RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

lunedì 22 maggio 2017

CENTRI FINANZIARI IN PORTO VECCHIO ? TRA CIACOLE TURISTICHE E ATTIVITA' PRODUTTIVE - TRIESTE HA BISOGNO DI UNA "NUOVA GRANDE MODERNIZZAZIONE" DOPO QUELLA DI MARIA TERESA -



Riguardo la "storia infinita" di Porto Vecchio ci sono da registrare la trasmissione su Telequattro del 19 maggio e l' odierna presa di posizione della Serracchiani a favore dell' insediamento della BERS in una sorta di Centro Finanziario in Porto Vecchio.
A tale proposito torna alla mente il "Centro Finanziario Off-Shore" che in quella location era previsto dalla legge 19 del 1991 per sfruttare l' extraterritorialità doganale del Punto Franco ma mai realizzato.
Non può non tornare alla mente l’ annuncio di  un anno fa di istituzione, in aggiunta al Punto Franco extradoganale, di una No Tax Area  simile a quella che sta chiedendo il Sindaco di Milano Sala per l' area dell' ex Expò  con l' identico scopo di attirare istituzioni finanziarie in migrazione da Londra per la Brexit.
No Tax Area che Gorizia e l’ Isontino portano avanti con il consenso di tutte le forze politiche e nel silenzio dei media triestini quasi non fosse “politicamente corretto” parlarne.
Siamo totalmente e da sempre d' accordo, e ci auguriamo non siano solo annunci ma segua un impegno concretoperchè rientra nel  programma di Utilizzo Produttivo dei Punti Franchi e di Porto Vecchio che proponiamo da anni come evidenziato dal riquadro in fondo.

Tutto il contrario di quanto emergeva dalla trasmissione di Ring su Telequattro che potete vedere cliccando qui sotto:


Dalla trasmissione sono emersi alcuni punti:

1) Per l' urbanizzazione in chiave turistica di Porto Vecchio a due anni e mezzo dalla "sdemanializzazione" non c' è  alcun investitore privato disposto ad impegnarsi.
Dipiazza  parla all' inizio di un Fondo del Dubai e dopo, al minuto 30, parla invece  di "cinesi" che vogliono investire ! L’assessore Rossi, più realista, smorza gli entusiasmi dicendo che "non sono cose che succedono dall' oggi al domani": in realtà non c' è nessun investitore privato e nessuna concreta manifestazione di interesse.
L' unico interesse che qualcuno ipotizzava esserci stato era per l' area più pregiata: quella della Greensisam di Maneschi che voleva cederla.
Ma un non meglio precisato "fondo svizzero" è fuggito visti i costi stratosferici di urbanizzazione e le difficoltà burocratiche tipiche del sistema italiano.
Infatti quell' area strategica è bloccata e fonte di un contenzioso che può paralizzare tutto il comprensorio.

2) L' assessore Rossi ha ammesso che i costi di "urbanizzazione primaria" (fogne, elettricità ecc.) sono stati stimati in circa 140 milioni. E riteniamo che si tratti della parte esclusa l' area in concessione Greensisam perchè stime accurate indicavano in almeno 300 milioni  il necessario per  l' urbanizzazione primaria di tutto Porto Vecchio.
Dipiazza ha dichiarato all' inizio che dei famosi 50 milioni, solo 9 saranno destinati all' "urbanizzazione primaria" delle piccola parte riguardante il Polo Museale.
E chi mette gli altri 131 milioni (nemmeno sufficienti per tutta l' area)?

L' assessore Rossi ha detto chiaramente che i privati non possono farsene carico per non finire fuori mercato. Gli enti pubblici non li hanno... e allora?
Come sempre annunci facendo i conti senza l' oste !

3) Renzi nel maggio scorso aveva anunciato che entro il 2017 i famosi 50 milioni sarebbero già stati spesi in realizzazioni: finora non hanno impiegato nemmeno un cent. E lo stesso sarà per il resto dell' anno e per il 2018 come emerge chiaramente da tutti gli interventi...
Russo in trasmissione ha ripetuto che gli investimenti arriveranno a 5 miliardi (5.000 milioni): finora si parla di 50 milioni come se fosse un trionfo, ma si tratta solo dell' 1%.
E il rimanente 99% chi lo mette, e quando?

4) Tutti nella trasmissione hanno dichiarato che devono essere realizzate anche nuove abitazioni, come se non bastassero quelle vuote in città, gli edifici e le aree abbandonate ed il calo del valore conseguente.
Hanno detto che devono aumentare gli abitanti tornando ad almeno 300.000. Come?
Fortuna Drossi, presente non si capisce a che titolo se non per candidarsi a un incarico nella "società di scopo", si spinge a dichiarare che avverrà come per il "Borgo Teresiano" di Maria Teresa.
Ma tutti dimenticano che gli abitanti di una città aumentano solo se ci sono opportunità di lavoro, soprattutto qualificato, non perche ci sono abitazioni o negozi disponibili.
I nostri ragazzi emigrano perchè cercano lavoro e opportunità, non perchè cercano casa.
Quindi lo sviluppo economico e il lavoro sono prioritari: è evidente.
Il Borgo Teresiano si è sviluppato per il grande impulso dato al Porto Franco da Maria Teresa, grande modernizzatrice, ed il conseguente bisogno di  magazzini e abitazioni.  E qui pensano di costruire partendo dal tetto invece che dalle fondamenta.
Del resto è lo sport nazionale di costruire “contenitori” e “cattedrali nel deserto” per piantarli lì inutilizzati: si pensi agli anni di abbandono del Magazzino 26, alla sottoutilizzazione del “Salone degli Incanti” e delle Scuderie di Miramare ecc.

Di modernizzatori tra i politici locali non se ne vedono: tutti a inseguire vetuste e anguste visoni di sviluppo legate a urbanizzazioni in chiave turistica.
Roba da anni '80, in tutt' altra situazione economica e della finanza pubblica, e da zone sottosviluppate: è ovvio che in un paesino alpino senza altre risorse che il paesaggio o a Pompei si pensi solo al turismo come motore economico ma Trieste non è Pompei, e nemmeno Cortina, Lignano o Venezia che si è ridotta a 55.000 abitanti malgrado le continue sovvenzioni.

Ridurre Trieste esclusivamente ad amena località dove si offrono servizi ai turisti, che provengono da zone ricche perchè produttive ed economicamente sviluppate, è anche moralmente degradante per il Porto dell' Impero, già ricco di industrie soprattutto navalmeccaniche e istituzioni assicurative e finanziarie.
Pensare che Trieste possa avere come motore di sviluppo il turismo invece della portualità con le sue ricadute industriali e finanziarie è semplicemente assurdo.

Trieste per troppi anni è stata colpita da una grave malattia che le aveva fatto dimenticare la propria identità e natura: una città nata e cresciuta intorno al Porto Franco che serve un hinterland europeo, che aveva sviluppato industrie navalmeccaniche e servizi assicurativi e finanziari come ricaduta delle attività portuali e logistiche.

In questo clima di “oblio di sé” una classe dirigente in cerca di facili consensi e guadagni ha inventato la teoria della “vocazione turistica” su cui focalizzare l’ attenzione,  il dibattito pubblico e le energie della città.
Con risultati magri visto che il vero problema, principale causa dell’ enorme calo della popolazione (un quarto in meno dagli anni’70), è il crollo delle opportunità di lavoro andato di pari passo allo smantellamento della cantieristica e navalmeccanica.

Sono decenni che parlano di urbanizzazione e uso turistico di Porto Vecchio ignorando il drammatico dato che solo il 9% del PIL locale è da industria, soglia pericolosamente bassa, mentre è del 21% in Friuli e 18,5% come media nazionale compreso l’Aspromonte.
Perfino Roma, la capitale del turismo e dei ministeri, ha il 13% del PIL da industria.

Il turismo a Trieste può dare un contributo allo sviluppo solo se è di qualità come quello congressuale e culturale: proprio quello che viene trascurato a favore di quello “nazionalpopolare” delle “spiagge di sabbia” e delle bancherelle.
Ma farne l’ argomento principale di ogni dibattito sulle prospettive di sviluppo economico e civile è pura demagogia.

Invece la “Nuova Grande Modernizzazione” di cui Trieste ha bisogno vitale passa, come ai tempi di Maria Teresa, per il Porto Franco Internazionale: "ricordiamoci il futuro".


Non solo per i traffici di merci e una funzione emporiale ormai declinante, ma con la fissazione nel territorio del valore aggiunto attraverso l’ uso dei vantaggi dei Punti Franchi doganali arricchiti dalla No Tax Area fiscale per favorire insediamenti produttivi, manifatturieri e Hi-Tech, di servizi avanzati, finaziari e di ricerca.
Con una sempre maggior influenza del Porto Franco Internazionale nell’ organizzazione del territorio.
E’ questo il nuovo modello di sviluppo che si sta affermando a Trieste e che va sostenuto.

Abbiamo, a differenza della storia infinita e priva di risultati della “turistizzazione” di Porto Vecchio, già i primi esempi concreti di utilizzo produttivo dei Punti Franchi con il Polo per la Robotica Subacquea della Saipem in Porto Vecchio, e con Freeway Trieste in seguito all’ accordo tra Autorità Portuale e Area di Ricerca che prevede i primi insediamenti ad alta tecnologia entro l’ anno.
Nell’ area Wartsila dovrebbe sorgere un nuovo Punto Franco con attività industriali e logistiche.
Per quattro strisce e una scritta “Porto Vecchio” in viale Miramare dopo due anni e mezzo ci sono stati osanna e alleluja in trasmissione: ma stiamo scherzando ?

Le zone e i punti franchi sono uno strumento moderno di sviluppo ampiamente usato a livello globale con oltre 3.000 zone franche che hanno prodotto 66 milioni di posti di lavoro. La Cina ha usato principalmente le Zone Franche e le ZES (Zone Economiche Speciali) per costruire il suo travolgente sviluppo e per realizzare le famose “Quattro Modernizzazioni”.
Non sono cosa per nostalgici ma per chi guarda ad un futuro in cui i nostri giovani non siano costretti ad emigrare o a fare i camerieri per i turisti provenienti da zone ricche e sviluppate.



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