RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

venerdì 5 maggio 2017

"VENITE A TRIESTE E NON ROMPETE I COGLIONI": LA CITTA' CHE METTE MARIA TERESA TRA I RUDERI, VIETA LE STELLE ROSSE E PARLA SOLO ITALIANO - PARTECIPIAMO ALLE MANIFESTAZIONI "ALTERNATIVE" E AUTONOME DEL 12 VISTA L' OTTUSITA' DELLA CLASSE POLITICA -


La "vocazione turistica" e il nazionalismo.

Dall' autore del vincolo architettonico di Porto Vecchio, definito giustamente "idiota" dall' arch. Semerani, non poteva venire che un appello turistico idiota a venire a Trieste a vedere la replica della sua pagatissima (dall' Amministrazione Comunale) mostra itinerante "e non rompere i coglioni" (clicca QUI).

Apprediamo che il Canal Grande, opera di Maria Teresa, non sarà a lei intitolato malgrado la disponibilità dell' Autorità Portuale per "SCELTA POLITICA" dell' Amministrazione Comunale, ma che si pensa, forse, di intitolare una strada tra i ruderi in Porto Vecchio, costruito in epoca successiva.

E' noto che Porto Vecchio non verrà mai urbanizzato a fini turistici perchè è un' operazione esageratamente costosa senza ritorni economici e non c'è l' ombra di investitori privati a due anni e mezzo dalla "sdemanializzazione", ed è anche sbagliata perchè l' unica possibilità di recupero dell' area è a finalità produttive come la base SAIPEM "polo per la robotica subacquea" nel Punto Franco rimasto dimostra concretamente (QUI).
E' noto che lo stesso "advisor" E&Y prevede 25 anni per realizzarci qualcosa.

In pratica è un modo per non intitolare niente a Maria Teresa, esattamente come l' astuta indicazione di mettere il suo monumento al posto della Sala Tripcovich da demolire, malgrado le giustificate opposizioni, anzichè all' imbocco del Canale come richiesto.
E' una "scelta politica": sono ottusi nazionalisti italiani e Maria Teresa non la vogliono ricordare con intitolazioni stabili al contrario dei cittadini che il 12 organizzeranno delle manifestazioni alternative cui invitiamo a partecipare (clicca QUI).

I cittadini hanno chiamato "Ponte Curto" il ponte sul canale e i cittadini chiameranno "Canale Maria Teresa" il Canal Grande.

Questi ottusi nazionalisti fanno di tutto per riportare Trieste ad un passato di conflitti nazionali ed ideologici perchè con essi prosperano e non sono capaci di fare altro: men che meno affrontare i problemi veri ed avere una strategia per il futuro.

Ed anche per rendere Trieste invivibile e ridicola: "Trieste la città dove si vietano le stelle rosse e si parla solo italiano". Alla faccia del turismo.
Sono allergici a qualsiasi simbolo che alluda alla liberazione di Trieste dal fascismo sia che siano le stelle rosse dei partigiani iugoslavi che quelle sull' italianissimo tricolore delle "brigate Garibaldi", compreso quelle sulla bandiera delle forze neozelandesi che per prime hanno portato gli alleati a Trieste e trattato la resa degli ultimi nazisti.
Probabilmente non gli piace neanche la stella che contraddistingueva i carri armati americani Sherman

Come non piace loro parlare le lingue diverse dall' italiano (che parlano comunque malissimo) perchè "urta la coscienza nazionale" italiana.

Ecco la Trieste che vogliono: una città provinciale, dove non si parlano le lingue mitteleuropee anche se la sua principale risorsa turistica è la fama di cultura mitteleuropea; una città con i negozi chiusi per la crisi ma che ama che il suo reddito finisca a Centri Commerciali con sede fiscale altrove (meglio se in Lussemburgo) e chiude e svende le proprie Cooperative Operaie; una città che regala il proprio reddito a commercianti di fuori (anche ambulanti) per far accrescere altrove il PIL; una città che "promuove" il turismo di nicchia e congressuale con fiere di baracche in centro e lasciando il Silos accanto la stazione diroccato e fatiscente insieme al progetto di nuovo Centro Congressi...
Una città senza industrie e con solo il 9% del PIL da manifattura: destinata a morire e a diventare un borgo mummificato per i turisti.

Una classe politica e dirigente disastrata e incapace, da sostituire quanto prima: è questo il grande problema di Trieste.
E' questo il frutto di decenni di politica basata su conflitti nazionali anzichè su progettualità per lo sviluppo economico e sociale del territorio.


Come è sempre stato a Trieste, fin dai tempi di Maria Teresa, il cambiamento e il progresso può venire solo dal Porto Franco Internazionale e da chi ci arriva per lavorare, e dai rapporti con l' entroterra Europeo.

Il nostro appello è:

"Venite ad investire e lavorare nel Porto Franco Internazionale di Trieste, mettete le vostre attività nei Punti Franchi, e rompete pure i coglioni a questi incapaci in malafede !"




Invitiamo i nostri lettori a partecipare:

Il Circolo della Stampa, il Club Touristi Triestini e la Società Triestina di cultura Maria Theresia organizzano un momento di celebrazione e festeggiamento alla testata di quel Canal Grande che molti sperano possa prossimamente venir intitolato alla sovrana.
Venerdì 12 maggio 2017 ore 18.00.
Via Rossini, 16 Trieste/Trst/Triest
La Banda “Refolo” in montura storica, farà risaltare l'avvenimento suonando alcuni brani e inni tradizionali.
Apposizione di corone d'alloro alla lapide plurilingue dedicata a Maria Teresa, presso il Consolato di Grecia.
La cerimonia prevede anche un impegno concreto per ricordare degnamente la sovrana cui si deve il decisivo impulso che avviò lo sviluppo e le fortune di Trieste/Trst/Triest.
Seguirà un omaggio floreale a tutte le Marie Terese di Trieste che vorranno partecipare.
Brindisi finale.

Dal Piccolo odierno:

Il Canal Grande bocciato per scelta politica

«Le scelte sono politiche». Lapidario. Roberto Dipiazza boccia senza appello l’intitolazione a Maria Teresa del Canal Grande (Ponterosso) chiesta da una petizione di 25 associazioni, sostenuta da una mozione del Pd (in attesa di essere votata dal Consiglio comunale) e con il nulla osta da parte all’Autorità portuale (il canale fa parte del demanio marittimo). «Ci saranno delle intitolazioni, ma non sarà il Canal Grande », assicura il sindaco. Quest’omaggio all’imperatrice non viene dunque neppure preso in considerazione dall’amministrazione in carica anche se a detta dei promotori dell’iniziativa dal punto di vista turistico (e del marketing territoriale) potrebbe funzionare eccome. Il Canal Grande è il luogo più fotografato dai turisti (persino più del Castello di Miramare). Inoltre l’intitolazione a Maria Teresa l’avrebbe emancipato dall’impari confronto con il Canal Grande più famoso del mondo, quello di Venezia. Un’intitolazione comunque ci sarà lo stesso. Avverrà in modo “clandestino” il 12 maggio, alla vigilia del trecentesimo genetliaco, in modo apolitico (si legga sotto, ndr). (fa.do.)


«Una rosa a chiunque si chiami come lei» L’iniziativa nell’ambito delle manifestazioni “alternative” che avranno il loro clou a Ponterosso

Una rosa a tutte le Maria Teresa di Trieste. Il 12 maggio, alla vigilia delle iniziative pubbliche in ricordo dei trecentesimo anniversario della nascita di Maria Teresa d’Austria, sarà consegnato un omaggio floreale a tutte le cittadine che condividono lo stesso nome di battesimo dell’imperatrice d’Asburgo. A Trieste sembra ci sia una grande concentrazione di questo nome. L’iniziativa, che non rientra tra le celebrazioni ufficili, è organizzata dal Circolo della Stampa. «Ci sarà, tra le ospiti, anche Maria Teresa Rossetti contessa de Scander, austriaca. Quasi superfluo ricordare che è stata la sovrana, nel 1775, a insignire di titolo nobiliare il padre di Domenico Rossetti - spiega Pierluigi Sabatti, presidente del Circolo della Stampa. -. Affermeremo concretamente il dovere di ricordare Maria Teresa nella toponomastica e faremo l’omaggio di una rosa a tutte le triestine sue omonime che vorranno essere presenti». Successivamente, accompagnati dalla banda Refolo diretta da Fabio Benolli, i convenuti si trasferiranno allo sbocco in mare del Canal Grande, dove verrà lanciato in acqua un masso di fiori bianchi e rossi. Seguirà un brindisi di augurio per le future sorti di Trieste. «Ricorderemo simbolicamente il proiettarsi sul mare e nel mondo che Trieste conobbe grazie a Maria Teresa ed al lungimirante Governo austriaco, sottolineandolo con le note della banda Refolo, che abbiamo chiamato per dare un po’ di animazione e allegria» aggiunge Alessandro Sgambati, presidente del Club Touristi Triestini, che ha organizzato questa iniziativa. Si tratta di due degli eventi (totalmente autofinanziati, come ci tengono a sottolineare gli organizzatori) che precederanno quelli ufficiali del 13 maggio. Non senza alcune sorprese. Teatro della commemorazione parallela sarà il Canal Grande, asse della città teresiana, e luogo simbolo che molte associazioni di cittadini vorrebbe venisse associato al nome della sovrana. È prevista un’intitolazione simbolica nonostante il rifiuto della politica. Alle 18 la Società triestina di cultura Maria Theresia deporrà una corona alla targa plurilingue affissa sulla facciata del palazzo sede del consolato greco, in via Rossini. Era stato lo stesso sodalizio ad apporre il manufatto in corrispondenza della testata del canale, alcuni lustri fa, dopo che il Comune si era opposto a una prima richiesta di intitolazione. «Non si tratta di una contromanifestazione, perché, per quanto ci riguarda, non siamo contro niente e contro nessuno. Sarà una festa a favore di Maria Teresa e della città, un vivace evento collaterale, privato, per richiamare l’opportunità di legare anche pubblicamente il nome della Kaiserin a un luogo simbolo. Sono, del resto, parecchi anni che abbiamo posto il problema - dice Luciano Santin, presidente della Società di cultura Maria Theresia -. Il Canal Grande ci pare il luogo più opportuno, anche perché il gesto non costerebbe nulla e non comporterebbe modifiIl monumento a Domenico Rossetti che di numeri civici». (fa.do.)



mercoledì 3 maggio 2017

QUEL COMMENTO FUORI POSTO SULLE "STELLE" E IL TRATTATO DI PACE DEL PROF. PILOTTO OGGI SUL PICCOLO - Vietare "stelle" e Trattato di Pace del 1947 perchè "urtano la coscienza nazionale" ?


Stupefacente commento del prof. Pilotto alla vicenda della esibizione di simboli con la "Stella Rossa" al corteo del Primo Maggio, successivamente al "divieto", peraltro infondato giuridicamente, espresso dal Consiglio Comunale.
Dice il prof. Pilotto: "Nenni scrisse, nella sua comunicazione alle rappresentanze diplomatiche italiane nel mondo, che il testo del trattato di pace «urta la coscienza nazionale». Espressione impeccabile. Riprendendo le parole di Nenni, si può affermare che le manifestazioni abusive dei filotitini in piazza Unità a Trieste, il 1° maggio, in occasione della Festa dei lavoratori, manifestazioni che esprimono nostalgia e sostegno in relazione all'ingresso delle forze partigiane jugoslave a Trieste, il 1° maggio 1945,«urtano la coscienza nazionale, soprattutto triestina» e, di conseguenza, devono essere democraticamente vietate. "


Dunque ciò che "urta la coscienza nazionale" dovrebbe essere vietato, secondo il Pilotto ed il Piccolo che lo pubblica con risalto di Prima Pagina, anche se di tale curiosa e vaga fattispecie giuridica atta a limitare i diritti costituzionali di libertà di espressione non si trova traccia nè nei codici, nè nella pratica dal 1945 ad oggi. 


Anche l' esempio del Trattato di Pace del 1947 scelto dal docente è alquanto peregrino infatti malgrado "urti la coscienza nazionale" l' Italia è tenuta a rispettarlo rigorosamente perchè è una fonte primaria di diritto internazionale, come lui ben sa, e non può nemmeno sognarsi di "vietarlo democraticamente".

L' Italia infatti ha perso rovinosamente una guerra condotta a fianco dei Nazisti e ne ha pagato le conseguenze, anche se in misura ridotta rispetto alle responsabilità.
L' unico onore italiano in quella guerra, che ha visto la fuga di tutto l' "estabilishment" e la disgregazione dell' esercito, fu quello salvato dalla guerriglia partigiana che si opponeva all' invasore nazista e ai suoi lacchè usando da parte delle sue forze più consistenti una bandiera tricolore con, guarda caso, la "Stella Rossa" aborrita e "vietata" dai bischeri del Consiglio Comunale con l' evidente finalità di provocare reazioni il 1° Maggio e costringere il dibattito pubblico nelle sabbie mobili delle contrapposizioni nazionali e ideologiche sui cui prosperano i politici incapaci di affrontare i problemi reali.
Cosa che purtroppo si è puntualmente verificata e su questo "trappolone" la stampa e la politica deteriore vanno maramaldeggiando.


La questione del Trattato di Pace del 1947 non è banale ma cruciale per Trieste perchè oltre ad aver istituito con l' art. 21 il TLT, ha istituito anche il PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE regolato dall' Allegato VIII, tuttora vivo e vegeto ed unica speranza reale di ripresa economica della città, grazie anche all' utilizzo industriale dei Punti Franchi.
E questo nonostante decenni di impegno italiano nel sabotarlo disapplicando l' Allegato VIII: forse perchè "urta la coscienza nazionale" ma soprattutto perchè fa concorrenza ai porti nazionali.


E' veramente singolare che un docente si esprima in questo modo, in particolare evidenza sul giornale locale, paragonando il Trattato di Pace del 1947 ad esibizioni di bandiere che vorrebbe vietare perchè "urtano la coscienza nazionale" come il Trattato medesimo.

E' stupefacente che questo avvenga nel 2017 e non nel 1947 quando Nenni pronunciò quella frase avendo anche le necessità di politica interna dell' epoca.

Il sentimento nazionalista di fondo emerge con chiarezza e nazionalismo e logica non vanno d' accordo.

Il Trattato di Pace del 1947 l' Italia, e i nazionalisti, se lo devono mettere in saccoccia, gentile prof. Pilotto.


Paolo Deganutti

L'articolo a pag 15 del Piccolo del 3/5/17
QUEL SIMBOLO FUORI POSTO
di Stefano Pilotto 
La giornata del 1° maggio, in tutto il mondo, è istituita per celebrare i lavoratori, per valorizzare il senso del lavoro, per sottolineare le imperfezioni legislative, le incongruenze, i successi. Si tratta di una giornata che, in generale, viene curata dai cittadini vicini alle idee socialiste e comuniste, ma anche da coloro che, in senso più ampio, si identificano con idee moderate. Si tratta di una giornata le cui manifestazioni di piazza vengono sollecitate soprattutto dai sindacati. Ogni sindaco, nei Paesi democratici e avanzati come l’Italia, concede volentieri gli spazi per la libera manifestazione dei cittadini nel segno del lavoro. A Trieste, tuttavia, da qualche anno a questa parte, la giornata del 1° maggio ha assunto una funzione perversa, non desiderata e pericolosa. Oltre ai lavoratori, ai sindacati, ai cittadini che si riuniscono in piazza dell’Unità per celebrare (spesso con il garofano rosso all’occhiello) la nobiltà del lavoro, si inseriscono elementi diversi che nulla hanno a che vedere con le motivazioni del 1° maggio e che sfruttano tale giornata per celebrare un altro evento storico, associato ad un altro 1° maggio: si tratta, in generale, di cittadini di estrazione slava (sloveni in particolare, appartenenti alle comunità slovene dei territori vicini a Trieste (Ci sono numerosi concittadini sloveni anche in Città, ndr.) o italiani che condividono idee e impostazioni di tali cittadini sloveni, i quali si presentano in piazza con grandi bandiere della ex Jugoslavia di Tito, aventi una più che visibile stella rossa al centro. Cosa rappresenta tale simbolo del passato? Rappresenta il movimento dei partigiani di Tito, che condussero la lotta partigiana contro le forze dell’Italia fascista e della Germania nazionalsocialista durante la seconda guerra mondiale. Tale movimento non si limitò a vincere la guerra (come era nel suo diritto), giunse per primo a Trieste, il 1° maggio 1945, a guerra ormai terminata, occupò la città, cercò di prepararne l’annessione alla Jugoslavia e la sottomise a 40 giorni di terrore, durante i quali si verificarono deportazioni di massa, stermini di persone prevalentemente italiane nelle foibe carsiche e istriane, violenze incontrollate, patenti violazioni dei diritti dell’uomo e umiliazione della dignità umana. Il ricordo di tali giornate non è certo svanito ed è sempre presente nell’animo delle famiglie triestine, ha da sempre connotati di un incubo traumatizzante. Il dilemma si presenta: come si deve comportare uno Stato democratico di fronte a tali particolari espressioni storico-politiche? Come si interviene di fronte a una manipolazione di una manifestazione di massa, che, peraltro, era stata autorizzata nell’ambito dei fini per i quali era stata concepita? Lo Stato democratico deve rispettare tutte le idee politiche, qualsivoglia esse siano, ma ha il diritto di vietare eventi lesivi della memoria nazionale, che assumano i connotati di un oltraggio e di ulteriore ferita per la stragrande maggioranza della popolazione. Il capo storico del Partito socialista italiano, Pietro Nenni, quando esercitò le funzioni di ministro degli Esteri del Governo provvisorio italiano, nel gennaio ’47, utilizzò un’espressione, al tempo stesso efficace e drammatica, per comunicare al mondo come il popolo italiano considerava il testo del Trattato di Pace, che sarebbe stato firmato il 10 febbraio 1947: Nenni scrisse, nella sua comunicazione alle rappresentanze diplomatiche italiane nel mondo, che il testo del trattato di pace «urta la coscienza nazionale». Espressione impeccabile. Riprendendo le parole di Nenni, si può affermare che le manifestazioni abusive dei filotitini in piazza Unità a Trieste, il 1° maggio, in occasione della Festa dei lavoratori, manifestazioni che esprimono nostalgia e sostegno in relazione all'ingresso delle forze partigiane jugoslave a Trieste, il 1° maggio 1945,«urtano la coscienza nazionale, soprattutto triestina» e, di conseguenza, devono essere democraticamente vietate. Se tale divieto non venisse espresso e fatto rispettare, in futuro il precedente dei filotitini potrebbe pericolosamente legittimare l’utilizzo di ben altre bandiere, simbolo di idee e movimenti del passato, che in modo analogo urterebbero altre coscienze nazionali, a detrimento dell’auspicata pace europea.
Stefano Pilotto

domenica 30 aprile 2017

TRIESTE: LA FESTA AL LAVORO - BOLZANO AL PRIMO POSTO PER OPPORTUNITA' DI LAVORO E STIPENDI, TRIESTE AL 38° SUPERATA DA PORDENONE, UDINE E GORIZIA - ECCO IL RISULTATO DELL' OBLIO DEL "CORE BUSINESS" : IL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE - LA SOLUZIONE E' L' USO PRODUTTIVO E INDUSTRIALE DEI PUNTI FRANCHI -

Ecco il bel risultato di decenni di oblio del "core business" di Trieste: il Porto Franco Internazionale.
Il risultato di decenni di deliri, annunci, promesse e fantasticherie sulla "vocazione turistica" e di denigrazione del valore e del potenziale dei Punti Franchi: come se il turismo, per giunta "di massa" e non di nicchia, potesse essere il volano principale per l' economia di Trieste anzichè un mero contorno.


Trieste si è ridotta ad avere solo il 9% del PIL da industria dopo il tracollo della cantieristica e della navalmeccanica mentre Bolzano ha il 21,5%, il Friuli il 21% e la media italiana è del 18,5%: ecco spiegato il mistero del problema del lavoro nella nostra città.


Una classe politica locale incosciente ed alla ricerca di facili consensi da vent' anni non parla d' altro che di turismo, eventi, acquari, fiere itineranti di baracche, e soprattutto di urbanizzazione a fini turistici di Porto Vecchio: SENZA COMBINARE NIENTE per giunta!
Andare in Porto Vecchio a due anni e mezzo dalla "sdemanializzazione" per verificare di persona.


Se tutti i soldi e il tempo persi in questi anni in progetti  e chiacchiere su Porto Vecchio si fossero utilizzati per favorire l' insediamento di "Start Up" in regime agevolato di Punto Franco ora in lì avremmo una Silicon Valley invece del noto covo di pantigane.


Un solo Polo Mondiale per la Robotica Subacquea nel Punto Franco di Porto Vecchio vale più di decenni di chiacchiere e baracche (clicca QUI).


Idem per i prossimi insediamenti di industrie ad alta tecnologia nel Punto Franco della Zona Industriale (clicca QUI).


A Bolzano evidentemente, oltre alla forte autonomia dal fallimentare carrozzone statale italiano, hanno selezionato una classe politica locale che fa gli interessi del territorio.

Il 1° Maggio è la Festa Mondiale del Lavoro, non delle chiacchiere e nemmeno delle dispute ridicole sulle stelle e le bandiere  con cui il Consiglio Comunale spreca il suo tempo e i denari dei cittadini....



Il Piccolo 30/4/17 pag. 6
Lavoro e stipendi, Bolzano al top -
Trieste al 38esimo posto superata in Fvg da Pordenone, Gorizia e Udine

Bolzano provincia ideale per chance di lavoro e “peso” della busta paga: è in Alto Adige (SUDTIROL ndr), infatti, che il tasso d’occupazione sfiora il 73% e che la retribuzione media si scopre esser la migliore d'Italia (1.476 euro). Dall’altra parte dell’Italia, a Reggio Calabria, meno di 4 persone su 10 risultano impiegate, mentre spetta ad Ascoli Piceno la maglia nera degli stipendi che, mediamente, si fermano a 925 euro. Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, invece, svetta Pordenone (1381 euro) che stacca Gorizia al 27mo posto (1352) subito davanti a Udine (1349). Trieste è fanalino di coda regionale, al 38esimo posto nazionale con 1.324 euro. A tracciare la road map del mercato del lavoro nel nostro Paese è lo studio realizzato dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, presentato al Teatro Augusteo di Napoli. Il dossier conferma lo stato di salute decisamente più confortante delle aree del Settentrione, a scapito del Mezzogiorno: dal secondo posto in giù si collocano le province nelle quali sono occupati più di due terzi della popolazione in età lavorativa ovvero, nell’ordine, Bologna (71,8%), Belluno e Modena (68,8%), Parma (68,7), Milano (68,4%), Lecco e Forlì-Cesena (68,3%), Reggio Emilia (68,2%), Siena (67,9%), Cuneo e Pordenone (67,7), Firenze e Pisa (67,5%), Arezzo (67,4%) e Lodi (67%). Molto distanziata Roma (al 57º posto della classifica), allarmante la condizione lavorativa del capoluogo calabrese (soltanto il 37,1% di persone in attività) e di altri grandi centri del Sud come Palermo (37,4%), Caserta (38%), Napoli (38,6%), Crotone (38,7%), Agrigento (39,1%), Vibo Valentia (39,4%), Catania (39,6%) e Trapani (39,8%). Analizzando, poi, il cosiddetto gender gap (il divario di genere), il report accende i riflettori sul tasso d’occupazione femminile più cospicuo nella provincia di Bologna, dove due terzi delle donne hanno un posto (66,5%), al contrario a Barletta-Andria-Trani le occasioni lavorative “rosa” sono scarse, giacché a svolgere mansioni fuori casa è meno di un quarto delle abitanti della provincia pugliese (24,1%); percentuali d’occupazione di donne superiori al 63% si registrano anche in altre 3 province, ossia a Bolzano (66,4%), Arezzo (64,4%) e Forlì-Cesena (63,3%), viceversa solamente un quarto ha incarichi a Napoli (25,5%), Foggia (25,6%) e ad Agrigento (25,9%). Bolzano si rivela, inoltre, regina pure per l’inserimento nel mercato dei Neet (gli under 29 che non lavorano, né studiano): soltanto il 9,5% rimane fermo, diversamente da quanto accade nella provincia sarda di Medio Campidano con il 46,2% di ragazzi inoccupati detiene il triste primato naziona. Bolzano è al top in Italia per occupazione e stipendio medio -