RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

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sabato 13 maggio 2017

3OO ANNI DI MARIA TERESA LA "MADRE" DI TRIESTE E DELL' EUROPA MODERNA - Paolo Mieli ricorda la nostra Imperatrice - Un articolo di Piero Spirito


Riproduciamo un articolo di Piero Spirito pubblicato oggi sul Piccolo (QUI) in omaggio a Maria Teresa che riesce a unire i Triestini.

300 anni di Maria Teresa la “madre” di Trieste e dell’Europa moderna
Paolo Mieli ricorda la sovrana d’Austria 


Fu più moderna la svolta impressa all’Europa dall’Impero settecentesco di Maria Teresa d’Austria che i cambiamenti ottocenteschi nati dalla Rivoluzione francese». Trecento anni fa, il 13 maggio 1717, nasceva a Vienna Maria Teresa d’Asburgo, arciduchessa d’Austria, re apostolico d’Ungheria, regina di Boemia, Croazia e Slavonia, duchessa di Parma, Piacenza,Mantova e Milano nonché granduchessa consorte di Toscana e imperatrice consorte del Sacro Romano Impero. Fervente cattolica, madre di sedici figli, tredici dei quali sopravvissero all’infanzia, immolati a matrimoni vantaggiosi per la dinastia, a lei Trieste deve praticamente tutto: è Maria Teresa che, sulla scia della dichiarazione di Carlo VI sulla libera navigazione in Adriatico, del 1717, e la Patente di Porto Franco nel 1719, avvia Trieste all' età contemporanea, aprendola a genti provenienti da ogni parte del Mediterraneo. È lei che butta giù quel che resta delle mura medievali unificandola città vecchia e quella nuova con l’idea precisa di farne un’enorme piazza del commercio. Ed è ancora lei che, ossessionata dalle malattie dopo la morte della sorella Maria Anna (e lei stessa colpita dal vaiolo), vara riforme sanitarie, costruisce l’acquedotto per dare acqua correntea tutti e combattere la piaga degli incendi, edifica un lazzaretto, un orfanotrofio e un ospedale sufficiente a una città tre volte più numerosa di quanto allora era Trieste. Ancora, è per la gente di Trieste che Maria Teresa riforma il sistema scolastico e fonda la Scuola Nautica, scava il Canal Grande e avvia la città con il suo Borgo Teresianoe i primi cantieri navali a quello sviluppo economico che solo tra il 1770 e lo scoppio della Rivoluzione francese raddoppierà sia il volume che il valore delle merci tra l’Austria e il Vicino Oriente. Insomma Trieste è diventata quello che è grazie a Maria Teresa d’Asburgo. Che per altro non vide mai Trieste, e Trieste, di contro, mai le ha dedicato una statua, una via, una piazza, lasciando che la sua memoria corresse negli anni come un fiume carsico: tutti sanno che c’è ma nessuno lo vede. E adesso Trieste si appresta a dare una rinfrescata alla figura di questa donna eccezionale che ereditò dal padre Carlo VI «un impero allo sfascio riuscendo in pochi anni a trasformarlo nel più moderno e solido d’Europa». Parola del giornalista e storico Paolo Mieli che oggi, alle 17, alla Stazione marittima di Trieste, terrà una “lectio magistralis” intitolata “Ritratto di Maria Teresa”.

Salita al trono grazie alla Prammatica Sanzione del 1713 voluta da Carlo VI, la giovane incoronata fu costretta ad affrontare subito una sanguinosa guerra di successione. Al termine della quale venne riconosciuta quale legittima proprietaria dei suoi possedimenti ereditari, anche se si dovette accontentare di essere imperatrice consorte, facendo eleggere imperatore l’amato e fedigrafo marito, Francesco Stefano, che di fatto partecipò poco al governo dell’impero. «Da quel momento - spiega Mieli - due sono le ragioni che permisero a Maria Teresa di affrontare una serie di conflitti, come la guerra dei sette anni, e consolidare il suo impero: una fu la solidità del matrimonio con un uomo a cui della politica non importava niente; l’altra la capacità di circondarsi di consiglieri capaci, come Kaunitz, uomo della statura di un Metternich o di un Bismarck». Francesco Stefano morì nel 1765 lasciando Maria Teresa in una vedovanza devastata dal dolore: l’imperatrice rinunciò a ogni ornamento, tagliò i capelli corti, mise tende nere alle sue stanze, indossò abiti neri per il resto della vita e di fatto si ritirò dalla vita pubblica. Al trono salì il primogenito Giuseppe, che pur essendo in rappori molto tesi con la madre alla fine fu il vero attuatore delle riforme teresiane. «La co-reggenza con Giuseppe - continua Paolo Mieli - durò in pratica l’ultimo decennio della vita di Maria Teresa; madre e figlio erano in rapporti molto tesi, anche perché Giuseppe era più filo illuminista di lei; ma proprio per questo il figlio portò a compimento i disegni della madre: per Maria Teresa quello che era stato il dramma della sua vita fu anche la ricchezza della sua vita». «Ora la mia tesi - puntualizza lo storico - è che appunto fu più moderna la svolta del Settecento teresiano di quanto non lo fu l’Ottocento nato dalla Rivoluzione francese, perché la Rivoluzione francese fu infettata da virus quali l’estremismo, il radicalismo, il disprezzo per la vita mentre Maria Teresa seguiva un’idea di vivere civile... per cui si capi sce perché quando si trattò di fare l’unità d’Italia tante menti, da Cattaneo fino a quanti operavano a Trieste e Venezia pensavano che sì, l’Italia era un bel concetto, ma l’idea di farla sotto l’insegna dei Savoia era motivo di trattentimento: c’era la consapevolezza che quanto era stato prodotto nell’Impero austroungarico era avanti anni luce rispetto al resto d’Europa; perciò dico che, a dispetto di quello che pensiamo oggi, i secoli dei nazionalismi sono stati meno moderni del secolo di Maria Teresa». Eppure a Trieste di Maria Teresa rimane una memoria sotto traccia, privilegiando piuttosto figure come Massimiliano e Sissi. «Questo si spiega facilmente - osserva Mieli -: per noi italiani, quando siamo diventati una nazione ci è sembrato che ricordare Maria Teresa fosse semplicemente un cedimento alle ragioni del Risorgimento, che è sempre stato presentato come movimento di popoli che si liberavano di regimi demoniaci per unirsi in un destino unitario meraviglioso: per cui la demonizzazione degli Stati preunitari ha portato a dimenticare, a mettere da parte una figura come quella di Maria Teresa». «Massimiliano e Sissi - aggiunge lo storico - sono figure più oleografiche che non comportano una valutazione politica, mentre Maria Teresa porta a un serie di valutazioni politiche e storiche fondamentali, che rimettono in discussione, pur senza rinnegarli, i presupposti della nostra storia unitaria». E perché Maria Teresa non venne mai a Trieste? «Perché - risponde Mieli - Trieste era data per scontata: la città era in piena espansione, una città civile, un punto fermo per l’Impero; altri erano gli impegni per lei; come quando si fece incoronare regina d’Ungheria, il suo vero capolavoro politico, proprio quell’Ungheria che era stata contesa dai turchi fin dai tempi di suo padre». «Le regioni che formavano l’Impero austroungarico - conclude Mieli - erano terre che nel corso dei secoli gli Ottomani avevano conteso all’Europa, e anzi la loro conquista doveva fare da ponte a un assalto definitivo all’Europa; Maria Teresa non aveva ereditato un impero già affermato che doveva solo essere amministrato meglio: lei prese una dinastia sgangherata che aveva perso la Spagna e altri territori ed era stata relegata nella provincia più esposta allo scontro di civiltà dell’epoca, e di queste terre divise e contese riuscì a fare un gioiello, un esempio di modernità per l’intera Europa; quello che hanno fatto Maria Teresa e gli altri regnanti fino alla Prima guerra mondiale, quando tutto crollò, tenendo insieme popoli con lingue e culture diverse per ben due secoli, è stato davvero un capolavoro».

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Però la giunta comunale non vuole intitolargli il Canale (mentre gli stessi hanno intitolato una via al militante neofascista Grilz)...

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