L’ autorevole e
diffusa rivista internazionale SPLASH 247 – GLOBAL MARITIME ANDSHIPPINGS NEWS di portualità e traffici marittimi (del gruppo editoriale Asia Shipping Media (ASM) di Singapore) ha pubblicato
oggi un articolo sul Porto Franco Internazionale di Trieste come terminal
europeo della Nuova Via della Seta (clicca
QUI) nell’ ambito del quale fa affermazioni impegnative:
“C'è anche il problema di chi possiede effettivamente il porto di Trieste.
Gli accordi attuali sono legittimi secondo la legge italiana in qualsiasi porto italiano, tuttavia il porto franco internazionale di Trieste non appartiene all'Italia o all'Unione europea.
È affidato all'amministrazione civile temporanea del governo italiano dagli Stati Uniti e dal Regno Unito come governi di amministrazione primaria per conto del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Questo è stato stabilito dalla risoluzione S / RES / 16 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (1947) come parte del trattato di pace...
In altre parole, il porto di Trieste apre le sue porte a tutti i paesi e proibisce la creazione di una parte dell' area sotto il controllo esclusivo di qualsiasi paese o stato...
…la sicurezza di questo porto
strategico è stabilita dalla convenzione delle Nazioni Unite come competenza
della NATO.”
L’ articolo nel suo complesso evidenzia
il grande lavoro fatto dall’ attuale gestione del porto per inserire Triste nei
circuiti internazionali e come stiano circolando le notizie e l’ immagine del
Porto Franco a differenza del passato.
E conferma che novità positive anche per il livello amministrativo della città possono venire solo dal pieno inserimento nei circuiti internazionali.
Lavorare per la connessione internazionale di Trieste tramite il Porto Franco Internazionale è la priorità assoluta.
E conferma che novità positive anche per il livello amministrativo della città possono venire solo dal pieno inserimento nei circuiti internazionali.
Lavorare per la connessione internazionale di Trieste tramite il Porto Franco Internazionale è la priorità assoluta.
Sotto riportiamo la traduzione dell’ articolo fatta da noi e il testo in
inglese.
Trieste: ritorno della Via della Seta
oppure la Cina “vede” il bluff italiano?
23/1/19
23/1/19
Ci sono stati molti commenti sulle intenzioni e sullo sviluppo della spinta
della Cina ad aumentare il commercio e la sicurezza energetica con
l'Europa.
Stante la modalità dell’ annuncio di Xi Jinping riguardante l’ intenzione
della Cina di far rinascere la Via della seta originale attraverso la Belt Road
Initiative (BRI) si può capire il ritardo dell’ interesse per gli sviluppi in
Europa e nel Mediterraneo.
Le differenze nella comprensione delle intenzioni della Cina, hanno creato
strategie di impegno alternative.
I diversi approcci si riflettono sul modo in cui la Grecia e l'Italia si
sono avvicinati alla Cina - e si può sostenere che il governo italiano sia
stato spiazzato dai cinesi - in particolare nei porti del Pireo e di Trieste.
Per capirlo, dobbiamo ricordare
brevemente la storia della Via della Seta.
Le rotte commerciali originali
collegavano Occidente e Oriente per secoli.
Il Mediterraneo ha svolto un ruolo
centrale, collegando merci, culture e persone. Ha fornito il collegamento tra
il commercio di terra e di mare e ha fornito il percorso per gli scambi tra
l'Europa e i mercati del Nord Africa.Ha rappresentato anche la concorrenza
marittima e commerciale tra l'Italia e la Grecia per secoli, con la loro
importanza strategica che venne ulteriormente rafforzata in seguito alla
costruzione del Canale di Suez.
In sostanza tutto questo si ripete sotto
gli auspici della BRI con il programma infrastrutturale che associa i porti
alle reti ferroviarie (vie interne) per collegare i mercati e fornire alla Cina
uno sbocco occidentale per garantire il commercio e l'energia.
I porti e le organizzazioni marittime
stanno solo ora riconoscendo come questa intermodalità porto-ferrovia stà
rivoluzionando i traffici.
Come la Cina è andata a “vedere” il
bluff italiano?
Nelle fasi iniziali della BRI l'Italia
ha tenuto conto dell’ opinione di molti in Occidente che sostengono la Cina
stia semplicemente cercando di affermarsi come il nuovo egemone mondiale
conquistando il controllo di posizioni strategiche attraverso la “diplomazia
del debito” e comunemente riferendosi alla “trappola del debito”.
Ha inoltre affermato che il BRI
presentava rischi per la sicurezza e avrebbe comportato un aumento della
militarizzazione della regione.
La Grecia invece, riguardo il porto del
Pireo, ha visto i BRI in modo diverso e ha ritenuto la BRI un mezzo per
sollevare la propria economia impegnandosi con la Cina. A guidare il gruppo
c'era la mastodontica cinese Cosco Shipping Holdings, che portava 50 corridoi
di trasporto per container marittimo attraverso 100 porti. Dopo aver preso una
quota del 51% nel porto greco del Pireo, ha trasformato questo porto sonnolento
in un terminale di “transhipping” (trasbordo) chiave che collega le spedizioni
marittime dall'Asia alla ferrovia e alle strade che si snodano verso altri
mercati europei (rotte interne).
Ha proposto il nuovo modello di Via
della Seta che collegava i porti ai mercati dell'hinterland con le ferrovie che
fungevano da trasporto per il primo e l’ ultimo miglio.
I risultati di questo impegno
hanno visto il Pireo godere del crescente commercio di container della Cina, che
costituisce il 32% della flotta globale di container.
Mentre il trasporto via mare tra Europa
e Asia è rallentato nel 2018, il Pireo ha, al contrario, segnato una crescita
come porta marittima della Cina verso l'Europa meridionale, passando da 3,75 milioni
di teu nel 2017 a un previsto 4 milioni di teu nel 2018.
Con la Cina che applica il suo affermato
approccio di libera scelta alla partecipazione alle BRI, l'Europa occidentale
si sta risvegliando e rivoluzionando il modus operandi.
L'Italia è stata attenta a sottolineare
che sta coinvolgendo la Cina su tutti i porti italiani, sostenendo che i
medesimi offrono più del Pireo in termini di piattaforma logistica per
l'Europa centrale e meridionale, ma anche in Nord Africa.
Inoltre, l'Italia ha sottolineato che
non venderà asset nonostante le sue infrastrutture siano in uno stato di crisi.
Haincoraggiato la partnership e gli investimenti in infrastrutture che offrono
un accesso più semplice al mare.
Tuttavia, Pechino ha dichiarato il suo
interesse nel porto nord-orientale di Trieste piuttosto che nel porto di Genova
proposto.
Trieste si adatta ai piani della Cina in
quanto è già collegata per ferrovia ad Austria, Belgio, Repubblica Ceca,
Germania, Ungheria, Lussemburgo e Slovacchia.
L'Italia ha anche sottolineato che la
Cina ha fatto un "errore" con la Grecia in quanto non è facilmente
raggiungibile dai mercati europei per ferrovia.
Oltre a quanto sopra, Trieste ha
vantaggi strategici di localizzazione per gli scambi commerciali tra Suez,
Mediterraneo, Europa centro-orientale e la nuova rotta artica. Questi vantaggi
includono i suoi 18-20 m di profondità d'acqua, lo status giuridico di “porto
franco internazionale” e il porto più settentrionale del Mare Adriatico.
Ora Trieste sta pubblicizzando
apertamente la propria posizione geografica e logistica in Cina, in particolare
il suo status di “porto franco internazionale” che consente di dare concessioni
pubbliche sulle principali aree portuali.
Ora sta cercando di recuperare terreno
perduto posizionandosi per sfruttare questa nuova modalità di trasporto
intermodale aggiungendo ulteriori funzionalità al suo servizio.
Lo status di porto franco rende
possibile servizi a valore aggiunto come il carico, lo scarico, lo stoccaggio e
la produzione senza dover pagare le tasse nonchè la libertà di transito
delle merci verso altri Stati europei.
L'attenzione non è tanto al numero
di container movimentati, quanto il valore aggiunto in relazione a quei
container. Ad esempio, Trieste sta cercando 1,3 miliardi di dollari per rendere
l'accesso stradale / ferroviario ai container sia efficiente.
Ciò sarebbe possibile grazie a una
grande banchina, un terminal ferroviario, aree di deposito container e una
“zona franca” che può essere utilizzata per il deposito e l'assemblaggio delle
merci.
La Cina sta cercando di coprire la metà
del costo con il saldo proveniente da paesi come il Kazakistan, l'Azerbaigian,
la Turchia, l'Iran e la Malesia.
È interessante notare che l'Italia sarebbe il primo paese del G7 a firmare un MOU all'interno del quadro BRI.
È interessante notare che l'Italia sarebbe il primo paese del G7 a firmare un MOU all'interno del quadro BRI.
Grazie all’ impegno verso la Cina,
Trieste ha raddoppiato il suo traffico di container dal 2016, visto che lavora
per catturare parte del 70% del commercio che passa tra l'Europa e la Cina
attraverso rotte marittime.
Nel 2016 ci sono stati 486.000 teu spostati,
ma nel 2018 è stato registrato un balzo drastico a 730.000 teu. Il numero di
treni gestiti è anche raddoppiato da 5.000 a 10.000 nello stesso periodo.
Mentre questi dati sono relativamente piccoli se si considera che il Pireo
aveva 4 milioni di container nel 2018, ma è un passo nella giusta direzione.
Nuvole all’ orizzonte ?
Con l'attuale livello degli investimenti
cinesi nelle aziende italiane si teme che la Cina otterrà il controllo quasi
completo del porto franco internazionale di Trieste.
Ciò darebbe alla Cina una testa di ponte
significativa per la penetrazione economica e strategica in Europa.
L' UE ha sollevato questi problemi di
sicurezza con l'Italia e ha proposto un meccanismo di screening per i settori
industriali sensibili alla sicurezza.
Nel dialogo UE / Italia è incluso il
contenimento della proprietà cinese alla quota di minoranza e il mantenimento
del controllo di sicurezza sulle attività chiave.
Si sta facendo rispettare l'accordo del
1954 che conferisce alla NATO la responsabilità per la sicurezza del porto.
C'è anche il problema di chi possiede
effettivamente il porto di Trieste.
Gli accordi attuali sono legittimi
secondo la legge italiana in qualsiasi porto italiano, tuttavia il porto franco
internazionale di Trieste non appartiene all'Italia o all'Unione europea.
È affidato all'amministrazione civile
temporanea del governo italiano dagli Stati Uniti e dal Regno Unito come
governi di amministrazione primaria per conto del Consiglio di sicurezza
dell'ONU. Questo è stato stabilito dalla risoluzione S / RES / 16 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (1947) come parte del trattato di pace.
In altre parole, il porto di Trieste
apre le sue porte a tutti i paesi e proibisce la creazione di una parte dell' area sotto il controllo esclusivo di qualsiasi paese o stato.
Conclusioni
C'è una quantità significativa di fumo e
miraggi con il porto di Trieste, ma ciò che è chiaro è che l'Italia vuole
partecipare come componente del BRI. Questa scelta è stata determinata
dall'impegno della Cina con il Pireo in Grecia. Mentre vengono sollevate
diverse questioni, la Cina può sostenere la natura trasparente e inclusiva
delle BRI, in particolare perché non cerca la proprietà di maggioranza dei beni
strategici e accetta la sicurezza e la sicurezza di questo porto
strategico è stabilita dalla convenzione delle Nazioni Unite come competenza
della NATO.
L’ autore Andre Wheeler:
CEO di Asia Pacific Connex con oltre 20
anni di esperienza nel business internazionale, con una rete diversificata in
tutti gli Stati Uniti, Asia, Sud-est asiatico, Africa e Regno Unito. Con una
laurea in Scienze (Hons) e un MBA, sta attualmente lavorando per la sua
iniziativa Dottorato sull'impatto dell'iniziativa China One Belt One Road.
Andre ha esperienza in petrolio / gas, costruzioni, servizi marittimi e
miniere.
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Trieste: Silk
Road return or how China called Italy’s bluff?
There has been much commentary
around the intent and development of China’s push to increase it trade and
energy security with Europe. Taking the view that the Xi Jinping announcement
that China was giving rebirth to the original Silk Road through the
announcement of the Belt Road Initiative (BRI), one can understand why
developments in Europe and the Mediterranean have attracted interest of late.
This interest underscores how the differences in understanding the intent of
China, created alternative engagement strategies. The different approaches are
reflected in how Greece and Italy approached China, and how it can be argued
that the Italian government was outsmarted by the Chinese, particularly around
the ports of Piraeus and Trieste.
In order to understand this,
we need to have brief reminder of the history of the Silk Road. The original
trade routes connected west to East over centuries. The Mediterranean played a
central role, connecting cargos, cultures and people. It provided the connection
between land and sea trade, as well as providing the pathway for trade between
Europe and markets in North Africa. It also reflects the maritime and trade
competition between Italy and Greece has been around for centuries, with their
respective strategic importance being further enhanced following the
construction of the Suez Canal. In essence this is being repeated under the
auspices of the BRI with the infrastructure program pairing ports with rail
(inland routes) networks to connect markets as well as provide China with a
western outlet to secure trade and energy. Ports and shipping organisations are
only now recognising how these port-rail pairings are revolutionising trade.
How China called Italy’s
bluff?
In the initial phases of the
BRI, Italy took the view of many in the West, arguing China was merely trying
to establish itself as the new world hegemon by gaining control of strategic
locations through debt diplomacy and commonly referred to debt trap. It also
argued that the BRI presented security risks and would lead to increased
militarisation of the region.
Greece, in the form of Piraeus
saw the BRI differently and saw the BRI as a means to lift their economy by
engaging with China. Leading the pack was the Chinese mammoth Cosco Shipping Holdings,
operating 150 sea-rail container transportation corridors through 100 ports.
After taking a 51% stake in the Greek port of Piraeus it turned this sleepy
port into a key transhipment terminal connecting maritime shipments from Asia
to rail and roads that snake into more European markets. It delivered the new
Silk Road model that connected ports to hinterland markets with rail serving as
last and first mile transportation. The results of this engagement saw Piraeus
take advantage of the growing container trade of China, which constitutes 32%
of the global container fleet. Whilst seaborne trade between Europe and Asia
slowed in 2018, Piraeus witnessed growth as China’s maritime gateway to
southern Europe, growing from 3.75m teu in 2017 to an anticipated 4m teu in
2018.
With China applying its stated
free-choice approach to participation in the BRI, Western Europe is waking up
to the ground breaking modus operandi. Italy has been careful to stress that
they are engaging China on a whole ‘Italian Port’ basis, arguing that Italian
ports offer more than Piraeus in terms of a logistics platform for central and
southern Europe, but also into North Africa. Furthermore, Italy has stressed
that they will not sell-off assets despite their infrastructure being in a
state of crisis. They have encouraged partnership and investment in
infrastructure that offers a simpler access to the sea.
However, Beijing has declared
its interest in the north-eastern port of Trieste rather than the touted Genoa
port. Trieste suits China’s plans as it is already connected by rail to
Austria, Belgium, the Czech Republic, Germany, Hungary, Luxemburg and Slovakia.
Italy has also been at pains to point out that China made a “mistake” with
Greece as it is not within easy reach of European markets by rail. Over and
above these claims, Trieste has strategic location advantages for trade between
the Suez, Mediterranean, Central-Eastern Europe and the new Arctic Route. These
advantages include its 18-20 m water depths, legal status as an international
free port as well as being the most northern part of the Adriatic Sea.
Trieste is now openly
marketing its location and position to China, particularly their international
free port status that allows public concessions over the main free port areas.
They are now trying to make up lost ground by positioning themselves to
leverage this new transportation mode by adding more features to their service.
The free port status makes it possible for value added services such as
loading, discharging, storing and manufacturing without having to pay taxes and
freedom of transit of goods to other European States. The focus is not so much
the number of containers moved but the value added in relation to those
containers. For example, Trieste is in the process of seeking $1.3bn so that
road / rail access to containers is more efficient. This would be made possible
by a large quayside, a railway terminal, container deposit areas and a free
zone that can be used for warehousing and goods assembly. China is looking to
cover half the cost with the balance coming through countries such as
Kazakhstan, Azerbaijan, Turkey, Iran and Malaysia. It is interesting that Italy
is the first G7 country to sign an MOU within the BRI framework.
By engaging with China,
Trieste has doubled its container traffic since 2016 as it works to take
capture some of the 70% of trade that passes between Europe and China via sea
routes. There were 486,000 teu moved in 2016 but saw a dramatic jump to 730,000
teu in 2018. The number of operated trains has also doubled from 5000 to 10,000
over the same period. Whilst these are relatively small when considering that
Piraeus had 4m containers in 2018, it is a step in the right direction.
Clouds on the horizon?
With the current level of
Chinese investment into Italian Companies it is feared that China will obtain
almost complete control of the international free port of Trieste. This would
give China a significant bridgehead for both economic and strategic penetration
into Europe. The EU has raised these security concerns with Italy and has
proposed a screening mechanism for security-sensitive industrial sectors.
Included in the EU / Italy dialogue is to restrict Chinese ownership to
minority shareholdings as well as retaining security control over key assets.
It is enforcing the 1954 agreement that gives NATO responsibility for security
of the port.
There is also the issue of who
actually owns Trieste port. Current agreements are legitimate under Italian Law
in any Italian port, however the international free port of Trieste does not
belong to Italy or to the EU. It is entrusted to the temporary civil
administration of the Italian government by the US and the UK as primary
administration governments on behalf of the UN Security Council. This was
established under UN Security Council Resolution S/RES/16 (1947) as part of the
Treaty of Peace. In other words, the Trieste port opens its doors to all
countries and forbids the establishment of the part area’s under the exclusive
control of any one country or state.
Conclusion
There is a significant amount
of smoke and mirrors with the port of Trieste, but what is clear is that Italy
are wanting to participate as a component of the BRI. This realisation has been
brought about by China’s engagement with Piraeus in Greece. Whilst there are
issues being raised, China can point to the transparent and inclusive nature of
the BRI, particularly as they do not seek majority ownership of key assets and
accept the security and safety of this key port is enshrined in UN convention
as being the responsibility of NATO.
Andre Wheeler
CEO of Asia Pacific Connex with more than 20 years’
experience in international business, with a diverse network throughout the
USA, Asia, SE Asia , Africa and the United Kingdom. Holding a B. Science (Hons)
degree and an MBA, he is currently working towards his Doctorate on the Impact
of the China One Belt One Road initiative. Andre has expertise in oil/gas,
construction, marine services and mining.
Salve
RispondiEliminaSiamo un gruppo finanziario privato. Siamo italiani, se siete un libero professionista, uno studente universitario,una casalinga o un disoccupato, potete ottenere un prestito veloce per risolvere le vostre difficoltà finanziarie.È affidabile e sicuro.
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