e plurilinguistico di Trieste o del Litorale austriaco o di Fiume.
«È stato scelto Cergoly – scrive il giornalista Luciano Santin, socio del Circolo – perché tra i tanti che hanno dei meriti è quello che inquadra meglio un modo di essere triestino e del Litorale. Un modo che è stato negato o criminalizzato per quasi un secolo, ma che in una comunità europea un po’ meno asfittica di quella dell’immediato presente potrebbe ritrovare ragion d’essere». 



mercoledì 15 novembre 2017

CONFERMATO: DIRIGENTE MISSINO CONFESSA CHE DIETRO AI MOTI "SPONTANEI" DEL '53 C' ERANO I FASCISTI, CON ALMIRANTE GIUNTO IN INCOGNITO A TRIESTE, OVVIAMENTE "ALL' INSAPUTA" DEGLI APPARATI ITALIANI...


Probabilmente senza rendersi conto che la sua è una confessione, l' ex parlamentare missino Renzo de Vidovich, conferma che dietro i moti "spontanei e popolari" del '53 a Trieste ci fu una regia fascista con tanto di intervento in incognito di un Almirante appena reduce dalla Repubblica di Salò.
Renzo de Vidovich era allora Segretario Generale della "Giunta d' Intesa Studentesca" che fu al centro degli scontri più sanguinosi che provocarono le più giovani vittime .


Volevano i morti, possibilmente ragazzini incoscienti mandati allo sbaraglio, per commuovere l' opinione pubblica internazionale e dare una spallata a favore di un affidamento all' Italia della zona A del TLT.
Cosa che successe, guarda caso, pochi mesi dopo.


E' un dato acclarato da diversi libri di storia l' attiva presenza in quel periodo di apparati dello stato italiano, in particolare l' Ufficio Zone di Confine e l' Ufficio Affari Riservati del Governo Italiano, e l' uso di organizzazioni fasciste per provocare sanguinosi incidenti in quel periodo storico (nota 1).


Ma finora mancava una sfrontata confessione a mezzo stampa di uno degli organizzatori che rivela l' influenza su questi giovani scalmanati di un Giorgio Almirante arrivato in incognito a Trieste a dirigerli.
Figurarsi se a quei tempi i Servizi italiani ed il Governo non erano al corrente che un fascista di quel calibro era in "missione segreta 😁" a Trieste...


E pure una via vogliono intitolargli !
E la Giunta Dipiazza fa propria la mozione dei missini riciclati di "Fratelli d' Italia" in tal senso !
Mentre a Maria Teresa, che ha fatto nascere pacificamente un porto e una città prosperi e tolleranti, invece no.


Questi sono pazzi che insieme a pugili suonati vogliono trascinare la città indietro di 50 anni !
Il nazionalismo è una grave malattia mentale che ha infettato questi rottami di una storia infausta.

Ecco la "segnalazione di de Vidovich:

TOPONOMASTICA / 1
Dietro i moti del ’53 c’era Almirante
Nel 1953, dopo 8 anni di occupazione anglo-americana, era chiaro a Trieste che le due super potenze del tempo volevano utilizzare la città ed il suo porto quale base navale per controllare l’intero bacino adriatico e buona parte del Balcani. Lo scontro tra la polizia “civile” guidata dagli ufficiali inglesi e gli studenti medi della Giunta d’Intesa studentesca e quegli universitari di Francesco Paglia decisero di fare le manifestazioni che furono, inattesamente, represse dagli “alleati” anglo-americani con una durezza che dimostrava quanto la Royal Navy di Sua Maestà britannica e quell’americana ritenessero strategica la nostra città. Un’infiltrazione a Trieste di reparti partigiani di Tito che non intaccassero le postazioni militari anglo-americane, non sarebbe stata seriamente contrastata e le foibe di Basovizza e Plutone avevano una notevole capienza… Mi trovai, a diciannove anni, unitamente ad i miei coetanei ancora più giovani, ad affrontare un problema di natura strategica ben superiore alla nostra preparazione politica, messa alla prova da sei morti, circa 150 feriti da arma da fuoco o da corpi contundenti ed altri 300 arrestati o fermati dalla polizia “civile”. Gli uomini di riferimento furono il sindaco di Trieste Gianni Bartoli e l’Arcivescovo di Trieste e Capodistria monsignor Antonio Santin.
In quella tragica occasione conobbi Giorgio Almirante, uno dei massimi esponenti nazionali dell’Msi che venne a Trieste in stretto incognito e fu largo di consigli saggi e politicamente adeguati.
Nessun altro uomo politico italiano corse il rischio di venire a Trieste ed essere arrestato dal Governo Militare Alleato che amministrava il Territorio libero di Trieste.
Basterebbe questo per giustificare l’intitolazione a Trieste di una via o una piazza a Giorgio Almirante che prima e dopo questi episodi fu regista appassionato e geniale della difesa dell’italianità d’Istria, Fiume e Dalmazia e dei 350 mila profughi fuggiti dal paradiso comunista di Tito sotto l’incubo delle foibe e delle deportazioni.
Renzo de’ Vidovich Segretario generale della giunta Intesa studentesca 1953



Nota:
1) Ad esempio ANDREOTTI E L' ITALIA DI CONFINE Lotta politica e nazionalizzazione delle masse (1947-1954) LA QUESTIONE DI TRIESTE di P.Gheda e F.Robbe - Guerini €24,50 - 

PORTO FRANCO INTERNAZIONALE TRIESTE - ARTICOLO SUL SOLE 24 ORE -


E' uscito sul quotidiano economico Sole 24 Ore un grande articolo sul Porto Franco Internazionale di Trieste.
L' articolo sottolinea l' importanza dei Punti Franchi in cui, come ricordava Zanetti (presidente per 13 anni dell' Ente Porto) sul Piccolo del 9/11, "nella stessa Trieste c’era chi non credeva più tanto ai vantaggi". Infatti alla fine dell' articolo riportiamo alcune dichiarazioni di imprenditori autodichiaratisi "illuminati".

Ecco l' articolo del Sole (trascritto automaticamente con programma OCR- si può leggere anche ingrandendo l' immagine sopra) :

Così Trieste rinasce con il suo porto. «Cambiata l’identità»
L’intermodalità ha dato una svolta ai traffici

Raoul de Forcade

TRIESTE. Dal nostro inviato

«il porto è un luogo bellissimo
ma non è quello da cui si trae il
maggior valore. Il valore si fa con
l’attività logistica e la manipola
zione delle mirci. Il mio sogno è
portare lo scalo di Trieste fuori
dalla competizione tradizionale,
ad esempio quella sulla movimen
tazione dei container, alla quale
comunque partecipiamo. Stiamo
cercando di crearci un nostro oce
ano per dare tranquillità sia al por
to che ai lavoratori». Le parole di
Zeno D’Agostino, presidente del
l’Autorità di sistema portuale del
MarAdflaticoorientale(che com
prende le banchine di Trieste e
Monfalconeelafuturaintegrazio
ne di Porto Nogaro), riassumono
efficacemente la strada intrapresa
dal manager ed esperto di logistica
per portare lo scalo giuliano a di
ventare uno dei porti italiani in
maggiore crescita. Un percorso
che passa attraverso lo sviluppo
dell’intermodalità, con un sempre
maggiore utilizzo della ferrovia, e
deipuntifranchi, ovvero zone del
l’area portuale triestina dove si
può operare, e fare attività industriali,in regime extradoganale.
Il punto franco
In questo l’Authority è stata favorita dal decreto attuativo
(362/2017) del Governo, che ha riconosciuto alla stessa Adsp il ruolo di gestore unico del regime di porto franco di Trieste. 
Un passo che consente all’ex scalo asburgico di giostrarsi, tra l’altro,parte dei
7oomila metri quadrati del porto
vecchio, che sono stati sdemania
lizzati ma (grazie a una norma del
la finanziaria 2015) restano, come
spazio di zona franca, in capo al
l’Adsp e possono essere spostati,
purché all’interno della provincia
di Trieste. Ciò in parte sta già avvenendo.
Su questo versante, infatti,
c’è un progetto di ampio respiro che sta suscitando molta attenzione a livello imprenditoriale.
ll gruppo Wrtsila, leader nella
costruzione di grandi motori sia per navi cheper centrali,è in
procinto di cedere, entro l’anno,
una parte della sua fabbricat riestina (la più grande in Europa del settore) all’Interporto Trieste Fernetti. 
Si tratta di due capannoni
per complessivi 76 milametriquadrati
coperti più un piazzale da
l5omila metri quadrati. Un’opera
zione da 20 milioni, spiega Giaco
mo Bormso, presidente dell’in
terporto. «L’area -prosegue- è distante i2 chilometri da Fernetti ma
è collegata con autostrada e ferro
via». Inoltre l’Adsp,che è il deus ex
machina dell’operazione, sposterà in quella zona una parte del punto franco del porto vecchio sdemanializzato.
«Questo consenti
rà di collocare nell’area — chiarisce
Borruso — lavorazioni industria
li». Lo spazio ha suscitato l’interesse dell’industria siderurgica veneta nonché di aziende del settore del legno, della chimica e vini cole. Anche Gianluigi Aponte, patron del gruppo Msc (che opera con icontainer al MoloVI di Trieste) ha visitato l’area, interessato all’handling delle merci.
Inoltre il 
primo cliente del nuovo interporto franco potrebbe essere lo stesso
gruppo finlandese.  «Stiamo efficientando la fabbrica e vendere una parte di capannoni, che non utilizziamo più, all’ interporto -dice Guido Barbazza, al vertice di
Wrtsila Italia — ci è parsa la soluzione migliore, sia per la città che
per noi stessi. Perché è evidente
che avere un punto franco door to
door ci rafforza».
Le merci
Oggi Trieste è il primo porto italiano quanto a tonnellaggio (seguito da Genova) con 59,2 milioni di tonnellate di merci movimentate nel 2016 (-3,7% sul 2015) e 40,2
milioni tra gennaio e agosto 2017
(+2,8% rispetto allo stesso periodo
del 2016). La previsione è che si
raggiungano, entro fine anno, i 61
milioni.
Ma è anche il primo scalo
della penisola quanto a traffico
ferroviario (tallonato da La Spezia), con 7.631 treni operati nel 2016 (+27,61%) e 5.537 tra gennaio e agosto di quest’anno (+4,61%).
Treni, tra l’altro, che sono collegati
direttamente col il centro e l’Est
dell’Europa. Per quanto riguarda i
container, nel 2016 ne sono stati
spostati 486 mila (-2,94% sul 2015)
ma a fine 2017 ne sono attesi
61 mila. Nel far salire il tonnellaggio triestino, gioca certamente un ruolo fondamentale il terminal dellaSiot, che è il porto petrolifero
numero uno del Mediterraneo e
immette nelle pipeline verso l’Austria, la Germania e la Repubblica
Ceca 41,2 milioni di tonnellate di
greggio l’anno. Coprendo così il
90% del fabbisogno di petrolio austriaco, il 100% di quello di Baviera
e Baden-Wùrttemberg (pari al
40% del fabbisogno tedesco) nonché il 5o% di quello ceco.
Il traffico Ro-ro
Uno dei punti di forza del porto di
Trieste, per altro, è il traffico merci
proveniente dalle navi Ro-ro.
Questo è distribuito in due aree:
quella occupata da Samer, che
comprende anche il Molo V col
suo terminal frutta, e il Molo VI,
gestito dalla Emt. Entrambe le realtà si sono sviluppate negli ultimi anni, grazie ai commerci con la Turchia. 
Samer Seaports è partecipata al 40% dal gruppo Samer e al 60% dalla turca Ro-ro Istanbul; Emt è per il 65% dell’operatore
turco Ekol, per il 18,3% della stori
ca famiglia di spedizionieri Parisi,
e per il 6,7% di Friulia, finanziaria
della Regione. Samer movimenta
circa il 4o% del traffico che arriva
in banchina su treno e il resto su
gomma, mentre TMT muove il 75%
del traffico via ferrovia.
La Parisi, poi, con la società Plt
(partecipata anche da Interporto
Bologna),ha vinto la gara d’appalto per la realizzazione della nuova
piattaforma multipurpose del
porto di Trieste. Un’opera da 132
milioni, 30 dei quali investiti dai
privati, che è un punto focale dello
sviluppo futuro del porto. La consegna è prevista nel 2019 e il terminal potrà giovarsi anche della sinergia con l’adiacente scalo legnami che gli assicurerà un secondo
ormeggio. La Parisi infatti (insieme alla famiglia Petrucco) ha acquisito la maggioranza di Gtp, che
gestisce la banchina legnami.
Le ferrovie
«ll problema di un porto- afferma
Francesco Parisi, alla guida del
gruppo omonimo - non sono le
banchine ma le connessioni. Trieste ne ha di buone ma è partita con
lentezza per una ritardata individuazione di una gestione competitiva delle ferrovie.Ora stiamo recuperando». E proprio su un sempre maggiore sviluppo della ferro
via punta l’Adsp. «I binari che
servono il porto-afferma Giusep
pe Casini, alla guida di Adriafer, la
società di manovre ferroviarie
dello scalo - sono sufficientemente lunghi per i treni di oggi ma c’è un progetto di investimenti da 80
milioni, nel piano regolatore ferroviario condiviso tra Rfi (che partecipa con 50 milioni) e l’Adsp (che impegna 30 milioni), che permetterà di ottimizzare la rete anche con tecnologie innovative».
Attualmente Trieste opera con
treni blocco da 550 metri di lun
ghezza. Ma l’obiettivo è di arrivare
allo standard europeo, che preve
de treni da 750 metri.