RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

martedì 1 agosto 2017

PORTO VECCHIO: LACRIME DI COCCODRILLO SUL CENTRO FINANZIARIO OFF-SHORE IN PUNTO FRANCO - PROVINCIA SPECIALE AUTONOMA A TRIESTE COME A BOLZANO, TRATTENENDO IL 100% DEL GETTITO FISCALE SUL TERRITORIO.


Non siamo gli unici a evidenziare l’ importanza dei referendum del 22 ottobre  prossimo per l’ autonomia del Lombardo-Veneto.
Abbiamo detto che  saranno l’ occasione per far prendere il volo all’ idea di una Provincia Speciale Autonoma di Trieste che trattenga il 100% del gettito fiscale.
Un idea che trae forza  dalla situazione di “Territorio Amministrato” dal Governo Italiano della zona A, coincidente con la eliminata Provincia di Trieste, conseguente al Trattato di Pace del ’47.
In un articolo sul Piccolo di lunedì 31 luglio scorso Giovanni Bellarosa versa lacrime (di coccodrillo ?) sul Centro Finanziario Off-Shore che avrebbe utilizzato il regime di Porto Franco previsto dalla legge 19 del 1991.
Questo Centro Finanziario avrebbe dovuto sorgere nell’ area di Porto Vecchio vicina alla sede della Generali utilizzandone l’ extraterritorialità doganale.
Aveva sponsor importanti come l’ AD di Generali Desiata e l’ economista Nino Andreatta.
Tuttavia tutto è stato lasciato finire nel nulla, nela palude del “non se pol” locale ed europeo:  noi ne abbiamo parlato più volte come esempio positivo  di utilizzo produttivo del Punto Franco di Porto Vecchio che una “classe politica e dirigente locale” di “minus habens” ha invece brigato per far eliminare venendo sbugiardata dagli attuali sviluppi che prevedono un utilizzo produttivo, industriale e nei servizi dei Punti Franchi.

Anche Illy, in modo meno estremista del suo compagno d’ area  Pacorini, si era pronunciato contro il Punto Franco perché, a suo dire, avrebbe… comportato un noioso  obbligo di dichiarazione degli attrezzi agli addetti alle riparazioni delle macchinette del caffè…
Adesso Giovanni Bellarosa, già segretario Generale della Giunta Illy, dice: “..legge, la 19 del 1991 sulle aree di confine. Essa prevedeva vantaggi in particolare per Trieste con il recupero della disciplina del Porto franco per costituire il Centro di intermediazione economica e finanziaria offshore, che avrebbe dovuto essere coltivato e difeso con fermezza, anziché trascurato come è colpevolmente avvenuto tanto da giungere alla sua revoca.”  Meglio arrivarci tardi che mai….  

Ma dice anche sulle Regioni e Province Autonome: “si salva solo Bolzano protetta da un Trattato di pace  che per inciso è all’origine anche della nostra specialità (della Regione Friuli-VG).”
Però nel Trattato di Pace del 1947 non si fa cenno alcuno alla autonomia della Regione sorta appena nel 1963.
il TdP istituisce il Territorio Libero di Trieste la cui zona A e stata affidata al Governo Italiano in Amministrazione Civile Provvisoria con il Memorandun del 1954, come opportunamente ricorda il Decreto Attuativo del Porto Francio varato pochi giorni fa.
Per analogia con Bolzano al territorio della defunta Provincia di Trieste spetterebbe quantomeno un trattamento analogo.
Bolzano è una Provincia Speciale Autonoma che trattiene il 90% del gettito Fiscale.
Riconoscere a Trieste uno status analogo sarebbe il minimo dopo anni di disastroso malgoverno, in attesa di ulteriori sviluppi, applicando la facoltà di trattenere il 100% del gettito fiscale: cosa attualmente riconosciuta alla Sicilia oltre alla facoltà di gestire autonomamente l’ ordine pubblico, e senza la “copertura” di alcun Trattato di Pace…
Il muro di malgoverno e menefreghismo che ha stritolato Trieste fino ad oggi sta  mostrando vistose crepe: si tratta di allargarle per farlo franare.
Non sarebbe il “tutto e subito o niente” tanto caro agli estremisti ma il “possibile prima possibile”.

Ecco l’ articolo del Piccolo del 31 luglio:
IL FVG DAVANTI AL VOTO DI LOMBARDIA E VENETO
di GIOVANNI BELLAROSA
Dopo una contesa sino alla Corte costituzionale, in ottobre si celebreranno in Lombardia e Veneto i referendum per l’autonomia. L’iniziativa non ha un grande rilievo istituzionale o carattere separatista. La possibilità è infatti già prevista dall’articolo 116 Costituzione, purché lo Stato, con sua legge, lo consenta. Il problema sta nel “purché”, in quanto le resistenze sono forti. Il motivo della consultazione è un altro: smuovere situazioni cronicamente ingessate. Il sì al quesito è probabile, ma l’interesse dell’osservatore si concentra sull’affluenza: se bassa, le cose non muteranno. Lo stesso potrebbe avvenire pur davanti a un concorso plebiscitario, ma l’effetto politico sarebbe rilevantissimo. Infatti, sino a ora nessuno ha potuto o saputo misurare il grado di affezione per gli enti regionali a prescindere dal giudizio sugli amministratori. Quindi, la domanda sottesa è un’altra: volete essere gestiti dal centro oppure preferite più ampi spazi da gestire localmente? I referendum saranno così una cartina di tornasole tra centralismo e autonomia. Per di più sono indetti in due grandi regioni, per un numero alto di elettori e coinvolgono una parte dinamica della società italiana sotto ogni profilo, economico e culturale in primis. Infine, si evidenzierà l’interesse per i temi istituzionali, come ha dimostrato la grande partecipazione del 4 dicembre scorso, in un periodo in cui la disaffezione alla politica e l’impossibilità di scegliere i parlamentari, nominati dai partiti, ha allontanato il Popolo dallo Stato. Cosa interessa tutto questo a noi, Regione speciale?
Sarebbe poco lungimirante trascurare l’evento considerata la vicinanza e il fatto che i nostri collegamenti con il resto d’Italia passano per il Veneto.
Vi è poi un discorso istituzionale essendo noto che le Regioni ad autonomia differenziata non sono amate: si salva solo Bolzano protetta da un Trattato di pace  che per inciso è all’origine anche della nostra specialità.
 Sono tutte buone ragioni perché il Friuli Venezia Giulia non si isoli: piuttosto che affrontare nella prossima legislatura un confronto o forse una contrapposizione con le consorelle ordinarie, è più utile sostenere le spinte per una legittima maggiore autonomia altrui, anche per trarne vantaggio. Non si tratta di favorire una macroregione, ma di intese, alla pari, tra istituzioni.
 Lo consiglia poi una tradizione importante se pensiamo che già nel 1991 l’alleanza e l’appoggio del Veneto consentì di ottenere l’ultima grande legge, la 19 del 1991 sulle aree di confine.
Essa prevedeva vantaggi in particolare per Trieste con il recupero della disciplina del Porto franco per costituire il Centro di intermediazione economica e finanziaria offshore, che avrebbe dovuto essere coltivato e difeso con fermezza, anziché trascurato come è colpevolmente avvenuto tanto da giungere alla sua revoca.
Non ultima, la grande opportunità di riavviare un rapporto organico e soprattutto stabile tra le aree dell’alto Adriatico e del vicino centro Europa.

I Gruppi di cooperazione territoriale, destinati a gestire programmi europei, sono poca cosa. Qui è necessario un progetto di ampio respiro da promuovere con il Veneto e mirato a una “intesa politica”, nel senso alto del termine, come, per intendersi, fu l’originaria Comunità Alpe Adria, per sviluppare azioni coordinate con Slovenia, Croazia e Austria tese a riportare l’Alto Adriatico al centro dei traffici per l’Europa continentale. Il percorso non è agevole anche perché mancano nell’ordinamento italiano strumenti giuridici adeguati e per le prevedibili resistenze della diplomazia; ma lo era anche negli Anni ’80 in una situazione geostrategica ben più complicata.
Oggi invece, per un interlocutore locale forte e credibile, ci sono le condizioni per calamitare il rinato interesse per questa parte del Mediterraneo.

Nessun commento:

Posta un commento