RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

giovedì 11 gennaio 2018

C'E' UN MACIGNO SULLA NOSTRA TESTA - LA PIENA EXTRATERRITORIALITA' DOGANALE DEI PUNTI FRANCHI ANCHE RIGUARDO ALLA UE E IL RISPETTO DELL' ALLEGATO VIII SONO LA BASE PER IL FUTURO ECONOMICO E LA PACE SOCIALE A TRIESTE – E' probabile che lobby e burocrazie si attivino per depotenziare il nostro Porto Franco, come in passato: vedi l’ abortito Centro Finanziario Off- Shore della legge 19/91.



Abbiamo memoria sufficiente per ricordarci come ogniqualvolta si sono prospettate possibilità di utilizzo del regime di Punto Franco per creare sviluppo economico a Trieste sono entrati in azione freni, ostruzionismi ed interventi di burocrazie e lobby che hanno finito per far abortire tutto.
Come ricordava Zanetti (presidente per 13 anni dell' Ente Porto) sul Piccolo del 9/11 ci sono sempre stati ostruziomismi sul Porto Franco e "nella stessa Trieste c’era chi non credeva più tanto ai vantaggi".

Uno dei più fulgidi esempi è stato negli anni ’90 il “Centro Finanziario Off-Shore” previsto nel Punto Franco di Porto Vecchio dalla Legge 19/91, art. 3, comma 1 e 4, voluta da personaggi del calibro di Beniamino Andreatta con l’ interessamento di Generali e Fiat.
Ciononostante con progressivi slittamenti sono riusciti a bloccare tutto e a farlo finire nell’ oblio. Con il determinante contributo dell' italianissimo prof. Mario Monti allora Commissario Europeo alla Concorrenza ed il plauso di una parte particolarmente ebete della "élite" triestina.

Le passate brutte esperienze ci rendono diffidenti e vigili sul fatto che manovre sottotraccia e interventi burocratici e/o ostruzionistici possano ostacolare nei fatti, se non nel diritto, l’ utilizzo produttivo e gli insediamenti industriali nei Punti Franchi previsti dal Decreto Attuativo arrivato con 23 anni di ritardo nel luglio di quest’ anno e rinforzato dall’ art. 66 della “Finanziaria 2018” appena approvata.

E’ giunto il momento dei fatti, di vedere la realizzazione degli insediamenti industriali, e di vedere pienamente operative le facilitazioni per gli investitori specialmente asiatici in modo che la candidatura di Trieste a Terminal Mediterraneo della Nuova via della Seta Marittima si concretizzi.

Sappiamo tutti che potenti lobby politico-economiche italiane avversano il regime di Porto Franco di Trieste
L’ ex ministro "prodiano", sindaco di Venezia e direttore dell’ Autorità Portuale di Venezia Paolo Costa si è fatto più volte portavoce di queste posizioni ed anche oggi sull’ edizione veneta del Corriere scrive l' articolo “Solo la Cina può salvare Venezia” riproponendola per l' ennesima volta come Terminal della Via della Seta Marittima.
Si dovrebbe, però, indicare agli investitori cinesi un solo porto e intorno a quello costruire: non uno spezzatino di porticcioli sul lato sabbioso e con bassi fondali dell' Alto Adriatico.


Non è difficile per questi ambienti - o per altri - reclutare zelanti funzionari in grado di mettere quotidianamente e cavillosamente i bastoni tra le ruote agli operatori e alla stessa Autorità Portuale: la triste storia dei rapporti del Porto Franco di Trieste con le Dogane e le Ferrovie Italiane è un caso esemplare da studio.

Infatti ci aspettiamo azioni di contrasto e sabotaggio operativo dell’ utilizzo produttivo dei Punti Franchi di Trieste che è ormai avviato sul piano legislativo e del marketing internazionale.
Forse anche a livello centrale e di preferenza  sui temi doganali.

Il Porto Franco Internazionale di Trieste è territorio EXTRADOGANALE SIA RISPETTO ALL’ ITALIA CHE ALLA UE, e lo è senza possibilità di contestazione alcuna, e senza alcun obbligo di comunicazione preventiva da parte del Governo di Roma a Bruxelles, perchè deriva dal Trattato di Pace del’ 47 recepito nei Trattati di Roma del 1957 che sono all’ origine della UE, precisamente all'art. 234 che garantisce la salvaguardia degli impegni pattizi precedentemente sorti.

L’articolo 169 del Dpr n. 43/73 (Testo unico della legge doganale) stabiliva poi che per i punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste previsti nell’allegato VII del Trattato di pace, dovevano restare ferme, in deroga a quanto stabilito negli articoli precedenti del medesimo Testo unico, le disposizioni più favorevoli.
E del resto, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del Codice Doganale Comunitario “sono fatte salve le convenzioni internazionali ai fini dell’applicazione del medesimo codice”, e quindi, anche il predetto Trattato di pace di Parigi.
Un Trattato di Pace firmato da decine di paesi alla fine di un conflitto mondiale non è una legge interna che va notificata ai burocrati di Bruxelles altrimenti ignari, ma ha rango di fonte giuridica internazionale primaria, recepita peraltro nell' atto fondativo della UE.

Pertanto nessuno può sognarsi di contestare la piena extraterritorialità doganale dei Punti Franchi anche rispetto alla UE o inventarsi la necessità di procedure di richiesta o notifica alla UE. 
Questa tecnica la conosciamo già: è quella usata per affossare il Centro Finanziario Off-Shore degli anni '90 !
Ed ha visto come protagonisti gli italiani più che i burocrati europei.


La pace sociale di cui il Porto e la Città attualmente godono si basano sulla fiducia che l’ utilizzo produttivo del regime di Punto Franco e il rispetto dell’ Allegato VIII creino condizioni di concreto e rapido sviluppo economico e sociale.

Trieste non ha un tessuto di artigiani rinascimentali poi trasformatisi in piccole aziende come nel Nord – Est italiano che fa capo al Porto di Venezia.
E infatti solo il 10% dell’ attività del Porto di Trieste è verso il mercato interno italiano.

Trieste è nata in epoca recente intorno al Porto Franco che era il principale porto dell' Impero, il più vasto mercato unificato europeo dell' epoca, e alle attività connesse.
Le particolarità di Trieste che sono uniche e creano il suo “Mare Blu” ovvero la sua "nicchia" relativamente carente di branchi di squali feroci sono:

1) I fondali profondi e la posizione strategica rispetto alla Mitteleuropa che ci ha dato Dio.

2) Il Porto Franco che ci ha dato l’ Imperatore.

3) Le ferrovie che ci ha dato l’ Austria (e si tratta di ferrovie progettate per portare pesanti carichi siderurgici dalla Boemia e non calzature e tessuti di moda).

4) La tradizione di industrie, principalmente navalmeccaniche e cantieristiche, servizi, finanziari compresi, e ricerca che ci hanno dato i Triestini, nativi o acquisiti, che sono venuti prima di noi e che oggi si esprime anche nella moderna area scientifica e di ricerca (a Trieste sono stati inventati e collaudati l' Elica Navale nel 1829, i "Cuscinetti a Sfera" e la "Posta Pneumatica" negli stessi anni).


L’ Italia ci ha dato invece guerre, odi nazionalisti e razziali che ci hanno diviso, decadenza, burocrazia, fisco rapace e rogne di ogni genere.

Dall’ attivazione produttiva dei Punti Franchi e dalla connessione con la Mitteleuropa e l’ Oriente vicino e lontano dipende la nostra sopravvivenza: abbiamo perso un quarto della popolazione dagli anni ’70 e tutte le attività languono.
Sullo schermo che riporta il debito pubblico nazionale che Dipiazza ha voluto masochisticamente esporre è rappresentato il disastroso stato dell' Italia e chiarisce che da li non arriverà niente anche perchè sono alla canna del gas.

La possibilità di inserirsi nei nuovi flussi generati dalla “Nuova Via della Seta” e dai nuovi assetti geopolitici globali durerà poco tempo e non possiamo permetterci di perdere la faccia con gli investitori cinesi nè di coinvolgerli nelle bibliche attese delle burocrazie italiote, come ha già fatto Taranto che adesso di conseguenza ha chiuso il terminal container dove ormai nidificano i gabbiani.

Dovesse saltare questa possibilità, realizzabile grazie anche all’utilizzo produttivo dei Punti Franchi nella pienezza della loro potenzialità, come fatto balenare sia qui che all’ estero creando forti aspettative, salterebbe anche la pace sociale.

Non ci sarebbe più il complice e stolido silenzio degli anni '90 sull' affossamento del Centro Finanziario Off-Shore.

Perché ai triestini non resterebbe altra strada che quella della ribellione - in piena campagna elettorale -, potenziata dalla delusione per l' ulteriore inganno, e della dura opposizione all’ ennesimo sopruso, comunque imbellettato e avvolto nella vaselina.

Viceversa atti concreti con cui l’ Autorità Portuale procedesse risoluta operando in autonomia e spazzando via ogni residuo ostacolo usando tutti i numerosi poteri ora conferitigli syu Punti Franchi con il
 decreto di luglio e l' art. 66 della Finanziaria,  vedrebbero un vasto, convinto, duraturo e concreto appoggio dei cittadini e dei lavoratori. 





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