RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

mercoledì 15 agosto 2018

TRIESTE-CINA - SUL CORRIERE ARTICOLI CONTRO GLI INVESTIMENTI CINESI NEL PORTO DI TRIESTE: PRESUNTI RISCHI DI "COLONIZZAZIONE" - Protesta e propaganda di chi resta tagliato fuori dalle Nuove Vie della Seta ?


Così scrive oggi Danilo Taino sul Corriere della Sera a pag. 25  in un articolo contrario agli investimenti infrastrutturali cinesi a fronte di sostegno al debito pubblico nazionale (clicca QUI per l' articolo):
"Anche un porto nell’Alto Adriatico, verso Trieste, ha suscitato l’interesse cinese (e un po’ anche italiano): nella prospettiva di creare un corridoio «amico», oltre a quello che parte dal porto del Pireo (anch’esso controllato da interessi di Pechino) per collegare il Mediterraneo all’Europa Orientale. Sono opere che possono portare benefici. Ma anche pentimenti. Una società di consulenza americana, Rwr Group, ha calcolato che progetti della Belt and Road Initiative per 420 miliardi di dollari sono in difficoltà a causa di rinvii, opposizioni per ragioni di sicurezza, proteste della popolazione."

Il "porto nell’Alto Adriatico, verso Trieste" è il Porto Franco Internazionale di Trieste che ha una giursdizione speciale e unica in Europa. E notiamo che l' articolista scrive che ha suscitato l' interesse cinese  "e un po’ anche italiano" dopo decenni di menefreghismo e decadenza.
Il "po' d' interesse italiano" pare sia dovuto anche alla possibilità di usarlo come merce di scambio per interventi finanziari cinesi a sostegno del debito pubblico italiano come spiegato sull' articolo di ieri di Fubini (clicca QUI).
Tanti articoli sul Corriere fanno sorgere il sospetto che si tratti di propaganda contraria agli investimenti cinesi a Trieste, di propaganda anti governo giallo-verde e di propaganda anticinese.

BEN VENGANO GLI INVESTIMENTI DEGLI AMICI CINESI NEL PORTO DI TRIESTE PURCHE':

- NON SI TRATTINO VANTAGGI PER IL DEBITO PUBBLICO NAZIONALE ITALIANO BENSI' PER TRIESTE E I TRIESTINI


- SI SALVAGUARDINO I DIRITTI DEL LAVORO E DELL' AMBIENTE

- SI SVILUPPINO LE CONNESSIONI INTERNAZIONALI DI TRIESTE FACENDONE LA CERNIERA TRA ORIENTE E OCCIDENTE COSA CHE L' ITALIA NON HA FATTO IN CENTO ANNI

-TRIESTE DECIDA IN AUTONOMIA DEL SUO FUTURO

martedì 14 agosto 2018

L' ITALIA "VENDE" IL PORTO DI TRIESTE ALLA CINA IN CAMBIO DI SOSTEGNO SUL DEBITO PUBBLICO - CONFERMATE LE NOSTRE ANTICIPAZIONI -


A luglio avevamo già anticipato che secondo indiscrezioni il ministro Tria, insieme a Savona sicuramente il più competente e accorto in economia, si apprestava ad utilizzare le sue relazioni in Cina, in cui ha insegnato e soggiornato, per ottenere sostegno sull' acquisto di titoli pubblici italiani, che andranno in sofferenza con l' imminente fine del QE della BCE, in cambio di concessioni.
Oggi ne parla autorevolmente sul Corriere anche il vicedirettore ed esperto economico Federico Fubini: lo scambio sarebbe concessioni sui porti, in particolare Trieste, contro acquisto di Titoli di debito pubblico.

Trieste infatti, come sosteniamo da anni, è il porto geoeconomicamente più conveniente per svolgere la funzione di "gate" intermodale nave-ferrovia sulla Nuova Via della Seta diretta all' Europa Centro-Orientale.

Chi pensava di poter contrattare con la Cina condizioni molto favorevoli per Trieste (forse l' Autorità Portuale?) si troverà bypassato dall' esigenza dello stato italiano di fare cassa.

Trieste, dunque, come merce di scambio realizzando in modo diverso la vecchia battuta triestina che auspicava Trieste rivenduta all' Austria da un' Italia alla canna del gas.
Del resto questo è quanto ci si può attendere dall' annessione a un paese irrimediabilmente scassato come l' Italia auspicata da gruppetti di facinorosi e irresponsabili irredentisti e avvenuta con l' "Inutile Strage" che ci si ostina a celebrare anche con la prossima venuta di Mattarella.


Chiariamo subito che noi auspichiamo da anni che Trieste diventi il terminal europeo della Nuova Via della Seta, senza che però diventi una svendita che possa intaccare i diritti del lavoro come in parte è avvenuto al Pireo.

Auspichiamo anche l' internazionalizzazione di Trieste, città e porto europeo per eccellenza che nulla ha a che fare geopoliticamente con l' Italia col cui mercato lavora solo per il 10%.
Tuttavia sarebbe dovuto che la trattativa con la Cina prevedesse vantaggi per Trieste e il suo porto, e per i triestini, e non per il debito pubblico italiano.

Trieste Porto Franco della Mitteleuropa: questa la sua origine e questo il suo destino anche se per strade tortuose.

Le Vie (della Seta) del Signore sono infinite e imperscrutabili.

Ecco l' articolo del Corriere:

Tria prepara la missione Cina - 
Lo scambio tra l’acquisto del debito pubblico e le rotte verso l’Italia

Giovanni Tria rompe con la tradizione: per il primo viaggio all’estero sceglie la Cina e non una capitale europea. Nell’ultima settimana di agosto il ministro dell’Economia del governo giallo-verde volerà a Pechino.


Durante l’intero dopoguerra, la prima visita ufficiale di un ministro italiano dell’Economia dopo il suo debutto era sempre stata riservata a luoghi prevedibili: Parigi, Bonn e poi Berlino, oppure Londra, Washington e New York. Giovanni Tria invece rompe con la tradizione. Nell’ultima settimana di agosto il ministro dell’Economia del governo giallo-verde volerà a Pechino.
La visita, che per adesso non è ancora ufficialmente in programma, viene confermata da due persone del ministero coinvolte nella preparazione. Insieme a Tria viaggerà una squadra di alti funzionari dalle competenze diverse: oltre al capo dei rapporti finanziari internazionali del Tesoro Gelsomina Vigliotti, anche un dirigente del dipartimento responsabile per l’emissione e il finanziamento del debito pubblico. Quest’ultima scelta del resto non ha niente di casuale, ora che il piano di acquisti di titoli di Stato della Banca centrale europea sta per entrare in una fase molto più prudente. Per assicurare il funzionamento dello Stato l’anno prossimo, al netto di eventuali nuovi impegni, il governo italiano deve riuscire a vendere sul mercato 257 miliardi solo in nuovi titoli di debito a medio e lungo termine. E a differenza dell’anno scorso, quando comprò volumi di debito italiano pari praticamente a metà dei nuovi titoli a medio e lungo termine emessi, nel 2019 la Bce sarà in ritirata.
Non potrà più agire come il finanziatore di ultima istanza del debito italiano, come di fatto avvenuto negli ultimi due anni: dal 2016 la banca centrale è il solo operatore ad aver aumentato la propria quota sul totale dei titoli emessi dal Tesoro di Roma, mentre tutte le categorie di investitori privati hanno ridotto le loro. Ora invece però la Bce potrà acquistare debito pubblico solo per rinnovare i titoli in scadenza che già deteneva. Per l’Italia nel 2019 questi riacquisti dovrebbero valere 40 miliardi, meno di un quinto del volume di titoli a medio-lungo termine che l’Italia deve riuscire a collocare. Se non torneranno con forza gli investitori tradizionali – famiglie, banche e fondi italiani o esteri – i rendimenti rischiano di dover salire molto. Già la ridda di dichiarazioni e annunci di governo e maggioranza negli ultimi mesi hanno provocato un aumento del costo del debito che, se confermato nei prossimi mesi, nel 2019 supererà i quattro miliardi: quattromila milioni regalai ai «mercati» ma prelevati dagli italiani che lavorano e pagano le tasse, inclusi quelli a reddito più basso, solo a causa dell’incertezza creata dal governo fin qui.
Tria a Pechino cerca di trovare nelle autorità cinesi, non solo fra i privati, nuovi investitori sul debito italiano. Il ministro ha in programma incontri al massimo livello nella Banca del popolo della Cina, l’istituto centrale di Pechino che detiene riserve per 3.117 miliardi di dollari. Per parte propria il governo cinese punta a coinvolgere il governo di Roma nella sua «Belt and Road Initiative», il progetto di infrastrutture lungo le rotte commerciali globali della superpotenza cinese.
In Italia interessano molto i porti del Sud e
Trieste come approdi in Europa per i mercantili in arrivo dalla Cina meridionale, attraverso l’Oceano Indiano e Suez.
Non è la prima volta che la Cina punta sui Paesi fragili dell’Europa del Sud. In Grecia una società pubblica di Pechino opera il porto del Pireo e un’altra ha investito nella rete elettrica. In Portogallo i cinesi sono protagonisti nell’energia e nella finanza. Tanto che giorni fa l’ambasciatore americano a Lisbona, George Glass, si è detto preoccupato. «Questi sono investitori diversi dagli altri — ha osservato —. Rispondono al potere politico».