RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

martedì 5 dicembre 2017

“TRIESTE NON E’ UNO DEI 30 PORTI ITALIANI MA LO SCALO DEL CENTROEUROPA”: LO DICE PERFINO “IL PICCOLO” – IL MOMENTO POSITIVO E LE OPPORTUNITA’ NON DEVONO ESSERE GUASTATE DALLA BUROCRAZIA E DAL FISCO ITALIANI: CI VUOLE UNA FORTE AUTONOMIA DEL TERRITORIO CHE DEVE POTER RISPONDERE IN TEMPI RAPIDI ALLE ESIGENZE DEI MERCATI MONDIALI - E' RAGIONEVOLE CHE IL PORTO DELLA MITTELEUROPA DIPENDA DAI MINISTERI ROMANI FAMOSI PER INEFFICIENZA E LUNGAGGINI ? CHE DIPENDA DA ROMA O DA UDINE ?


Sul Piccolo di lunedì, dopo aver letto dell' interesse della Cina per il Porto Franco Internazionale di Trieste e l' annuncio dell' arrivo di una nuova delegazione cinese, leggiamo questa frase sorprendente a pag. 16: " a cent’anni dalla fine della Prima guerra mondiale, Trieste nei fatti non è più uno dei trenta porti italiani, ma è tornata ad essere lo scalo del Centroeuropa".
E' sorprendente perchè è la verità finalmente scritta sul Bugiardello dopo un secolo di bufale.
A cent' anni dalla sciagurata Grande Guerra, che si ostinano a celebrare con fanfare e pennacchi pure nel 2018 (in aggiunta a Via Almirante), Trieste con il suo porto non è stata integrata nel mercato italiano, come auspicavano i nazionalisti italiani e continua ad essere quello che è sempre stata: lo sbocco al mare  Mediterraneo e a Suez della Mitteleuropa, di cui fa parte.

Solo il 10% del lavoro del nostro porto si realizza con il mercato interno italiano, mentre il 90% è con l' estero.
Lo dice lo stesso articolo del Piccolo poche righe prima: "basta controllare su una carta geografica il fitto reticolo disegnato dalle migliaia di treni carichi di merci che da qualche anno, con crescita costante, arrivano e partono dal porto di Trieste: per il 90% sono a servizio della mitteleuropa."
Un' altra verità scritta finalmente e per la prima volta sul Bugiardello.

Ed ecco il reticolo ferroviario che rappresenta graficamente le vere radici di Trieste.
A questo reticolo ci auguriamo si aggiunga presto la Transalpina da riattivare fino alla stazione di Campo Marzio.






E' evidente che i confini degli Stati Nazione sorti in questi 100 anni non hanno niente a che fare con questa realtà funzionale :

 Ma il pericolo che incombe sul pieno sviluppo delle potenzialità di questo "buon momento"  per Trieste sono il peso e gli ostacoli posti dalla burocrazia e dal fisco italiani che hanno già fatto scappare gli investitori cinesi dal porto di Taranto cui si erano inizialmente interessati, per poi stabilirsi al Pireo che è diventato il loro principale hub mediterraneo.

Il territorio su cui insiste il Porto Franco Internazionale deve poter reagire efficacemente e velocemente alle sollecitazioni dei mercati  e degli investitori internazionali.
Se si vogliono attivare o espandere Punti Franchi produttivi in Zona Industriale e altrove non ci devono essere inghippi e rallentamenti.


Le attività produttive devono potersi insediare rapidamente e senza pastoie burocratiche.
E senza vessazioni fiscali: serve una ZES o zona franca fiscale da aggiungere a quella doganale.

Ma l' Italia è un paese che ci mette 23 anni a varare il decreto attuativo per i Punti Franchi di Trieste previsto dalla legge 84/94, facedoci perdere un quarto di secolo di sviluppo.


Il SIN Sito Inquinato Nazionale paralizza praticamente da 16 anni tutta la Zona Industriale senza alcun intervento concreto, ostacolando e rendendo onerosi nuovi insediamenti ed obbligando a defatiganti e costose continue trasferte al ministero romano per qualsiasi pratica e sciocchezza.

Il vincolo architettonico posto su Porto Vecchio dal Ministero romano vincola esterni e interni di palazzi fatiscenti ed aree che potrebbero facilmente essere usate per insediamenti produttivi in regime di Punto Franco, obbligando anche qui a pratiche, lungaggini e costi aggiuntivi irragionevoli.
Il Ministero romano pretende perfino di intervenire con vincoli paesaggistici (legge Galasso) sull' attività del Porto Franco: follie burocratiche di cui l' Italia è specialista e leader mondiale.

E' evidente che ci vuole una forte autonomia, con decisioni prese rapidamente e qui sul territorio e non nei meandri dei "misteri dei ministeri".

E la stessa Regione è una fabbrica di burocrazia e lungaggini oltrechè di paralisi per conflitti endemici tra Friuli e Trieste  artificialmente messi insieme pur avendo interessi, storia, economia diversi.


E' RAGIONEVOLE CHE IL PORTO DELLA MITTELEUROPA DIPENDA DAI MINISTERI ROMANI FAMOSI PER INEFFICIENZA E LUNGAGGINI ?
CHE DIPENDA DA ROMA O DA UDINE?

E' chiaro che una forte autonomia è una necessità vitale per non perdere il treno della storia e le opportunità che oggi si presentano grazie anche all' improvvisa buona stampa  cui devono però seguire i fatti: non è ancora l' indipendenza vagheggiata da alcuni, perseguibile in tempi lunghi, ma una necessità attuale e vitale per lo sviluppo della nostra città portuale su cui tutti possiamo e dobbiamo essere uniti, dimenticandoci ideologie e divisioni.
Facciamo un bel S.Nicolo' a Trieste !

2 commenti: