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mercoledì 10 agosto 2016

L' ITALIA E I 680.000 MANDATI AL MACELLO


Riprendiamo il bell' intervento pubblicato oggi

L’Italia e i 680mila mandati al macello
di Luciano Santin

Giorni fa, nei notiziari della Rai è andata in onda, in relazione alle celebrazioni per la presa di Gorizia dell’agosto 1916, una dichiarazione resa dal presidente dell’Istituto nazionale per la guardia d'onore alle reali tombe del Pantheon, qui trascritta parola per parola. «Purtroppo spesso l’Italia di oggi si dimentica di quello che è avvenuto: se 680 mila ragazzi italiani sono morti cento anni fa è stato per dare nelle trincee, nel fango e nel sangue un’importanza nello scenario internazionale che l’Italia allora non aveva» Mi chiedo come sia possibile che si possano accreditare ancora visioni del genere. Nel 1915, malgrado i rapporti dei prefetti evidenziassero come la grande maggioranza della popolazione italiana fosse contraria all’intervento, Vittorio Emanuele III decise per la guerra a fianco dell’Intesa, che le aveva promesso possedimenti sino in Grecia e nella penisola anatolica. Fu conseguentemente firmato il patto di Londra, di cui Parlamento e governo vennero tenuti all’oscuro, e attaccata l’Austria, già alleata. I 680 mila giovani caduti, cui andrebbero aggiunti gli invalidi e i civili e reduci morti di “spagnola”, furono, quasi tutti, spinti o costretti ad andare al macello. Non scelsero di morire per dare all’Italia la sua importanza (il suo “posto al sole”, avrebbe poi detto qualcuno, riprendendo e ampliando il concetto).Meno che mai lo fecero quei coscritti della Basilicata che partirono sulle tradotte (come riferì il “Corriere” di Albertini, fervente interventista) convinti di andare a combattere i “Piemontesi”. Credo sia lecito interrogarsi sulla destinazione di risorse pubbliche alla Guardia d’onore alle tombe dei Savoia, istituto creato nel 1932 da Vittorio Emanuele III (quello appunto del Patto di Londra, delle leggi razziali e della fuga sulla “Baionetta”, poi detronizzato e bandito dall’Italia). Quanto è necessario, oggi esprimere «un tributo di riconoscenza per l’Augusta Casa Savoia che portò all’unità e alla grandezza della Patria», o «esaltare, custodire e tramandare le glorie e le tradizioni militari della Patria» (sono gli scopi dichiarati statutariamente)? Un’ultima cosa: in tutte le rievocazioni e celebrazioni che in questi anni si stanno tenendo per ricordare l’“inutile strage”, prevale la chiave retorico-agiografica dell’offertorio: combattenti che immolarono le loro giovani vite, diedero la loro esistenza per un nobile fine. Senza entrare in una valutazione della nobiltà del fine, sarebbe il caso di restituire ai fatti parole meno glorificanti : i soldati vengono mandati in guerra per ammazzare degli uomini, non per farsi ammazzare. Ma l’importante è l’utile nel bilancio del sangue: che ci siano cioè più vittime tra gli altri, o che il danno inferto al corpo sociale del nemico sia superiore. Forse se invece di dire “questi ragazzi che si fecero olocausto...”, o qualcosa del genere, si provasse a usare una frase più piana e vera, sostanzialmente «questi ragazzi che furono mandati ad ammazzare, e furono anch’essi, in tanti, ammazzati», le commemorazioni acquisterebbero una maggiore aderenza alla realtà.

1 commento:

  1. Ottimo scritto di Luciano Santin contro la retorica patriottarda che con parole roboanti vuole coprire i loro sporchi giochi e i misfatti compiuti contro il popolo italiano e contro gli altri popoli. "Non si fanno guerre per liberare o per l'eroismo o per l'onore, ecc. Si fanno guerre per potere, guadagni territoriali e per i soldi".

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