RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

giovedì 20 ottobre 2016

BLUFF PORTOVECCHIO: PARALISI E IMMOBILISMO DELLA "SDEMANIALIZZAZIONE" - INFRASTRUTTURE: NON CI SONO I SOLDI NE' PUBBLICI, NE' PRIVATI - NIENTE LICENZE EDILIZIE SENZA PRIMA LE INFRASTRUTTURE CHE LA LEGGE PRESCRIVE A CARICO DEL COMUNE CHE NON HA MEZZI- COSTI PAZZESCHI CHE SI AGGIUNGONO A QUELLI DEL VINCOLO ARCHITETTONICO E CHE NESSUNO VUOLE/PUO' AFFRONTARE - LA "SDEMANIALIZZAZIONE" HA BLOCCATO L' UTILIZZO PRODUTTIVO E ADESSO CI SARA' UNA PARALISI ETERNA - COMPLIMENTI VIVISSIMI

A due anni dall' emendamento Russo sulla "sdemanializzazione" che secondo i politicanti doveva risolvere i problemi di sviluppo economico di Trieste oltre al niente di fatto riscontriamo che è esploso il bubbone.
E proprio sulla parte più pregiata e vicina al centro città: quella di Greensisam.

La questione in apparenza complessa è in realtà semplice e verte sull' ovvio problema, che denunciamo da sempre: quello dei costi dell' "Urbanizzazione Primaria" (allacciamenti idrici, fognari, elettrici, telematici, collegamenti viari, ecc.) che diversi tecnici indicano in almeno 300 milioni.

Infatti quest' area, di cui dei demagoghi annunciavano la "restituzione alla città", della città non aveva MAI fatto parte ed è priva di tutta l' "urbanizzazione primaria" che la legge prescrive come obbligatoria, ed a carico del Comune, per il rilascio di qualsiasi permesso di costruire.
A meno che contestualmente il costruttore non accetti di accollarsi totalmente l' onere della medesima, da realizzare a sue spese secondo le prescrizioni del Comune.

Ma questo costo, enorme, si aggiunge a quello derivante dal Vincolo Idiota della Sovrintentenza, vincolo esterno e interno, che aumenta a dismisura i costi di restauro e limita drasticamente le possibilità di utilizzo dei vecchi magazzini rendendo qualsiasi operazione di urbanizzazione antieconomica.

Infatti il socio svizzero di Greensisam è fuggito lasciando Maneschi da solo e non vi è alcun investitore privato all' orrizzonte, malgrado le fantasie del sen. Russo su inesistenti Fondi Sauditi che, in ogni caso, sarebbe meglio stessero lontani se non vogliamo essere riempiti di "madrasse" salafite infiltrate come è successo a Bruxelles grazie agli investimenti dell' Arabia Saudita in città.

Adesso è battaglia legale per attribuire la responsabilità dei danni.
Così dichiara Greensisam presentando il ricorso al TAR:«In base alla legge urbanistica le opere di urbanizzazione primaria o già esistono oppure le deve fare il Comune o comunque esso deve pretendere l’impegno degli interessati ad eseguirle. È evidente che la nuova situazione che si è venuta a creare per effetto della sopravvenuta legge (l’emendamento Russo, ndr) comporta che, visto il disimpegno dell’Autorità portuale e vista l’esistenza di un Permesso di costruire senza prescrizione di opere di urbanizzazione, poteva solo significare che le stesse sarebbero rimaste a carico del Comune e che questo avrebbe semmai dovuto sospendere l’efficacia del permesso ed andare ad approvare il progetto delle opere da eseguire. Sicuramente non avrebbe dovuto revocarlo “sic et sempliciter”. Appare evidente - conclude Greensisam - che il Comune da un lato ha voluto difendere l’operato difettoso del precedente amministratore e dall’altro ha inteso sottrarsi a un obbligo che per legge è, senza ombra di dubbio, a suo carico».

Insomma il famoso Blitz di Russo ha posto a carico del Comune, cioè dei Triestini, i costi sia di manutenzione e gestione dell' enorme area, sia di infrastrutturazione primaria della medesima.
Lo stesso stanziamento dei famosi 50 milioni è, oltrechè minimo, vincolato a usi culturali e, come dice il Piccolo: "altri dubbi sui 50 milioni Il ministero non ha specificato come devono essere impiegati" .

Chi scrive ha segnalato la questione dell' infrastrutturazione primaria  e dei suoi costi nel corso di un intervento in Consiglio Comunale, una specie di audizione informale, già nella primavera del 2014.

Bene: adesso il bubbone è scoppiato e si è trasferito nelle aule di Tribunale rivelando l' inconsistenza economica di tutta l' operazione "sdemanializzazione", privatizzazione, urbanizzazione di Porto Vecchio che è diventata un fattore non di immobilismo ma addirittura di PARALISI dell' area visto che ne impedisce un riutilizzo produttivo.

Scemenze propagandistiche e operazioni fuori mercato di politici incompetenti: come il Trenino che ha avuto 20 persone a viaggio in piena Barcolana ed il naufragio economico e di visitatori della Mostra sulle Navi del LLoyd che dovrebbe essere il cuore del Museo del Mare (grande Attrattore Culturale Transnazionale).

Non ci saranno mai privati disposti ad investire in questa operazione che è economicamente perdente oltre che di tempi lunghissimi: lo stesso "advisor" parla ottimisticamente di 25 anni SE ( sottolineiamo SE) si trova qualche investitore.

Ed è un bene che sia così perchè costruire un "Nuovo Centro" con negozi e abitazioni e spostando il baricentro della città, farebbe crollare il centro attuale ed il valore di immobili e negozi esistenti.

Veramente l' unico modo per rilanciare l' area e l' economia triestina è l' istituzione della No Tax Area che si sovrapponga ai Punti Franchi doganali e un riutilizzo produttivo e non una urbanizzazione.

pd

Sotto le immagini riportiamo l' intero articolo del Piccolo di oggi.


Il Piccolo 20/10/16
Greensisam-Comune Guerra davanti al Tar
La società contesta la revoca del permesso a costruire firmata dalla giunta e chiede che il Municipio si faccia carico di tutte le spese per le infrastrutture

Resta nel congelatore della storia la parte più pregiata del Porto vecchio. Nei cinque magazzini storici più vicini a piazza Libertà negli ultimi cinquant’anni non è stato battuto un chiodo, ma in compenso i faldoni dei progetti mai realizzati e soprattutto della cause giudiziario amministrative celebrate o intentate potrebbero riempirli quasi per intero. Greensisam, la società di cui è unico socio Pierluigi Maneschi e che li ha in concessione per novant’anni, non intende e forse non ha nemmeno la liquidità per infrastrutturare l’area. A propria volta il Comune, come si legge a fianco, non ha i soldi e comunque sia non pensa di doverlo fare. La situazione, dopo la “fuga” dei soci svizzeri di Maneschi che però non si sono mai palesati pubblicamente, è di stallo totale. In compenso continua la battaglia giudiziaria. Greensisam annuncia ora di aver intentato una nuova causa amministrativa dinanzi al Tar nei confronti del Comune di Trieste. Obiettivo: invalidare la revoca, emessa il 21 luglio 2016, del permesso a costruire che era stato invece rilasciato dalla precedente amministrazione. Qualorail Tar desse ragione a Greensisam i lavori però non partirebbero comunque, ma secondo il ragionamento della società si renderebbe evidente che il Comune è obbligato a dar corso alle opere di infrastrutturazione (allacciamenti idrici, fognari, elettrici, telematici, collegamenti viari, ecc.) «In base allalegge urbanistica - sostengono testualmente fonti Greensisam - le opere di urbanizzazione primaria o già esistono oppure le deve fare il Comune o comunque esso deve pretendere l’impegno degli interessati ad eseguirle. È evidente che la nuova situazione che si è venuta a creare per effetto della sopravvenuta legge (l’emendamento Russo, ndr) comporta che, visto il disimpegno dell’Autorità portuale e vista l’esistenza di un Permesso di costruire senza prescrizione di opere di urbanizzazione, poteva solo significare che le stesse sarebbero rimaste a carico del Comune e che questo avrebbe semmai dovuto sospendere l’efficacia del permesso ed andare ad approvare il progetto delle opere da eseguire. Sicuramente non avrebbe dovuto revocarlo “sic et sempliciter”. Appare evidente - conclude Greensisam - che il Comune da un lato ha voluto difendere l’operato difettoso del precedente amministratore e dall’altro ha inteso sottrarsi a un obbligo che per legge è, senza ombra di dubbio, a suo carico». Il Comune, come si vedrà, racconta però un’altra storia e chi ci capisce qualcosa è bravo. Greensisam aveva già fatto causa sia al Comune che all’Autorità portuale per il mancato rilascio del permesso a costruire e aveva vinto in primo grado, ma perso in appello. Aveva chiesto anche un maxirisarcimento danni all’Autorità portuale: 11 milioni di euro. Il Tar il 21 novembre 2014 aveva stabilito che il danno c’era stato, ma la cifra doveva fermarsi a un milione e 700mila euro. Neanche un euro è dovuto aveva invece sentenziato il Consiglio di Stato il 20 gennaio 2016 el’Authority al cui vertice nel frattempo Zeno D’Agostino era subentrato a Marina Monassi aveva tirato un sospiro di sollievo. Il Comune era invece già stato scagionato in primo grado. «Va ascritto a scelta della società odierna appellata (Greensisam, ndr) - avevano scritto i giudici di secondo grado nella sentenza - l’aver seguitato a insistere con l’Autorità portuale affinché ponesse in essere attività ulteriori non previste dalla convenzione, intese all’acquisizione del titolo ad aedificandum e dei connessi pareri di compatibilità, piuttosto che attivarsi presso le autorità all’uopo preposte (Comune di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia e Soprintendenza per i Beni culturali e paesaggistici) perché esercitassero le rispettive competenze». Non bastasse tutto questo compreso il ricorso appena presentato, Greensisam rivela ora che ne è pendente un altro ancora avanzato il 15 aprile 2015 sul quale i giudici non si sono ancora pronunciati e che intende far accertare che il Permesso di Costruire del 31 luglio 2014 era «inefficace e non eseguibile perché rilasciato in difetto delle opere di urbanizzazione ed in violazione di quanto previsto dall’Art. 22 della L.R. 19/2009 e perle quali non risultava esserci ancora alcun progetto esecutivo approvato». «Aveva anch’esso lo scopo - precisa Greensisam - di sollecitare chi di dovere a fare quanto necessario per rendere efficace ed eseguibile il progetto, ma nessuno si è fatto carico del problema».

martedì 18 ottobre 2016

TOGLIERE TASSE E COSTI CHE LIMITANO LA COMPETITIVITA' DEL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE, COMPRESO QUELLE SUL LAVORO - APPLICANDO L' ALLEGATO OTTAVO SI PUO', COME DA AUTOREVOLE DICHIARAZIONE DI D'AGOSTINO, presidente APT - REALIZZARE LA NO TAX AREA PER BATTERE CRISI E DECLINO -


Leggiamo oggi riguardo EVERGREEN (Molo VII) che  «È stato riferito ai dipendenti che il costo del lavoro nella sede di Trieste sfora il budget riprogrammato dai figli del fondatore - spiega Michele Cipriani, segretario Uiltrasporti - e di conseguenza potrebbe anche venir proposto un rimpasto tra gli organici nelle tre sedi europee del Gruppo: Londra, Amburgo e Trieste".

Abbiamo letto l' altro ieri le dichiarazioni del Presidente dell' APT D'Agostino al MIB : "esiste un passaggio dell'Allegato VIII, che secondo me ha senso, per cui non si possono imporre tasse all' interno del Porto franco se non sono collegate a un effettivo servizio che il soggetto che percepisce la tassa eroga nei confronti del soggetto che la paga». Un punto a favore dunque già in tasca per i terminalisti del porto triestino. «Infatti loro non pagano né Imu né Ici», conferma D'Agostino. Il gioco dunque sembra essere più facile per ottenere questo ulteriore status. «Su alcuni elementi già oggi siamo “No tax area” rispetto ad altri porti. Si può seguire la stessa linea giurisprudenziale, per esempio, per la fiscalità del lavoro. Penso che qualche imprenditore voglia fare qualche iniziativa di questo tipo: se vince in questo campo, gli si apre un mondo (è un annuncio? ndr)» da noi ripreso QUI


E' arcinoto che in Italia una parte esagerata del costo del lavoro è dovuta a tasse e contributi sul medesimo: il cosiddetto "cuneo fiscale".

La cosa è tanto più importante per un porto che subisce la concorrenza di un porto limitrofo dove il costo del lavoro è significativamente più basso (vedi tabellina sotto).

E' anche noto che Gorizia e l' Isontino stanno richiedendo una Zona Franca (QUI) per pareggiare la concorrenza sia fiscale che di costo del lavoro della confinante Slovenia, che confina pure con Trieste ed il suo Porto.


L' Allegato VIII, che tutti riconoscono vigente, al suo articolo 5 comma 2 riporta il passo citato da D'Agostino:

"Con riferimento all’importazione o esportazione dal o in transito attraverso il Porto Libero, le autorità del Territorio Libero non possono imporre, su tali merci, dazi doganali o pagamenti diversi da quelli imposti per servizi resi. "

E' evidente che imporre tasse sui capannoni aumenta surretiziamente i costi relativi alle merci.
E' altrettanto evidente che imporre tasse gravose sul lavoro aumenta surretiziamente i costi.
E' in pratica un prelievo di denaro sull' attività del porto da parte dello Stato Italiano aggirando il divieto di agire direttamente sui "dazi doganali". 
E che pone in condizione di svantaggio il nostro porto rispetto a Capodistria.

Ma lo Stato Italiano ha anche violato apertamente tale divieto imponendo sia tasse portuali superiori ai costi dei servizi resi, sia applicando addirittura una sovratassa specifica a danno solo del nostro porto (art. 4 del DPR 107 del 28/5/2009 su cui pende giudizio).

Riteniamo che la dichiarazione del Presidente D'Agostino al MIB sia un' autorevole presa di posizione a favore della possibilità concreta di detassare i redditi dei lavoratori sulla base dell' applicazione dell' Allegato VIII interpretato in modo estensivo, e di costituire quella ZONA FRANCA che da sempre è nelle aspirazioni di Trieste.
Una dichiarazione da considerare, discutere e amplificare e non passare sotto silenzio come stanno facendo i politici triestini impegnati in baruffe da pollaio su striscioni e Islam.


Riguardo alle sue affermazioni su IMU e ICI dei fabbricati portuali ricordiamo che il Comune, titolare di ICI e IMU, invece le rivendica.

Noi riportiamo qui l' art. 2 del vigente Allegato VIII:
"Il Porto Libero è istituito ed amministrato come una corporazione di Stato del Territorio Libero, avente tutti gli attributi di persona giuridica e funzionando in accordo con le condizioni di questo Strumento.
2. Tutte le proprietà statali e parastatali italiane nei limiti del Porto Libero, in accordo con le condizioni del presente trattato, che passeranno al TLT saranno trasferite, senza pagamento, al Porto Libero. " . 

Mettiamo pure "Italia" al posto di TLT, senza sottilizzare: ne risulta comunque che il Porto Libero e lo Stato sono DUE COSE DIVERSE e che gli immobili portuali cosi come l' area NON SONO DEL DEMANIO ITALIANO, E NEMMENO DEL COMUNE, MA DEL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE CHE E' EXTRATERRITORIALE DAL PUNTO DI VISTA DOGANALE... 


A parte le conseguenze sulle tasse sugli immobili portuali, come la mettiamo con la "sdemanializzazione" e "privatizzazione" di Porto Vecchio stabilite dall' emendamento Russo che dispone di beni non suoi, cioè non statali nè demaniali, ma del Porto Franco Internazionale che ha "tutti gli attributi di persona giuridica" come da art. 2 sopracitato, pienamente in vigore come dicono gli stessi tribunali italiani (clicca QUI)?


Con quale atto il Porto Franco Internazionale, persona giuridica a tutti gli effetti, è stato espropriato dei suoi beni a favore del Demanio Statale Italiano?


Già adesso la prospettiva di urbanizzazione e immissione sul mercato di un milione di metri cubi in una sorta di "Trieste 2" o strombazzato "Nuovo Centro" ha prodotto un' ulteriore depressione e staticità del mercato con calo del valore degli immobili e degli esercizi commerciali esistenti in centro creando danni alla maggioranza dei cittadini...e fare una "class action" presso gli organi individuati come competenti?



domenica 16 ottobre 2016

POLITICI TRIESTINI: "DI DIETRO LICEO, DAVANTI MUSEO" - MACCHE' MUSEI: UN GRANDE FESTIVAL INTERNAZIONALE "LA CULTURA MITTELEUROPEA INCONTRA IL MARE" - SILENZIO SULLA "NO TAX AREA" APPENA RIPROPOSTA DA D' AGOSTINO CHE CONSENTIREBBE UNA RIPRESA ECONOMICA MODERNA..." - MUSEI, MUSI, MUSEI: TUTTI PARLANO DI RINNOVAMENTO MA ALLA FINE PROPONGONO SOLO MUSEI -

La sedicente Classe Politica e Dirigente locale si sta arrovellando, sul bollettino rionale locale, su quali "Grandi Eventi" creare per dare un po' di vita a Trieste finiti i pochi giorni di Barcolana e Bavisela.

Le proposte di questi signori non si schiodano dai Musei, solo Musei, sempre Musei.

Eppure il tesoro di cultura e immagine internazionale è sotto gli occhi di tutti, basta non avere gli occhi accecati dal nazionalismo: è la Trieste Mitteleuropea, da sempre punto d' incontro fra cultura Centroeuropea e Mediterraneo, nota in tutti gli ambienti internazionali un minimo acculturati.

Questo permetterebbe la creazione di un grande festival multiculturale e multimediale rivolto anche alla modernità e all' attualità e non solo all' imbalsamazione del passato, senza escludere lo scambio scientifico, culturale e di ricerca.
Ed in quest' ambito sicuramente servirebbe anche un nuovo ed efficiente Centro Congressi, utile a rivitalizzare il ricco turismo congressuale, a cui, 
alla Stazione Marittima, si è preferito il poverissimo turismo croceristico 

Lo abbiamo proposto più volte da molti mesi: ad esempio QUI (clicca) illustrandone le potenzialità.


Ma questa combriccola di somari non vuol sentir ragione di modernizzare Trieste, possibile pur coltivandone le robuste radici storiche, e come ignora questa proposta di grande evento di sicuro successo (come dimostrano altre iniziative a Gorizia, Pordenone, Ragusa-Dubrovnik), ignora anche la proposta di NO TAX AREA ripresa l' altro ieri da D' Agostino che consentirebbe, tra l' altro, un uso produttivo e di rilancio economico di Porto Vecchio (clicca QUI)

Meglio Musei, Musei, Musei...più in là non ci arrivano...


Guardate Trieste: è tra i monti e il mare, tra la Mitteleuropa e il Mediterraneo, MA NON SE NE ACCORGONO...