RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

domenica 13 novembre 2016

RASSEGNA GEOPOLITICA DELLA SETTIMANA 7-12/11: UN NUOVO SERVIZIO DI RINASCITA TRIESTINA


Trieste è città internazionale e fortemente influenzata dagli avvenimenti internazionali vista la cruciale posizione geopolitica.
E siamo entrati in un periodo di cambiamenti geopolitici che aprono nuove opportunità per Trieste.
Pensiamo sia importante informare i nostri lettori su alcuni aspetti più importanti perciò abbiamo deciso di iniziare una rubrica settimanale riassuntiva degli avvenimenti più importanti, spigolando tra vari articoli:


TrumPresident
L’elezione del presidente degli Stati Uniti ha sempre un grande impatto – simbolico o reale – sul resto del mondo. Ancor di più se finisce come l’8 novembre, quando ribaltando tutti i pronostici la candidata democratica Hillary Clinton ha perso contro il suo ex finanziatore Donald Trump.
L’arrivo alla Casa Bianca di un uomo d’affari tanto ricco quanto  privo di esperienza nella pubblica amministrazione e nel governo può portare un cambiamento nella politica internazionale della prima potenza mondiale.
La carta geopolitica di Donald Trump è bianca.
La sua politica estera sarà largamente funzione della sua politica interna. La priorità domestica del neoeletto presidente degli Stati Uniti è infatti quella di riportare l’America all’altezza delle aspettative di una grande potenza. A partire dalla ripresa dell’economia e da una certa misura di giustizia sociale.
In termini di politica economica questo significa protezionismo, la cui traduzione geopolitica si chiama isolazionismo. Il problema è che entrambi sono difficilmente applicabili a un paese come gli Stati Uniti.
L’America è troppo implicata economicamente, geopoliticamente e culturalmente nel resto del mondo per poterne restare al di fuori. Allo stesso tempo, non ha le risorse per guidarlo.
Entro questo varco molto stretto si svolgerà la politica estera di Trump, la quale però solo in parte minore sarà determinata dal presidente. Dovrà infatti passare al vaglio ed essere eventualmente attuata dagli apparati burocratici, in particolare militari e dell’intelligence.
La pietra di paragone, almeno nei primi mesi, della geopolitica del prossimo inquilino della Casa Bianca sarà il rapporto con la Russia.

Calexit [di Enrico Beltramini]
In California, lo Stato più liberal dell’Unione, quello che ha permesso a Hillary Clinton di vincere il voto popolare (ma non la presidenza), sembrano aver preso male l’elezione di Donald Trump.
Il giorno prima delle elezioni, il governatore Jerry Brown ha spiegato durante una cena che se Trump avesse vinto, lui avrebbe fatto costruire un muro per isolare la California dal resto del paese. Brown parlava ai suoi ospiti e ha immediatamente chiarito che stava scherzando.
Il giorno dopo le elezioni, Shervin Pishevar ha annunciato via Twitter l’intenzione di far vita a un movimento secessionista. Insieme a Ben Huh, Marc Hemeon e David Morin ha lanciato “New California”, un progetto che non prevede la secessione, ma la minaccia della secessione.
L’idea  è quella di mettere Washington sotto pressione. Pishevar è un investitore in startup abbastanza noto: tra le varie aziende, ha investito in Uber e Airbnb.  Si è distinto per aver finanziato la campagna di Barack Obama e di Hillary Clinton. Come molti altri investitori e imprenditori, sostiene che la legislazione sui visti di lavoro vada rivista in funzione della particolare situazione della Silicon Valley, in cui le aziende tecnologiche hanno permanentemente bisogno di ingegneri che non trovano in loco.
Tre anni fa, Facebook, LinkedIn, Yahoo e alcuni investitori come Ron Conway fondarono FWD.US, un gruppo di pressione per convincere i membri del Congresso della necessità di riformare la legge sull’immigrazione.
Fino a martedì, il rappresentante della Silicon Valley al Congresso era Mike Honda, un politico attento alle richieste dei sindacati. È stato scalzato da Ro Khanna, un professore di Stanford che di fatto rappresenta le industre tecnologiche. Sarà la loro voce a Washington.

Schermaglie attorno al Kuznecov [di Alberto de Sanctis]
Il presunto incidente nel Mediterraneo orientale fra un sottomarino diesel della Marina olandese e il gruppo navale del Kuznecov è meno grave di quanto appaia.
Mercoledì il portavoce del ministero della Difesa russo ha dato notizia di come i due cacciatorpediniere di scorta all’unica portaerei russa siano intervenuti per allontanare un sottomarino olandese (probabilmente ilWalrus, avvistato proprio in questi giorni fra Malta e Creta) portatosi a una ventina di chilometri dall’ammiraglia della Flotta del Nord che ora si trova al largo delle coste siriane.
Le unità russe sarebbero ricorse ai propri sensori di bordo e a quelli dei loro elicotteri antisommergibile per intercettare il Walrus e costringerlo a lasciare l’area del Kuznecov. Il portavoce della Difesa di Mosca ha denunciato il comportamento degli olandesi, che avrebbe potuto avere non meglio precisate gravi conseguenze, mentre il ministero della Difesa dei Paesi Bassi Jeanine Hennis-Plasschaert ha suggerito di non abboccare alla retorica russa.  
Vero o presunto che sia, l’episodio non costituisce alcunché di sorprendente. Assetti Nato stanno monitorando la campagna della task force russa sin dallo scorso ottobre, quando le sue unità hanno lasciato il porto di Severomorsk sul Mare di Barents per dirigersi alla volta della Siria. Norvegesi, statunitensi, britannicibelgi, portoghesi e spagnoli si sono succeduti per seguire il dispiegamento della più consistente forza navale russa dai tempi della guerra fredda lungo il suo periplo del Vecchio Continente.
Più che le unità di superficie o i ricognitori aerei, sono i sottomarini a costituire gli assetti meglio attrezzati per monitorare con discrezione la navigazione di imbarcazioni straniere. Non a caso, il portavoce della Difesa russo ha dato notizia della presenza di almeno un sottomarino nucleare d’attacco americano al seguito del gruppo del Kuznecov. Il fatto che in questo momento nel Mediterraneo orientale operi anche il gruppo da battaglia della portaerei francese Charles de Gaulle suggerisce la presenza di sottomarini francesi, né si può escludere quella di almeno un’unità italiana.
In questo gioco delle parti ciascun attore ha l’opportunità unica di seguire e registrare le evoluzioni avversarie per acquisire dati sulle capacità degli equipaggi e le caratteristiche dei loro mezzi navali,immagazzinando informazioni che potrebbero tornare drammaticamente utili nel caso di un conflitto. A patto però di non farsi scoprire. 
Per questo motivo, se fosse confermata la dinamica evocata dai russi, l’incidente che ha visto coinvolto il Walrus non depone a favore degli olandesi. Questi avrebbero potuto comunque decidere di mettere pressione ai russi ora che il gruppo navale del Kuznecov si appresta a intervenire nel conflitto siriano.
Negli ultimi giorni i suoi velivoli sono stati avvistati sui cieli di Tartus e di Aleppo, mentre in precedenza il dispositivo navale russo era stato rafforzato dall’arrivo di tre sottomarini armati con missili cruise in grado di colpire bersagli terrestri (due Akula a propulsione nucleare e un Kilo a propulsione diesel-elettrica), così come da una fregata proveniente dal Mar Nero ed equipaggiata anch’essa con missili Kalibr d’attacco a terra.

Sì al libero commercio Ue-EcuadorChi ha detto che l’Unione Europea non sa più fare accordi di libero scambio? Firmato oggi quello con l’Ecuador, che destina al blocco continentale la maggior parte delle sue esportazioni non petrolifere. Quito si unisce all’intesa vigente tra Bruxelles, Perù e Colombia.
Ora serve l’assenso dei 28 membri dell’Ue e del parlamento europeo; poi l’intesa entrerà in vigore in maniera provvisoria, in attesa della ratifica finale dei paesi coinvolti. La complementarietà delle economie veterocontinentali ed ecuadoriana e il credito di cui gode nella sinistra europea il governo di Correa dovrebbero scongiurare una replica dello stallo legato al Ceta (e alla Vallonia).

Il primo accordo sull’energia dell’Iran dopo l’accordo sul nucleare [di Marco Giuli]
Il primo accordo preliminare per la produzione di gas naturale iraniano dopo l’allentamento delle sanzioniporta la firma della francese Total, della cinese Cnpc e della locale Petropars. Valevole 6 miliardi di dollari, esso riguarda lo sviluppo del giacimento di South Pars nel Golfo Persico, che da solo contiene l’8% delle riserve di gas convenzionale del pianeta.
Il coinvolgimento delle due compagnie non è una sorpresa, data la forte presenza di entrambe in Iran prima che l’effetto delle sanzioni Usa bloccasse i loro progetti.
L’importanza dell’accordo risiede nel fatto che si tratta del primo adottato secondo i nuovi termini contrattuali iraniani, un esercizio di difficile compromesso fra il presidente iraniano Rohani e le forze più conservatrici. Un suo successo rafforzerebbe la linea del presidente.
L’accordo sembrerebbe anche una dimostrazione di fiducia da parte del mondo degli affari europeo nella continuità della politica Usa sull’alleggerimento delle sanzioni – uno dei fattori di maggiore incertezza per investimenti di questa portata. Fu proprio la banca francese Bnp a essere colpita da una multa record da 8,9 miliardi di dollari da parte delle autorità statunitensi per aver violato il regime di sanzioni nel 2014.
O forse, come dimostra il caso del coinvolgimento di Total e Cnpc nei progetti della russa Novatek, sottoposta anch’essa alle sanzioni a stelle e strisce, sembra svilupparsi l’idea che con l’emersione di fonti di capitali alternative – per esempio cinesi – l’applicazione extraterritoriale delle leggi emanate a Washington possa risultare meno efficace in futuro.




1 commento:

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