RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

martedì 14 giugno 2016

LA "BREXIT" AVRA' IMPORTANTI CONSEGUENZE ANCHE SU TRIESTE: COMINCIAMO A PARLARNE - UN' INTERVISTA A NIGEL FARAGE CHE CONOSCE LA NOSTRA CITTA' E IL NOSTRO PORTO PER LAVORO ESSENDO STATO BROKER DI METALLI.


Mentre la campagna elettorale a Trieste si conclude in farsa con Sgarbi in libertà, con Dipiazza che vuole l' alleanza con Venezia avversario geopolitico irriducibile di Trieste, con Cosolini già praticamente affogato che chiede il salvataggio per fermare i barbari, cui lui stesso ha dato spazio, invocando un sindaco non italiano per fare l' occhiolino al TLT che ha sempre sputtanato ...mentre ci auguriamo un massiccio voto a TOIO al ballottaggio... cominciamo ad occuparci di cose serie.

Il 23 in Inghilterra si voterà sulla uscita dall' Unione Europea e le Borse si stanno preparando con cali continui.

Il motivo è semplice: l' attuale Unione Europea e il sistema dell' Euro sono funzionali al Capitale Finanziario, perseguendo solo la "libera circolazione dei capitali" e l' abbassamento del potere contrattuale della forza lavoro attraverso la sua "deregulation" ("job act" cui in Francia si oppongono duramente in piazza) e circolazione indiscriminata di "braccia" tramite accentuati flussi migratori interni ed esterni.
Il Capitale Finanzario, in caso di rottura, subirebbe contraccolpi inevitabili e le Borse sono da sempre il suo termometro e quindi calano.

A parte l' ovvia osservazione che l' Inghilterra continua ad essere la "patria della democrazia" perchè consulta i cittadini su cose cruciali come la UE e l' indipendenza scozzese, cosa impensabile nella repubblica delle banane italiana, questo voto avrà conseguenze per tutta Europa e anche per Trieste che ha sempre subito la situazione internazionale: dall' annessione all' Italia del 1921, senza referendum, ad Osimo, passando per il TLT.

Il fatto stesso che si voti per la UE in un paese importante sta destabilizzando ulteriormente l' Europa ad evidente, ed ovvia, trazione tedesca, responsabile di una scellerata politica di austerity - teorizzata dal Neoliberismo e Ordoliberismo tedesco - che ha approfondito la crisi economica anzichè risolverla.
Con conseguenze drammatiche per la periferia mediterranea: in particolare Grecia e Italia, in cui Trieste si trova imprigionata.

Se l' esito del voto inglese sarà, come molti osservatori prevedono, favorevole all' uscita dalla UE ci sarà un effetto domino con una disgregazione progressiva che porterà abbastanza velocemente alla formazione di almeno due Europe: una prospera del Centro Nord con una valuta più forte, e una misera delle periferie Sud con una valuta più debole.
Se la frammentazione non sarà alla fine maggiore.

L' uscita dalla UE non sarebbe per niente una catastrofe economica per l' Inghilterra, che già gode parecchio del fatto di non essere entrata nell' Euro come altre prospere economie nordiche (Svezia, Danimarca ecc.) e chi vuole approfondire la questione economica può andare ad un articolo del prof. Bagnai cliccando QUI.

Il suo esempio sarebbe contagioso allargando le faglie geopolitiche che già ci sono.
Dice, con qualche ragione, Farange nell' intervista sotto: "Dopo di noi gli altri Paesi del Nord se ne andranno uno dopo l’altro. Per prima la Danimarca; poi l’Olanda, la Svezia, l’Austria."

L' AUSTRIA, appunto, l' entroterra storico ed economico di Trieste, il paese attraverso cui le merci del nostro Porto Franco Internazionale devono passare.

Cosa succederebbe di questa parte dell' Europa ?
Trieste accetterebbe di restare imprigionata in un' Italia in crisi terminale?
O l' attrazione gravitazionale della Mitteleuropa sarebbe superiore ?

E dell' Europa che sarà ?
Ci sono spazi per la ricostituzione di un area Mitteleuropea già adesso prefigurata dalla Macroregione Danubiana cui l' Italia non aderisce nemmeno con le regioni confinanti, ma Austria, Germania, Slovenia, Ungheria invece si ?


Sono interrogativi che bisogna cominciare a porsi prima che si impongano da soli cogliendo impreparata Trieste persa dietro alle buffonate italiche di uno Sgarbi qualunque (noi speriamo in tanti voti per TOIO al ballottaggio...).

Noi pensiamo che Trieste sia una città europea, anzi Mitteleuropea...

Se la UE della finanza e delle banche muore: VIVA LA MITTELEUROPA !


Proponiamo ai nostri lettori l' intervista a Nigel FARAGE, leader del  Partito per l'Indipendenza del Regno Unito e punta dello schieramento per l' uscita dalla UE, pubblicata dal Corriere della Sera di sabato 11.
E' molto significativa dello schieramento per l' uscita dalla UE che la retorica italiana dipinge come fanatici nazionalisti, ma invece riserva molte sorprese, tra cui un' analisi lucida della situazione europea, una ripulsa del becerismo leghista alla Borghezio, e SORPRESONA, un' ottima conoscenza di Trieste che frequentava quando faceva il broker di metalli e probabilmente andava all' Adriaterminal in Porto Vecchio dove, grazie al Punto Franco, c'è la GMT che ha anche la Borsa Metalli  autorizzata dal London Metal Exchange, la borsa dei metalli non ferrosi più importante del mondo ed anche allo Scalo Legnami nel cui Punto Franco ha un' analoga attività Pacorini (noto nemico del Punto Franco tranne quando lo utilizza lui).

Il testo è sotto ma lo potete vedere anche cliccando QUI.

Corriere della Sera 11/6/16

Farage: «Io e Grillo faremo saltare questa Europa dominata da Berlino»

Il leader del partito indipendentista: «Sarà una formidabile sconfitta per l’establishment, le grandi banche, le multinazionali, le elité»




Ecco la vera storia d’Europa secondo Nigel Farage: «Il Paese-chiave, l’anello debole della catena che imprigiona i popoli del continente, è l’Italia. Fine anni 90: Prodi e Ciampi portano Roma nell’euro. Io tengo il mio primo discorso a Strasburgo e dico: “L’euro è fatto per il Nord Europa, non per i Paesi mediterranei: li getterà in rovina”. 2004: Prodi porta in Europa i Paesi ex comunisti, che non sono ancora diventati vere democrazie; e oggi la seconda lingua di Londra è il polacco. 2008: Berlusconi viene eletto in libere elezioni e prende le distanze da Bruxelles e da Berlino. 2011: un colpo di Stato destituisce Berlusconi e lo rimpiazza con un governo fantoccio, affidato a un uomo della Goldman Sachs».
Mario Monti è stato commissario europeo…
«Appunto. E al governo ha fatto quello che la Merkel gli ha detto di fare. Ricordo quando arrivò a Strasburgo: tutti si alzarono ad applaudire, come se fosse entrato il messia. Io rimasi seduto. Mi dicevo: l’Italia è un grande Paese, non può farsi trattare come una colonia tedesca. Infatti alle elezioni del 2013 Grillo è il primo partito. 2015: referendum in Grecia; il popolo vota no all’Europa, ma Tsipras si piega. Il 2016 è l’anno della svolta. Viviamo un momento cruciale della storia».
Cioè?
«Grillo e io distruggeremo la vecchia Unione Europea. Il 19 giugno i 5 Stelle eleggono il sindaco della capitale e cambiano l’Italia. Il 23 giugno la Gran Bretagna esce dall’Unione e cambia l’Europa. Avremo un effetto domino. Dopo di noi gli altri Paesi del Nord se ne andranno uno dopo l’altro. Per prima la Danimarca; poi l’Olanda, la Svezia, l’Austria. Questo referendum è l’evento più importante dal 1957: l’Ue sta per crollare. Disintegrata in tanti pezzi».
Più che Grillo, Nigel Farage ricorda il primo Bossi, solo più elegante — o forse più eccentrico — in abito blu e cravatta con gli arabeschi. Ha il gusto della ricostruzione storica e del retroscena. 52 anni, gran fumatore. I giornali inglesi scrivono che non beve da dieci giorni perché è molto concentrato sui dibattiti; ma prima del question time con la «Bbc» si versa un bicchiere di vino rosso, mentre risponde alle domande del «Corriere». Siamo nel Kent, dove ha casa. La tv pubblica è convocata a Folkestone, dove sbuca il Canale sotto la Manica. È un luogo simbolico: la porta dell’Inghilterra, a dieci chilometri dalle scogliere di Dover che da secoli la proteggono dagli invasori. Il capo dell’Ukip — primo partito alle Europee con il 27%, ora in campagna per Brexit — è qui per assicurare che fermerà le invasioni prossime venture: «L’Europa del Sud sta aprendo la porta ai terroristi. È un rischio che non ci possiamo permettere».
Farage, la Gran Bretagna è fuori da Schengen, ci sono i controlli.
«Eppure ogni anno arrivano quasi mezzo milione di immigrati: troppi. Di questo passo nel 2040 saremo 80 milioni».
E sarebbe colpa degli immigrati italiani?
«I ragazzi italiani che lavorano nella City come nei ristoranti sono meravigliosi. Non ho nulla contro di loro. Ma non reggiamo più: la sanità pubblica sta saltando, i nostri giovani non trovano casa e lavoro. Londra non è più una città inglese. Gli italiani in gamba potranno continuare a venire; ma con le nostre regole, non con quelle di Bruxelles».
Sicuro che Brexit vinca?
«Penso di sì. In ogni caso, questo referendum non possiamo perderlo. Se anche il Remain prevalesse 52 a 48, Cameron dovrà comunque dimettersi. I conservatori sono irrimediabilmente spaccati».
Qualcuno verrà con lei?
«Credo proprio di sì. Ci sarà un big-bang della politica inglese: nulla sarà più come prima. Ma posso dirle la verità? Questo è un dettaglio. La partita è infinitamente più importante. È una battaglia culturale. La stessa che combatte Grillo in Italia».
Cosa pensa di lui?
«Un uomo straordinario. Totale disinteresse personale, amore autentico per la sua gente. Un patriota. Dalla politica non ha preso un penny, ha solo dato: tutto, anche se stesso. Insieme stiamo combattendo la guerra di indipendenza dei nostri Paesi. Purtroppo Beppe ha perso Gianroberto Casaleggio».
Conosceva anche Casaleggio?
«Un genio. Antevedeva le cose prima degli altri».
E Salvini?
«Sono stato nel gruppo della Lega a Strasburgo. Non ho mai avuto problemi, tranne che con Borghezio. Io non sono un tipo politicamente corretto. Però Borghezio è troppo pure per me».
E di Renzi cosa pensa?
«L’ho incontrato. È convinto di essere il Blair italiano; ma dovrebbe almeno parlare correntemente l’inglese. Si agita. Però resta subalterno alla Merkel. Non è l’uomo giusto».
Il Pd resta il primo partito.
«Ancora per poco. Come avevo previsto, l’euro sta distruggendo l’economia dei Paesi mediterranei, che hanno bisogno di una moneta debole per esportare di più e svalutare il debito pubblico. La Grecia sta diventando una nazione del terzo mondo. La Spagna è stata salvata dal denaro dell’Europa. L’Italia è quella messa peggio. L’economia ristagna, i giovani non trovano lavoro e infatti vengono qui, alcune grandi banche traballano; ma siete troppo grossi per fallire. L’euro si è rivelato quello che era: l’arma dell’egemonia tedesca».
Ma perché lei ce l’ha tanto con la Germania?
«Non è così: pensi che mia moglie è tedesca. L’unificazione di Bismarck ha portato tre guerre: quella franco-prussiana e i due conflitti mondiali. Ora la Germania è uno Stato pacifico: non la biasimo. Fa i suoi interessi. Che però non sono i nostri; tanto meno i vostri».
Rimpiange l’Europa divisa e in guerra?
«Schuman e Monnet dicevano che l’Europa unita avrebbe fermato tutte le guerre. Si sbagliavano. Ricorda il mattatoio dell’ex Jugoslavia?».
L’ha evocato anche il premier Cameron, paventando nuove Srebrenica.
«Allora perché non si è fatto l’esercito europeo? Lei vede qualcuno qui in Inghilterra sventolare la bandiera europea? Conosce qualcuno che ami l’Unione? Io amo l’Europa. Ma detesto la burocrazia, l’oppressione. In Europa non c’è il capitalismo; c’è il corporativismo. Le piccole imprese ne sono schiacciate».
La Brexit potrebbe danneggiare la vostra economia.
«Dicevano pure che sarebbe stato un disastro tenersi la sterlina e non entrare nell’euro; invece è stata la nostra salvezza. Non c’è un solo dato economico contro il Leave, contro l’addio. La loro unica arma è la paura: dicono in sostanza che il cielo ci cadrà sulla testa. Ma gli unici che hanno qualcosa da perdere sono le classi dominanti. Le famiglie come i Cameron».
Cosa pensa di Johnson, l’ex sindaco di Londra che ora fa campagna per Brexit?
«Boris è tremendous: formidabile. Tra pochi mesi potrebbe essere primo ministro».
Marine Le Pen?
«Una donna forte. Migliore del padre. Ha cercato di rinnovare il partito, in parte c’è riuscita. Sta facendo un ottimo lavoro».
Donald Trump?
«La politica americana è molto diversa dalla nostra. Ma non voterei Hillary neppure per un milione di dollari».
Putin?
«Non mi piace, non mi dispiace. Sono neutrale. Osservo che Putin ha restituito alla Russia forza economica e forza militare. L’Europa non ha né l’una né l’altra».
Ma fuori dall’Ue rischiate di diventare una Little England, come dice Cameron: un’Inghilterra piccola piccola.
«Al contrario. L’Europa è in declino. Noi resteremo una piattaforma globale; e senza le pastoie burocratiche saremo più liberi di attirare capitali e investimenti».
Obama non la pensa così.
«Obama ci ha dato una mano. Noi siamo la Gran Bretagna e non ci facciamo intimidire da nessuno. Nessuno può dirci cosa fare e cosa non fare. La risposta degli inglesi a Obama è stata: “Go to hell”, va all’inferno».
Molti sostenitori di Brexit ritengono che la sua radicalità spaventi gli indecisi. Lo sa?
«Io non sono un estremista. Né mi conviene esserlo. I voti dell’estrema sinistra e dell’estrema destra verranno comunque, ma non saranno decisivi. La battaglia si vince tra la gente comune. Non in Parlamento e neppure a Londra; nelle viscere di questa meravigliosa nazione. Sarà una formidabile sconfitta per l’establishment, le grande banche, le multinazionali, le élite».
Se lei non è estremista, cos’è?
«Un liberale classico. Credo nel mercato, ma credo anche nella comunità; e non mi piace quando i ricchi diventano troppo ricchi, e i poveri troppo poveri. Fino al 1992 ero con i conservatori. Me ne sono andato quando John Major firmò il trattato di Maastricht. Margaret Thatcher non l’avrebbe mai fatto».
Le piaceva?
«Non avremo mai più un leader così. Mi ha commosso che John Nott, il ministro della Difesa della guerra delle Falklands, abbia stracciato la tessera Tory per unirsi alla nostra causa».
È vero che lei è per legalizzare le droghe leggere?
«Sì. Personalmente sono favorevole».
Lei ha parlato molto di Italia. La conosce?
«Per sette anni ci sono venuto regolarmente, per affari. Mi occupavo di metalli. Giravo le città industriali del Nord e quelle portuali. Il vostro modo di fare business è un po’ particolare (Farage sorride), ma le città sono bellissime. Trieste è meravigliosa. E anche Genova: la città di Beppe».
La regina dirà qualcosa?
«No. Siamo una monarchia costituzionale da oltre tre secoli. La regina non dirà nulla».
Lo sa che distruggendo l’Europa lei distruggerebbe quello che fu un sogno di generazioni?
«Un incubo, piuttosto. Io sono un guerriero dell’indipendenza del Regno Unito. Quando lo dicevo, ancora pochi anni fa mi prendevano per matto. È stato un viaggio lungo e difficile; ma adesso ci siamo. Mancano appena due settimane. Dobbiamo pensare l’impensabile. Il 23 giugno sarà il nostro Independence Day. E dopo il 23 giugno tutto diventa possibile».
E su quest’ultimo punto Nigel Farage ha ragione. -



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