RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

venerdì 15 luglio 2016

NIZZA: DA ANNI SI ISTIGA ALL' USO DI VEICOLI CIVILI PER ATTENTATI DELLA "INDIVIDUAL JIHAD" - SCARICA IL LINK A RIVISTA JIHADISTA - PIU' DEMOCRAZIA PER POTERSI PERMETTERE SERVIZI DI SICUREZZA E INTELLIGENCE PIU' FORTI E DEMOCRATICI -


Prima delle considerazioni segnaliamo ai nostri lettori che la rivista "Inspire" di Al-Quaeda  già nel n.2 del 2010, da pag.53, istigava a utilizzare normali veicoli per compiere attentati  per la "INDIVIDUAL JIHAD", che mette al centro l' utilizzo di uomini, possibilmente suicidi, e mezzi di facile reperibilità, anzichè di tecnologia militare avanzata.

E', incredibilmente, liberamente disponibile in rete CLICCANDO QUI.

Un attentato con un veicolo come quello usato a Nizza era stato invocato dal portavoce dello Stato Islamico Abu Mohammad al-Adnani a settembre 2014.
 
Del resto anche l' attentato alle Twin Towers del 2001 è stato fatto con aerei civili usati in modo offensivo.
Non c'è niente di nuovo e sono ridicoli quelli che in TV si meravigliano.

Ed anche chi finisce per minimizzare parlando di "individuo depresso e instabile": non cercano certo campioni di saggezza ed equilibrio per scatenare queste operazioni di "guerra santa individuale" che usano proprio queste persone "border line" come armi.

Diciamolo: non se ne può più della banalità retorica delle dichiarazioni ufficiali di personalità che si stracciano le vesti ed i capelli urlando all' orrore e convocano riunioni pletoriche.
Ci mancherebbe che attentati come questo non vengano condannati dalle istituzioni occidentali !
Per favore stavolta risparmiateci il "Je Suis Nissart" !


Queste cose si affrontano con i Servizi di Intelligence e Sicurezza, in silenzio e con efficienza, ELIMINANDO le minacce.


La Rete è piena di istigazioni e addirittura di manuali di terrorismo jihadista che vanno monitorati ed eliminati.
Cosa succede con i Servizi nella UE? C'è un centinaio di persone a Bruxelles, 
sottoposti alla Mogherini, che analizza "fonti aperte" ovvero articoli di giornale. Tutto qua.
In Inghilterra invece i due principali Servizi attualmente occupano circa 2.500 persone ciascuno per l' MI5 e l' MI6 (quello di James Bond) con un bilancio di 2,5 miliardi di sterline ciascuno.
E' un apparato di sicurezza imponente, potenziato dopo gli attentati a Londra, che a quanto pare riesce a prevenire gran parte delle minacce.

Nella UE non c' è niente di paragonabile.
Si segua finalmente quello che viene fatto nei paesi dove affrontano seriamente la situazione: dalla Gran Bretagna a Israele.


Però va detto che mentre la Gran Bretagna è un paese di antica democrazia, capace di fare referendum sull' indipendenza della Scozia e la Brexit, ed il rischio di deviazione antidemocratica di Servizi di Sicurezza potenti è limitato  grazie al forte controllo democratico, il contrario avviene nella UE che NON è un organismo democratico che rende conto ai cittadini.


Forti dubbi è lecito avere anche sulla qualità democratica dello Stato Italiano che ha già visto fenomeni di deviazione ed evita le consultazioni popolari sulle questioni cruciali.


Alla fine è un problema di democrazia: un paese saldamente democratico può permettersi Servizi forti ed efficienti con un efficace controllo democratico.

E' un dibattito che bisogna aprire perchè la sicurezza è un bisogno primario che qualsiasi stato deve garantire ai cittadini se non si vuole il dilagare delle psicosi ed arrivare al Far West con ognuno che si arrangia da solo.

CLICCANDO QUI POTETE VEDERE ALCUNI DEI VIDEO PIU' CRUDI E NON CENSURATI SULLA STRAGE DI NIZZA



giovedì 14 luglio 2016

ANCHE FEDRIGA DELLA LEGA PER LA NO-TAX AREA: SE NON ERA PER IL MOVIMENTO INDIPENDENTISTA NESSUNO AVREBBE MAI PARLATO DI NO-TAX AREA, ZONE FRANCHE, ALLEGATO VIII AL TRATTATO DI PACE DEL '47 - BENSVEGLIATI: ERA ORA !


Ultimo Fedriga della Lega (clicca qui): da sinistra a destra, passando per Il Piccolo si richiede la No Tax Area, ovvero la Zona Franca di cui per prima ha parlato un anno fa Rinascita Triestina, obiettivo poi riportato nei "Cinque Punti Per Trieste", clicca QUI, che è stato alla base dei programmi elettorali di alcune formazioni di ispirazione indipendentista.

Adesso la proposta si sta affermando da sola per la sua semplicità ed evidenza: senza il movimento indipendentista non se ne sarebbe mai parlato e nemmeno dell' Allegato VIII al Tratttato di Pace del 1947, di cui tanti somari sgignazzavano.
Ma naturalmente del movimento indipendentista non ne parlano: la proposta adesso è del PD (sic !) che la ha sempre contrastata, salvo cambiare posizione gli ultimi giorni di fronte all' evidenza dei fatti.

Vi invitiamo a rileggere il nostro articolo precedente QUI e alcuni precedenti: seguite la sequenza cliccando  QUI 
  e  QUI  e  QUI  e  QUI.

Chiarito ciò notiamo che questi politicanti ed editorialisti del Piccolo continuano a non sapere di cosa parlano: infatti continuano a parlare di No Tax area da istituire NEI punti Franchi dimenticando che lo hanno appena tolto da gran parte di Porto Vecchio che sarebbe l' unica sede proponibile per i servizi finanziari, tanto che il Piccolo ragionevolmente parla  di "FREE - ZONE IN PORTO VECCHIO " mentre fino al giorno prima inneggiava allo "spostamento" del Punto Franco nel SIN Sito Inquinato di Zona Industriale.
Dove mattiamo il Centro Finanziario Off- Shore: nel Museo di Cosolini e ci andiamo col trenino?

La cosa paradossale è che Dipiazza, di cui Fedriga è strettissimo alleato nel centro destra, vuole utilizzare Porto Vecchio per stupidaggini come il Mercato Ittico e per "interrarlo" completamente per farci una stazione passeggeri.
Mentre Fedriga vuole la No Tax area per servizi finanziari in concorrenza con la City di Londra !
Dove la mettiamo: nel Mercato Ittico o sul sito inquinato ad Aquilinia?


Hanno tolto il Punto Franco grazie al famoso emendamento Russo tutti d' accordo, da sinistra a destra, pagano Advisor e stanno facendo voli di fantasia per inventarsi cosa fare in Porto Vecchio ma non hanno coraggio di dire che è stata una fesseria e che gli indipendentisti avevano, ed hanno, ragione da vendere.

Un Punto Franco non si toglie: si allarga !
E allargandolo lo si porta dove si vuole.


Infatti il tempo in cui la sua utilità si manifesta anche a chi ha la mente annebbiata dal "pensiero unico" arriva sempre.

Basta sedersi in riva al mare ad aspettare che la corrente porti le carcasse dei somari !


Riproponiamo per la millesima volta in tre anni cosa fare in Porto Vecchio in regime di Punto Franco e No-tax area: prima o poi tutti dovranno passare su questo ponte...





#BrexitEuropa - PENSIAMO UN' ALTRA EUROPA - PER TRIESTE INTERNAZIONALE E AUTONOMA NELLA MITTELEUROPA, E' DETERMINANTE UN' EUROPA COME RETE DI REGIONI LIBERE CHE SUPERI GLI STATI NAZIONALI -


La Brexit ci pone nella necessità di riflettere sul destino di Trieste che certamente è una città europea, anzi mitteleuropea, con un Porto Franco INTERNAZIONALE cui gli "Stati Nazione" del  secolo scorso hanno arrecato danni gravissimi.
Dalla crisi della UE, concetto diverso da quello di Europa culturale, geografica, economica e politica, non si esce con nuovi nazionalismi e arroccamenti nei confini degli "Stati Nazione" che ci riporterebbero ad un passato sanguinoso.
Iniziamo una riflessione riportando l' articolo di Ulrike Guérot pubblicato sull' ultimo numero di Limes, autorevole rivista di geopolitica, in questi giorni in libreria -

PENSIAMO UN' ALTRA EUROPA
di Ulrike Guérot

Tradito l’ideale dei padri fondatori, questa Ue è in grave deficit democratico. Occorre una repubblica europea per mettere i cittadini del Vecchio Continente al centro di un progetto politico che superi gli Stati nazionali. Le regioni saranno gli elementi di base.



L’Europa che immaginiamo in un prossimo futuro non
sarà un’alleanza di Stati nazionali, né soltanto un’area
economica comune. Perseguire una politica europea
significa sostenere una politica regionale al fine di costituire
un’Europa che sia una rete di regioni libere;
e ciò coincide con il superamento del divario tra nazioni
grandi e potenti e nazioni piccole e politicamente impotenti.


"EUROPA, ANNO 2016. SOCIETÀ E CITTADINI sono profondamente turbati e in preda alla paura. Dopo la crisi dell’euro, con le sue conseguenze sociali, la cosiddetta «crisi dei migranti» è stata la scintilla che ha fatto esplodere in tutto il continente, in dimensioni inimmaginabili, nuovi populismi e nazionalismi. Ovunque si diffonde l’angoscia di perdere la propria identità e appartenenza culturale, nonché il timore di una recessione economica e di una maggiore ingerenza straniera a danno delle sovranità nazionali. Ciò di cui tuttavia l’Europa e i suoi cittadini hanno maggior bisogno in questi giorni sono il coraggio e la fiducia; ma soprattutto è necessaria una nuova riflessione per un’altra EuropaÈ il momento di rovesciarne l’assetto da cima a fondo..."

"Cosa contesta Nigel Farage, leader dell' UKIP, il quale dichiara di non essere contro  l' Europa, ma contro la UE? Il fatto di non aver alcuna voce in capitolo in Europa. E in questo, purtroppo,ha ragione. 

Farage in fondo non sta dicendo niente di diverso da quanto, a partire da Jurtgen Habermas, dichiarano più o meno tutti i sociologi e politologi europei, che alla UE attestano quasi unanimi un deficit democratico. 
La UE è legale ma non è democratica... "

"- Le regioni sono patrie, le nazioni sono una finzione - scrive lo scrittore austriaco Robert Menasse"...










COMINCIA L' ABBUFFATA: POCHI GIORNI DOPO AVER IMPEDITO IL REFERENDUM PER L' ABOLIZIONE DELLE UTI - 18 UTI AL POSTO DI 4 PROVINCE: CIASCUNA CON DIRETTORI DA € 100.000... OLTRE AL RESTO NATURALMENTE... #PoltroneDivani


La Maggioranza  (PD e satelliti) del Consiglio Regionale ha respinto solo pochi giorni fa la possibilità di effettuare il referendum per l' abolizione delle UTI, respinto insieme a quello per la Sanità e per l' istituzione di due sole Province Autonome, Trieste e Friuli, sul modello di quelle di Bolzano e Trento.
Ed ovviamente si cominciano ad attivare le poltrone per le 18 UTI che sostituiscono le 4 province attuali.





martedì 12 luglio 2016

PER FORTUNA CHE A TRIESTE C'E' IL VERONESE ZENO D' AGOSTINO CHE SI PRENDE LA BRIGA DI ANDARE IN CINA A RAPPRESENTARE IL NOSTRO PORTO AL FORUM DEI PORTI DELLA "VIA DELLA SETA" - ALMENO UNO CHE LAVORI PER TRIESTE MENTRE IL SINDACO SI ALLEA CON VENEZIA E I MINISTRI VANNO AI CONVEGNI VENEZIANI SULLA "VIA DELLA SETA"



PER FORTUNA CHE A TRIESTE C'E' IL VERONESE ZENO D' AGOSTINO CHE SI PRENDE LA BRIGA DI ANDARE IN CINA A RAPPRESENTARE IL NOSTRO PORTO AL FORUM DEI PORTI DELLA "VIA DELLA SETA" -
ALMENO UNO CHE LAVORI PER TRIESTE MENTRE IL SINDACO DIPIAZZA SI ALLEA CON BRUGNARO, SINDACO DI VENEZIA, ALLEATO DI PAOLO COSTA PRESIDENTE AUTORITA'  PORTUALE DI VENEZIA CHE FIRMA ACCORDI CON IL PORTO CINESE DI NINGBO E TIANJIN  ALLA PRESENZA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI GENTILONI E DEL MINISTRO DEI TRASPORTI DELRIO CON LA BENEDIZIONE DI MEZZO GOVERNO PRODI  CON INVITATO IL MINISTRO DEI TRASPORTI AUSTRIACO-
Clicca QUI  per l' articolo di FAQ-TS ed anche QUI.

PERCHE' DI PIAZZA NON ERA A VENEZIA A DIFENDERE TRIESTE AL CONVEGNO SULLA "VIA DELLA SETA" ? NON E' TANTO AMICO DI BRUGNARO SINDACO DI VENEZIA CHE HA RILANCIATO IL PORTO OFF-SHORE VENEZIANO ? #NefastaAlleanzaDipiazzesca


"Ieri e domenica nella sala degli Arazzi della Fondazione Cini, all’isola di San Giorgio a Venezia, si sono visti imprenditori e politici della Repubblica popolare cinese, ministri e operatori discutere dei traffici commerciali marittimi del prossimo futuro.
«Along the silk roads», lungo le vie della Seta, la conferenza organizzata dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli, Autorità portuale e Università cinese di Nakai. Non un convegno qualunque, perché a presiedere la Fondazione che si occupa di scambi commerciali e culturali con la Cina è Romano Prodi. A San Giorgio si è rivisto mezzo governo Prodi: Piero Fassino, Enrico Letta, lo stesso presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa."
NON SI E' VISTO PERO' IL SINDACO DI TRIESTE DIPIAZZA, TANTO AMICO DEL SINDACO DI VENEZIA BRUGNARO CHE INSIEME A PAOLO COSTA TRAFFICA PER TOGLIERE TRAFFICI PORTUALI A TRIESTE.
Come si vede il tentativo di fregare Trieste, utilizzando i soldi dei contribuenti, è trasversale: il candidato di Costa alla sua successione all' Autorità Portuale veneziana è Cancian: europarlamentare di Centro Destra gradito a Prodi.

Cliccando QUI trovi il nostro precedente articolo sulla NEFASTA ALLEANZA fra DIPIAZZA e BRUGNARO con la documentazione necessaria.

>Ecco il testo dell' articolo della Nuova Venezia diretta da Possamai: ex direttore PD del Piccolo Prodi, Letta e Costa: gioco di squadra con Trieste, Chioggia, Fiume e Ravenna per conquistare l’Estremo Oriente Il Porto di Venezia scommette sulla Cina di Alberto Vitucci VENEZIA
La nuova via della Seta passa per l’Alto Adriatico. E adesso, sette secoli dopo Marco Polo e il suo viaggio in Cina, sono i manager dell’Estremo Oriente a venire a Venezia, in cerca della strada migliore per raggiungere i mercati europei. Ieri e domenica nella sala degli Arazzi della Fondazione Cini, all’isola di San Giorgio, si sono visti imprenditori e politici della Repubblica popolare cinese, ministri e operatori discutere dei traffici commerciali marittimi del prossimo futuro. «Along the silk roads», lungo le vie della Seta, la conferenza organizzata dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli, Autorità portuale e Università cinese di Nakai. Non un convegno qualunque, perché a presiedere la Fondazione che si occupa di scambi commerciali e culturali con la Cina è Romano Prodi. A San Giorgio si è rivisto mezzo governo Prodi: Piero Fassino, Enrico Letta, lo stesso presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa. Che alla platea «amica» ha rilanciato il suo progetto della piattaforma in Adriatico, il Voops, «Venice off shore on shore port system». Spiegato agli investitori perché intendesse anche lo scettico ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. «Ci vuole cooperazione tra i porti italiani, non possono farsi la guerra e poi soccombere davanti ai grandi porti europei. L’off-shore? È all’esame del Cipe e degli organi tecnici del ministero, stiamo aspettando». Una prudenza che Costa ha saltato a pie’ pari. «Abbiamo risposto alle ultime osservazioni», ha detto, «non ci sono più nemmeno problemi economici, perché i nostri investitori sono disposti ad assumersi le spese che erano a carico dello Stato per le parti fisse. Aspettano solo un segnale». Segnale che, lascia capire Costa, il premier Renzi avrebbe già dato. Slide, brochure, progetti. Si spiega perché Venezia è il posto ideale per concretizzare quei nuovi traffici. «Un mare, l’Adriatico, due mercati distinti: la costa Est, Istria e Balcani, quella Ovest, l’Italia e la pianura padana. I cinesi hanno già acquistato il porto del Pireo. Adesso potrebbero venire nell’Alto Adriatico. E i traffici del XXI secolo passerebbero tutti di qua. Nuovo ossigeno per l’economia. «Dal 2007 a oggi, nonostante la crisi», ricorda Costa, «i traffici nel porto di Venezia sono comunque cresciuti, da uno a due milioni di euro. Senza fare nulla. L’off-shore sarà la spinta a fare arrivare qui le grandi navi transoceaniche da 18 mila teu. Che potranno poi fare arrivare le loro merci in tutta Europa. Anche Venezia, tolto il tappo dell’accessibilità nautica, potrà decollare. E offrire nuovo lavoro. Un tema che anche il sindaco Luigi Brugnaro sostiene, «in piena sintonia» con Costa. Ieri la firma di un accordo tra il Porto di Venezia e quello di Tianjin, il più importante della Cina, che prevede di movimentare 20 milioni di container entro il 2017. La via della Seta marittima, ha detto il presidente Prodi, «ha un grande significato politico di dialogo e cooperazione tra i popoli». Suo figlio Giorgio, che ha assunto un ruolo di primo piano nella Fondazione, invita gli operatori a mettersi insieme per sfruttare questo momento di grande opportunità. «I vigneron francesi sono andati in Cina. Erano 250, concorrenti in patria ma tutti insieme all’estero. Così dobbiamo fare noi». Un segnale chiaro lanciato al governo. «L’off-shore», ha ribadito Costa, il cui mandato scade a ottobre e in teoria non è rinnovabile, «può servire anche gli altri porti dell’Alto Adriatico, Trieste, Fiume, Chioggia e Ravenna».




LA BREXIT FA MALE A CHI NON LA FA - LA CATASTROFE PER LA GRAN BRETAGNA NON C'E' STATA: QUELLA DELLE BANCHE ITALIANE E CONTINENTALI INVECE SI - CAMPAGNA DI PAURA IMMOTIVATA PER OGNI CAMBIAMENTO SGRADITO ALL' ESTABILISHMENT - EUROPA E UE NON SONO LA STESSA COSA: LA NORVEGIA E' AUTONOMA - BENEFICI ECONOMICI DI ALTRI TIPI DI RELAZIONI COMMERCIALI: SINGAPORE E HONG KONG -



DOVEVA ESSERE LA FINE DEL MONDO CON IL REGNO UNITO TRAVOLTO DA UNA CATASTROFE: MA E' STATO IL CONTRARIO -

LA CATASTROFE C' E' STATA MA PER IL TRACOLLO NELLE BORSE CONTINENTALI DEI TITOLI BANCARI, SPECIALMENTE ITALIANI.
Il Monte Paschi di Siena, terza banca italiana, ha perso un terzo del valore in due sole sedute di Borsa ed ora ci sono trattative con la UE per un salvataggio con soldi pubblici.



Di tutto questo, di come l' Inghilterra esca avvantaggiata dalla Brexit e di come le economie più prospere siano quelle fuori dall' Euro abbiamo già parlato, con dati alla mano, in un precedente articolo clicca QUI .

Oggi  esaminiamo il tipo di relazioni commerciali esistenti tra queste economie e la UE, precisando che il concetto di EUROPA storica, culturale, economica NON coincide con l' Unione Europea con sede a Bruxelles e a guida germanica come si vuol far credere.

Infatti NORVEGIA e SVIZZERA non fanno parte della UE mentre sono FUORI dall' Euro anche DANIMARCA e SVEZIA, oltre alla GRAN BRETAGNA.

La NORVEGIA ha un accordo con la UE, di cui NON fa parte, in cui accetta una parte di norme riguardanti il mercato unico ma non le norme che ritiene strategiche: agricoltura, pesca, politiche sociali, fisco e  giustizia. Anche su Schenghen è solo "membro associato" con totale autonomia.
Questa è conseguenza dei due referendum popolari del 1972 e 1994 con cui i cittadini norvegesi hanno detto NO alla UE e non è morto nessuno, anzi: grazie al rifiuto dell' Euro è una delle economie più prospere come Svezia e Danimarca.


La SVIZZERA  non fa parte della UE ed ha degli accordi bilaterali su diversi settori basati sull' "accordo di libero scambio" del 1972. Anche la Svizzera come la Norvegia è "membro associato " a Schenghen con totale autonomia. Il mercato finanziario e quello dei servizi è assolutamente separato da quello UE. L' economia è prospera e la moneta il Franco Svizzero.

Il CANADA  ha appena concluso un accordo con la UE che garantisce un accesso preferenziale al mercato unico della UE che comporta l' abolizione di gran parte dei dazi doganali.

Le economie mondiali più prospere in assoluto sono quelle di due CITTA' - STATO: SINGAPORE e HONG-KONG.
Ciascuna con  moneta propria hanno scelto un approccio "liberoscambista  unilaterale" non imponendo alcun dazio di importazione o esportazione affidandosi allo schema della WTO, l' organizzazione mondiale del commercio a cui aderiscono tutti i paesi europei.
L' economista inglese Gerard Lyons suggerisce all' Inghilterra questo approccio cui nessun paese europeo può sottrarsi vista l' adesione al WTO.


In altre parole se un paese o una Città-Stato non impone alcun dazio altrettanto sono tenuti a fare tutti gli altri paesi grazie alla WTO cui tutti aderiscono, senza bisogno di negoziare alcun ulteriore accordo.

Ovviamente questo comporta una minor protezione per agricoltura e industria nazionale: infatti importare beni come cibo e acciaio sarebbe molto più economico che produrli localmente.

Ma questo, ad esempio a Trieste, non sarebbe un problema visto che della Ferriera faremmo volentieri a meno e che i prodotti tipici del Carso sono di nicchia.

Ogni volta che si parla di Trieste Città Stato scattano meccanismi di induzione della PAURA: come si vede non c' è motivo anche  perchè già attualmente con un' economia depressa Trieste produce un gettito fiscale superiore del 40% alle sue necessità per servizi pubblici come abbiamo più volte documentato su queste pagine e le pensioni non sono un regalo essendo basate sui contributi di lavoratori e aziende e, per convenzione internazionale, devono essere pagate nel paese dove il pensionato stabilisce la sua residenza.


INFINE IL PARERE DI JOSEPH STIGLITZ, NOBEL PER L' ECONOMIA BBANDONARE L’EURO. FINO A QUANDO L’EUROPA DEL SUD ACCETTERÀ UN TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE DEL 40%?” clicca QUI.






lunedì 11 luglio 2016

QUELLI CHE :" BISOGNA PAGARE LE TASSE ALL' ITALIA, SOPRATTUTTO QUELLE NON DOVUTE" -


L' OBIEZIONE FISCALE DEI 229 CONCITTADINI NON E' EVASIONE:
E' RIFIUTO DEL MASOCHISMO E DELLA FURBIZIA ITALICA ESERCITATA DI NASCOSTO.

E’ noto che il Trattato di Pace del 1947 VIETAVA L’ ADDEBITO DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO AL TERRITORIO DI TRIESTE, e che il Governo Italiano assumendosi l’ Amministrazione Civile nel 1954 ha istituito la figura del Commissario del Governo, che è distinta dal Prefetto, con il compito di adeguare le leggi nazionali alla realtà  del Territorio e agli obblighi internazionali.

Il Commissario del Governo infatti non esiste in Italia ma solo nelle Province Autonome di Bolzano e Trento, oltre a Trieste: tutti territori ex-asburgici acquisiti con la guerra.


Le leggi nazionali sono passate per questa trafila fino al 1964 ma successivamente non più, e il regime fiscale vessatorio derivante dal Debito Pubblico Italiano, che è esploso a partire dagli anni ’80, è stato automaticamente paracadutato qui, in violazione degli impegni internazionali italiani.
Il fatto che le leggi nazionali debbano essere appositamente estese a Trieste per essere efficaci è confermato da sentenze della Corte di Cassazione come la 323 del 1965.

Desideriamo che questi fatti vengano dibattuti ed accertati in un confronto serio e che si smetta con la campagna di denigrazione e criminalizzazione contro 229 concittadini che hanno scelto l' "obiezione fiscale" in modo civile, non violento e alla luce del sole.

Cosa sconosciuta altrove dove si preferisce la "furbizia italica" con l' evasione di massa di nascosto DI FRONTE A UNA PRESSIONE FISCALE RAPACE E INSOSTENIBILE per famiglie e imprese.

Anche se non promuoviamo certe iniziative che possono esporre a rischi di repressione indiscriminata non possiamo far mancare la nostra solidarietà ai concittadini che si sono generosamente esposti per il bene di tutti.

Siamo certi che le mancate entrate fiscali derivanti dalla obiezione dei 229 cittadini che ora si vogliono crocifiggere con accuse assurde di comportamento "antisociale", sono per un importo di gran lunga inferiore ai soldi pubblici finora sperperati in onorari ad Advisor e fantasie “fantaturistiche” su Porto Vecchio,  e siano anche inferiori ai costi del trenino elettorale “fin quasi Barcola” che vediamo girare assolutamente vuoto questi giorni.

Come se  l' Italia fosse un paese di santi e verginelle che non sanno neanche cosa sia l' evasione fiscale praticata di nascosto e l' amministrazione pubblica fosse un esempio di virtù e buona amministrazione e non di saccheggio del denaro pubblico.

Notoriamente solo una piccola parte degli introiti fiscali è destinata a servizi, ospedali e strade mentre le pensioni derivano dai contributi versati da cittadini ed imprese.


E adesso sono imminenti gli impieghi di soldi pubblici per salvare banche decotte, malamministrate e legate alla politica come MPS.

SE NE PARLI CIVILMENTE E ALLA LUCE DEL SOLE.




domenica 10 luglio 2016

LA FUNZIONE DI AVANGUARDIA DEL MOVIMENTO INDIPENDENTISTA TRIESTINO – OGGI ANCHE IL PICCOLO DEVE PARLARE DI “FREE ZONE” IN PORTOVECCHIO – FINO A POCHI MESI FA I “PUNTI FRANCHI” ERANO “SUPERATI E INUTILI”, ANZI UN OSTACOLO VOLUTO DA “NOSTALGICI” –




Il Piccolo di oggi pubblica un editoriale di Morelli, cui solitamente viene affidato il compito di spiegare “la linea” e che è molto ben introdotto in Confindustria: la sorpresa è che fa una giravolta di 360 gradi rispetto all' urbanizzazione e "fantaturismo" in Porto Vecchio e, salvo alcuni dettagli, recepisce  le istanze indipendentiste sia sulla finora misconosciuta utilità dei Punti Franchi del Porto Franco Internazionale di Trieste, sia sull’ utilizzo produttivo di Porto Vecchio quantomeno per Centri Finanziari e sedi logistiche, e non solo per un' improbabile urbanizzazione dell' enorme area per abitazioni e un turismo di massa assolutamente inesistente.


Argomenti che, prima di tutti, insieme a un giudizio non catastrofico sulla Brexit, abbiamo introdotto noi su queste pagine BEN PRIMA che li riprendessero autorità e giornali. 
Vi invitiamo a rileggere alcuni recentissimi articoli: seguite la sequenza cliccando  QUI  e  QUI  e  QUI  e  QUI.

Tutto nasce dalla, tardiva, presa d’atto ufficiale della unicità del Porto Franco Internazionale di Trieste: unica zona con extraterritorialità doganale extra UE  in Europa perché deriva dal Trattato di Pace del 1947 e dall’ Allegato VIII.
E perciò preziosa per tutte le attività che necessitano di un regime di libero scambio sopratutto in un periodo di instabilità e crisi della UE.

Quando il commissario dell’ Autorità Portuale D’ Agostino è arrivato a Trieste da Verona un anno e mezzo fa NON SAPEVA NEMMENO CHE C’ ERANO I PUNTI FRANCHI  come ha detto lui stesso più volte in pubblico e in privato.
Chiedetegli da chi l’ ha saputo: se dal Piccolo, dal PD, dalle Autorità, da Confindustria  oppure dagli Indipendentisti, dal Coordinamento Lavoratori Portuali che sull’ Allegato VIII ha pure fatto uno sciopero in contrasto con la “triplice” sindacale che dichiarò che l’ “Allegato VIII non è argomento sindacale”, e dagli Spedizionieri.
E’ una persona intellettualmente onesta che vi dirà come stanno le cose.


Adesso quella della Free Tax Zone utilizzando il particolare regime del Porto Franco Internazionale è diventata una “geniale intuizione” della Serracchiani, malgrado il PD l’ abbia sempre ostacolata strologando di "nostalgie" ed "evasione fiscale", e dopo molte manifestazioni con denunce a decine di cittadini e lavoratori. E dopo che questi temi erano stati presenti nei programmi elettorali di ben tre liste di ispirazione indipendentista e anche del M5S di Trieste.

La Serracchiani, in realtà, ha parlato di  No Tax Area generica nei Punti Franchi disseminati sul territorio a seguito della nefasta “sdemanializzazione”: siamo stati noi a sottolineare (clicca QUI ) che la localizzazione giusta per centri finanziari è Porto Vecchio dove era previsto il Centro Finanziario Off-Shore della legge 19/91.  

Invece di metterci le scempiaggini sparate da una sedicente “classe dirigente”:  dall’ Ospedale della Savino, ai musei con trenini vuoti di Cosolini, ai mercati ittici di Dipiazza.

L’ area di "porto franco" di Porto Vecchio è strategica per Trieste e lo sarà sempre di più dopo la Brexit e con la crisi della UE: deve restare pubblica e con piena extraterritorialità doganale. 

La trasformazione di quest' area in un rione cittadino anzichè essere destinata ad attività produttive legate al Porto Franco, comprese quelle finanziarie, è una stupidaggine colossale di cui finalmente ci si comincia a rendere conto.


E  tutti coloro che si sono dichiarati per la privatizzazione / urbanizzazione e per l’ inutilità del Punto Franco devono recitare il “mea culpa” e mettersi in ginocchio sul sale grosso.


Stabilito da che mulino viene la farina della No Tax Area in Porto Vecchio va precisato, rispetto all’ articolo di Morelli, che il Porto Franco Internazionale di Trieste gode di PIENA EXTRATERRITORIALITA’ DOGANALE EXTRA UE perchè  costituito dal Trattato di pace del 1947, dieci anni prima della costituzione della UE.

Non si tratta di una Zona Franca di Tipo europeo  o di una ZES in cui l’ extradoganalità è solo simulata e virtuale.


PERTANTO LE DOGANE DI QUALSIASI PAESE, ITALIANE NELLO SPECIFICO, DEVONO STARE FUORI DALLA CINTA DOGANALE E NON INTERFERIRE CON QUANTO VI AVVIENE SIA NELLA LOGISTICA CHE NELLA PRODUZIONE DI MERCI E SERVIZI.
E questo regime DEVE ESSERE RECEPITO DAL NUOVO DISCIPLINARE DOGANALE.

Inoltre l’ Allegato VIII non vieta assolutamente la “vendita al dettaglio” e la “residenza”  nei Punti Franchi, che perciò possono essere estesi a tutto il territorio abitato e dove si commercia al dettaglio come avviene a Livigno, e pertanto tale divieto non ha motivo di essere introdotto nei prossimi  DECRETI CHE REGOLAMENTANO I PUNTI FRANCHI.

Per poterli poi utilizzare sia per grandi Duty Free Shop che per la  Zona Franca Territoriale.


Il fatto che il Porto Franco Internazionale di Trieste goda di piena extraterritorialità doganale rispetto alla  UE è molto importante sia perché la UE non ha potere di regolamentarlo, sia perché una Zona Franca di questo tipo ha grande valore nel momento che alla Brexit seguiranno altre "Exit" soprattutto nelle aree a noi più  vicine dell' Europa Centrale e Orientale e sarà necessaria una "zona di libero scambio"collegata a un Porto Internazionale. Per questo sarebbe necessario che Trieste partecipasse alla Macroregione Danubiana di cui l' Italia non fa parte ma la Slovenia, con Capodistria, si.

Visto che il movimento indipendentista, portando alla luce questi temi, è stato OGGETTIVAMENTE l’ avanguardia di questa possibile e auspicata RINASCITA DI TRIESTE, sostenendo tesi  giuste che adesso vengono fatte proprie anche da altri, va istituito un tavolo di confronto anche sul tema del Fisco di cui in questi giorni si parla ampiamente.

E’ noto che il Trattato di Pace del 1947 VIETAVA L’ ADDEBITO DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO AL TERRITORIO DI TRIESTE, e che il Governo Italiano assumendosi l’ Amministrazione Civile nel 1954 ha istituito la figura del Commissario del Governo, che è distinta dal Prefetto, con il compito di adeguare le leggi nazionali alla realtà  del Territorio e agli obblighi internazionali.
Il Commissario del Governo infatti non esiste in Italia e solo nelle Province Autonome di Bolzano e Trento oltre a Trieste: tutti territori ex-asburgici (clicca QUI).


Le leggi nazionali sono passate per questa trafila fino al 1964 ma successivamente non più, e il regime fiscale vessatorio derivante dal Debito Pubblico Italiano esploso a partire dagli anni ’80 è stato automaticamente paracadutato qui, in violazione degli impegni internazionali italiani.


Desideriamo che questi fatti vengano dibattuti ed accertati in un confronto serio.

Siamo certi che le mancate entrate fiscali derivanti dalla obiezione dei 229 cittadini che ora si vogliono crocifiggere sono per un importo di gran lunga inferiore ai soldi pubblici finora sperperati in onorari ad Advisor e fantasie  “fantaturistiche” su Porto Vecchio,  e siano anche inferiori ai costi del trenino elettorale “fin quasi Barcola” che vediamo girare assolutamente vuoto questi giorni.

Pertanto chi, come il Piccolo oggi,  invoca l’ unità cittadina per la “Free Zone” in Porto Vecchio, dove degli imbecilli hanno appena fatto togliere gran parte del Punto Franco con apposita legge con l' intenzione di privatizzare un' area pubblica strategica, smetta di aizzare alla repressione fiscale contro 229 concittadini che meriterebbero piuttosto la qualifica di “avanguardie”, e speriamo non di martiri, per la rinascita della città e si adoperi anche per una campagna stampa perché i concittadini denunciati per le lotte per il riconoscimento  dello status speciale del Porto Franco Internazionale vadano assolti a testa alta per grandi meriti civici verso Trieste.

Questo per iniziare perché non ci può essere dialogo e trattativa con chi vuole sbatterti in galera, facendoti pure passare per scemo, dopo aver dovuto riconoscere  la validità di molte delle tue proposte.


E poi discutere dei vari punti del programma che trovate da mesi e anni su queste pagine cliccando QUI.


E’ ovvio che su una No Tax area nel Punto Franco di Porto Vecchio siamo d’ accordo tutti:  è uno dei nostri cavalli di battaglia di cui TARDIVAMENTE si riconosce il valore !

p.d.


Ecco l’ articolo di oggi sul Piccolo:
Tutti uniti con un unico obiettivo: la “free zone” in Porto vecchio
di ROBERTO MORELLI
l momento è propizio: Trieste avrebbe tutte le carte in regola per farcela. Serracchiani ha già scritto al governo, ora serve un colpo d’ala


E se Brexit si rivelasse un’insospettabile opportunità per Trieste? Se fosse proprio il capoluogo giuliano ad avvantaggiarsi dalla fatale fuga da Londra dei gruppi internazionali che non possono permettersi di ritrovarsi sull’uscio d’Europa, con vincoli doganali, fiscali e normativi alla libera circolazione dei servizi? L’opportunità è tutt’altro che campata in aria. I settori sono ben identificati: le aziende dei servizi con raggio d’azione internazionale, dalla telefonia alle compagnie aeree all’economia digitale (Vodafone, Easyjet, persino le sedi europee di Google e Facebook). Gli spazi sono su un piatto d’argento: il Porto vecchio e le aree di destinazione dei punti franchi. La legittimazione di Trieste, per collocazione geografica e primazia di vocazione, è indiscutibile. Lo strumento giuridico ha un nome e una procedura: Zes, cioè Zona Economica Speciale. Se vogliamo perseguire un’autentica svolta per il futuro della città, è un obiettivo da porci fin d’ora e con una coesione senza riserve. La presidente della Regione Debora Serracchiani è stata tempestiva e lungimirante nello scrivere a Matteo Renzi - al quale non ha certo bisogno di scrivere - per promuovere Trieste come area defiscalizzata in grado di attrarre capitali internazionali. È il momento giusto per farlo. E il passo giusto per concretizzarlo è l’istituzione di una Zes, che molti perseguono in Italia ma nessuno ha ancora ottenuto, né in verità proposto nelle forme dovute. Al mondo esistono circa 2.700 free zone. Sono aree fiscalmente esenti o agevolate, normalmente con canoni, costi energetici e di utenze ridotti e importanti sgravi contributivi. Servono ad attrarre investimenti dall’estero. La gran parte di esse è in Cina, ma - contrariamente a quanto si creda - sono consentite anche dalla Ue, che ne ospita 70 in ben 20 Paesi, tra i quali la Francia, la Germania, la Spagna e la stessa Gran Bretagna (nonché la Slovenia a Capodistria e Maribor). Fra le poche a non averne è l’Italia, benché molte aspirazioni si siano levate: Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Marghera. Ora è partita come un razzo la proposta più seria di tutte: quella del neo-sindaco di Milano Beppe Sala per costituire una Zes nell’area dell’Expo. A questa dobbiamo agganciarci con altrettanta serietà. Per farlo è necessaria una legge: il governo ha già fatto sapere che è allo studio, ventilando - oltre a Milano - l’area dismessa di Bagnoli. La norma statale dovrà disciplinare le regole generali e le attività ammesse, demandando poi alla Regione l’attuazione con la scelta delle aree interessate. Per la gestione, è previsto che la stessa Regione costituisca una società pubblica con possibile partecipazione dei privati. L’autorizzazione della Ue, che vieta la “concorrenza sleale” fiscale, non è scontata: viene concessa per aree periferiche o svantaggiate, o per situazioni specifiche in potenziali zone strategiche. Che è proprio la nostra condizione. Vi sono infatti cinque ragioni fondamentali per sostenere una free zone a Trieste: la sua collocazione geografica al centro della “macroregione alpina” che comprende sette Paesi europei; l’essere una zona riconosciuta di crisi industriale sistemica al confine di una Zes esistente (Capodistria appunto); il regime del punto franco, finalmente in procinto d’essere regolato, che rappresenta un caso unico in Europa; l’area del Porto vecchio di cui è stato finalmente avviato il recupero, e che potrebbe prestarsi a una parte dei potenziali insediamenti; il precedente della legge sulle aree di confine del 1991, che creava un centro off-shore extravalutario, poi abortito con la nascita della moneta unica, e di cui ora la Zes costituirebbe una versione riveduta e corretta. Sotto il profilo politico, non siamo mai stati così ben rappresentati su tutti i fronti: la presidente della Regione Serracchiani è il numero due del partito di governo; Ettore Rosato è il capogruppo alla Camera dello stesso Pd, come Massimiliano Fedriga lo è della Lega; il rieletto sindaco Dipiazza è diventato un’icona della riunificazione del centrodestra. La free zone sarebbe gradita persino agli indipendentisti e ai 229 protagonisti dello sciopero fiscale. Roba da non credere. Gli appelli alla coesione per un obiettivo comune suonano sempre ridicoli e naif nel nostro panorama politico. Ma mai come ora c’è bisogno di un colpo d’ala della classe dirigente triestina e regionale, se per una volta vuol dirsi tale.

Ecco la slide che gira da DUE ANNI: