RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

lunedì 10 luglio 2017

"IL PORTO DI TRIESTE HA UN GRANDE FUTURO": due articoli di Karl Marx del 1857 sul New York Tribune - Pubblichiamo il saggio della storica Marina Rossi come buon auspicio in concomitanza con la visita della delegazione cinese al Porto Franco Internazionale, interessata a farne il Terminal della Nuova Via Della Seta - Von Bruck, segretario del Lloyd Austriaco, voleva l' unione doganale di Trieste con la Confederazione Germanica e inventò il concetto di Mitteleuropa, stato austro-tedesco di 70 milioni di abitanti di cui Trieste sarebbe stato il porto a Sud.-

Foto: inzio delle opere di sbancamento per realizzare Porto Vecchio


In questi giorni una delegazione cinese è in visita al Porto di Trieste: l' idea è quella di farne il teminal marittimo della "Nuova Via della Seta" (clicca QUI).
Sarebbe una svolta storica, paragonabile allo sviluppo di cui Karl Marx parlava nel 1857 -

E' di buon auspicio riproporre un interessante saggio della storica triestina Marina Rossi pubblicato nel 2008.

Karl Marx giornalista nel 1857 scrisse: «Il porto di Trieste ha un grande futuro»


di Marina Rossi 

La non adesione dei ceti dirigenti economici d'orientamento cosmopolita e di gran parte della popolazione, al progetto unitario italiano si evidenzia, in modo preciso, a partire dalla tiepida partecipazione della città ai moti del '48.
I patrioti raccolti intorno al settimanale «La Favilla», fautori della Repubblica di San Giusto, in analogia a quanto era accaduto a Venezia nelle fatidiche giornate del marzo 1848, trovarono un consenso limitato a pochi gruppi. Come scrisse Elio Apih, ad accoglierli in strada trovarono non gli arsenalotti di S. Marco, ma gli ostili facchini delle ditte cosmopolite, presumibilmente incoraggiati dalle stesse. Von Bruck, segretario del Lloyd Austriaco e la Giunta dei cosmopoliti vedevano allora con favore l'unione doganale della città di Trieste con la Confederazione Germanica.
Quando il 23 maggio 1848 la flotta napoletana, quella sarda e navi veneziane effettuarono un tentativo di sbarco sulla costa barcolana, non riuscirono a contrastare l'energica reazione dei soldati e degli abitanti della zona. Allorché la flotta sarda, comandata dall'ammiraglio Albini, tentò di bloccare la rada, i negozianti avvertirono che un atto di guerra contro la città lo sarebbe stato anche contro la Confederazione (cui Trieste, l'Istria e Gorizia erano state aggregate nel 1818, in quanto possessi già pertinenti al Sacro Romano Impero). Nel 1849, alla ripresa delle ostilità austro-piemontesi, chiedono a Vienna la protezione dell'Inghilterra. Nella stessa fase di intensa trasformazione, von Bruck concepisce l'idea della Mitteleuropa intesa come un grande stato commerciale austrotedesco, di 70 milioni di abitanti, di cui Trieste sarebbe divenuta il porto meridionale.
In sintonia con tali orientamenti appaiono due articoli pubblicati da Karl Marx sul «New York Tribune», rispettivamente il 9 gennaio ed il 4 agosto 1857.
Il grande teorico, che fu anche eccellente storico ed economista, motiva il decollo del porto franco di Trieste sulla base di elementi precisi che dimostra di conoscere alla perfezione: «Da una piccola rada rocciosa, abitata da pochi pescatori: nel 1814, quando le forze francesi sgombrarono l'Italia, Trieste si era fatta porto commerciale, con 23.000 abitanti e il suo commercio superava tre volte quello di Venezia. Nel 1835, un anno prima che il Lloyd austriaco nascesse, contava già 50.000 abitanti e, poco dopo, occupava il secondo posto dopo l'Inghilterra, nel commercio con la Turchia, il primo nel commercio con l'Egitto. Perché Trieste e non Venezia? Venezia era la città delle memorie; Trieste aveva, al pari degli Stati Uniti, il vantaggio di non possedere un passato. Popolata di commercianti e speculatori italiani, tedeschi, inglesi, francesi, greci, armeni, ebrei in variopinta miscela, non piegava sotto le tradizioni. Mentre il commercio veneziano dei cereali non usciva dai vecchi rapporti, Trieste allacciava il suo destino con la stella sorgente di Odessa, e al principio del secolo XIX, escludeva la rivale dal commercio mediterraneo dei cereali. Il colpo recato alle mitiche repubbliche mercantili d'Italia, alla fine del XV secolo, dalla circumnavigazione dell'Africa, si ripeté, attenuato, col blocco continentale di Napoleone».
A suo giudizio la superiorità di Trieste su Venezia dipende dal suo vasto retroterra. Mentre Venezia era stata sempre un porto isolato e lontano, cui «l'altrui generale inconsapevolezza aveva consentito di impadronirsi del traffico mondiale», la prosperità di Trieste deriva «dalle energie produttive e dei trasporti in quel gran complesso di paesi che sta nel dominio dell'Austria».
Grande è la considerazione di Marx sia per le navi austriache «di un cabotaggio quasi sconosciuto ai veneziani» che per i loro equipaggi: «Un'ardita razza marinara che Venezia non seppe dare mai».
Mentre Venezia decadeva col rafforzarsi dell'impero ottomano, così Trieste saliva riuscendo ad allacciare il commercio orientale con quello dell'area danubiana. Il declino di Venezia dipendeva anche dallo spostamento del centro di gravità dei commerci in seguito alla circumnavigazione del Capo di Buona Speranza, che avvantaggiava Lisbona, l'Olanda e l'Inghilterra. L'apertura del Canale di Suez avrebbe rafforzato ulteriormente la posizione privilegiata di Trieste, di cui indica, per il triennio 1846-1848 / 1853-1855 un incremento commerciale del 68% superiore a quello di Marsiglia.
A suo giudizio un pericoloso freno a tale sviluppo è costituito dall'arretratezza del trasporto terrestre, che auspica venga superata dalla ferrovia Trieste-Vienna e dal tronco Cilli-Pest, in grado di conferire a Trieste l'importanza di Marsiglia, Bordeaux, Nancy e Le Havre nel loro insieme.
Ampio è il riconoscimento del lavoro svolto dal Lloyd austriaco, di cui conosce la storia e lo sviluppo. Napoleone, scrive ancora il nostro, aveva sognato qualcosa di simile puntando su Venezia ed Anversa, ma aveva dovuto fare i conti con un'ingegneria navale ed una tecnica militare inadeguate alle nuove esigenze, così come lo era il porto di Venezia che «ottimo per le vecchie galee, mancava di profondità per i moderni navigli di linea; le fregate non vi entravano senza scaricare l'artiglieria, quando il vento di sud e le maree non aiutavano. Ora la possibilità di entrare con tutta la flotta è condizione vitale per tutti i porti di guerra».
Secondo il pensatore, un altro degli errori commessi da Napoleone fu quello di dividere, con i trattati di Campoformido e Luneville, Venezia dalle coste orientali, fornitrici di ciurme: «Dagli sbocchi dell'Isonzo a Ravenna egli cercò invano una gente marinara; i gondolieri ed i pescatori delle lagune erano genterella inadatta al grande mare. Vide allora (i veneziani li avevano visti fin dal IX° secolo), che il dominio dell'adriatico è di chi occupa la costa orientale … le magnifiche cale dell'Illiria e di Dalmazia generano uomini gagliardi e le raffiche quotidiane li temprano».
L'attenzione di Marx si sposta quindi sul problema della marina militare, già affrontato da Napoleone che, nel 1806, attraverso esperti come Beauprè ed altri ingegneri, aveva pensato a Pola. I Veneziani, poco disposti a costruire le loro navi fuori dal loro arsenale, avevano sparso la voce che un banco di sabbia la rendesse inaccessibile alle navi da guerra. Beauprè accertò, invece, che il banco non esisteva e che Pola poteva diventare un ottimo porto di guerra. Tra le varie conseguenze determinate in Austria dalla rivoluzione del '48 vi fu la nascita di una marina da guerra moderna, non più semplice appendice dell'esercito. Fino ad allora Venezia era stata l'unico porto militare austriaco, per quanto sprovvisto di una vera flotta. Ma per punire la rivoluzione italiana, il governo di Vienna trasferì la scuola di marina, l'Osservatorio, l'Istituto idrografico, il naviglio ed il parco d'artiglieria da Venezia a Trieste. La marina così frantumata ebbe a soffrirne.
Il governo si accorse poi, in breve, che la funzione commerciale del porto di Trieste era incompatibile con quella militare. Memore di Napoleone ripiegò su Pola: «Subito, more austriaco, anziché di cantieri, la disseminò di caserme; vi organizzò la difese col sistema del fuoco incrociato, che dalle isole può dirigersi al porto, e con le cosiddette torri di Massimiliano che dovrebbero impedire ai navigli di gettare bombe nel porto. Oltre i vantaggi strategici, Pola possiede il materiale per armare una flotta. Ha tante querce quante Napoli. La Carniola, la Carinzia, la Stiria sono folte pinete che danno la maggiore esportazione triestina; la Stiria ha grandi giacimenti di ferro; per Ancona, Pola è il mercato più comodo; il carbone è ancora fornito dall'Inghilterra, ma le cave di Sebenico promettono. I prodotti dell'Istria, germinanti da terreno calcareo, sopportano lunghi trasporti. Vi è olio abbondante; sono vicine le vigne ungheresi; le valli danubiane riboccano di maiali».
Dopo aver rilevato tutte le condizioni favorevoli al decollo dell'impero d'Austria come potenza marittima nell'Adriatico, il pensatore sembra già intuire i motivi strutturali e profondi che ne avrebbero determinato la dissoluzione: «Se l'Austria con l'organizzazione e con il governo attuali diverrà grande potenza marittima e commerciale, smentirà tutte le tradizioni storiche che attribuiscono ogni prosperità marittima alla libertà».

Da Il Piccolo 20/2/2008




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