Il tragico e dolorosissimo caso del giovane udinese suicida impone a tutti una
riflessione.
Innanzitutto è molto meglio una dura ribellione collettiva e una rivolta generazionale della depressione e del suicidio ed anche della vita da sfaccendato o mantenuto.
Una rivolta contro politiche economiche che in adorazione di "spread" e "bilancia dei pagamenti" accettano recessione e deflazione che distrugge posti di lavoro e domanda interna.
Una rivolta contro una politica che non mette al primo posto la creazione di sviluppo e lavoro vero ma sostegno alla finanza e attacco ai diritti del lavoro.
I giovani devono stare nelle piazze a lottare per il proprio futuro non negli scantinati con una corda al collo o nei bar a strascicare le giornate.
E poi il problema della rappresentanza politica di questi giovani e, in generale, degli strati più deboli: la sinistra di governo che una volta si candidava a rappresentarli oggi pensa più alle banche ed esprime ministri del lavoro come Poletti...
Mai come in questa situazione si ripropone il motto "Ribellarsi è giusto" ed è anche sano.
Innanzitutto è molto meglio una dura ribellione collettiva e una rivolta generazionale della depressione e del suicidio ed anche della vita da sfaccendato o mantenuto.
Una rivolta contro politiche economiche che in adorazione di "spread" e "bilancia dei pagamenti" accettano recessione e deflazione che distrugge posti di lavoro e domanda interna.
Una rivolta contro una politica che non mette al primo posto la creazione di sviluppo e lavoro vero ma sostegno alla finanza e attacco ai diritti del lavoro.
I giovani devono stare nelle piazze a lottare per il proprio futuro non negli scantinati con una corda al collo o nei bar a strascicare le giornate.
E poi il problema della rappresentanza politica di questi giovani e, in generale, degli strati più deboli: la sinistra di governo che una volta si candidava a rappresentarli oggi pensa più alle banche ed esprime ministri del lavoro come Poletti...
Mai come in questa situazione si ripropone il motto "Ribellarsi è giusto" ed è anche sano.
Riproponiamo l' articolo del Corriere della Sera sul tragico suicidio (clicca QUI)
Udine, la lettera del 30enne suicida:
«La mia generazione è perduta. Mai un lavoro, vi dico addio
«La mia generazione è perduta. Mai un lavoro, vi dico addio
Una lettera d’addio, un lungo, spietato,
violento atto d’accusa. Dopo averla scritta, il 31 gennaio scorso Michele è
andato a casa della nonna, ha preso una corda e l’ha fatta finita. «Non posso
passare la vita a combattere solo per sopravvivere... Di no come risposta non
si vive, di no si muore», ha vergato con rabbia e grande delusione per un mondo
del lavoro che l’ha rifiutato fino alla fine. «Ho fatto molti tentativi, ho
cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse... Sono stufo di
fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di colloqui di lavoro inutili,
stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, stufo di fare
buon viso a pessima sorte e di essere messo da parte...».
I genitori: «Per lui solo percorsi
formativi e tanti no»
Trent’anni, udinese di un paese
prealpino di confine, Michele faceva il grafico. Meglio, avrebbe voluto farlo.
«Ma nessuno l’ha preso. Per lui sono stati solo percorsi formativi e corsi e
poi risposte negative. E una e due e tre...», dice ora il padre al telefono con
un groppo in gola. «Non siamo riusciti neppure noi a cogliere la profondità del
disagio. Le sue parole sono un grido strozzato, è l’analisi spietata di un
sistema che divora i suoi figli migliori». È l’urlo di una generazione perduta,
dice. La chiamano generazione Neet, giovani che non studiano e non lavorano e
hanno pure smesso di cercare, di credere, di volere. Un popolo di sfiduciati e
avviliti.
I genitori hanno chiesto che la lettera
del figlio fosse pubblicata integralmente dal Messaggero Veneto.
«Perché questo è un allarme rosso, un grave fenomeno sociale, che lui ha voluto
denunciare».
Michele e la sua lettera: «Un disastro»
Michele era un figlio di quel Nordest
che dopo i fasti del boom ha conosciuto la grande crisi, lasciando sul campo i
cocci di centinaia di aziende, di migliaia di disoccupati (in dieci anni sono
triplicati), di decine di suicidi. «Da questa realtà non si può pretendere
niente - ha scritto nelle ultime, drammatiche pagine - Non si può pretendere un
lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere
riconoscimenti». Dopo aver cercato lavoro per anni, aveva preso a vedere nero
il presente e anche il futuro, in modo totale, cosmico. «Un disastro a cui non
voglio assistere». Parole cariche di impotenza, rancore e frustrazione.
La richiesta di perdono a mamma e papà
«Lo stato generale delle cose per me è
inaccettabile, non intendo più farmene carico...». Chiede perdono a mamma e
papà. «Se potete». Un dolore immenso, quello di una madre e di un padre
sopravvissuti al figlio. «Io lo so che questa cosa vi sembra una follia ma non
lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso
imporre la mia essenza, ma la mia assenza sì».
«Questa generazione si vendica del furto
della felicità»
Non è follia, scrive, non è caos.
«Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto
della felicità». Il padre lo traduce così: «Sono giovani che hanno vissuto come
sconfitta personale quella che per noi è invece la sconfitta di una società
moribonda». Suo figlio ne ha fatto un incubo: «Un mondo privo di identità,
privo di garanzie, privo di punti di riferimento».
Si scusa con gli amici e dà un titolo
alla sua denuncia: «Questa è un’accusa di alto tradimento». L’ultimo schiaffo è
per il governo:«Complimenti al ministro Poletti, lui sì che ci valorizza».
Rimani connesso non-stop abbelliscono i nostri pacchetti offrono prestiti tra
RispondiEliminaindividui a disposizione giorno e notte ha un tasso di interesse del 2%
Da 191 euro e-mail solo. Contatto: pacalfoubert@gmail.com