RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

mercoledì 19 luglio 2017

IL SIGILLO DEI DEFICIENTI E IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI


Pubblichiamo, su richiesta, questo post uscito solo sulla pagina Facebook di Rinascita Triestina il 19 luglio, come altri post satirici, perchè ha avuto un successo notevole con oltre 10.000 visualizzazioni.
In questo modo possono vederlo anche i nostri lettori che non sono su Facebook.

Il Sigillo dei Deficienti e il Silenzio degli Innocenti.
Col Sigillo Trecentesco il Centro Destra ha realizzato un capolavoro politico e comunicativo: ha associato la Monassi camberiana al SUCCESSO annunciato del Porto Franco Internazionale di Trieste ed ha legato il sen. Russo e il PD al DISASTRO INEVITABILE dell' urbanizzazione di Porto Vecchio, che il centro destra più avveduto ha capito essere una patata bollente ingestibile e con forti rischi per il bilancio comunale.
Complimenti al Grande Manovratore.
Malgrado l' evidente strumentalità dell' "operazione Sigilli", che ha scatenato ironie ovunque, il sen. Russo si è prestato mostrandosi entusiasta e accettando giulivo la mela avvelenata a nome di tutto il PD.
La base del PD tace attonita assistendo al Grande Inciucio e vedendo i propri referenti ricevere riconoscenti gli anelati premi dalle generose mani degli odiati berlusconian- camberian- immobilisti.... e in silenzio, pian pianino, volge le spalle.
L' ambizione e l' ego ipertrofico fanno brutti scherzi ottenebrando quel che resta del comprendonio compromesso dai troppi annunci in stile renziano e dalle troppe sbronze di trovate pubblicitarie come la "spiaggia di sabbia a Barcola".
Speriamo che dei tecnici stimati riescano a sottrarsi a questa sceneggiata strumentale dei Sigilli, malgrado la comprensibile preoccupazione di evitare "sgarbi istituzionali".


LA SVIZZERA AMMICCA ALLA LOMBARDIA - LA MITTELEUROPA CHIAMA TRIESTE E IL SUO PORTO: "Torna a casa Lassie !" - REFERENDUM PER L' AUTONOMIA IN VENETO E LOMBARDIA IL 22 OTTOBRE - VENTI DI FRAMMENTAZIONE IN ITALIA....


Il maggior quotidiano svizzero, il  Neue Zuercher Zeitung, sta sostenendo con una vera e propria campagna  che prevede l' annessione dei territori di confine a nord quanto al sud. 
Ueli Maurer, già ministro della Difesa della Confederazione ha dichiarato:«Annettere la Lombardia non sarebbe un problema- aveva sottolineato Maurer parlando dei rapporti con l' Italia -: rappresenta circa il 90% del totale di tutti gli scambi commerciali con il nostro Paese».
Ne hanno parlato diversi quotidiani tra cui Libero , il Giornale di Brescia e la Provincia di Como.
Riportiamo sotto l' articolo di Libero che è di centro destra e "sovranista" italiano.

Segnaliamo la notizia perchè è sintomatica delle forze centripete che stanno agendo su tutto il Nord italiano provato dalla crisi economica, politica e morale italiana di cui nessuno vede una soluzione, mentre è forte l' attrazione dei baricentri economici europei.

Il 22 ottobre ci saranno i referendum per l' autonomia della Lombardia e del Veneto che mirano ad un status simile alla Provincie Autonome di Trento e Bolzano, e in cui il SI è dato vincente con percentuali bulgare.

Trieste e il suo Porto Franco Internazionale sono nella sfera di influenza della Mitteleuropa sia per storia che per legami economici: il porto, che si candida a diventare il terminale europeo della Nuova Via della Seta Marittima, lavora per il 90% con l' Europa centrale ed orientale e solo per il 10% con l' Italia (clicca QUI).
E si sà che essere inseriti come Trieste nella "catena di valore" mitteleuropea conta di più degli anacronistici nazionalismi del secolo scorso buoni solo per vellicare le pance.

E' stato già notato da autorevoli riviste come Limes, di cui sotto riportiamo una mappa, che il Nord italiano è sottoposto a spinte geopolitiche disgregatrici ed all' influenza dei baricentri europei.

Anche i blocchi realizzati e/o minacciati, per la questione dei migranti, ai confini con  Austria, Svizzera e Francia dimostrano che l' Europa percepisce i suoi confini reali alle Alpi e non certo a Roma.

Del resto un' Italia con la capitale diventata narcocittà e capitale mondiale della cocaina (
clicca QUI), Napoli tra i dieci posti più pericolosi del mondo (clicca QUI), una situazione di vivibilità deteriorata ovunque (clicca QUI) e incendi dolosi in tutto il Sud a dimostrare la perdita di controllo del territorio da parte dello Stato, ha un "appeal" decisamente basso.

Tutto questo, ed altro ancora, aumenta l' importanza e l' attualità delle istanze indipendentiste e autonomiste in tutto il Nord Italia, che assumono il ruolo di forze trasformatrici e modernizzatrici rispetto agli anacronistici Stati Nazionali che hanno insanguinato l' Europa nel '900.

Ostinarsi a non capirlo e continuare a mettere gli indipendentismi progressisti e tendenzialmente federalisti europei scozzese, catalano, irlandese, basco, sardo, sudtirolese, lombardo-veneto e triestino nel calderone dei sovranismi nazionalisti reazionari dimostra un' ottusità mentale clamorosa, tipica della sinistra malata di ideologia e di malriposto senso di superiorità antropologica oltrechè, ormai, anche di criptonazionalismo tricolore.
Ottusità paragonabile solo alla scemenza colossale di aver denigrato ed ostacolato per decenni il Porto Franco che è la principale risorsa di Trieste, come adesso stiamo appena cominciando a verificare.

E se la Svizzera offrisse anche a Trieste di diventare un cantone indipendente, come il Canton Ticino italiano, quanti triestini direbbero di no?


E se si avesse l' opportunità di diventare città-stato portuale federata alla Mitteleuropa, come è il caso di Brema e Amburgo, quanti direbbero di no?

Ecco l' articolo del 18 luglio di Libero, non certo sospettabile di indipendentismo:



Mentre Roberto Maroni sogna l' autonomia da Roma e per ottenerla ha indetto un referendum popolare (urne aperte il 22 ottobre), gli svizzeri premono alla frontiera per annettere la Lombardia ai loro cantoni. Un sogno che il principale quotidiano svizzero, il Neue Zuercher Zeitung, sta sostenendo con una vera e propria campagna ideologica e che prevede l' annessione dei territori di confine a nord quanto al sud. Così, cinque secoli dopo la sconfitta di Melegnano, gli svizzeri tornano alla carica per cambiare l' epilogo della storia che li ha visti perdenti e in ritirata sui monti.
Una invasione che non prevede "manu militari" ma solo una campagna geopolitica che riunisca dentro solidi confini le regioni più produttive nel cuore della vecchia e stantia Europa. Il progetto, per stessa ammissione del Neue Zuercher Zeitung, sarebbe a lungo termine con il 2050 come data utile per l' annessione alla Confederazione. Come dire che a 202 anni dal Congresso di Vienna del 1815 i confini svizzeri nei prossimi trent' anni potrebbero trovare nuovi sbocchi, inglobando le regioni tedesche (Baden-Wuerttemberg), quelle francesi (Savoia) e per ultime le regioni italiane di confine. E il cuore del progetto di espansione geopolitica sarà appunto la Lombardia delle mille fabbriche, la locomotiva economica del nord Italia.
 Del resto gli stessi analisti economici quando parlano della «banana blu», la zona europea economicamente «sostenibile», non possono che indicare Milano al fianco di Zurigo, Monaco di Baviera, Stoccarda, fino alla Londra che oramai aspetta solo la Brexit per spezzare le sue catene.
Tra i Cantoni l' idea delle annessioni non è così peregrina, tanto che per motivare un eventuale ritorno di Milano sotto la bandiera bianco-crociata qualcuno ha pure scomodato la battaglia dei giganti di Marignano.
Era il 1515 quando l' alleanza franco-veneta della Lega di Cambrai costrinse proprio gli svizzeri alla ritirata riprendendosi il Ducato di Milano.
Con l' annessione della Lombardia e magari l' allargamento a nord verso la Germania, la Svizzera (sempre nei sogni del Neue Zürcher Zeitung e di un piano geopolitico a lunga scadenza) avrebbe diritto di diventare membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e magari partecipare al G7 avendo un peso sostanziale.
Sogni palesati istituzionalmente non più tardi di qualche anno fa da Ueli Maurer, già ministro della Difesa della Confederazione.
«
Annettere la Lombardia non sarebbe un problema- aveva sottolineato Maurer parlando dei rapporti con l' Italia -: rappresenta circa il 90% del totale di tutti gli scambi commerciali con il nostro Paese». Intervento che sollevò un vero e proprio polverone mediatico costringendo il ministro svizzero a porre le scuse ufficiali alla Lombardia malgrado 200mila persone avessero sostenuto la proposta di annessione sottoscrivendo liberamente la boutade di Maurer.
Ora l' annessione torna di stretta attualità nel dibattito politico svizzero che con una fantasiosa docufiction intitolata «Operazione Lombardia» (mandato in onda sulla prima rete della televisione svizzera) si era riacceso già tre anni fa.
Tutto questo mentre la giunta leghista della Lombardia vorrebbe liberarsi dal giogo romano e iniziare ad essere più autonoma, senza pensare che a nord di Milano c' è chi farebbe carte false pur di colonizzare l' antico ducato perso nel 1515.

di Giuseppe Spatola


da Limes




martedì 18 luglio 2017

DECRETO ATTUATIVO "PORTO FRANCO INTERNAZIONALE DI TRIESTE" - IL TESTO DEFINITIVO -


Abbiamo ricevuto il testo definitivo del Decreto Attuativo per i Punti Franchi del Porto Franco internazionale di Trieste.
Questo Decreto non è altro che quello previsto dall' art.6 comma 12 dalla legge 84/94 per stabilire "l' organizzazione amministrativa per la gestione di detti Punti Franchi" che finora veniva lasciata al caos burocratico italiano ed all' umore dei funzionari del momento in un' assenza totale di certezza del diritto.

NON è dunque compito di questo decreto stabilire la fiscalità diretta nei Punti Franchi ma solo l' "organizzazione amministrativa" che, per la prima volta viene messa quasi totalmente in capo all' Autorità Portuale, eliminando confusioni e malintesi.

L' extraterritorialità doganale con le sue conseguenze sulla fiscalità indiretta (IVA, Dazi, Accise ecc.) così come la possibilità di attività industriale è stabilita dall' Allegato VIII citato chiaramente dal Decreto con altri importanti riferimenti alle leggi internazionali sul Porto Franco Internazionale di Trieste che prima venivano sostanzialmente ignorate o eluse nella pratica. 




lunedì 17 luglio 2017

PORTO VECCHIO ED "EUROCAPITALE DELLA SCIENZA": A TRIESTE SERVE REALISMO DOPO DECENNI DI VOLI PINDARICI E ANNUNCI SULL' URBANIZZAZIONE DI PORTO VECCHIO.


Grazie a una eccellente squadra di scienziati degli istituti internazionali qui attivi, Trieste sarà Eurocapitale della Scienza nel 2020: è una buona cosa perchè la scienza e la ricerca sono tra le più potenti forze produttive con enormi ricadute sull' economia e il territorio.
E Trieste, che ormai ha i parametri economici sotto il limite vitale, ha bisogno di un rapido sviluppo delle forze produttive su cui si innesti anche un cambiamento radicale della sovrastruttura amministrativa, giuridica e della "governance" del territorio.


La manifestazione si svolgerà presso l' attuale "Polo Museale" di Porto Vecchio ed avrà un budget di 4 milioni: appena sufficienti, si spera, per l' allestimento dell' evento che durerà un breve periodo e occuperà il Magazzino 26 restaurato solo al grezzo, la Centrale Idrodinamica, la Sottostazione Elettrica ed un paio di altri magazzini già utilizzati per manifestazioni sul Caffè.

Si tratta una porzione limitatissima di Porto Vecchio con un limitatissimo budget che certamente non consentirà alcun intervento sulle aree degradate circostanti.
Si creerà così la tipica "cattedrale temporanea nel deserto" all' interno di un' immensa area degradata: 
come è stata nel 2011 la "Biennale Diffusa" di Sgarbi al Magazzino 26, anch' essa annunciata trionfalmente come una delle numerose "restituzioni alla città" di Porto Vecchio (clicca QUI).

Le attività scientifiche e di ricerca in Porto Vecchio vanno benissimo perchè fanno parte, anzi sono l' avanguardia, del mondo produttivo.


Tuttavia se non si vuole che nel 2020 Trieste si presenti con un' enorme area degradata vi è una sola possibilità: l' utilizzo produttivo di Porto Vecchio abbandonando le illusioni di urbanizzazione e di farne "un nuovo quartiere della città".

Non ci sono investitori privati per le cifre enormi necessarie (il sen. Russo parla sempre di 5 miliardi), con gli enormi costi di urbanizzazione primaria e i ritorni economici improbabili.
Se ci fossero il sen. Russo non avrebbe dichiarato sul Piccolo del 16/7 a pag. 34:

"Porto vecchio ha bisogno ora di una scelta fondamentale, su cui sto lavorando con Dipiazza. È quella di far nascere quanto prima, spero entro fine anno, la società di gestione. Avrà il compito di cercare gli investitori per il progetto complessivo".
Se ci fossero qualche nome sarebbe venuto fuori in anni di annunci tanto generici quanto inconsistenti su "interessamenti" Sauditi, Americani, Russi, del Dubai e quant' altro.


E non c'è neanche un piano strategico perchè quello di Ernst & Young è solo un compitino puerile con un elenco di buoni propositi suggerito dai politici committenti.


Se si vuole rivitalizzare Porto Vecchio c'è solo una strada:


1) Togliere il Vincolo architettonico che lo ha desertificato.

2) Riestendere il Punto Franco extradoganale dotandolo anche di una No Tax Area per le imposte dirette e i contributi sul lavoro


3) Proporlo sul mercato internazionale come area per insediamenti produttivi e servizi in regime agevolato di Porto Franco.


Cosa si può fare in Porto Vecchio?  Quello che proponiamo da anni:
- Imprese ad alta tecnologia pulite, sul tipo della “Silicon Valley”;
- Incubatori di “Start-up” giovanili con fiscalità di vantaggio;
- Centri di ricerca legati alle aziende dell’area di ricerca ed alle istituzioni scientifiche;
- Centri finanziari e bancari “Off-shore”, extra UE, per realizzare la nostra “city”;
- Custodia, borsa e manipolazione di materie prime e metalli, anche pregiati ed opere d’arte anche per operazioni finanzarie come avviene nel punto franco dell’aeroporto di Ginevra e Singapore;
- Trasformazione di merci, anche nel campo della moda, tessili, alimentari e hardware, in regime extradoganale ;
- Assemblaggio di macchinari ad alta tecnologia per impieghi specializzati, potenziando ed incentivando quanto già viene prodotto dalla Saipem con i robot per le trivellazioni sottomarine;
- Potenziamento delle attività portuali esistenti come l’Adriaterminal, alla quale sono stati tolti i collegamenti ferroviari nel 2010 ;
- Distretto nautico, con cantieri per Yacht che operano “estero su estero” e “usi del mare” in esenzione doganale e fiscale;

Si dice che si vuol utilizzare una limitata porzione di Porto vecchio per farne anche un Terminal Passeggeri in alternativa a Venezia?
Benissimo: rientra nelle attività portuali, i fondali ci sono, le banchine recenti e il collegamento ferroviario anche
(malgrado le balle raccontate finora).

Tuttavia bisognerebbe dimostrare che esiste un mercato e che questi famosi turisti sono disposti a farsi 3 ore di treno al giorno, nei vagoni bestiame di Trenitalia, per andare e venire da Venezia che è e resterà sempre la loro meta principale per ovvi motivi.
Gli allarmi sulla eliminazione di Trieste dalle toccate di Costa Crociere sembrano testimoniare il contrario.

E bisognerebbe dimostrare anche quali sarebbero esattamente le ricadute economiche su Trieste di questo flusso di turisti in veloce transito: finora pressochè nulla perchè si imbarcano e sbarcano a gran velocità senza prendere nemmeno un caffè.

Un suggerimento:
se il Terminal Passeggeri fosse in regime di Punto Franco extradoganale potrebbe ospitare il Duty Free Shop più grande del Mediterraneo
ed essere realmente, oltrechè un' attrazione, anche uno strumento per far ricadere denaro sul territorio.
Ma bisognerebbe abbandonare la sciocchezza dell' urbanizzazione e dell' eliminazione del Punto Franco: prodezza per cui il sen Russo è stato insignito di Sigillo Trecentesco.

Cerchiamo di mettere i piedi per terra dopo decenni di progetti, "sfide","scommesse", "restituzioni alla città", "firme epocali" e annunci vari di politici incapaci.

Quale è stato il risultato del vincolo architettonico posto 16 anni fa? Degrado.

Quale è stato il risultato della "sdemanializzazione" di due anni e mezzo fa?  Degrado.

Quale è stato il risultato dei megaprogetti che si susseguono da decenni (Trieste Futura, Porto Città, Greensisam ecc. ecc.)?  Degrado.

Al contrario l' unico edificio di Porto Vecchio che viene ora ristrutturato da privati è il Magazzino 23 della Base Saipem in procinto di diventare Polo Mondiale per la Robotica Subacquea, per attività produttive in regime di Punto Franco che è il motivo, insieme ai fondali di 12 metri, per cui la Saipem è venuta a Trieste in Porto Vecchio (clicca sul video). 

I FATTI parlano chiari.
Si vuole proseguire come stupidi rinoceronti a sbattere la testa contro il muro invece di guardare la REALTA'?

I fatti ci dicono che da tre anni e mezzo su questo blog parliamo di Nuova Via della Seta e Porto Franco Internazionale, all' inizio isolati e perfino derisi come velleitari utopisti.
Adesso è chiaro a tutti che quella è la strada.

Fin dall' inizio abbiamo parlato di "Utilizzo Produttivo" dei Punti Franchi per industria e servizi anche finanziari, anche in questo caso isolati e tacciati di essere "nostalgici".
Adesso è chiaro a tutti che quella è la strada.

Fin dall' inizio abbiamo sostenuto che l' urbanizzazione con finalità turistiche di Porto Vecchio, per farne una nuova parte di una città in forte calo demografico, con ormai quindicimila abitazioni vuote e centinaia di negozi chiusi, era una sciocchezza senza futuro e senza possibilità di trovare investitori privati tanto sprovveduti da rischiare i loro denari e da farsi accollare gli oneri di urbanizzazione che il Comune in bolletta non può realizzare.
Il crescente degrado di Porto Vecchio lo dimostra a due anni e mezzo dalla "sdemanializzazione" che doveva risolvere tutto in un battibaleno.
La stessa Ernst & Young parla di 25 anni per la realizzazione, ma solo se si trovano i soldi.

Trieste non ha bisogno di un allargamento della città ma di attività produttive e di lavoro !

Al contrario proprio in questi giorni si riscontra un forte interesse per insediamenti produttivi in regime di Porto Franco: Trieste ha pochi spazi e 67 ettari, pronti per insediamenti e serviti da banchina e ferrovia, non sono da sprecare in sogni e voli pindarici fallimentari che perdurano ormai da decenni.

Altrimenti l' Eurocapitale della Scienza si svolgerà nel desolante panorama illustrato dal video di Alex Bini (clicca QUI o sull' immagine) 

REALISMO, PLEASE !








Le fake news del Piccolo su Porto Vecchio del solo 2015


La slide che proponiamo da anni:


domenica 16 luglio 2017

L' ITALIA E' UN PAESE INVIVIBILE E SENZA ORDINE PUBBLICO - ARTICOLI DEL CORRIERE DELLA SERA E DI REPUBBLICA DA LEGGERE E STUDIARE - Perchè dei masochisti vogliono maniacalmente Trieste Italiana ? Se vogliamo rilancio economico e investimenti internazionali dobbiamo assicurare standard mitteleuropei di vivibilità e ordine.

Oggi non parliamo della disastrosa situazione economica italiana, ultimo dei paesi europei per crescita, ma della vivibilità e dell' ordine pubblico.

In un quadro di proteste, anche dei sindaci, per la questione dei migranti sono emerse notizie inquietanti sul fatto che Roma è diventata capitale internazionale del traffico di cocaina ed è sempre più in mano a organizzazioni criminali.
La capitale italiana è ormai una narcocittà: ne parla Saviano su Repubblica clicca QUI.

Ma oltre a macrofenomeni di criminalità e incapacità dello stato di controllare il territorio c'è una situazione di invivibilità, microcriminalità e degrado di cui parla uno dei più importanti commentatori del Corriere nell' articolo che riportiamo sotto e che invitiamo a leggere 
(Clicca QUI).

Trieste sembra, per il momento, in una situazione migliore: ma perchè insistere a far parte di un paese allo sbando ?
Trieste se vuole rilanciarsi sulla scena globale deve assicurare standard di vivibilità ed ordine pubblico mitteleuropei, che invoglino ad investire e venire a viverci, non certo il caos di un' italia in decomposizione.

La realtà di un’Italia che sta scappando di mano

Per un numero crescente di cittadini il nostro Paese sta diventando un luogo sempre più difficilmente abitabile e che appare addirittura ostile

di Ernesto Galli della Loggia


LItalia è di chi se la vuol prendere, da noi chiunque può fare quello che vuole. E quasi sempre lo fa. Oggi, nei giorni di una torrida estate che sembra conferire a ogni cosa i colori e i calori di un non troppo metaforico inferno, questa è l’immagine che il nostro Paese da di sé. Quella di un Paese in cui il governo e con lui tutti i pubblici poteri appaiono sul punto di perdere il controllo del territorio. Sono parole pesanti, lo so, e non prive anche di precisi echi ideologici, ma a un certo punto bisogna convincersi che la realtà non è né di destra né di sinistra. È la realtà e basta.
Una brutta realtà. Dalla Sicilia alla Calabria, alla Basilicata, a Napoli, decine di incendiari spinti da interessi criminali mettono tranquillamente a fuoco vastissime zone della Penisola. Da giorni, sotto la minaccia delle fiamme, città, paesi, centri turistici devono essere sgombrati precipitosamente senza che per ora si sappia di uno solo di questi delinquenti scoperto, arrestato e incriminato. Nelle periferie delle grandi città, in questa stagione ancora più soffocanti e orribili, dove i servizi sono perlopiù al collasso, può capitare benissimo — come capita a Roma — che dopo il tramonto sia virtualmente in vigore il coprifuoco, che viaggiare su un autobus la sera rappresenti un pericolo, che il cielo si copra per giorni e giorni dei fumi tossici dei materiali più inquinanti bruciati illegalmente; o — come capita a Milano — che interi caseggiati, interi gruppi di palazzi, e piazze e vie, siano di fatto nelle mani di bande di malavitosi abituati a farla da padroni.

Dappertutto nelle periferie dei grandi centri urbani della Penisola regnano praticamente indisturbati lo spaccio, la prepotenza, le risse continue specialmente fra immigrati. In questa stagione più che mai le classi meno favorite della popolazione sentono la loro esistenza quotidiana abbandonata dai poteri pubblici in una vera e propria terra di nessuno.

Le zone centrali e/o cosiddette residenziali non se la passano meglio. Sindaci pusillanimi e preoccupati solo dei loro interessi elettorali (percepiti peraltro con la miopia tipica di una classe di nani politici quali sono in larghissima maggioranza quelli di questi anni infausti) hanno lasciato dovunque dilagare le movide notturne: in pratica la licenza di fare ciò che vogliono rilasciata a coorti di giovani perlopiù desiderosi di ubriacarsi e di schiamazzare all’aperto, ma essendo sempre pronti alla rissa, al vandalismo, al gesto teppistico. Di fatto molte zone centrali (ma non solo) di un gran numero di città italiane stanno diventando di notte letteralmente invivibili.

Ma sempre più spesso lo sono anche di giorno. Numerose strade del centro di Roma sono ridotte ad esempio a una sorta di suk con decine e decine di luride lenzuola stese per terra a mostrare impunemente le più varie merci contraffatte, mentre schiere di altri abusivi non si stancano di circondare dappresso i turisti con la loro mercanzia. Sempre a Roma può capitare che per tutta l’estate un club privato organizzi per i festini dei suoi soci illustri spettacoli di fuochi artificiali e di botti assordanti che si prolungano anche dopo la mezzanotte: il tutto a poche centinaia di metri dal Comando generale dell’Arma dei Carabinieri. A Torino, sui lungo Po e dintorni nulla e nessuno sembra in grado di fermare il commercio clandestino di alcool ad opera specialmente di rivenditori bengalesi, all’occasione protetti contro le forze dell’ordine dalla complicità omertosa della collettività dei loro clienti. A Milano, dopo una certa ora il centralissimo corso Como si tramuta da luogo di abituale rifornimento della droga in una specie di zona di caccia libera dove, come riportano le cronache, è altissima la probabilità di essere aggrediti da bande di maghrebini a caccia di orologi e portafogli. Sia a Roma che a Torino che a Milano e in altre decine di città d’Italia, poi, la prostituzione — spessissimo minorile, spessissimo collegata alla tratta e a reti criminali africane o est europee — occupa impunemente di notte le zone urbane che più le aggradano: un fenomeno che per vastità non trova paragone in nessun’altra città dell’Europa occidentale.

Dappertutto infine, per dirne ancora una, specie dopo una certa ora le stazioni ferroviarie sono luoghi frequentabili solo a proprio rischio e pericolo, così come dappertutto o quasi le corse serali o notturne sui treni vicinali o regionali sono altamente sconsigliabili per le donne. La realtà, dicevo all’inizio, non è né di destra né di sinistra, è la realtà e basta. E la realtà odierna dell’Italia è questa: una realtà che sta scappando di mano. Di fronte alla quale viene da chiedersi se il ministro degli Interni — cui spetta principalmente l’onere di provvedere in prima persona nonché istruendo e sollecitando prefetti, questori ma anche i sindaci e i corpi di polizia urbana — viene da chiedersi, dicevo, se il ministro Minniti sia informato adeguatamente di questa grigia realtà capillarmente diffusa. Se egli si rende conto che agli occhi di un numero crescente di italiani il loro Paese sta diventando un luogo sempre più difficilmente abitabile, un luogo tale da apparire addirittura ostile. Se egli si rende conto che anche l’allarme che in tanti nostri concittadini suscitano le ondate di immigrati è enormemente accresciuto dalla loro percezione di questa precarietà ambientale che monta, dalla sensazione di un degrado dei contesti urbani prodotta da incontrollati fenomeni di illegalità. Se non gli venga il sospetto, infine, al nostro Ministro, che pure la difficoltà dell’Italia di farsi ascoltare quando si tratta d’immigrazione, di farsi prendere sul serio dai suoi partner europei, forse dipenda per l’appunto dalla sua immagine di un Paese che, si sa, è abituato al disordine, al tirare a campare, alla prassi di un comando della legge sempre elastico e contrattabile.

Ma non basta. Di fronte all’Italia così malmessa di oggi è pure inevitabile chiedersi quale sia stata l’azione della magistratura. Se essa sia stata effettivamente all’altezza del suo compito di tutela giuridica della comunità tutte le volte, ad esempio — le non poche volte, direi — che è parsa indulgere a interpretazioni dei delitti e delle pene ottimisticamente irreali. Una magistratura che prontissima e ferratissima nel criticare l’azione legislativa dell’esecutivo quando si tratta di quella che essa ritiene la propria sfera d’interessi e di prerogative, è viceversa timidissima quando si tratta di proporre, lei, leggi o procedure efficaci per difendere gli interessi elementari dei cittadini.