RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

venerdì 9 febbraio 2018

FOIBE E PULIZIA ETNICA: ORRORI CHE HANNO TRAVOLTO TRIESTE SCONVOLGENDONE DEMOGRAFIA, SOCIETA' E POLITICA RAFFORZANDO IL NAZIONALISMO - NON SONO STATE SOLO UN CRIMINE CONTRO L' UMANITA' MA ANCHE UN DANNO IRREPARABILE PER TRIESTE -


Ricorre il "giorno del ricordo" e proponiamo ai nostri lettori una lettura di quei tragici fatti che guarda alle conseguenze pesantissime che ha subito Trieste.

Foibe e "pulizia etnica", in quel caso a danno delle popolazioni di lingua italiana, non sono solo crimini contro l' umanità che purtroppo si sono ripetuti più volte a danno di diversi popoli nelle aree balcaniche a noi vicine, ma hanno arrecato anche un danno tremendo a Trieste provocando un flusso di profughi che ne ha sconvolto la demografia e gli assetti sociali. 


Dall' intervista al prof. Alberto Gasparini, studioso dell’Università di Trieste, già docente ordinario di Sociologia e direttore del dipartimento di Scienze politiche nonché presidente dell’Isig – Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia pubblicata sul Piccolo del 4 febbraio (pag.23):
"Trieste da decenni ormai vede più decessi che nascite. Perché?


Trieste è stata famosa sempre per essere vecchia. Però se andiamo a vedere indietro nel tempo, nel 1911 c’erano 229.445 abitanti (203.000 nel 2017 ndr), che diventano nel ’51 271 mila e nel ’71 276 mila.
Nel ’91 c’è un tracollo: la popolazione scende a 230 mila. I residenti calano del 16,56%. Dal ’91 al 2011 diminuiscono ancora di 22 mila persone.
Vediamo dunque che sostanzialmente l’esplosione è nel ’51, il che significa che è l’esodo degli istriani che aveva inciso. Gli esuli, che si erano fermati a Trieste e che non avevano seguito i figli migrati in Canada, in Australia o in altre parti d’Italia, sono genitori anziani che sono rimasti qui e hanno così incrementato la fascia, appunto, anziana.
Ciò ha contribuito a far diventare Trieste una città sempre più vecchia, senza un ricambio.
Il problema è anche che Trieste, così come Gorizia, non offriva grandi posti di lavoro e dunque la gente tendeva ad andarsene." 


Nel maggio del '57 la rivista "Trieste" stimava il numero dei profughi a Trieste in 50.000 unitá. 
Un tale massiccio arrivo, inurbamento e insediamento di popolazioni non provenienti da aree metropolitane bensì da piccoli centri e aree rurali, e ovviamente facilmente influenzabili dalla propaganda nazionalista, sconvolse  la composizione demografica e sociale di Trieste che contemporaneamente vedeva una partenza di migliaia di concittadini (circa 16.000) successiva all' arrivo dell' Italia nel 1954.
E che aveva già visto nel primo dopoguerra l' allontanamento della componente tedesca e, durante il fascismo, la pesante oppressione  sui concittadini sloveni fin dal 1919 per non parlare delle persecuzioni contro i concittadini ebrei a partire dal 1938.

Ne sconvolse anche il mercato del lavoro, indebolendo fortemente le organizzazioni dei lavoratori e creando aspri conflitti con la classica "guerra tra poveri".

E' di quel periodo la popolare canzonetta triestina "Gazetino Giuliano":" Xe più esuli qua / che formìgole in tèra /  i ne ruba el lavòr / i ne magna 'l panin, semo in tera straniera. Sona sona per mi / Gazetìno giuliano".


Le forze politiche della destra nazionalista italiana si gettarono su questa situazione come avvoltoi strumentalizzando la tragedia degli esuli e costruendosi una base che poi è perdurata per molti decenni alimentando miti come quelli di "Trieste Italianissima".

"Questo abnorme numero di persone, nella gran parte sostentate da misure assistenziali e residenti in campi profughi o in alloggiamenti di fortuna, incise non poco sui sistema sociale della citta. Molti triestini si sentirono usurpati nella loro stessa cittá da quelli che venivano considerati come "privilegi" concessi dal governo ai profughi; altri, specialmente coloro che avevano caldeggiato la causa indipendentista del Territorio Libero di Trieste, cominciarono a sentirsi "stranieri in patria"; altri ancora si ritrovarono in una situazione di assoluta indigenza dovuta alla mancanza di lavoro ed alla crisi economica che colpi la cittá dopo la partenza degli angloamericani. In questo panorama l'emigrazione venne a presentarsi come possibilitá concreta di emanciparsi da una situazione sociale ed economica (ma spesso anche política) non gradita" (da "L' emigrazione da Trieste nel dopoguerra" di Piero Purini  - Annales  10/97: clicca QUI per l' interessante articolo).


Come si vede le tensioni create da migrazioni non sono solo cosa di questi giorni.
Così come oggi condanniamo moralmente le guerre che provocano migrazioni incontrollate così dobbiamo condannare le "pulizie etniche" del passato.
Il doppiopesismo non va bene nè a sinistra nè a destra: oggi vediamo forze politiche che hanno costruito la propria fortuna schierandosi con i profughi di allora, strumentalizzandone la tragedia, scagliarsi con violenza contro gli attuali immigrati, come se allora non ce ne fossero stati tantissimi di "economici" e allettati dalle false promesse di una vita migliore in Italia.
Così come vediamo, da parte opposta, accese condanne dei conflitti attuali e dimenticanza sulle efferatezze compiute da forze militari nominalmente "comuniste".


La tragedia delle Foibe si inserisce all'interno di un fenomeno più ampio  e che fu legato all'affermarsi degli stati nazionali in territori etnicamente misti e dove secondo alcuni storici, l'identità e l'etnia degli individui e delle popolazioni erano più processi costruiti politicamente che dati immutabili e naturali.
Dal periodo che vide l' affermazione degli Stati-Nazione e dei conseguenti nazionalismi le "pulizie etniche" sono state numerose e sovente reciproche.


Da quell' esodo la composizione sociale, sindacale e politica di Trieste ne uscì artificialmente stravolta, con la crescita di una forte componente nazionalista italiana alimentata successivamente anche dalla forte immigrazione di dipendenti pubblici dall' Italia, e di questo stato di cose deve tener conto chiunque voglia operare per lo sviluppo economico e sociale della nostra città che ha in una forte autonomia una sua tappa intermedia ineludibile.

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