RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

giovedì 8 giugno 2017

PORTO VECCHIO: LA STANGATA - PROGETTI FARAONICI E VORAGINI SULLA MAXI-FOGNA CHE SCARICA IN MARE (vietato dalla UE) - BRETELLE ROTTE E BRAGHE DI TELA - COSTI STRATOSFERICI AL COMUNE IN BOLLETTA E NEMMENO COMPLETATE LE CARTE IN DUE ANNI E MEZZO - IL SINDACO INVITA A NON RISPETTARE I DIVIETI DA LUI APPENA EMANATI: LA CERTEZZA DEL DIRITTO - DALLA MITTELEUROPA ALLA REPUBBLICA DELLE BANANE...

Avete mai visto un Sindaco che invita i cittadini a NON rispettare un' ordinanza da lui stesso appena emessa ?
Che invita i cittadini a frequentare zone interdette al traffico perchè definite "pericolose"  ?
Che fa finta di niente se un torrente, che in realtà è una chiavica, scarica a mare in prossimità del centro cittadino liquami fognari (cosa vietatissima da tutte le norme europee) dopo aver provocato voragini?


Ecco qua quanto riportato dal Piccolo oggi:

"Roberto Dipiazza ha lanciato ieri, attraverso il suo profilo Facebook, un messaggio tranquillizzante. «Tutti potete entrare, e continuare a correre», ha sottolineato il primo cittadino, aggiungendo che queste ordinanze sono atti formali, che i dirigenti devono predisporre stante «la pericolosità dell’area, che comunque esiste». Dipiazza ha rassicurato i frequentatori del Porto vecchio che nessuno verrà multato se percorrerà la bretella fra Largo città di Santos e il Magazzino 26, invitando anzi la cittadinanza a frequentare il Porto vecchio e chi già vi si reca per ragioni sportive a proseguire nell’utilizzo del tratto di strada in questione".

IL SINDACO DI TRIESTE INVITA A COMMETTERE UN ATTO ILLECITO E A VIOLARE LA SUA ORDINANZA APPENA FIRMATA PUR DI NON DOVER DIRE CHE PORTO VECCHIO E'  UNA "CITTA' PROIBITA" PER MOTIVI DI SICUREZZA ESSENDO AREA PORTUALE !!!


Il sig.Sindaco ha introdotto la nuova categoria giuridica di "Ordinanza Pro Forma NPC (Neanche Pel C..)" il cui rispetto è un optional: sarebbe di questo tipo l' ordinanza sulla Ferriera più volte minacciata ?


C'è un giudice a Trieste  che vuole occuparsi della questione e di ristabilire la certezza del diritto? O siamo diventati una colonia del Burundi?


Adesso Trieste ha questo privilegio da Terzo Mondo grazie alle arrampicate sugli specchi sulla questione della "sdemanializzazione" di Porto Vecchio che si rivela, come diciamo da anni, una autentica STANGATA per Trieste.
Con un Comune in bolletta che rischia il commissariamento per la mancata approvazione del bilancio in rosso e che non può farsi carico degli enormi costi solo di gestione ordinaria dell'area.


Ieri abbiamo avuto il privilegio di essere citati dal Piccolo per la questione delle voragini sul torrente Chiave che avevamo trattato nei giorni scorsi (clicca QUI e QUI) e sotto riportiamo l' articolo, ma le autorità competenti che sono ampiamente informate da tempo delle voragini e da anni dello scarico a mare dei liquali fognari fanno finta di niente perchè si tratta di spendere milioni che non hanno anche se si tratta di una questione urgente con tanto di tratti di fogna a cielo aperto.

Sono questioni di standard igenici e sanitari europei violati in una città come Trieste e di cui il Comune deve occuparsi anche perchè è dal 1° gennaio il PROPRIETARIO di Porto Vecchio, con annessi e connessi, chiaviche comprese.
Chi vuole la bicicletta deve notoriamente pedalare.


Quale il bilancio a due anni e mezzo esatti dal famoso emendamento Russo sulla "sdemanializzazione" ?

1) non è nemmeno finito l' iter burocratico;

2) il famoso "masterplan" dell' "advisor" Ernst & Young è una "compilation" di ovvietà e generici buoni propositi campati in aria come lo stesso Piccolo ha finalmente scritto domenica scorsa (vedi articolo in fondo) anche se è costato € 180.000;

3) non c'è alcun investitore privato mentre il "pubblico" non ha un cent, ed in particolare il Comune, divenuto proprietario, ha il bilancio in rosso e rischia il commissariamento;

4) i famosi 50 milioni del Ministero della Cultura non si sono ancora visti concretamente e, in ogni caso, devono avere finalità culturali e non certo di infrastrutturazione primaria dell' area che ha costi stratosferici.


Inoltre consentiteci una domanda dopo l' infelice realizzazione dello "svincolo" in v.le Miramare:
come pensano di portare in Porto Vecchio "due milioni di turisti all' anno " (per la fantasiosa previsione clicca QUI) se già un miserabile svincolo crea problemi di traffico ? Con quale viabilità? Con quali fognature se non riescono da anni nemmeno a cominciare ad affrontare il prolema del torrente Chiave-chiavica ? Hanno idea del traffico e delle masse fecali prodotte da due milioni di turisti?

La "Classe Dirigente e Politica" locale è
purtroppo estremamente scadente e irresponsabile e bisogna sollecitarla a prendere urgentemente atto della realtà su Porto Vecchio.


Pensiamo che ormai ci siano gli elementi sufficienti per cercare una rapida conversione della rotta prima dello schianto: restituire Porto Vecchio all' utilizzo  produttivo.

Trieste ha pochi spazi e  60 ettari fanno comodo per realizzare la giusta scelta di utilizzare i Punti Franchi per favorire insediamenti produttivi e creare posti di lavoro.

Non serve una urbanizzazione con le relative costosissime infrastrutturazioni: Trieste non ha bisogno di allargare la città del 30%, ha bisogno di lavoro vero.

Ecco gli articoli del Piccolo citati:


Il crollo delle volte del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo ha provocato l'apertura di maxi buchi da cui fuoriescono acque sporche e maleodoranti e all'ingresso dello scalo spuntano due voragini

di Fabio Dorigo 

Due voragini capaci di inghiottire un furgone si sono aperte all'ingresso dell'antico scalo, pochi metri dopo il monumentale varco doganale di Largo Santos. Il responsabile è il torrente Chiave, lo stesso che sta costringendo l'amministrazione a lavori straordinari (e costosi, almeno un milione di euro) in via Carducci. Le volte in pietra della galleria del torrente rischiano di crollare per una lunghezza di 160 metri. In Porto vecchio le volte sono già collassate, almeno in due punti, interropendo una linea di vecchi binari e lasciando intravvedere delle acque non proprio limpide.

A denunciarlo per primo è stato il blog di informazione indipendente "Rinascita Triestina" che ha postato la foto dei crateri. 

E ne ha fatto esperienza, probabilmente, anche la governatrice Debora Serracchiani durante la visita pochi giorni fa al pontone galleggiante Ursus, ormeggiato alla foce del Chiave. Le acque riversate in mare hanno tutta l'aria di liquami. 

Chi pagherà la bonifica e il ripristino della galleria del torrente Chiave in Porto vecchio? A seguito della sdemanializzazione gli oneri spettano al Municipio. 

«È una cosa che riguarda il Comune. La proprietà è loro. Noi per il momento abbiamo ancora la giurisdizione, ma la proprietà è comunale» spiega Mario Sommariva, segretario dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale. 

Dovrà essere il Comune quindi a mettere mano al portafogli per il Chiave, che allunga il suo conto dopo via Carducci. Il problema è che i soldi non ci sono. I 9 milioni, ritagliati dai 50 milioni stanziati dal governo con finalità culturali, non bastano neppure per infrastrutturare l'area attorno alla Centrale idrodinamica. E al momento mancano persino le risorse per mettere in sicurezza il varco aperto nel 2011 in occasione della Biennale diffusa di Vittorio Sgarbi. Del resto l'urbanizzazione primaria di tutta l'area di Porto vecchio viene stimata in almeno 300 milioni. Solo per la bonifica del Chiave si parla di 11 milioni e mezzo (4,5 milioni, invece, per il Rio Martesin). 

Il torrente, del resto, è un problema atavico del Porto vecchio. Attorno alla sua bonifica si è consumato un contenzioso che ha bloccato per più di 10 anni la concessione novantennale di Greensisam. 

«Prima opera che partirà a breve - scriveva il Piccolo il 9 agosto 2002, riportando i contenuti della convenzione siglata tra Comune e Autorità portuale - sarà la bonifica del torrente Chiave che scorre nel sottosuolo e che sfocia tra il Molo III e Molo IV. 

Un'urgenza rimasta tale cinque anni dopo. «Il torrente Chiave ha anche inquinato tutto lo specchio d'acqua prospiciente - spiegò nel 2008 Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima -. Già oltre un anno fa abbiamo mandato alle autorità la richiesta di provvedere alla bonifica, ma com'era prevedibile non si è mossa una foglia: Comune e Autorità portuale non si mettono d'accordo su chi debba fare il lavoro». Secondo il segretario generale dell'Authority l'onere dei lavori spettava al Comune. Ma il sindaco di allora, sempre Roberto Dipiazza, non era d'accordo: «Siamo nell'ambito dei cosiddetti sottoservizi che comprendono condutture e fognature e dovrebbe essere la stessa Evergreen a realizzarli come oneri di urbanizzazione anche perché ha ottenuto in concessione cinque magazzini per novant'anni in cambio di un canone veramente modesto». L'assessore Maurizio Bucci propose un altra versione: «In base a una nuova norma di legge è la Regione competente in materia di torrenti per cui spetterà alla Regione intervenire anche in questo caso». Così nessuno fece nulla. Oggi non ci sono dubbi. Grazie all'emendamento del senatore Francesco Russo, in odore di sigillo trecentesco, è il Comune titolare di onori e oneri (oltre che odori) sull'area di Porto vecchio

Fabio Dorigo 7 giugno 2017

FINALMENTE QUALCHE DUBBIO TRASPARE SUL PICCOLO DI DOMENICA 4:

LE SABBIE MOBILI IN PORTO VECCHIO
di Roberto M orelli

Avremo davvero il piano definitivo per il recupero del Porto vecchio entro sei mesi, come indicato – o meglio auspicato – dallo studio di Ernst&Young presentato nei giorni scorsi? Di questo passo, c’è da dubitarne. Lo studio non ha presentato alcunché di nuovo, se non una generica, potenziale attribuzione degli spazi. I nodi fondamentali non sono stati ancora affrontati, né si sa quando lo saranno: un progetto urbanistico concreto, gli investitori a cui affidarlo, il percorso con cui arrivarci. In sostanza, siamo ancora alle battute iniziali. Ernst&Young è una società di massima competenza e affidabilità, e non è colpa sua se sta rimasticando un quadro d’assieme ancora tutto da riempire. Questo le fu affidato anni fa e questo ha fatto: generico il mandato, generico il risultato. Sta alla città ora cambiare passo e prendere di petto il recupero dell’area fino ai dettagli. Il che non significa prevedere un pezzo e una pezza qua e là, a seconda delle pseudo-opportunità o necessità emergenti. Significa progettare da cima a fondo un nuovo centro urbano sul mare, ancorarlo a un’idea di fondo e scegliere le destinazioni coerenti, non quelle che capitano dalla sera alla mattina. Altrimenti ne uscirà un altro Opp: un’area potenzialmente straordinaria riassettata a toppe e senza identità, in cui far stare un po’di tutto. Vogliamo che il futuro Porto vecchio esprima il rapporto fra Trieste e il mare? O una piccola Silicon Valley dell’innovazione sull’Adriatico? O ancora un centro d’intrattenimento “colto” per qualificare il turismo crescente? O una coerente mescolanza di queste cose, che a chi scrive appare la soluzione più affascinante, perché la più coerente con una città dalle mille sfaccettature? Sia quel sia, battezziamo un’idea e diamole un’anima e un corpo, una struttura d’iniziative, destinazioni d’uso e una viabilità interna che la esprimano e incarnino dall’inizio alla fine, dal progetto generale fino al ruolo degli edifici e alla segnaletica interna. Facciamolo presto. Altrimenti avremo solo un deludente spezzatino d’improvvisazioni. Di pari passo va individuato un soggetto investitore (o più facilmente un pool di soggetti), poiché la mano pubblica non avrà mai le ingentissime risorse per riconvertire un’area di 60 ettari in cui ora non c’è nulla di nulla, neppure l’acqua e i servizi a rete. Non basterebbe un quarto di secolo. E qui si annida un altro, insidiosissimo rischio. Quello di non mettersi neppure a cercare i partner privati, nell’inconfessato timore della perdita del controllo pubblico (o politico); avviando così di volta in volta, con agonica lentezza, le sole opere consentite dai fondi statali periodicamente chiesti e (meritoriamente) ottenuti. Con il risultato di avere un’eterna convivenza tra ruderi e immobili restaurati ma vuoti, poiché nessuno va volentieri in un’area degradata con qualche perla disseminata qua e là. Per il successo del recupero ci vuole massa critica, attrazione di persone e imprese, una completezza del lavoro almeno a lotti funzionali. Questo rischio è già oggi visibile nel nuovo svincolo allestito su viale Miramare. È stato fatto (anche qui meritoriamente) a tempo di record, ma conduce letteralmente al nulla, ovvero a un’area con divieto di accesso e tale destinata a rimanere per un bel po’. È un paradosso obbligato dai finanziamenti disponibili ma incomprensibile all’uomo della strada, e che nelle domeniche d’estate scatenerà critiche a non finire per la strozzatura fatalmente creata all’accesso alla città. Questo avremmo dovuto chiedere a Ernst&Young: di spingersi fino a un progetto – sulla base delle indicazioni del Comune – e d’individuare gli investitori interessati a partecipare a una gara pubblica, in assenza dei quali avremo un recupero con il contagocce; e nel 2029, l’anno di fine lavori ipotizzato dalla società di consulenza, non sarà finito un bel nulla. È comprensibile e non biasimabile il desiderio di un’amministrazione comunale (di sinistra e di destra, le due succedutesi) di non perdere la presa su un progetto di tali dimensioni. Ma lo si ottiene con regole chiare, una guida sicura, un percorso trasparente. Non cercando di far tutto in casa. Un piano ambizioso richiede scelte coraggiose e la capacità di pensare in grande, anche quando ciò sembra fuori portata (e non lo è). Altrimenti l’ambizione si trasforma in velleità, e i sogni diventano frustrazioni. Il Porto vecchio è troppo bello, e il suo ruolo troppo importante, per potercelo permettere


La slide che proponiamo insistentemente da almeno 3 anni e mezzo.



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