Avete mai visto un Sindaco che invita i cittadini a NON rispettare un' ordinanza da lui stesso appena emessa ?
Che invita i cittadini a frequentare zone interdette al traffico perchè definite "pericolose" ?
Che fa finta di niente se un torrente, che in realtà è una chiavica, scarica a mare in prossimità del centro cittadino liquami fognari (cosa vietatissima da tutte le norme europee) dopo aver provocato voragini?
Ecco qua quanto riportato dal Piccolo oggi:
"Roberto Dipiazza ha
lanciato ieri, attraverso il suo
profilo Facebook, un messaggio
tranquillizzante. «Tutti potete
entrare, e continuare a correre»,
ha sottolineato il primo
cittadino, aggiungendo che
queste ordinanze sono atti formali,
che i dirigenti devono
predisporre stante «la pericolosità
dell’area, che comunque
esiste».
Dipiazza ha rassicurato i frequentatori
del Porto vecchio
che nessuno verrà multato se
percorrerà la bretella fra Largo
città di Santos e il Magazzino
26, invitando anzi la cittadinanza
a frequentare il Porto
vecchio e chi già vi si reca per
ragioni sportive a proseguire
nell’utilizzo del tratto di strada
in questione".
IL SINDACO DI TRIESTE INVITA A COMMETTERE UN ATTO ILLECITO E A VIOLARE LA SUA ORDINANZA APPENA FIRMATA PUR DI NON DOVER DIRE CHE PORTO VECCHIO E' UNA "CITTA' PROIBITA" PER MOTIVI DI SICUREZZA ESSENDO AREA PORTUALE !!!
Il sig.Sindaco ha introdotto la nuova categoria giuridica di "Ordinanza Pro Forma NPC (Neanche Pel C..)" il cui rispetto è un optional: sarebbe di questo tipo l' ordinanza sulla Ferriera più volte minacciata ?
C'è un giudice a Trieste che vuole occuparsi della questione e di ristabilire la certezza del diritto? O siamo diventati una colonia del Burundi?
Adesso Trieste ha questo privilegio da Terzo Mondo grazie alle arrampicate sugli specchi sulla questione della "sdemanializzazione" di Porto Vecchio che si rivela, come diciamo da anni, una autentica STANGATA per Trieste.
Con un Comune in bolletta che rischia il commissariamento per la mancata approvazione del bilancio in rosso e che non può farsi carico degli enormi costi solo di gestione ordinaria dell'area.
Ieri abbiamo avuto il privilegio di essere citati dal Piccolo per la questione delle voragini sul torrente Chiave che avevamo trattato nei giorni scorsi (clicca QUI e QUI) e sotto riportiamo l' articolo, ma le autorità competenti che sono ampiamente informate da tempo delle voragini e da anni dello scarico a mare dei liquali fognari fanno finta di niente perchè si tratta di spendere milioni che non hanno anche se si tratta di una questione urgente con tanto di tratti di fogna a cielo aperto.
Sono questioni di standard igenici e sanitari europei violati in una città come Trieste e di cui il Comune deve occuparsi anche perchè è dal 1° gennaio il PROPRIETARIO di Porto Vecchio, con annessi e connessi, chiaviche comprese.
Chi vuole la bicicletta deve notoriamente pedalare.
Quale il bilancio a due anni e mezzo esatti dal famoso emendamento Russo sulla "sdemanializzazione" ?
1) non è nemmeno finito l' iter burocratico;
2) il famoso "masterplan" dell' "advisor" Ernst & Young è una "compilation" di ovvietà e generici buoni propositi campati in aria come lo stesso Piccolo ha finalmente scritto domenica scorsa (vedi articolo in fondo) anche se è costato € 180.000;
3) non c'è alcun investitore privato mentre il "pubblico" non ha un cent, ed in particolare il Comune, divenuto proprietario, ha il bilancio in rosso e rischia il commissariamento;
4) i famosi 50 milioni del Ministero della Cultura non si sono ancora visti concretamente e, in ogni caso, devono avere finalità culturali e non certo di infrastrutturazione primaria dell' area che ha costi stratosferici.
Inoltre consentiteci una domanda dopo l' infelice realizzazione dello "svincolo" in v.le Miramare:
come pensano di portare in Porto Vecchio "due milioni di turisti all' anno " (per la fantasiosa previsione clicca QUI) se già un miserabile svincolo crea problemi di traffico ? Con quale viabilità? Con quali fognature se non riescono da anni nemmeno a cominciare ad affrontare il prolema del torrente Chiave-chiavica ? Hanno idea del traffico e delle masse fecali prodotte da due milioni di turisti?
La "Classe Dirigente e Politica" locale è
purtroppo estremamente scadente e irresponsabile e bisogna sollecitarla a prendere urgentemente atto della realtà su Porto Vecchio.
Pensiamo che ormai ci siano gli elementi sufficienti per cercare una rapida conversione della rotta prima dello schianto: restituire Porto Vecchio all' utilizzo produttivo.
Trieste ha pochi spazi e 60 ettari fanno comodo per realizzare la giusta scelta di utilizzare i Punti Franchi per favorire insediamenti produttivi e creare posti di lavoro.
Non serve una urbanizzazione con le relative costosissime infrastrutturazioni: Trieste non ha bisogno di allargare la città del 30%, ha bisogno di lavoro vero.
Ecco gli articoli del Piccolo citati:
Il crollo delle volte del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo ha provocato l'apertura di maxi buchi da cui fuoriescono acque sporche e maleodoranti e all'ingresso dello scalo spuntano due voragini
di Fabio Dorigo
Due voragini capaci di inghiottire un furgone si sono aperte all'ingresso dell'antico scalo, pochi metri dopo il monumentale varco doganale di Largo Santos. Il responsabile è il torrente Chiave, lo stesso che sta costringendo l'amministrazione a lavori straordinari (e costosi, almeno un milione di euro) in via Carducci. Le volte in pietra della galleria del torrente rischiano di crollare per una lunghezza di 160 metri. In Porto vecchio le volte sono già collassate, almeno in due punti, interropendo una linea di vecchi binari e lasciando intravvedere delle acque non proprio limpide.
A denunciarlo per primo è stato il blog di informazione indipendente "Rinascita Triestina" che ha postato la foto dei crateri.
E ne ha fatto esperienza, probabilmente, anche la governatrice Debora Serracchiani durante la visita pochi giorni fa al pontone galleggiante Ursus, ormeggiato alla foce del Chiave. Le acque riversate in mare hanno tutta l'aria di liquami.
Chi pagherà la bonifica e il ripristino della galleria del torrente Chiave in Porto vecchio? A seguito della sdemanializzazione gli oneri spettano al Municipio.
«È una cosa che riguarda il Comune. La proprietà è loro. Noi per il momento abbiamo ancora la giurisdizione, ma la proprietà è comunale» spiega Mario Sommariva, segretario dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale.
Dovrà essere il Comune quindi a mettere mano al portafogli per il Chiave, che allunga il suo conto dopo via Carducci. Il problema è che i soldi non ci sono. I 9 milioni, ritagliati dai 50 milioni stanziati dal governo con finalità culturali, non bastano neppure per infrastrutturare l'area attorno alla Centrale idrodinamica. E al momento mancano persino le risorse per mettere in sicurezza il varco aperto nel 2011 in occasione della Biennale diffusa di Vittorio Sgarbi. Del resto l'urbanizzazione primaria di tutta l'area di Porto vecchio viene stimata in almeno 300 milioni. Solo per la bonifica del Chiave si parla di 11 milioni e mezzo (4,5 milioni, invece, per il Rio Martesin).
Il torrente, del resto, è un problema atavico del Porto vecchio. Attorno alla sua bonifica si è consumato un contenzioso che ha bloccato per più di 10 anni la concessione novantennale di Greensisam.
«Prima opera che partirà a breve - scriveva il Piccolo il 9 agosto 2002, riportando i contenuti della convenzione siglata tra Comune e Autorità portuale - sarà la bonifica del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo e che sfocia tra il Molo III e Molo IV.
Un'urgenza rimasta tale cinque anni dopo. «Il torrente Chiave ha anche inquinato tutto lo specchio d'acqua prospiciente - spiegò nel 2008 Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima -. Già oltre un anno fa abbiamo mandato alle autorità la richiesta di provvedere alla bonifica, ma com'era prevedibile non si è mossa una foglia: Comune e Autorità portuale non si mettono d'accordo su chi debba fare il lavoro». Secondo il segretario generale dell'Authority l'onere dei lavori spettava al Comune. Ma il sindaco di allora, sempre Roberto Dipiazza, non era d'accordo: «Siamo nell'ambito dei cosiddetti sottoservizi che comprendono condutture e fognature e dovrebbe essere la stessa Evergreen a realizzarli come oneri di urbanizzazione anche perché ha ottenuto in concessione cinque magazzini per novant'anni in cambio di un canone veramente modesto». L'assessore Maurizio Bucci propose un altra versione: «In base a una nuova norma di legge è la Regione competente in materia di torrenti per cui spetterà alla Regione intervenire anche in questo caso». Così nessuno fece nulla. Oggi non ci sono dubbi. Grazie all'emendamento del senatore Francesco Russo, in odore di sigillo trecentesco, è il Comune titolare di onori e oneri (oltre che odori) sull'area di Porto vecchio
Fabio Dorigo 7 giugno 2017
FINALMENTE QUALCHE DUBBIO TRASPARE SUL PICCOLO DI DOMENICA 4:
LE SABBIE MOBILI
IN PORTO VECCHIO
di Roberto M orelli
Avremo davvero il piano
definitivo per il recupero
del Porto vecchio entro
sei mesi, come indicato – o
meglio auspicato – dallo studio
di Ernst&Young presentato
nei giorni scorsi? Di questo
passo, c’è da dubitarne. Lo studio
non ha presentato alcunché
di nuovo, se non una generica,
potenziale attribuzione
degli spazi. I nodi fondamentali
non sono stati ancora affrontati,
né si sa quando lo saranno:
un progetto urbanistico
concreto, gli investitori a cui
affidarlo, il percorso con cui arrivarci.
In sostanza, siamo ancora
alle battute iniziali.
Ernst&Young è una società
di massima competenza e affidabilità,
e non è colpa sua se
sta rimasticando un quadro
d’assieme ancora tutto da
riempire. Questo le fu affidato
anni fa e questo ha fatto: generico
il mandato, generico il risultato.
Sta alla città ora cambiare
passo e prendere di petto
il recupero dell’area fino ai
dettagli. Il che non significa
prevedere un pezzo e una pezza
qua e là, a seconda delle
pseudo-opportunità o necessità
emergenti. Significa progettare
da cima a fondo un nuovo
centro urbano sul mare, ancorarlo
a un’idea di fondo e scegliere
le destinazioni coerenti,
non quelle che capitano dalla
sera alla mattina. Altrimenti
ne uscirà un altro Opp: un’area
potenzialmente straordinaria
riassettata a toppe e senza
identità, in cui far stare un
po’di tutto.
Vogliamo che il futuro Porto
vecchio esprima il rapporto
fra Trieste e il mare? O una piccola
Silicon Valley dell’innovazione
sull’Adriatico? O ancora
un centro d’intrattenimento
“colto” per qualificare il turismo
crescente? O una coerente
mescolanza di queste cose,
che a chi scrive appare la soluzione
più affascinante, perché
la più coerente con una città
dalle mille sfaccettature? Sia
quel sia, battezziamo un’idea
e diamole un’anima e un corpo,
una struttura d’iniziative,
destinazioni d’uso e una viabilità
interna che la esprimano e
incarnino dall’inizio alla fine,
dal progetto generale fino al
ruolo degli edifici e alla segnaletica
interna. Facciamolo presto.
Altrimenti avremo solo un
deludente spezzatino d’improvvisazioni.
Di pari passo va individuato
un soggetto investitore (o più
facilmente un pool di soggetti),
poiché la mano pubblica
non avrà mai le ingentissime
risorse per riconvertire un’area
di 60 ettari in cui ora non
c’è nulla di nulla, neppure l’acqua
e i servizi a rete. Non basterebbe
un quarto di secolo. E
qui si annida un altro, insidiosissimo
rischio. Quello di non
mettersi neppure a cercare i
partner privati, nell’inconfessato
timore della perdita del
controllo pubblico (o politico);
avviando così di volta in
volta, con agonica lentezza, le
sole opere consentite dai fondi
statali periodicamente chiesti
e (meritoriamente) ottenuti.
Con il risultato di avere un’eterna
convivenza tra ruderi e
immobili restaurati ma vuoti,
poiché nessuno va volentieri
in un’area degradata con qualche
perla disseminata qua e là.
Per il successo del recupero ci
vuole massa critica, attrazione
di persone e imprese, una
completezza del lavoro almeno
a lotti funzionali.
Questo rischio è già oggi visibile
nel nuovo svincolo allestito
su viale Miramare. È stato
fatto (anche qui meritoriamente)
a tempo di record, ma conduce
letteralmente al nulla, ovvero
a un’area con divieto di
accesso e tale destinata a rimanere
per un bel po’. È un paradosso
obbligato dai finanziamenti
disponibili ma incomprensibile
all’uomo della strada,
e che nelle domeniche d’estate
scatenerà critiche a non
finire per la strozzatura fatalmente
creata all’accesso alla
città.
Questo avremmo dovuto
chiedere a Ernst&Young: di
spingersi fino a un progetto –
sulla base delle indicazioni del
Comune – e d’individuare gli
investitori interessati a partecipare
a una gara pubblica, in assenza
dei quali avremo un recupero
con il contagocce; e nel
2029, l’anno di fine lavori ipotizzato
dalla società di consulenza,
non sarà finito un bel
nulla.
È comprensibile e non biasimabile
il desiderio di un’amministrazione
comunale (di sinistra
e di destra, le due succedutesi)
di non perdere la presa
su un progetto di tali dimensioni.
Ma lo si ottiene con regole
chiare, una guida sicura, un
percorso trasparente. Non cercando
di far tutto in casa. Un
piano ambizioso richiede scelte
coraggiose e la capacità di
pensare in grande, anche
quando ciò sembra fuori portata
(e non lo è). Altrimenti
l’ambizione si trasforma in velleità,
e i sogni diventano frustrazioni.
Il Porto vecchio è
troppo bello, e il suo ruolo
troppo importante, per potercelo
permettere.
La slide che proponiamo insistentemente da almeno 3 anni e mezzo.