RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 10 marzo 2018

MANIFESTO PER TRIESTE INTERNAZIONALE, AUTONOMA DALL’ ITALIA MA CONNESSA CON IL MONDO - PER UNA DIFESA COLLETTIVA, CORALE E SENZA ESCLUSIONI DEGLI INTERESSI DEI TRIESTINI E PER IL FUTURO DEI NOSTRI RAGAZZI -



Proponiamo una sintesi delle posizioni alla base di un moderno movimento autonomista triestino che coinvolga tutti i concittadini al di là di ogni appartenenza nazionale, ideologia o fede per far valere finalmente i nostri interessi e quelli del futuro dei nostri figli. 
Naturalmente restando aperti ad ogni contributo.

MANIFESTO PER TRIESTE INTERNAZIONALE


AUTONOMA DALL’ ITALIA MA CONNESSA CON IL MONDO

Il più potente impulso politico verso un mondo 
connesso è esattamente quello che indicherebbe la direzione contraria: il decentramento.”
Parag Khanna (Connectography)


Il mondo sta diventando una rete globale.
Una rete che elabora, produce e trasferisce informazioni in  modo sempre più efficiente.
Per informazione si intende qualsiasi prodotto della comunicazione e della conoscenza: dal semplice messaggio WhatsApp al robot più evoluto, fino alla mega-portacontainer.


I nodi di questa rete sono le “città globali” e a loro volta queste città sono reti di società, di associazioni, di gruppi di interesse; che a loro volta sono reti di persone.
I nodi competono e collaborano tra loro.
Più un nodo è efficiente nella produzione e nel trasferimento di informazioni più importanza acquisisce nella rete.


Ogni città sarà tanto più competitiva quanto più sarà “connessa”.


Ma sarà nell’ interesse dei “portatori di capitale” investire nelle connessioni dei nodi che si dimostrano  più competitivi, per ottenere maggiori ritorni dei loro investimenti.
Si genera così un “loop” che premia i più efficienti.

I protagonisti indiscussi di questa competizione globale sono le città, specialmente quelle naturalmente connesse con infrastrutture come porti fulcro di rotte marittime e reti ferroviarie e stradali, non più gli Stati Nazionali.


La rete globale è una struttura “spontanea” nel senso che esiste in quanto prodotto di relazioni e flussi commerciali liberi.
La rete è un ambiente competitivo nel quale emergono i più dinamici: per questo essa tende verso forme organizzative sempre più efficienti che superano la tradizionale “geografia politica” e i confini nazionali.


Lo Stato Nazione è invece diventato una struttura centralizzata, burocratica, inefficiente e innaturale.


La rete globale moltiplica le connessioni e le opportunità mentre lo stato nazionale accentratore le riduce.
La rete globale delle Città costituisce il telaio della società aperta, lo Stato Nazione rappresenta l’ emblema della società chiusa.
Nella estrema difesa dello Stato Nazione centralista, nel cosiddetto “sovranismo”, stanno confluendo tutti i più vecchi arnesi reazionari e perfino neofascisti.

Questo significa che lo Stato Nazione non può diventare un nodo della rete globale, in quanto ne rappresenta l’ antitesi e che la comunità degli Stati Nazionali non può competere con la comunità della rete delle città e dei territori connessi in modo funzionale.

Lo Stato Nazione: una struttura superata ed inefficiente nata nell’ 800.

"Gli Stati nazionali hanno perso il proprio ruolo di unità significative in grado di partecipare agli sviluppi dell’economia globale nell’ odierno mondo senza frontiere”
Kenichi Ohmae (La fine dello Stato-Nazione)

Gli stati nazionali sono tendenzialmente chiusi verso l’ esterno, centralizzatori e autoritari verso l’ interno.
Sono in contrapposizione permanente tra di loro, generando conflitti anche catastrofici come le due guerre mondiali del ‘900, ed esercitano il potere in modo esclusivo, basandosi su strutture piramidali e ingessate e sempre più inefficienti e costose. 


Gli Stati-Nazione hanno procedimenti decisionali lenti, rigidi ed inefficienti.


E a Trieste ne sappiamo qualcosa con 63 anni di attesa per una prima parziale applicazione dell’ Allegato VIII al Trattato di Pace del 1947, i 23 anni di attesa per il Decreto Attuativo dei Punti Franchi prescritto dalla legge 84 del 1994 o con i 16 anni di inerzia per il SIN Sito Inquinato Nazionale che paralizza la Zona Industriale e costringe a trasferte romane per ogni inezia.
Per non parlare del Vincolo architettonico totale posto dal Ministero sull’ area di Porto Vecchio da 17 anni che ne aumenta in modo irragionevole i costi di riutilizzo produttivo, ed anche dei vincoli paesaggistici sul Porto Nuovo.


Lo Stato Nazione tende al predominio del Centro sulle periferie e ad un rapporto conflittuale con gli altri stati.


La rete globale vuole invece nodi con grandi capacità di elaborazione e scambio, con processi decisionali veloci, efficienti e trasparenti, che siano intrinsecamente senza confini, che abbiano reti autonome di imprese e strutture urbane interdipendenti, che pratichino la collaborazione pubblico-privato, nelle quali il cittadino sia realmente il sovrano.

Come si vede l’ essenza dello Stato Nazione centralistico è totalmente incompatibile con l’ essere della rete globale.
E la rete non fa sconti: essa prevede un ritmo che bisogna saper mantenere, pena la marginalizzazione e l’ esclusione.

L' OBSOLETO STATO - NAZIONE

Le città e territori autonomi e connessi: una rete efficiente e dinamica

Sono luoghi in cui si produce, si finanzia l’economia globale e si 
forniscono i servizi necessari. I processi globali non necessitano di passare attraverso le gerarchie degli Stati nazionali”.
Saskia Sassen (Una sociologia della globalizzazione)

L’archetipo dello Stato Nazione occidentale si va via via dissolvendo… Gli stati stanno mutando pelle per diventare federazioni di potenti centri amministrativi locali”
Parag Khanna (Connectography)

Le città autonome hanno una spiccata propensione a creare reti: tra i cittadini, tra le imprese e tra le istituzioni.
In esse si concentrano aziende  che creano merci e servizi con alto contenuto di valore.
Le città autonome ed i loro territori sono aree dove si investe costantemente per modernizzare le infrastrutture, sostenendo le iniziative imprenditoriali innovative con un efficace rapporto pubblico / privato.
Questi territori si sviluppano orizzontalmente con centri di potere vicini ai cittadini, con poca burocrazia e che danno risposte rapide e concrete.
Per questo dialogano tra loro direttamente, bypassando strutture di potere superiori centralizzate, riducendo i costi e i tempi del loro funzionamento.

Riteniamo che non sia un caso se i grandi porti del Nord Europa siano stati in passato Città Anseatiche indipendenti e che tuttora Amburgo e Brema siano a tutti gli effetti Città-Stato federate alla Germania che è una repubblica autenticamente federale.
La stessa Trieste, porto dell’ Impero, godeva nel periodo di suo maggior successo dell’ autonomia della Libera Città Imperiale (Reichsunmittelbare Stadt Triest).
Lo stesso si può dire di Hong-Khong per non parlare di Singapore che è diventata uno stato indipendente.
Nella stessa enorme Cina le province ed i porti godono di grandi autonomie, persino con autonoma imposizione fiscale, e il suo travolgente sviluppo si è basato sulle Zone Economiche Speciali con fiscalità di vantaggio.


Zone Economiche Speciali (Free Zones) che si stanno diffondendo molto velocemente in tutto il mondo sviluppando l' economia e dando direttamente lavoro attualmente ad oltre 66 milioni di persone.


Gli Stati Nazione non sono più veicoli di sviluppo, come nel 1800 quando servivano ad unificare mercati nazionali frammentati, ma sono vecchi ed obsoleti arnesi che condannano i propri cittadini ad un futuro di emarginazione, povertà ed emigrazione.

LE NUOVE CITTA'- STATO AUTONOME INTERCONNESSE

Gli Stati Nazionali sono ormai strutture politiche limitate: troppo piccole per agire a livello globale, troppo grandi per poter dare risposte alle sempre più complesse esigenze dei territori specie se esposti alla concorrenza globale come i porti internazionali quale è Trieste con il 90% della sua attività con l’ estero e solo il 10% con il mercato italiano.
La stessa Unione Europea si sta sgretolando perché è ostaggio degli Stati Nazionali anziché essere un Europa autenticamente federale.

Le aree più dinamiche del mondo sono ora le Città autonome e connesse, perché dotate di infrastrutture all’ avanguardia in grado di fornire servizi adeguati alle aziende internazionali.
Sono quindi in grado di attirare e di produrre professionalità di altissimo livello, attivando un continuo e virtuoso scambio tra società autoctona e l’ esterno: come è avvenuto nei periodi di crescita della Trieste Porto dell’ Impero.


Trieste ha conosciuto i suoi periodi di massima prosperità quando è stata il principale nodo di connessione fra Europa centrale e Oriente, quando ha partecipato da protagonista alla progettazione e alla realizzazione del canale di Suez, fondamentale strumento di connessione del Mediterraneo con l' Oriente, mentre ha conosciuto il declino quando le sue radici mitteleuropee sono state tarpate dagli esiti della Prima Guerra Mondiale e dalla Cortina di Ferro del secondo dopoguerra.

Trieste  è naturalmente una città autonoma portuale, europea e connessa con il mondo.
Solo tragedie belliche e stupidità nazionaliste ne hanno ostacolato lo sviluppo in tal senso, ed è quindi pronta a lanciarsi nell’ arena globale.



Trieste è dotata di un Porto Franco Internazionale, di una ramificata rete di collegamenti ferroviari ed è la naturale candidata a diventare il terminal adriatico della "Nuova Via della Seta marittima": il gigantesco progetto di collaborazione internazionale avviato su spinta della Cina. 
Trieste è un importante interfaccia intermodale tra Europa continentale e mare.

La rete ferroviaria già attiva del Porto Franco Internazionale di Trieste

Trieste ha centri di ricerca ed attività scientifica di livello mondiale con una estesa rete di contatti.
Trieste è pienamente integrata nella “catena di valore” dell’ Europa centrale ed è destinata ad avere un ruolo strategico nelle "supply chain" che i nuovi sviluppi geopolitici favoriscono.

IL NOSTRO FUTURO

“La geografia funzionale avrà la meglio sulla geografia politica
Parag Khanna (
Connectography)

Bisogna avere il coraggio di rompere gli schemi ormai superati  e guardare in faccia la realtà: la rete di connessioni di Trieste porta all’ Europa e al mondo, non all’ Italia che è destinata a scomporsi in aree omogenee.
Un processo di scomposizione di cui il successo del referendum sull’ autonomia del Veneto è stato solo la prima avvisaglia e che trova conferma nella geografia del voto politico del 4 marzo che evidenzia il collasso del sistema politico italiano e una nuova geografia politica con lo Stivale spaccato in due principali tronconi con interessi contrapposti e privo di una forza politica prevalente e distribuita omogeneamente in grado di fare da "collante".



Per l' analisi del voto del 4 marzo 2018 cliccare QUI o sull' immagine sopra.
Confronta con la carta pubblicata da Limes, rivista di geopolitica, nel 2017:



La geografia politica con i confini degli Stati Nazione cederà il passo alla geografia funzionale delle infrastrutture e delle connessioni e Trieste tornerà a far parte naturalmente del mondo mitteleuropeo, con le dovute prerogative di autonomia che spettano a una città-stato portuale.
Sarà un processo geopolitico ineluttabile che richiederà  i suoi tempi, le sue forme specifiche e le sue tappe intermedie.

La prima tappa è quella di mettere rapidamente il nostro territorio in condizione di rispondere efficacemente alle sollecitazioni dei mercati globali senza dover dipendere dalle inefficienze e lungaggini di Ministeri romani e Regione a guida udinese, ugualmente paralizzante con la sua burocrazia inefficiente e con i conflitti campanilistici Friuli-Trieste derivanti dall’ aver voluto mettere nello stesso calderone territori con problemi, bisogni, storia ed economia divergenti.

Sfruttare dunque l’ ondata autonomistica che vede il Veneto richiedere le stesse prerogative della Provincia Autonoma di Bolzano con la trattenuta dei 9/10 delle tasse, cavalcando la stessa onda per richiedere le stesse competenze primarie di Bolzano per una Provincia Autonoma di Trieste, coincidente con la zona A del TLT, tali da eliminare le interferenze negative dei Ministeri e della Regione e porre i centri decisionali sul nostro territorio possibilmente in capo ad autorità tecniche come l’ Autorità Portuale che sta lavorando bene.

Se l’ autonomia di Bolzano e Trento ha basi giuridiche nel dopoguerra, come ex-province dell’ Impero, altrettanto può essere fatto valere per  la specialità della regione Friuli-Venezia Giulia e per Trieste.
Infatti un ruolo centrale assume il rispetto concreto del Trattato di Pace del 1947 con i suoi allegati, in particolare l' VIII, ratificato e recepito per intero nell' ordinamento italiano.


Non possiamo lasciare il futuro di Trieste e del suo territorio nelle mani del Governo nazionale italiano, sia esso considerato “amministratore su mandato internazionale” oppure  “pienamente sovrano”, e nemmeno nelle mani di una Regione ad egemonia udinese: i nostri  interessi sono divergenti in entrambi i casi come storia e fatti  hanno dimostrato “ad abundantiam”.

Richiedere, inoltre, una Free Zone Fiscale per avere una Zona Economica Speciale da affiancare ai Punti Franchi extradoganali per potenziarne l’ attrattività.
La base giuridica per superare le resistenze nazionali e della UE  può essere trovata nell’ art. 1 dell’ Allegato VIII al TdP del ’47 recepito anche in sede europea, che stabilisce la natura del Porto di Trieste quando al secondo comma parla di "regime internazionale di Porto Libero" e sottolineiamo "Regime Internazionale".

Al primo comma dell' art.1 ne chiarisce le modalità operative: "nel modo come è usuale negli altri porti liberi del mondo" introducendolo così nel quadro del “diritto consuetudinario” internazionale di matrice anglosassone.
Diciamo subito che in praticamente tutti i Porti Franchi del mondo la consuetudine è che ai benefici della extraterritorialità doganale siano affiancate esenzioni fiscali totali o parziali.

Dunque quantomeno una No-Tax area fiscale è dovuta, indipendentemente dagli orientamenti nazionali e della UE, e tale privilegio non può essere limitato ai porti del Sud italiano come è stato fatto con il recente “Decreto Sud” che prevede le ZES solo nei porti meridionali.

Inoltre non è accettabile che Gorizia e l’ Isontino si siano efficacemente attivati per avere una Zona Economica Speciale di tipo fiscale sulla base del riconoscimento europeo ed italiano della Slovenia e conseguente Zona Franca transfrontaliera
(legge108 del 23 marzo 1998), mentre a Trieste questo argomento pare tabù per la stampa ed i politici.

Questi sono i primi due obiettivi di un più lungo percorso su cui è possibile unire i cittadini di Trieste al di là di ogni appartenenza nazionale, ideologia o fede per far valere finalmente i nostri interessi e quelli del futuro dei nostri figli.

Impelagarsi in dispute giuridiche sulla “sovranità statuale” è ormai cosa superata dai tempi, del tutto improduttiva e di retroguardia nell’ epoca delle reti globali, e tale da eccitare gli animi in conflitti tra triestini senza alcun costrutto.
E’ molto più importante, utile ed urgente impegnarsi concretamente per riconnettere Trieste al mondo e rendere efficiente, autonomo, autogovernato ed attrattivo il suo territorio.

La connettività è più importante delle dimensioni e ancora di più della sovranità statuale
Parag Khanna (Connectography)


La realizzazione di questi primi obiettivi strategici è questione di tattica che, pragmaticamente, non esclude alcuno strumento legittimo e democratico, compreso la partecipazione alle competizioni elettorali.


Rinascita Triestina 10 marzo 2018
Crea un "Circolo per la Rinascita Triestina"
Scrivi a rinascita.triestina@gmail.com


L' art. 1 dell' Allegato VIII al Tratto di Pace del 1947



venerdì 9 marzo 2018

E’ UN' EMERGENZA: SALVARE TRIESTE DAL CAOS ITALIANO ! - AUTONOMIA E AUTOGOVERNO SONO LA SCIALUPPA DI SALVATAGGIO - AIUTARE LA NASCITA DI FORZE POLITICHE AUTONOME UNITARIE E LASCIARE I PARTITI NAZIONALI AL LORO DESTINO.


E’ UN' EMERGENZA: SALVARE TRIESTE DAL CAOS ITALIANO !
AUTONOMIA E AUTOGOVERNO SONO LA SCIALUPPA DI SALVATAGGIO.
AIUTARE LA NASCITA DI FORZE POLITICHE AUTONOME UNITARIE E LASCIARE I PARTITI NAZIONALI AL LORO DESTINO.
COSTRUIRE I “CIRCOLI PER LA RINASCITA TRIESTINA” NEI QUARTIERI, NEI LUOGHI DI LAVORO, NELLE SCUOLE.
PREPARARSI A RACCOGLIERE LE FIRME PER LE ELEZIONI REGIONALI.

Il sistema politico italiano è collassato.
L’ Italia ha sintomi gravi di disgregazione: alle annose divisioni territoriali  economiche, sociali e culturali si è aggiunta anche la divisione politica con l’ M5S con percentuali bulgare al Sud speculare al Centro Destra a trazione leghista al Nord con il PD arroccato in difesa in una stretta fascia al centro.
Gli uni con politiche economiche di redistribuzione di reddito nazionale (reddito cittadinanza) e aumento della spesa pubblica, gli altri con politiche di trattenuta del reddito locale e ipotetico taglio delle tasse.
PD e Forza Italia una volta diffuse a livello nazionale e in grado di fare da collante sono in  crisi nera.

L’ Italia non è in grado di formare un governo efficiente.

Le famiglie non vedono soluzione alla crisi economica che perdura da 10 anni e manca il lavoro, soprattutto per i giovani.

Trieste si trova in mezzo al guado con la possibilità di diventare il Terminal marittimo e ferroviario dei nuovi flussi commerciali globali tra cui spicca la “Nuova Via della Seta”, di tornare ad essere il porto mediterraneo dei traffici tra Europa ed Oriente.
Trieste ha la possibilità di avere nuove industrie grazie all’ utilizzo produttivo dei Punti Franchi.
Queste opportunità storiche possono diventare l’ ennesimo treno che ci passa sotto il naso e se ne va per colpa del caos e della crisi italiana.


Perché gli investitori internazionali vogliono efficienza e non confusione perenne, incapacità di decidere e burocrazia soffocante.


Perfino tra esponenti locali dei partiti c’è chi parla della necessità di mandare “affanculo” i partiti nazionali e il loro caos e creare formazioni locali autonome come in Baviera.


Sappiamo di contatti fra gruppi locali eterogenei per la presentazione di una lista autonomista alle prossime regionali che è l’ occasione politica più vicina.
Sappiamo che il fine è quello di consentire l’ autogoverno di ogni territorio sul modello della Provincia Autonoma di Bolzano, Trieste con le sue esigenze e il Friuli con le sue: ognuno padrone a casa sua.


Non è il momento di sottilizzare su dove deve portarci la scialuppa di salvataggio autonomista: è il momento di calarla in mare per salvare la nostra città unendo le persone di buona volontà.


Nella vita collettiva come in quella personale le vie per arrivare ai risultati concreti non sono teoriche e lineari ma spesso traverse e con compromessi:  la Catalogna insegna.


Nei prossimi giorni vedremo se per favorire questo processo di aggregazione appoggeremo la raccolta di firme per la presentazione di una lista per le regionali anche a Trieste: si tratta di raccogliere 1.200 firme autenticate in pochi giorni.


E’ UN FATTO DI DEMOCRAZIA consentire la presentazione di una lista espressa dal territorio e aumentare la possibilità di scelta anche al di fuori dei partiti nazionali che monopolizzano i media e di una “classe dirigente” locale screditata e incapace.
L’ 8 marzo c’era a Trieste una delegazione cinese di alto livello e neanche uno dei sedicenti “politici” si è visto.



Intanto chiediamo ai nostri lettori di mettersi nell’ ottica di costituire “Circoli per la Rinascita Triestina” sul territorio per coinvolgere i cittadini in un processo di rilancio della nostra città che si è avviato ma che rischia di essere stroncato dall’ imperituro caos italiano.
Chi volesse impegnarsi invii una mail a:  
rinascita.triestina@gmail.com 

domenica 4 marzo 2018

I TEMPI BUROCRATICI E POLITICI ITALIANI SONO INCOMPATIBILI CON LO SVILUPPO DEL PORTO FRANCO DI TRIESTE COME TERMINAL DELLA "NUOVA VIA DELLA SETA" - I CINESI SONO GENTE CHE COSTRUISCE UNA STAZIONE FERROVIARIA IN 9 ORE (VIDEO) E NON CONCEPISCONO ATTESE DI ANNI PER QUESTIONI BUROCRATICHE - AUTONOMIA PER RIDURRE LA BUROCRAZIA E DECIDERE SUL TERRITORIO E NON A ROMA - BASTA CHIACCHIERE POLITICHE: E' ORA DI AGIRE !


Ha fatto una certa sensazione in questi giorni apprendere la notizia e vedere il video diffuso dall' ANSA di come in Cina abbiano costruito una importante stazione ferroviaria in 9 ore:

Cina meridionale, la costruzione della stazione ferroviaria di Nanlong nella città di Longyan viene portata a termine in sole nove ore da 1500 operai. Zhan Daosong vice direttore del China Tiesiju Civil Engineering Group, la principale compagnia di costruzione ferroviaria del paese, dichiara che gli operai sono stati divisi in sette unità per lavorare simultaneamente, con l’ausilio di 23 scavatori e sette treni. La linea ad alta velocità lunga 244 km collegherà il sud-est del paese con la zona centrale, supportando treni che viaggiano fino a 200 km/h. L’opera di costruzione è solo l’ultima tra i grandi progetti infrastrutturali portati avanti dal governo cinese che conta di completare i lavori entro la fine del 2018.

Del resto chiunque segua con attenzione i progressi delle infrastrutture create lungo la "Nuova Via della Seta" si rende conto che i tempi di decisione, progettazione e realizzazione sono del tutto incompatibili con i tempi italiani.

Pensiamo che le imprese  cinesi rapportandosi all' Italia, che ormai tanto parla di "Nuove Vie della Seta" ma poco realizza, abbiano la sensazione di essere capitate in un nido di lumache in letargo.


Tempi decisionali biblici, politica inconcludente, burocrazia bizantina e soffocante, veti incrociati, centralizzazione romana su cose che dovrebbero essere decise e sbrigate sul territorio.

Ne sappiamo qualcosa con la vicenda del Sito Inquinato Nazionale che coinvolge l' intera Zona Industriale dal 2001  senza niente di fatto.
Viene celebrata come una grande vittoria dell' efficienza e del decisionismo l' emanazione del Decreto attuativo sui Punti Franchi con 64 anni di ritardo dal 1954 e 23 anni dopo che era prescritto dalla legge 84 del 1994: un decreto che per giunta accoglie solo parzialmente quanto previsto dall' Allegato VIII al TdP del '47.
Per quanto riguarda Porto Vecchio a 39 mesi dalla "sdemanializzazione" - presentata come una rivoluzione con effetti miracolosi immediati - non è successo niente di concreto oltre ad un pericoloso svincolo disegnato in viale Miramare e un rifacimento della recinzione interna mentre il degrado prosegue imperterrito...

Sul Piccolo oggi si indica come un pericoloso elemento di rallentamento decisionale l' espulsione dal Comitato Portuale dei politici: una goccia nel mare dell' italica inefficienza.


Il Porto Franco Internazionale di Trieste, malgrado la buona volontà di operatori e Autorità Portuale, rischia di perdere il treno delle "Nuove Vie della Seta" per la banale inefficienza e incapacità di decidere in tempi rapidi tipica del sistema-paese Italia.

L' unico antidoto conosciuto e sufficientemente rapido è porre i centri decisionali sul territorio e la drastica riduzione della burocrazia: ovvero autogoverno e autonomia spinta (e centralizzazione di competenze e poteri sull' Autorità Portuale).


Tutto ciò che va in questo senso è benvenuto.

Ogni forma di centralismo è veleno per Trieste.
Chi vuole votare ne tenga conto.
 

Di seguito l' articolo del Piccolo odierno... e attenti che la Trojka in arrivo non sia quella del FMI e UE che si sta preparando per la disastrata Italia...

IL PORTO SENZA LA TROJKA

di ROBERTO MORELLI

Non sempre lo scontato richiamo “fuori i politici dagli enti di gestione” funziona. Stavolta non funzionerà: non al porto di Trieste, che funzionava benissimo prima che una nuova norma pretendesse di farlo funzionare meglio. Nessun dramma si abbatterà sull’Authority dello scalo, ma certamente i processi decisionali saranno un po’ più complicati e qualche lungaggine insorgerà. Che sta succedendo? Che un decreto legislativo dello scorso dicembre, ritoccando la recente riforma portuale, vieta che dei Comitati di gestione dei porti facciano parte pubblici amministratori ed esponenti politici. Sicché il sindaco Dipiazza e la presidente regionale Serracchiani, “autonominati” dai rispettivi enti nel consesso a quattro che formavano con il presidente dell’Authority D’Agostino e il comandante della Capitaneria Sancilio, sono stati sostituiti dai dirigenti Giulio Bernetti e rispettivamente Carlo Fortuna. Di fatto “espulsi” per decreto, dopo che la modifica normativa era intervenuta per spazzar via un conflitto esploso a Livorno tra sindaco e presidente del porto. Nulla di drammatico: Fortuna e Bernetti sono due giovani e ottimi manager pubblici, esattamente l’opposto dell’immaginario del burocrate, e ovviamente rappresenteranno Regione e Comune in sintonia con i loro vertici (la Serracchiani sarebbe comunque stata sostituita dopo le elezioni). Ma di certo la gestione del “Consiglio di amministrazione” – tale è di fatto il Comitato – si complicherà inutilmente, e soprattutto si dissolverà quel misterioso incanto che fino a oggi ha fatto camminare tutto liscio come l’olio: decisioni veloci, mai una polemica politica, una sostanziale intesa sulle cose da fare e sulla linea di sviluppo perseguita da D’Agostino. Destra e sinistra che non si azzuffano? Un miracolo. La troika al potere funzionava ch’era una meraviglia. Cominciamo con le complicazioni inutili: i due nuovi componenti dovranno continuamente raccordarsi con sindaco e presidente regionale, e continuamente riferire e verificare. Il Comitato sarà meno efficace e più lento nel decidere. Andrà a finire che per brevità D’Agostino e i due vertici istituzionali si consulteranno e decideranno preventivamente, e che l’organo di gestione sarà svuotato del suo potere. La volontà di avere i politici fuori dagli enti si tradurrà nel fatto che fuori dagli enti verranno prese le decisioni. E buonanotte allo spirito della riforma. Ma la vicenda – in sé non drammatica – va al di là di questo. Possiamo trarne due insegnamenti importanti. Il primo è che in un organo di gestione di un ente territoriale d’importanza strategica – e un porto lo è – devono starci i numeri uno e non i loro delegati. Devono proprio metterci la faccia e rispondere ai cittadini del loro operato, non sussurrare all’orecchio dei loro dirigenti e fare i mandanti di decisioni formalmente prese da altri. E’ una questione di trasparenza, responsabilità, obbligo istituzionale: decidere stando sotto i riflettori, non acquattati nella buca del suggeritore. Il secondo insegnamento è che il principio di “leale collaborazione” tra istituzioni, di cui dice la Costituzione con mirabile sintesi, non è una chimera, ma un obiettivo conseguibile quando v’è buona fede tra gli interlocutori: quando il confronto è sulle cose da fare, com’è accaduto a Trieste, e non sugli schieramenti, com’era accaduto a Livorno con la paralisi conseguente. In questo un motivo di sollievo va ascritto a Dipiazza. Il feeling tra Serracchiani e D’Agostino, nominato dal centrosinistra, era scontato; non altrettanto il supporto del sindaco, per giunta ritrovatosi spogliato dalla sera alla mattina delle competenze sui punti franchi passate al presidente del porto. Dipiazza avrebbe potuto mettersi di traverso, farne una questione politica, bloccare ogni delibera. Non l’ha fatto, per la fortuna del porto e della città, e alimentando la curiosità per le sue sfaccettature: capace (per imprudenza, sventatezza, indipendenza ostentata, o tutte queste cose insieme) di portare il saluto istituzionale a un movimento che aveva appena solidarizzato con un delinquente che sparava alle persone per la strada (Forza Nuova, Traini, Macerata), ma di sposare senza riserve chi annusa come buon compagno di viaggio nella gestione della città. Ebbene, gli amministratori negli enti non sono sempre il demonio. E quel che conta, ora, è che la loro uscita di scena non rallenti quanto di buono D’Agostino sta costruendo.