RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

martedì 20 giugno 2017

TRIESTE E VENEZIA: DUE PORTI DIVERSI PER ENTROTERRA, MERCATI E MESTIERI DIVERSI - SULL' INTERVISTA ODIERNA DI BONICIOLLI -


Claudio Boniciolli oggi sul Piccolo si lancia in affermazioni azzardate, subito amplificate dai sottotitoli del giornale perchè spingono verso un' unificazione dei porti di Trieste e Venezia, vecchio sogno "nazionale" italiano:
«Venezia e Trieste insistono sullo stesso territorio e sullo stesso retroterra, ed è davvero difficile spiegare, oggi, a un cinese in cosa differiscano dal punto di vista logistico".


Proviamo a spiegarlo noi al cinese, utilizzando le parole del Presidente D'Agostino nell' intervista sul penultimo numero di Limes (clicca QUI):
"Il porto di Venezia lavora con il mercato interno italiano, specialmente con l’export del Nord-Est, mentre Trieste è un porto gateway che lavora al 90% con l’Europa centrorientale e del Nord sulle linee verso l’Estremo Oriente, e che ha alle spalle ampie possibilità di sviluppo di traffico ferroviario."


Ovvero Venezia è un porto "regionale" che ha come retroterra il mercato interno italiano mentre Trieste, che lavora solo al 10% con lo stesso mercato, fa un' altro mestiere: quello di porto internazionale della Mitteleuropa.

Si tratta dunque di due entroterra e mercati ben diversi e la cosa può essere facilmente illustrata all' interlocutore cinese con la mappa dei collegamenti ferroviari del Porto di Trieste qui a fianco.

Inoltre Trieste ha accessibilità nautica  con fondali naturali di 18 metri che Venezia non ha ed ha ampia possibilità di sviluppo di collegamenti ferroviari sia grazie alla rete che ha alle spalle, in parte eredità del vituperato Impero, sia grazie alla possibilità di usare ampiamente operatori ferroviari esteri, come Rail Cargo Austria, al posto della disastrata Mercitalia  (ferrovie italiane), e questo in aggiunta al Porto Franco che è il motivo per cui i turchi ne hanno fatto il capolinea dell' "autostrada del mare".
Venezia invece "
deve fare i conti con il trafficatissimo snodo ferroviario di Mestre, che rappresenta un collo di bottiglia" e non ha il Porto Franco.

Nell' intervista a Limes il Presidente D' Agostino così esponeva l' argomento:

"LIMES Pensa che il porto franco internazionale di Trieste possa aspirare a diventare un terminal marittimo della Bri (Belt and Road Initiative), ovvero delle nuove vie della seta proposta da Pechino?
D’AGOSTINO Sicuramente sì. Come ho detto recentemente, anche in Cina, tentare di entrare in Europa per via terrestre dal Pireo è impresa ardua non solo per le difficoltà di infrastrutturazione ma anche per l’instabilità geopolitica dell’area balcanica, investita da diversi problemi tra cui la crisi dei profughi, con l’aumento dei controlli alle frontiere e i conseguenti rallentamenti dei traffici.
La Cina ha bisogno di un avamposto nell’Alto Adriatico e Trieste è il porto più adatto non solo per gli alti fondali e la posizione geografica ma anche per le infrastrutture ferroviarie che consentono un’importante espansione dei traffici. Ciò è impossibile attualmente a Capodistria, che ha le linee sature, e anche a Venezia, la quale oltre ai fondali bassi, cui si pensava di ovviare con il costosissimo porto offshore di cui non si sente più parlare, deve fare i conti con il trafficatissimo snodo ferroviario di Mestre, che rappresenta un collo di bottiglia.
Il porto di Venezia lavora con il mercato interno italiano, specialmente con l’export del Nord-Est, mentre Trieste è un porto gateway che lavora al 90% con l’Europa centrorientale e del Nord sulle linee verso l’Estremo Oriente, e che ha alle spalle ampie possibilità di sviluppo di traffico ferroviario.."

Questo dopo aver chiarito:

"
LIMES Quale è l’attuale estensione della rete di collegamenti ferroviari del porto di Trieste con l’entroterra europeo?
D’AGOSTINO I collegamenti adesso vanno dal Lussemburgo fino a Budapest, con allacciamenti giornalieri dall’Europa centroccidentale a quella orientale. E ora anche fino a Kiel sul Baltico, con la possibilità di raggiungere la Scandinavia, aprendo di fatto il Corridoio Baltico-Adriatico.
Questo è stato possibile grazie alla riattivazione della dotazione infrastrutturale esistente, che consente a Trieste possibilità di sviluppo ferroviario maggiori rispetto ad altri porti, potenziando le infrastrutture già presenti nel porto ed eliminando inefficienze, costi e tempi della manovra ferroviaria. È stata importante la collaborazione con operatori a forte vocazione ferroviaria come i turchi della Ekol e della Un Ro-Ro, che hanno portato a Trieste il capolinea dell’autostrada del mare utilizzando i vantaggi del porto franco.
Inoltre la nostra posizione di confine ci consente di usufruire di imprese ferroviarie alternative a Mercitalia (Ferrovie Italiane), come Rail Cargo Austria. Abbiamo un’offerta di operatori europei che altri porti italiani non possono avere.".
Con tutto il rispetto per Boniciolli, che ha il merito di aver finalmente avviato il nuovo piano regolatore del porto che adesso è un "plus" per gli investimenti, di aver osteggiato il porto Off-Shore di Venezia e di aver contrastato il "Superporto Trieste-Monfalcone" di Maresca, ci pare evidente come Trieste e Venezia siano porti con caratteristiche, retroterra e "mission" radicalmente diverse facilmente illustrabili, ed illustrate, anche a un cinese digiuno di geografia e storia europea.
Riassumendo, al cinese si può dire: "Se vuoi lavorare solo con una parte dell' Italia, solo con navi medio-piccole e senza Porto Franco vai a Venezia. Se vuoi lavorare con l' Europa con navi di tutte le dimensioni utilizzando massicciamente la ferrovia e se desideri il Porto Franco sia per la logistica che per industrie vai a Trieste."

E non si capisce cosa Trieste abbia da guadagnarci dall' unificazione dei porti e delle autorità portuali con Venezia. Unificazione che, per la sproporzionata forza politica del sistema veneto, finirebbe egemonizzata dagli interessi veneziani (e nazionali) che da sempre sono avversi a quelli triestini visto che le due città gravitano su aree geopolitiche assolutamente diverse e finora antagoniste, come dimostrano anche le recentissime sparate ad alzo zero su Trieste e il suo Porto Franco dell' ex-presidente dell' Autorità Portuale veneziana ed ex-ministro Paolo Costa, con  il suo forte entourage prodiano.
Come dice lo stesso Boniciolli: "La polemica contro la Zona Franca del Porto di Trieste è sempre mantenuta viva da altri porti" con particolare riferimento a Venezia.
Perchè allora unificarsi con chi ti vuole fare le scarpe ed ha maniglie politiche molto più potenti delle tue?

Inoltre un ulteriore maggior inserimento e annullamento del Porto Franco Internazionale di Trieste, che ha una specifica e autonoma personalità giuridica derivante dal Trattato di Pace del 1947, all' interno dell' inefficiente e paralizzante sistema statale italiano in forte crisi strutturale rischierebbe di amplificare problemi e freni allo sviluppo (vedi nostro articolo su Taranto): a Trieste serve autonomia, non dipendenza dallo Stato Italiano al collasso.
Soprattutto se si punta all' utilizzo dei Punti Franchi per favorire insediamenti produttivi ed industriali, con particolare riguardo allo sviluppo tecnologico: Punti Franchi che hanno subito l' ostracismo e le invidie del sistema portuale italiano e che significativamente non hanno ancora visto, a 23 anni di distanza, i Decreti Attuativi previsti dalla legge 84/94.

Come dice Boniciolli stesso con la frase "se fossimo un paese serio" 
... ma l' Italia non è un paese serio da cui si possa desiderare essere governati: è un paese la cui burocrazia soffocante e lenta uccide le imprese già tramortite da una tassazione rapace. 
L' Italia non è la Mitteleuropa del progetto tedesco di Kerneuropa: è la periferia Sud destinata al tracollo.

La posizione di Boniciolli sembra più rispondere a sentimenti "nazionali", rispettabili ma che non condividiamo, che non a logiche di mercato e di sviluppo economico e tecnologico, e il superfluo cenno polemico a "qualche autonomista triestino", in relazione alla nota natura extradoganale dei Punti Franchi, sembra confermarlo.
Non a caso sosteniamo la necessità di completare i Punti Franchi doganali con una No Tax Area o ZES fiscale per favorire insediamenti e sviluppo economico e tecnologico, cosa che il Governo ha appena decretato per i soli porti del Sud italiano.

Quanto all' autonomismo anche il Veneto con il prossimo referendum regionale si appresta a dare seri dolori a chi coltiva ancora anacronistici sentimenti nazionali.


P.S. L' analisi del prof. Sergio Bologna sull' inserto del Piccolo che contiene l'intervista cita come esempio di eccellenza tecnologica e di reindustrializzazione (reshoring) la base SAIPEM per la robotica subacquea che, ricordiamo, è in PORTO VECCHIO nel  Punto Franco rimasto di cui usa i vantaggi. Noi continuiamo a non capire perchè non si decide di utilizzare per insediamenti produttivi ad alta tecnologia e basso impatto ambientale quell' area  che non ha bisogno delle lunghe e costose bonifiche necessarie invece in diverse aree della Zona Industriale indicate come SIN, invece di intestardirsi su progetti campati in aria di urbanizzazione con finalità turistiche. 

TRIESTE E' PIU' VICINA A VIENNA CHE A ROMA, 
E' UN DATO DI FATTO

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