RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

venerdì 28 settembre 2018

FELTRI INTERVISTA EVA KLOTZ FONDATRICE DEL PARTITO INDIPENDENTISTA SUDTIROLER FREIHEIT - I parallelismi con Trieste analogamente annessa a tavolino dopo la fine della Inutile Strage



Libero, il quotidiano di Vittorio Feltri, continua la pubblicazione di articoli sul Sudtirolo.
Ieri ha riproposto un intervista ad Eva Klotz  realizzata nel 1987, facendola precedere da un' introduzione. Riportiamo entrambe sotto.
Nella sua introduzione Feltri rimarca nuovamente che il Sudtirolo NON fu conquistato militarmente, come molti credono, ma solamente concesso a tavolino in pagamento del tradimento consumato con l' entrata in guerra nel 1915.

Analogamente a quanto successo con Trieste: entrambi i territori erano stati promessi all' Italia con il Patto Segreto di Londra firmato il 26 aprile 1915 in cambio della entrata in guerra dell' Italia contro l' alleato austriaco.

La vicenda degli accordi segreti fu fonte di grande scandalo e riprovazione morale quando ne fu svelata l' esistenza dai rivoluzionari russi che avevano preso possesso degli archivi diplomatici dello Zar.
Accordi segreti per creare un altro fronte contro gli Imperi Centrali: altro che guerra risorgimentale.


Così come mai l' esercito italiano riusci a conquistare il Sud Tirolo, così non riuscì mai a conquistare Trieste, fermato all' Hermada dai difensori guidati dal generale Svetozar Borojević von Bojna.


E' curiosa la vicenda dell' arrivo del Cacciatorpediniere Audace che sbarcò 200 carabinieri sul Molo S. Carlo di Trieste ormai abbandonata da giorni dall' esercito austriaco e dal Luogotenente.
Sapendo che il 3 novembre sarebbe stato firmato l' Armistizio a Villa Giusti di Padova l' Italia, che è sempre la più furba, diede incarico all' Audace di raggiungere Trieste prima della firma del medesimo, e di sbarcarvi qualche militare per vantare un "diritto di conquista".
Tuttavia l' Audace, da allora detto "maledetta barca" dai triestini, arrivò a Trieste alle 16,30 del 3 novembre mentre l' Armistizio era stato già firmato un' ora e mezza prima alle 15 e per giunta fece una manovra sbagliata che lo portò a sbattere contro il molo... allora non c' erano i telefonini e internet per confrontare gli orari...
Questo l' eroico episodio che si vuole celebrare il 3 novembre con un' adunata fascista e turbonazionalista, e ufficialmente con fanfare, pennacchi e roboanti discorsi.


Ecco gli articoli di Feltri:


La vita agra dei «negri» nel Sud Tirolo
di VITTORIO FELTRI Libero 27/9/18
Divampa la polemica sul tema Sud Tirolo ai cui abitanti di lingua tedesca si vorrebbe concedere il doppio passaporto, italiano e austriaco. Ci sembra una questione di lana caprina. Infatti avere in tasca due documenti anziché uno solo non cambia il destino di nessuno.
 I nostri connazionali sono persuasi di essere diventati padroni del Brennero e dintorni grazie a una conquista militare. Falso, si trattò di una annessione diplomatica avvenuta nel 1919 a guerra mondiale terminata. Da allora noi abbiamo invaso con la burocrazia il territorio, mentre i tirolesi hanno cercato di difendere la loro cultura e i loro diritti. Non sempre le cose sono andate bene.

Ancora oggi i due popoli non si sono integrati completamente, e litigano sulla base di pregiudizi figli di una ignoranza della storia. Ecco perché riproponiamo due miei articoli pubblicati circa trenta anni or sono che aiutano a comprendere i motivi dei dissidi. Da quel tempo ai giorni attuali non è mutato molto. Vale la pena di fare un ripasso delle epoche trascorse per capire quanto accade adesso. Non parteggiamo per alcuno, desideriamo soltanto spiegare ai lettori lo svolgimento delle vicende altoatesine.

L' intervista e Eva Klotz:

«Noi, negri del Sud Tirolo»
L’indipendentista Eva Klotz nell’87: «Francesco Giuseppe era più democratico, vogliamo l’uso pieno del tedesco e un referendum per decidere se stare con l’Italia o per conto nostro"
di Vittorio FELTRI 1987

La città è quieta, sonnacchiosa sotto la nebbia autunnale. A prima vista, non è diversa da Treviso, Bergamo o Sondrio. Palazzi solidi nel centro, architetture decise, e tante casette sparpagliate sui monti, campanili esagerati che svettano qua e là. Una bella catolina che rasserena. Ma è apparenza.E l’apparenza inganna. Ogni tanto,dai tetti del presepio si leva un filo di fumo acre: dinamite. Già, gli attentati, qui non sono mai finiti. Perché? Gli italiani che vivono lontano dall’Alto Adige non capiscono. Da trent’anni leggono sul giornale di tralicci e di automobili che saltano per aria, e si domandano che cosa vogliano i terroristi. Tornare sotto l’Austria? E che ci tornino. L’indipendenza? Che se la piglino. Il nostro è un Paese troppo lungo: chi sta a Campobasso che ne sa di quel che succede a Merano? E che importa a unnapoletano, coi guai che ha, se a San Candido gli alpini non simpatizzano con le Fràulein? Della questione tirolese si parla per sentito dire e si pensa
per sentito pensare: si buttano li un paio di luoghi comuni, e l’argomento è chiuso.
Si riapre, però, in tempo di elezioni, e di spoglio, quando ci si rende conto che la geografia politica della zona è completamente diversa da quella nazionale: dominano il Movimento sociale e la Svp; cioè, i fascisti e i tedeschi. La Dc, il Psi e gli altri sono partiti minori, per di più, insignificanti. Si fa una affrettata analisi del voto e si conclude che da queste parti son tuffi matti. Ma i matti siamo noi che ci ostiniamo a considerare questa regione come una qualsiasi, e a ignorarne gli umori e la loro origine. Che è storicamente recente, anche se ci sembra lontana: risale a 69 anni fa.
La grande guerra era appena terminata e il Tirolo, nella macelleria dei vincitori, fu regalato, come osso, all’Italia: dalla sera alla mattina, oltre 300mila cittadini austriaci furono costretti a cambiare bandiera. D’accordo - obietterà il lettore - ma perché non si arriva
a un compromesso? Ne discutiamo con Eva Klotz, un nome che è una garanzia contro ogni sospetto di passione tricolore. E' la figlia di Georg, il «martellatore della Vai Passiria», che negli Anni ‘60 era considerato il numero uno dei nemici di Roma; gli furono attribuiti quasi tuffi i ‘botti” che echeggiarono nei pressi del Brennero e inflitti un paio di ergastoli, che non scontò mai in quanto era un soggetto non facile da prendersi: morì libero in un bo
sco a Innsbruck, nel 1976, all’età di 56anni.
Frau Eva è l’unica esponente del 
Heimatbund (Lega della patria) al consiglio provinciale dl Bolzano in cui la Volkspartei ha la maggioranza relativa; ha fama di dura oppositrice all’ andazzo italiano, leader degli inflessibili e lucida ideologa. La incontriamo nei corridoi del “parlamentino”: è giovane, occhi chiari, una treccia castana attorcigliata sulla nuca; indossa un vestito di maglia nera, taglio 1930. Sintetizzando al massimo: è proprio carina.

L’accento non è da speaker, ma il suo italiano è migliore di quello di molti immigrati.
Allora, gentile signora, perché non la smettete di litigare?
«Nessuna lite, solo rivendicazioni. E legittime».
Però ad alto potenziale esplosivo, talvolta.
«E successo. Non siamo stati noi ad accendere la miccia».
Chi è stato?
«Piacerebbe anche a me saperlo. Non può essere, comunque, che un nostro avversario. Noi non abbiamo interesse a ricorrere alle bombe, adesso, dato che non ci mancano mezzi legali né il consenso. ll terrorismo fa comodo a coloro che desiderano mantenere lo stato di emergenza».
Insinua che i bombaroli siano italiani?
«Non ho elementi per insinuare, mi limito a fornirle qualche informazione che l’aiuti a farsi un’opinione».
La sua qual è?
"Chi ricorre alla violenza, chiunque sia, è in errore».
Perdoni, ma nella sua famiglia non tutti erano di questo avviso.
«Altra epoca. Allora non c’erano altemative. D’altronde il governo cominciò a darci retta dopo le deflagrazioni. Oggi, ed è sperimentato, basta negoziare, purché ci sia buona volontà».
Siete soddisfatti di ciò che avete ottenuto?
«No. Ci hanno dato un brodino, una finta autonomia. Ma non disperiamo di strappare di più».
Che cosa?
«L’autodeterminazione».
Cioè?
«Un referendum con il quale gli abitanti decidano se stare con l’Italia o per conto proprio, formando una regione libera che legiferi e non sia sottomessa alla burocrazia capitolina».
Mettiamo che si realizzi il distacco. Che ne sarebbe dei nostri, li caccereste fuori a calci? O verrebbero sottomessi come i negri in Sudafrica?
«Non abbandoniamoci a eresie, per carità. Semmai i negri, attualmente, siamo noi. I trentini, quand’erano sotto l’impero austroungarico, godevano di ogni diritto dovuto alle minoranze. Nei processi, avevano facoltà di parlare la madrelingua fino in Cassazione, cosa che a noi, nel 1987, non è consentita. E in tribunale, un conto è esprimersi nel proprio idioma, un altro è tradurre».
Era più democratico Francesco Giuseppe?
«Non c’è ombra di dubbio. Per noi il pluralismo e la tolleranza sono sacri da alcuni secoli. Già nel 1300, alla gestione dello Stato partecipava il popolo, contadini compresi».
Non risulta che siate perseguitati.
«Le risulta male. Negli anni Venti, piombarono qui i conquistatori, licenziarono gli sconfitti dagli uffici pubblici e si insediarono alloro posto, ebbero gli incarichi migliori, privilegi, case,
stipendi, onori; e noi zitti, umiliati. Abolirono nelle scuole il tedesco che da millenni avevamo nel sangue. Fummo colonizzati>.
Però in settant’anni, anche coloro che non possedevano attitudini poligloffiche avrebbero avuto il tempo di perfezionarsi.
«Questa è buona. in Alto Adige, su 140mila immigrati da decenni, neanche 20mila si sono impadroniti del tedesco, che pure ritengo indispensable per inserirsi in una comunità prevalentemente tedesca».
C’è un piccolo particolare: vi garbi o no, ora siete cittadini della nostra Repubblica.
«Ecco ciò che ci irrita, la mentalità da conquistatori che è immutata dal 1918. Agite come se questa terra fosse bottino di guerra, non rispettate l’identità degli indigeni; gli antichi romani erano più evoluti, non stravolgevano i paesi occupati, anzi, favorivano la conservazione dei costumi locali. Perché cancellare la nostra cultura? In Svizzera le lingue sono tre, ben distinte, e la convivenza civile non ne risente. Lugano e Zurigo sono in simbiosi. Un luganese a Basilea si adegua, non impone il suo vocabolario né cambia
il nome dei villaggi e delle strade, invece, un barese a Vipiteno si arrabbia se non lo comprendono».
Scusi, ma non è di rigore la doppia terminologia sui cartelli, negli uffici pubblici, dovunque?
«Qualche progresso è stato fatto.Ma siamo lontani dalla parità. Col famoso trattato di Parigi è stato reintrodotto il tedesco nelle scuole, i duegruppi etnici hanno propri Istituti, chi frequenta l’Università in Austria gode di contributi come coloro che scelgono Padova. Tuttavia la situazione è insoddisfacente».
Perché?
«L’autonomia, che pure ci è stata riconosciuta, è più formale che sostanziale».
Non ci pare, faccia degli esempi.
«Prendiamo il Consiglio provincia le. La traduzione simultanea avviene dal tedesco all’italiano e non viceversa. Sicché un tirolese, per quanto provveduto, è svantaggiato. Alle poste, all’lnps, alla mutua, sul treno: moltospesso il personale non risponde in tedesco, benché per accedere al pubblico impiego sia necessario il patentino che certifichi il bilinguismo, il fatto è che gli enti, attaccandosi a un cavillo, assumono a Roma personale provvisorio che non ha i requisiti, poi lo lasciano qui».
Non sarete eccessivamente nazionalisti?
«La nostra storia dimostra che siamo gente pacifica, ci ribellammo con le armi solamente a Napoleone perché ci aveva aggrediti. Nel caso di oggi, difendiamo il diritto di essere quel che siamo>.
Un’integrazione incruenta non sembrerebbe così grave.
«Tutto è lecito se avviene spontaneamente. Ma i veri nazionalisti sono quegli italiani che ostentano atteggiamenti da dominatori, e hanno appoggiato il Msi portandolo al 30 per cento».
Non saranno diventati fascisti per reazione al vostro comportamento ostile?
«Lo sono diventati perché potenzialmente lo erano già: arroganti e sopraffattori, non si arrendono all’idea che l’era mussoliniana dei pretoriani sia tramontata. Ciò non toglie che molti suoi connazionali siano squisiti e amabifi».
Appunto. Però pochi giorni fa è stata rifiutata l’iscrizione di un bambino del “tricolore” ad un asilo tirolese.
«li bilinguismo perfetto è un’utopia.Se un nostro bimbo entra in una vostra scuola, fatica li doppio dei compagni e, se non eccezionalmente, non li raggiunge nel profitto. La maestra è costretta a rallentare e ad abbassare il livello delle lezioni, se le rincresce perdere l’alunno in difficoltà. Ma in questo modo si penalizza la maggioranza.
Lo stesso si verifica se in una scolaresca tedesca viene paracadutato un ragazzino italiano. E non è giusto. E preferibile che ognuno studi dove può rendere di più, nessuno gli impedirà, intanto, di apprendere come seconda lingua la nostra o la vostra. Ho dimestichezza con questi problemi: mi occupo di politica, ma sono stata insegnante».
Non ci sarà sotto un po’ di razzismo?
« Assurdo. Questo ignobile sentimento si sviluppa in presenza di due o più razze. Qui la pelle è di un colore solo. Almeno fisicamente siamo tutti uguali: dovremmo esserlo anche nella facoltà di tutelare la personalità; gli italiani la loro, noi la nostra».

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