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mercoledì 28 marzo 2018

VITTORIO FELTRI DISTRUGGE IL MITO RISORGIMENTALE DELLE "5 GIORNATE DI MILANO" E CELEBRA RADETZKY E L' IMPERO AUSTRIACO

Ammettiamo che leggiamo e ascoltiamo volentieri Vittorio Feltri sia in originale che nell' imitazione di Crozza.
Il suo schietto e diretto stile lombardo ci piace e ci diverte. 

Figurarsi quando dice le verità che nessuno osa dire sulle retoriche risorgimentali antiaustriache che ci hanno rifilato per anni sui banchi di scuola.
Martedì 27 marzo ha scritto su Libero uno spettacolare editoriale demistificante sulle famose "Cinque Giornate di Milano" (
QUI) che vi riproponiamo integralmente sotto.

Il mondo è veramente cambiato: mentre una certa "sinistra" piddina si affanna nelle celebrazioni patriottarde della cosiddetta vittoria nell' Inutile Strage della Prima Guerra Mondiale, da un giornale italiano di destra arrivano clamorose bordate di verità e buon senso antiretorico e antinazionalista... e non è la prima volta.
Già aveva pubblicato pesanti critiche sulle celebrazioni per la "vittoria" del 1918 (clicca QUI): pensiamo che facciano parte dei sintomi della forte attrazione per l' Europa Centrale (Mitteleuropa) evidente anche nell' Italia del Nord ormai in gran parte integrata nella "catena di valore" dell' economia tedesca e meditabonda sul pessimo affare fatto con l' unità dello Stivale che li vedeva opposti a Vienna e legati alla Calabria.

E se capita a loro che all' Impero si sono ribellati 170 anni fa perchè non dovrebbe capitare a noi che dall' Impero siamo stati strappati con la violenza di una guerra appena 100 anni fa decadendo da città europea e porto dell' Impero a periferia e porto secondario di un paese periferico, scassato e marginale come l' Italia?

Ecco l' articolo di Feltri su Libero del 27 marzo:

Radetzky amato dalla gente
LE CINQUE GIORNATE DI MILANO ?
UNA MONTATURA
 

di Vittorio Feltri 

 - Nonostante i peana della stampa per i 170 anni di un atto di presunto «eroismo risorgimentale», la rivolta fu una «rivoluzione in pantofole», attizzata dalla tassa sui tabacchi e sul gioco del Lotto - 


Dalle Cinque ottocentesche giornate di Milano sono trascorsi 170 anni e ancora ce le ricordiamo come un episodio di eroismo risorgimentale. 

Ieri sul Fatto Quotidiano, Alfio Caruso, già caporedattore del Giornale e del Corriere della Sera, ha dedicato un paginone per celebrare la rivoluzione attribuendola al popolo pur ammettendo, forse involontariamente, che fosse stata alimentata da nobili,nobilastri, borghesi ricchi sfondati e fighetti vari.


La plebe in realtà con gli austriaci aveva trovato un piacevole accomodamento, avendo riconosciuto ai crucchi una grande abilità amministrativa e perfino politica.
La città, anche dal punto di vista urbanistico e architettonico, si era sviluppata armonicamente ponendo le basi per un futuro di cui oggi i milanesi godono: palazzi importanti di stile viennese, strade larghe e alberate.
Non vi erano contrasti insanabili tra abitanti e occupanti, la vita si svolgeva in modo civile e priva di diatribe. 


La sommossa scaturì da pretesti a dir poco ridicoli: la tassa sui tabacchi e sul gioco del Lotto.

E fu istigata dalle classi alte inebriate dalla retorica risorgimentale, all'epoca di moda e, pertanto, molto influente tra gli snob, coloro che campavano con i glutei sul burro. Ovviamente una parte esigua della massa venne inebetita dalle fanfaluche propalate dai signori e si convinse fosse necessario incrementare la ribellione allo straniero, peraltro rispettoso delle libertà locali e tradizionali. 


Esplosero a causa dei sigari e del gioco del Lotto - e già questo fa ridere - manifestazioni di piazza che finirono per eccitare gli animi dei cittadini, come sempre succede, trasformando i quartieri centrali in campi di battaglia. 

Molte furono le vittime rimaste sul terreno, 335, la maggioranza delle quali poveracci subornati dagli intellettuali esaltati all’idea di conquistare l’autonomia dagli austriaci: morirono 160 tra operai e artigiani, 25 domestici, 14 contadini, 29 commercianti, 16 borghesi, 4 bimbe e 38 donne ammazzate per caso durante i disordini. 


Le Cinque giornate di Milano in pratica furono una enorme stupidaggine voluta da chi, nel calduccio e negli agi di dimore tipiche dei benestanti, predicava l’indipendenza ma che, per ottenerla, non rischiò la pelle. 

Siamo alle solite. I rivoluzionari in pantofole pretendono che la gente sia pronta alla battaglia, però se ne guardano bene dal parteciparvi per viltà. 


Le élite facevano schifo allora quanto oggi, e per capirlo basta pensare che il generale Radetzky, il nemico dei fighetti di cui sopra, dopo aver sedato i tafferugli che misero a ferro e fuoco il capoluogo lombardo, fu lodato dai monarchi viennesi e pure dai milanesi, che ritrovarono la pace sconvolta dai sigari che, peraltro, pochi fumavano. 

Tanto è vero che il suddetto ufficiale, deposte le armi indispensabili per ricondurre il popolo alla ragione, rimase in città, indisturbato e onorato fino alla morte, che avvenne dieci anni dopo, nel 1858, non perché qualcuno, per vendetta, lo assassinò, bensì in quanto alla verde età di 91 anni cadde dalle scale, crepando sul colpo.


Fino a quel momento Radetzky aveva passeggiato tranquillamente tutte le sere in Galleria, rispettato e ossequiato dai cittadini. 

Nessuno e nulla gli fecero del male, se non l’eccesso di aperitivi, forse, ma data l'età a cui egli giunse, probabilmente anche i bicchieri di bianco non gli nocquero più di tanto.

 

Piantiamola di seguitare a parlare di eroismi milanesi inesistenti, rendiamo onore al vecchio generale che ci ha insegnato a stare meglio che a Reggio Calabria e a comportarci secondo le regole imposte dal buon senso. 

Dobbiamo solo ringraziarlo,e disprezzare coloro che hanno mandato a morte tanti poveri diavoli per un fil di fumo e un terno al Lotto.
                                  Vittorio Feltri


Clicca QUI sotto per ascoltare la Marcia Radetzky da sempre il clou al mitico Concerto di Capodanno di Vienna


Sopra, una stampa agiografica celebrativa delle Cinque giornate di Milano, insurrezione avvenuta tra il 18 e il 22 marzo 1848 contro l' Impero Austriaco.

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