RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

martedì 18 ottobre 2016

TOGLIERE TASSE E COSTI CHE LIMITANO LA COMPETITIVITA' DEL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE, COMPRESO QUELLE SUL LAVORO - APPLICANDO L' ALLEGATO OTTAVO SI PUO', COME DA AUTOREVOLE DICHIARAZIONE DI D'AGOSTINO, presidente APT - REALIZZARE LA NO TAX AREA PER BATTERE CRISI E DECLINO -


Leggiamo oggi riguardo EVERGREEN (Molo VII) che  «È stato riferito ai dipendenti che il costo del lavoro nella sede di Trieste sfora il budget riprogrammato dai figli del fondatore - spiega Michele Cipriani, segretario Uiltrasporti - e di conseguenza potrebbe anche venir proposto un rimpasto tra gli organici nelle tre sedi europee del Gruppo: Londra, Amburgo e Trieste".

Abbiamo letto l' altro ieri le dichiarazioni del Presidente dell' APT D'Agostino al MIB : "esiste un passaggio dell'Allegato VIII, che secondo me ha senso, per cui non si possono imporre tasse all' interno del Porto franco se non sono collegate a un effettivo servizio che il soggetto che percepisce la tassa eroga nei confronti del soggetto che la paga». Un punto a favore dunque già in tasca per i terminalisti del porto triestino. «Infatti loro non pagano né Imu né Ici», conferma D'Agostino. Il gioco dunque sembra essere più facile per ottenere questo ulteriore status. «Su alcuni elementi già oggi siamo “No tax area” rispetto ad altri porti. Si può seguire la stessa linea giurisprudenziale, per esempio, per la fiscalità del lavoro. Penso che qualche imprenditore voglia fare qualche iniziativa di questo tipo: se vince in questo campo, gli si apre un mondo (è un annuncio? ndr)» da noi ripreso QUI


E' arcinoto che in Italia una parte esagerata del costo del lavoro è dovuta a tasse e contributi sul medesimo: il cosiddetto "cuneo fiscale".

La cosa è tanto più importante per un porto che subisce la concorrenza di un porto limitrofo dove il costo del lavoro è significativamente più basso (vedi tabellina sotto).

E' anche noto che Gorizia e l' Isontino stanno richiedendo una Zona Franca (QUI) per pareggiare la concorrenza sia fiscale che di costo del lavoro della confinante Slovenia, che confina pure con Trieste ed il suo Porto.


L' Allegato VIII, che tutti riconoscono vigente, al suo articolo 5 comma 2 riporta il passo citato da D'Agostino:

"Con riferimento all’importazione o esportazione dal o in transito attraverso il Porto Libero, le autorità del Territorio Libero non possono imporre, su tali merci, dazi doganali o pagamenti diversi da quelli imposti per servizi resi. "

E' evidente che imporre tasse sui capannoni aumenta surretiziamente i costi relativi alle merci.
E' altrettanto evidente che imporre tasse gravose sul lavoro aumenta surretiziamente i costi.
E' in pratica un prelievo di denaro sull' attività del porto da parte dello Stato Italiano aggirando il divieto di agire direttamente sui "dazi doganali". 
E che pone in condizione di svantaggio il nostro porto rispetto a Capodistria.

Ma lo Stato Italiano ha anche violato apertamente tale divieto imponendo sia tasse portuali superiori ai costi dei servizi resi, sia applicando addirittura una sovratassa specifica a danno solo del nostro porto (art. 4 del DPR 107 del 28/5/2009 su cui pende giudizio).

Riteniamo che la dichiarazione del Presidente D'Agostino al MIB sia un' autorevole presa di posizione a favore della possibilità concreta di detassare i redditi dei lavoratori sulla base dell' applicazione dell' Allegato VIII interpretato in modo estensivo, e di costituire quella ZONA FRANCA che da sempre è nelle aspirazioni di Trieste.
Una dichiarazione da considerare, discutere e amplificare e non passare sotto silenzio come stanno facendo i politici triestini impegnati in baruffe da pollaio su striscioni e Islam.


Riguardo alle sue affermazioni su IMU e ICI dei fabbricati portuali ricordiamo che il Comune, titolare di ICI e IMU, invece le rivendica.

Noi riportiamo qui l' art. 2 del vigente Allegato VIII:
"Il Porto Libero è istituito ed amministrato come una corporazione di Stato del Territorio Libero, avente tutti gli attributi di persona giuridica e funzionando in accordo con le condizioni di questo Strumento.
2. Tutte le proprietà statali e parastatali italiane nei limiti del Porto Libero, in accordo con le condizioni del presente trattato, che passeranno al TLT saranno trasferite, senza pagamento, al Porto Libero. " . 

Mettiamo pure "Italia" al posto di TLT, senza sottilizzare: ne risulta comunque che il Porto Libero e lo Stato sono DUE COSE DIVERSE e che gli immobili portuali cosi come l' area NON SONO DEL DEMANIO ITALIANO, E NEMMENO DEL COMUNE, MA DEL PORTO FRANCO INTERNAZIONALE CHE E' EXTRATERRITORIALE DAL PUNTO DI VISTA DOGANALE... 


A parte le conseguenze sulle tasse sugli immobili portuali, come la mettiamo con la "sdemanializzazione" e "privatizzazione" di Porto Vecchio stabilite dall' emendamento Russo che dispone di beni non suoi, cioè non statali nè demaniali, ma del Porto Franco Internazionale che ha "tutti gli attributi di persona giuridica" come da art. 2 sopracitato, pienamente in vigore come dicono gli stessi tribunali italiani (clicca QUI)?


Con quale atto il Porto Franco Internazionale, persona giuridica a tutti gli effetti, è stato espropriato dei suoi beni a favore del Demanio Statale Italiano?


Già adesso la prospettiva di urbanizzazione e immissione sul mercato di un milione di metri cubi in una sorta di "Trieste 2" o strombazzato "Nuovo Centro" ha prodotto un' ulteriore depressione e staticità del mercato con calo del valore degli immobili e degli esercizi commerciali esistenti in centro creando danni alla maggioranza dei cittadini...e fare una "class action" presso gli organi individuati come competenti?



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