RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

domenica 31 dicembre 2017

2018 LA SVOLTA - PORTO FRANCO: BATTAGLIA GIUSTA E VINCENTE - "I punti franchi non erano l’ossessione di quattro nostalgici di un mondo estinto" lo scrive persino il Piccolo - IN ITALIA TUTTE LE COSE BUONE SONO MINACCIATE DALLA MAFIA - Autonomia come a Bolzano, e collaborazione mitteleuropea sulla sicurezza, per non permettere a burocrazia, fisco e criminalità italiani di sabotare la rinascita di Trieste e del suo Porto Franco Internazionale -

"I punti franchi non erano l’ossessione di quattro nostalgici di un mondo estinto" lo scrive persino il Piccolo smentendo se stesso (vedi sotto) visto che era stato il principale responsabile mediatico della denigrazione del Porto Franco definito continuamente "obsoleto e inutile", "questione da nostalgici" e perfino "da abolire" (copyright Pacorini) in ossequio al pensiero unico di una classe politica e dirigente locale che ha perso la bussola da decenni.

Invece di pensare al "core business" di Trieste che è sempre stato il suo Porto Franco Internazionale, snodo tra Europa Centro-Orientale ed Oriente (medio e lontano), si erano persi in fantasticherie demagogiche sul turismo come motore economico principale con annesse "sdemanializzazioni e urbanizzazioni" in chiave turistica di aree produttive come Porto Vecchio.
Aree di cui Trieste ha invece estremo bisogno perchè sono pochi gli spazi utilizzabili  per una cosa che era ormai divento tabù nominare: industria e manifattura che possono essere pulite e ad alta tecnologia (vedi Saipem e Seleco).

Fortunatamente un movimento popolare a forte componente indipendentista e autonomista ha messo in luce le opportunità del Porto Franco, regolato dall' Allegato Ottavo, costringendo le istituzioni a confrontarsi su questi temi.
E questo è un merito che resterà nella storia di Trieste.

Contemporaneamente la "Nuova via della Seta" del Presidente Xi ha delineato il quadro strategico geopolitico della rinascita del nostro porto.
Siamo stati i primi, e per lungo tempo gli unici a Trieste, a recepirlo e pubblicizzarlo in ogni modo.

Fino a poco più di un anno fa chi parlava di "Porto Franco" e "Nuova Via della Seta", che sono stati i temi centrali del nostro blog Rinascita Triestina, veniva attaccato e persino deriso con accuse che andavano dal "nostalgico" al "velleitario"(entrambi copyright Possamai ex-direttore del Piccolo) all' "utopista".
Ride bene chi ride ultimo: i fatti dimostrano il contrario.

Oggi il giornale locale parla di "due sindaci" di Trieste ma sbaglia.
Abbiamo in realtà un Borgomastro che è il "Direttore del Porto Franco" dell' Allegato VIII che si occupa delle cose serie come lo sviluppo dell' economia e delle connessioni internazionali di Trieste, e una macchietta prodotta da una classe politica disastrata che fa il simpatico ed ha una Giunta e una Maggioranza che è in realtà una fabbrica di gaffe e scemenze che arrivano fin sui media nazionali deteriorando l' immagine pubblica della nostra città.

Ma se può dirsi ormai vinta la battaglia per affermare la centralità e l' importanza del Porto Franco contro le posizioni di una classe politica e dirigente vecchia, incapace e da mandare al macero, non dobbiamo nasconderci i rischi.

In Italia ogni cosa buona viene toccata e trasformata in letame dalla Mafia e ce lo ricorda oggi in prima pagina lo stesso Piccolo.
Ma vi sono pericoli meno spettacolari e più insidiosi che si chiamano Burocrazia e Fisco Rapace particolarmente rigogliosi in Italia e capaci di stritolare le imprese ed allontanare gli investitori internazionali che non possono accettare i tempi biblici e le tortuosità burocratiche italiane.


Non sono pericoli fittizi: al porto di Taranto non arriva più un solo container perchè gli operatori cinesi si sono allontanati, dopo un iniziale interesse, proprio per questi motivi, trasferendosi al porto greco del Pireo che è cresciuto in modo esponenziale.

Noi riteniamo che la principale e urgente medicina per questi problemi sia una forte autonomia e autogoverno del territorio sul modello di Bolzano e delle tuttora Città-Stato Portuali autonome del Nord come Amburgo e Brema: per allontanare lo strapotere paralizzante dei ministeri e permettere al territorio di autogovernarsi e rispondere in tempi rapidi alle sollecitazioni dei mercati internazionali senza interferenze romane.

Nel contempo il segnalato pericolo di infiltrazioni mafiose indica la necessità di autorità di livello europeo preposte alla sicurezza.
Il nostro Porto Franco serve un ampio entroterra mitteleuropeo ed è opportuno che ci sia una azione congiunta e coordinata delle istituzioni preposte alla sicurezza di tutta quest' area europea.  
Si facciano accordi a livello europeo e si uniscano le forze per contrastare la criminalità di ogni tipo a partire dai porti, come il nostro, che servono vaste aree: come si vede quotidianamente l' Italia, malgrado l' impegno e la capacità di singoli magistrati e funzionari, non è in grado di farcela ed ha addirittura perso il controllo di parti del territorio nazionale. 

Non vogliamo finire come Gioia Tauro e c'è bisogno della collaborazione 
sulla sicurezza principalmente con Germania, Austria e Slovenia.


TRIESTE SEMPRE PIU' AUTONOMA ED EUROPEA: questa la strada da perseguire per la rinascita e la liberazione di Trieste dalle sabbie mobili in cui è stata gettata nel 1918, giusto cento anni fa, con la sciagurata annessione all' Italia.

Forse non piacerà a chi si illude di avere tutto e subito e non vuole seguire un percorso di realizzazioni graduali, ma servirà a portare a casa risultati concreti, sviluppo economico e occupazione ed a proseguire sulla strada giusta come è stato fatto col Porto Franco.


E' bene che cominciamo a impratichirci con il millenario pensiero cinese:
"L’uomo che sposta le montagne comincia portando via i sassi più piccoli"
(Confucio).

Ecco l' articolo del Piccolo che abbiamo citato:

I DUE “SINDACI” DI TRIESTE
di ROBERTO MORELLI

 L’aria di rinascita che si respira dipende innanzitutto dalla forma smagliante attraversata dal porto governato da un manager come D’Agostino

Da quanto non accadeva, che Trieste potesse guardare all’anno che verrà con una fiducia non venata d’incognite? Da quanto, che potessimo attenderci una città in condizioni migliori di qui a 12 mesi senza essere presi per folli? Forse non è mai accaduto a memoria recente. E a dirlo fa quasi impressione: il 2018 si apre con ottimi auspici per l’economia del capoluogo e in generale dell’area giuliana.
Se poi gli auspici diventeranno fatti, dipenderà in gran parte da noi.
L’aria di rinascita che si respira come mai in passato ha due anime: il porto e il turismo.
Ed è la prima quella che conta.

La seconda è un acceleratore, un’iniezione di adrenalina; è lo sprizzo di vitalità che promana quando gli spettatori alla tua corsa ti dicono che ce la puoi fare.
La forma smagliante dello scalo dipende da una combinazione di fattori, e in primis da un manager dalle idee chiare e dalla capacità di realizzarle come Zeno D’Agostino, a cui non difetta pure l’abilità di navigazione politica.
Nominato dalla sinistra, non gli è stato torto un capello dalla destra: sia perché ha cercato e trovato la quadratura del cerchio di un conflitto quasi secolare (recupero del porto vecchio e contestuale rilancio del punto franco, anziché le due istanze contrapposte), sia perché ha trovato nel sindaco Dipiazza un sostegno pragmatico e fattivo, laddove un politico più “ideologo” si sarebbe messo di traverso rivendicando le competenze sulle aree cittadine.
La governatrice Serracchiani ha offerto una strategia, un ombrello istituzionale e l’autostrada romana (soldi e decreti), completando il quadro di una troika politicamente scombinata che compone proprio il Comitato di gestione del porto. Con il recente decreto attuativo delle franchigie,
Trieste è oggi l’unica città al mondo con due sindaci: l’uno (Dipiazza) governa la città, l’altro (D’Agostino) i punti franchi ormai fisicamente staccati dal porto. Che la cosa funzioni, è un mezzo miracolo. Eppure funziona.
Ma l’accelerazione dirompente sta arrivando da altrove.
Come la Trieste asburgica fu fatta da ebrei, greci e armeni, così quella di questo quarto di secolo potrebbe essere fatta dai cinesi.
Trieste sarà con Genova lo snodo italiano della “Via della Seta”, ovvero del colossale progetto di “colonizzazione” (parola che disturba, ma così è) da parte della Cina del sistema euro-asiatico dei trasporti marittimi.
Le visite incrociate delle delegazioni governative cinesi e italiane non sono state quattro viaggetti a vanvera: a Pechino non si perde tempo in blablà istituzionali.
Una relazione privilegiata di traffici con Shanghai
comporta la connessione con una distesa di 1.300 moli lungo 127 chilometri lineari per 5.000 chilometri quadrati: l’equivalente di uno scalo ininterrotto da qui a oltre Venezia. Non è un porto: è il centro del mondo.
L’arrivo a Trieste nel 2018 di una delegazione della “China Construction”, ovvero il più grande progettista e costruttore di porti dell’Asia, ci dice molte cose.
La prima: l’unica free zone portuale europea che include la lavorazione industriale ha fatto drizzare le orecchie a chi in Cina determina rotte e investimenti inimmaginabili, a dimostrazione del fatto che i punti franchi non erano l’ossessione di quattro nostalgici di un mondo estinto.
 La seconda: per la Cina muovere traffici significa anche e soprattutto costruire, gestire e controllare le infrastrutture portuali, ovvero il business.
La terza e più importante: se quest’opportunità decolla, è di tali dimensioni da prefigurare opportunità di sviluppo per Trieste che non riusciamo ancora a considerare.
Non sappiamo dove questo ci porterà.
Forse avremo centinaia di aziende cinesi in aree franche sempre più estese, e con un “sindaco del porto” sempre più importante.

Forse nella gestione dei moli nuovi nomi impronunciabili si affiancheranno a quelli familiari di Maneschi, Parisi, Samer.
Forse non basterà un Molo Ottavo, e tra vent’anni anche la Ferriera sarà un’enorme e redditizia banchina movimentata da chi alimentava l’altoforno, e avremo trovato un qualche Paperone d’Asia che l’avrà smantellata.
Forse non accadrà nulla di ciò: ci accapiglieremo per anni su qualche questione di principio, e il tutto svanirà come una bolla di sapone (soprattutto se permetteremo alla burocrazia, al fisco e alla criminalità italiani di sabotarci NdR)
Sicché anche il 2018 non sembra più così diverso dai precedenti. Siamo come sempre a un bivio. E sta a noi scegliere la direzione, o rimanere come sempre pensosi davanti al bivio.




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