RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

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mercoledì 3 maggio 2017

QUEL COMMENTO FUORI POSTO SULLE "STELLE" E IL TRATTATO DI PACE DEL PROF. PILOTTO OGGI SUL PICCOLO - Vietare "stelle" e Trattato di Pace del 1947 perchè "urtano la coscienza nazionale" ?


Stupefacente commento del prof. Pilotto alla vicenda della esibizione di simboli con la "Stella Rossa" al corteo del Primo Maggio, successivamente al "divieto", peraltro infondato giuridicamente, espresso dal Consiglio Comunale.
Dice il prof. Pilotto: "Nenni scrisse, nella sua comunicazione alle rappresentanze diplomatiche italiane nel mondo, che il testo del trattato di pace «urta la coscienza nazionale». Espressione impeccabile. Riprendendo le parole di Nenni, si può affermare che le manifestazioni abusive dei filotitini in piazza Unità a Trieste, il 1° maggio, in occasione della Festa dei lavoratori, manifestazioni che esprimono nostalgia e sostegno in relazione all'ingresso delle forze partigiane jugoslave a Trieste, il 1° maggio 1945,«urtano la coscienza nazionale, soprattutto triestina» e, di conseguenza, devono essere democraticamente vietate. "


Dunque ciò che "urta la coscienza nazionale" dovrebbe essere vietato, secondo il Pilotto ed il Piccolo che lo pubblica con risalto di Prima Pagina, anche se di tale curiosa e vaga fattispecie giuridica atta a limitare i diritti costituzionali di libertà di espressione non si trova traccia nè nei codici, nè nella pratica dal 1945 ad oggi. 


Anche l' esempio del Trattato di Pace del 1947 scelto dal docente è alquanto peregrino infatti malgrado "urti la coscienza nazionale" l' Italia è tenuta a rispettarlo rigorosamente perchè è una fonte primaria di diritto internazionale, come lui ben sa, e non può nemmeno sognarsi di "vietarlo democraticamente".

L' Italia infatti ha perso rovinosamente una guerra condotta a fianco dei Nazisti e ne ha pagato le conseguenze, anche se in misura ridotta rispetto alle responsabilità.
L' unico onore italiano in quella guerra, che ha visto la fuga di tutto l' "estabilishment" e la disgregazione dell' esercito, fu quello salvato dalla guerriglia partigiana che si opponeva all' invasore nazista e ai suoi lacchè usando da parte delle sue forze più consistenti una bandiera tricolore con, guarda caso, la "Stella Rossa" aborrita e "vietata" dai bischeri del Consiglio Comunale con l' evidente finalità di provocare reazioni il 1° Maggio e costringere il dibattito pubblico nelle sabbie mobili delle contrapposizioni nazionali e ideologiche sui cui prosperano i politici incapaci di affrontare i problemi reali.
Cosa che purtroppo si è puntualmente verificata e su questo "trappolone" la stampa e la politica deteriore vanno maramaldeggiando.


La questione del Trattato di Pace del 1947 non è banale ma cruciale per Trieste perchè oltre ad aver istituito con l' art. 21 il TLT, ha istituito anche il PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE regolato dall' Allegato VIII, tuttora vivo e vegeto ed unica speranza reale di ripresa economica della città, grazie anche all' utilizzo industriale dei Punti Franchi.
E questo nonostante decenni di impegno italiano nel sabotarlo disapplicando l' Allegato VIII: forse perchè "urta la coscienza nazionale" ma soprattutto perchè fa concorrenza ai porti nazionali.


E' veramente singolare che un docente si esprima in questo modo, in particolare evidenza sul giornale locale, paragonando il Trattato di Pace del 1947 ad esibizioni di bandiere che vorrebbe vietare perchè "urtano la coscienza nazionale" come il Trattato medesimo.

E' stupefacente che questo avvenga nel 2017 e non nel 1947 quando Nenni pronunciò quella frase avendo anche le necessità di politica interna dell' epoca.

Il sentimento nazionalista di fondo emerge con chiarezza e nazionalismo e logica non vanno d' accordo.

Il Trattato di Pace del 1947 l' Italia, e i nazionalisti, se lo devono mettere in saccoccia, gentile prof. Pilotto.


Paolo Deganutti

L'articolo a pag 15 del Piccolo del 3/5/17
QUEL SIMBOLO FUORI POSTO
di Stefano Pilotto 
La giornata del 1° maggio, in tutto il mondo, è istituita per celebrare i lavoratori, per valorizzare il senso del lavoro, per sottolineare le imperfezioni legislative, le incongruenze, i successi. Si tratta di una giornata che, in generale, viene curata dai cittadini vicini alle idee socialiste e comuniste, ma anche da coloro che, in senso più ampio, si identificano con idee moderate. Si tratta di una giornata le cui manifestazioni di piazza vengono sollecitate soprattutto dai sindacati. Ogni sindaco, nei Paesi democratici e avanzati come l’Italia, concede volentieri gli spazi per la libera manifestazione dei cittadini nel segno del lavoro. A Trieste, tuttavia, da qualche anno a questa parte, la giornata del 1° maggio ha assunto una funzione perversa, non desiderata e pericolosa. Oltre ai lavoratori, ai sindacati, ai cittadini che si riuniscono in piazza dell’Unità per celebrare (spesso con il garofano rosso all’occhiello) la nobiltà del lavoro, si inseriscono elementi diversi che nulla hanno a che vedere con le motivazioni del 1° maggio e che sfruttano tale giornata per celebrare un altro evento storico, associato ad un altro 1° maggio: si tratta, in generale, di cittadini di estrazione slava (sloveni in particolare, appartenenti alle comunità slovene dei territori vicini a Trieste (Ci sono numerosi concittadini sloveni anche in Città, ndr.) o italiani che condividono idee e impostazioni di tali cittadini sloveni, i quali si presentano in piazza con grandi bandiere della ex Jugoslavia di Tito, aventi una più che visibile stella rossa al centro. Cosa rappresenta tale simbolo del passato? Rappresenta il movimento dei partigiani di Tito, che condussero la lotta partigiana contro le forze dell’Italia fascista e della Germania nazionalsocialista durante la seconda guerra mondiale. Tale movimento non si limitò a vincere la guerra (come era nel suo diritto), giunse per primo a Trieste, il 1° maggio 1945, a guerra ormai terminata, occupò la città, cercò di prepararne l’annessione alla Jugoslavia e la sottomise a 40 giorni di terrore, durante i quali si verificarono deportazioni di massa, stermini di persone prevalentemente italiane nelle foibe carsiche e istriane, violenze incontrollate, patenti violazioni dei diritti dell’uomo e umiliazione della dignità umana. Il ricordo di tali giornate non è certo svanito ed è sempre presente nell’animo delle famiglie triestine, ha da sempre connotati di un incubo traumatizzante. Il dilemma si presenta: come si deve comportare uno Stato democratico di fronte a tali particolari espressioni storico-politiche? Come si interviene di fronte a una manipolazione di una manifestazione di massa, che, peraltro, era stata autorizzata nell’ambito dei fini per i quali era stata concepita? Lo Stato democratico deve rispettare tutte le idee politiche, qualsivoglia esse siano, ma ha il diritto di vietare eventi lesivi della memoria nazionale, che assumano i connotati di un oltraggio e di ulteriore ferita per la stragrande maggioranza della popolazione. Il capo storico del Partito socialista italiano, Pietro Nenni, quando esercitò le funzioni di ministro degli Esteri del Governo provvisorio italiano, nel gennaio ’47, utilizzò un’espressione, al tempo stesso efficace e drammatica, per comunicare al mondo come il popolo italiano considerava il testo del Trattato di Pace, che sarebbe stato firmato il 10 febbraio 1947: Nenni scrisse, nella sua comunicazione alle rappresentanze diplomatiche italiane nel mondo, che il testo del trattato di pace «urta la coscienza nazionale». Espressione impeccabile. Riprendendo le parole di Nenni, si può affermare che le manifestazioni abusive dei filotitini in piazza Unità a Trieste, il 1° maggio, in occasione della Festa dei lavoratori, manifestazioni che esprimono nostalgia e sostegno in relazione all'ingresso delle forze partigiane jugoslave a Trieste, il 1° maggio 1945,«urtano la coscienza nazionale, soprattutto triestina» e, di conseguenza, devono essere democraticamente vietate. Se tale divieto non venisse espresso e fatto rispettare, in futuro il precedente dei filotitini potrebbe pericolosamente legittimare l’utilizzo di ben altre bandiere, simbolo di idee e movimenti del passato, che in modo analogo urterebbero altre coscienze nazionali, a detrimento dell’auspicata pace europea.
Stefano Pilotto

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