RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

lunedì 7 novembre 2016

#USA ELEZIONI AMERICANE - Il filosofo SLAVOJ ZIZEK : “NÉ CLINTON NÉ TRUMP STANNO DALLA PARTE DEGLI OPPRESSI, PER CUI LA VERA SCELTA È ASTENERSI DAL VOTO O SCEGLIERE TRUMP CHE TRA I DUE E’ QUELLO CHE, PUR NON VALENDO NULLA, APRE LE MAGGIORI POSSIBILITÀ CHE SI INNESCHI UNA NUOVA DINAMICA POLITICA” - un articolo per i nostri lettori


Tra un giorno si saprà come è andata a finire, mentre qui si fa il tifo, Renzi compreso, come se potesse contare qualcosa.

Intanto offriamo ai nostri lettori un interessante articolo di Slavoj Zizek, il  noto filosofo di Lubiana, che pur essendo orientato a sinistra sostiene sia preferibile una vittoria di Trump.

Avevamo già pubblicato un articolo di Limes (QUI) in cui si  sosteneva che per l' Europa sarebbe stata più conveniente un' elezione di Trump perchè meno interventista della Clinton e più disposto ad accordi con Putin e la Cina che farebbero calare la tensione internazionale.
Tensione che tutti gli analisti prevedono in forte crescita con la Clinton che ha posizioni di dura contrapposizione sia con la Russia che con la Cina e generalmente interventiste a livello internazionale: non è un caso che entrambi gli ex-presidenti Bush, intervenuti militarmente in Medio Oriente, per quanto repubblicani abbiano dichiarato il loro voto per la democratica Clinton.

E' inoltre notorio il legame dei Clinton con gli ambienti finanziari globali, sauditi compresi visto che finanziano la sua campagna, che ha portato Bill Clinton nel 1999 prima ad abolire il Glass-Steagall Act del 1933 che sanciva la separazione fra banche d' affari e banche commerciali, come protezione dagli effetti della crisi del 1929 - abolizione che ha codeterminato la crisi devastante dei "derivati"del 2008 - e poi a graziare il finanziere bancarottiere Marc Rich (cosa che ha determinato una successiva inchiesta a carico dell' ex-Presidente).

Inoltre la nazionalità Slovena della First Lady Melania (QUI) potrebbe focalizzare l' attenzione  su queste terre, patria di Zizek ma anche nostre vicine, normalmente in ombra sullo scenario internazionale.

Insomma, mentre è chiaro che sul piano interno Trump farebbe una politica classicamente "di destra" ma economicamente espansiva, a livello internazionale potrebbe essere più utile alla distensione e alla pace: il che lo farebbe preferire da molti, ma non certo dalle èlite politiche e finanziarie che gli sono ostili al punto da minacciare "crolli dei mercati".

Se Trump vincerà sarà perchè è considerato "antisistema", se perderà la Clinton sarà perchè pagherà lo spudorato appoggio della grande finanza e delle èlite internazionali che non sono più molto amate.

Insomma c'è da ragionare evitando di schierarsi con la "panza" e l' ideologia come stanno facendo in tanti, soprattutto sui giornali, immaginando convergenze con la situazione italiana.

ZIZEK SCEGLIE IL CANDIDATO ANTI- ESTABILISHMENT.
Testo di Slavoj Zizek pubblicato da “la Repubblica” (Traduzione di Emilia Benghi)

Saramago in “Saggio sulla lucidità” narra le vicende accadute in un non meglio identificato paese democratico. La mattina delle elezioni è guastata da piogge torrenziali e l’affluenza alle urne è preoccupantemente bassa, ma a metà pomeriggio il tempo si rimette e la popolazione accorre in massa ai seggi.

Il sollievo del governo ha però breve durata, in quanto lo scrutinio rivela che più del 70% delle schede sono bianche. Sconcertato da questa apparente mancanza di senso civico il governo concede ai cittadini l’opportunità di rimediare con un’altra elezione a solo una settimana di distanza. L’esito è ancor peggiore: questa volta l’83% delle schede sono bianche. Si tratta di un complotto per rovesciare non solo il governo in carica, ma l’intero sistema democratico?

La morale di questo esperimento concettuale è chiara: il pericolo oggi non è la passività, bensì la pseudo-attività, il bisogno di “agire”, di “partecipare” per nascondere la vacuità di ciò che accade. La gente interviene di continuo, “fa qualcosa”. La vera difficoltà è fare un passo indietro. L’astensione alle urne è quindi un vero e proprio atto politico, che ci obbliga a confrontarci con la vacuità delle democrazie odierne.

In un mondo ideale è esattamente così che dovrebbero comportarsi i cittadini di fronte alla scelta tra Clinton e Trump. Trump è ovviamente “peggio” perché promette una svolta a destra e porta la moralità pubblica allo sfacelo; quanto meno però promette un cambiamento, mentre Hillary è “peggio” perché spaccia per desiderabile l’assenza di cambiamento. Trump vuole rifare grande l’America e Obama gli ha risposto che l’America è già grande — ma è vero?

In paese in cui uno come Trump ha l’opportunità di diventare presidente può davvero essere considerato grande? I pericoli di una presidenza Trump sono ovvi: non solo Trump promette di nominare giudici conservatori alla Corte Suprema, non solo mobilita i più cupi circoli dei suprematisti bianchi e flirta con il razzismo anti-immigrati; non solo si fa beffa delle regole del vivere civile e simboleggia la disintegrazione delle norme etiche fondamentali;

Trump si pone come difensore della gente comune in difficoltà, mentre in realtà è fautore di un brutale programma neoliberista con sgravi fiscali per i ricchi, ulteriore deregulation e così via. Ebbene sì, Trump è un volgare opportunista, ma è pur sempre un volgare esemplare di umanità.

Fredric Jameson invitava a ragione a non definire frettolosamente il movimento di Trump un nuovo fascismo. Innanzitutto il timore che la vittoria di Trump trasformi gli Usa in uno stato fascista è un’esagerazione ridicola. Da dove nasce quindi questa paura? È chiaro che ha la funzione di unirci tutti contro Trump, offuscando così le reali divisioni politiche esistenti tra la sinistra resuscitata da Sanders e Hillary, che è LA candidata dell’establishment, sostenuta da una variegata coalizione, che va dai veterani della guerra fredda di Bush come Paul Wolfowitz all’Arabia Saudita.

In secondo luogo resta il fatto che Trump è sostenuto dalla stessa indignazione che ha mobilitato i supporter di Bernie Sanders, è visto dalla maggioranza dei suoi sostenitori come il candidato anti-establishment. I progressisti che paventano la vittoria di Trump non temono in realtà una svolta radicale a destra. A spaventarli è semplicemente un reale, radicale cambiamento sociale.

I liberal ammettono le ingiustizie della nostra vita sociale (e ne sono sinceramente preoccupati), ma vogliono porvi rimedio con una “rivoluzione senza rivoluzione” come diceva Robespierre (in perfetto parallelo con il consumismo odierno, che offre caffè decaffeinato, cioccolato senza zucchero, birra analcolica, multiculturalismo senza scontri violenti e così via): la visione del cambiamento sociale senza vero cambiamento, in cui nessuno si fa male sul serio, in cui i progressisti dotati delle migliori intenzioni restano tranquilli nel bozzolo delle loro enclave sicure.

La vittoria di Hillary è la vittoria dello status quo, dominato dalla prospettiva di un’altra guerra mondiale (e Hillary è proprio la tipica democratica combattente della guerra fredda), lo status quo di una situazione in cui gradualmente, ma inevitabilmente, scivoliamo verso la catastrofe ecologica, economica, umanitaria e di altro genere.

La vittoria di Trump contiene in sè un grave rischio, non c’è dubbio, ma la sinistra sarà mobilitata solo dalla minaccia di una catastrofe. Né Clinton né Trump stanno «dalla parte degli oppressi», per cui la vera scelta è astenersi dal voto o scegliere tra i due quello che, pur non valendo nulla, apre le maggiori possibilità che si inneschi una nuova dinamica politica che possa condurre alla massiccia radicalizzazione della sinistra.




1 commento:

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