(La parte a righe bianche è la sfera di influenza economica tedesca e noi ci siamo dentro a differenza di gran parte dell' Italia)
Trieste e i Triestini si sentono
europei, molto più europei, e precisamente Mitteleuropei, di quegli Italiani che volevano stare in Europa solo per
"status simbol" che certificasse il superamento della condizione di
stato mediterraneo arretrato e periferico: un complesso di inferiorità che lo
stato italiano unitario si porta dietro da sempre.
Sicuramente fin dai tempi in cui Klemens vonMetternich, che non era un cretino, disse" L'Italia non è che un'espressione geografica”.
In virtù di questo senso di inferiorità l’ Italia ha fatto letteralmente “carte false” per essere ammessa al club dei paesi europei pur non avendone la struttura statale, politica, culturale ed economica adeguata.
Si è trovata così, a prezzo di sacrifici e spremitura dei cittadini, con una
valuta esageratamente forte per la sua economia e per di più in un regime di
cambio fisso che la stà massacrando ed amplificando i problemi di debito
pubblico e privato.
Trieste è la città più europea che ha la grande disgrazia di essere
amministrata dallo Stato Italiano e le sue sorti sono sempre state decise a
livello di politica internazionale e MAI con consultazione popolare.
Trieste per questa sua natura e per la sua collocazione geopolitica che la rende cerniera tra il Mediterraneo e la Mitteleuropa subisce enormemente le conseguenze degli avvenimenti internazionali.
Per questo intendiamo stimolare i nostri lettori a riflettere sulla situazione internazionale
e soprattutto sulle conseguenze che potrà avere in Europa il concatenarsi di
eventi a partire dal referendum inglese di giovedì sulla cosiddetta Brexit.
Proponiamo qui sotto un primo articolo dell’ amico Lucio Caracciolo direttore
di Limes che riportiamo integralmente.
Onestamente è molto allarmante quando paragona questo periodo al periodo precedente la Grande Guerra.
E' corredato dalla cartina geopolitica che vedete sopra e che evidenzia le diverse Europe che si stanno preparando e che avranno un' accelerazione nei prossimi mesi.
Per chi volesse invece cimentarsi ad
approfondire le tematiche economiche cliccando QUI troverà un articolo dell' economista prof. Alberto Bagnai.
L'EUROPA DELLA PAURA E I POLITICI SONNAMBULI
di Lucio Caracciolo direttore di Limes, rivista di geopolitica.
SONO
passati settant'anni da quando la Gran Bretagna, guida ideale dell'eterogenea
coalizione antinazista, riaprì lo spazio della democrazia e della libertà in
Europa. Oggi, a sette giorni dal referendum che deciderà della permanenza
britannica nell'Unione Europea — e in buona misura del futuro di ciò che resta
della casa comunitaria — dobbiamo chiederci quanto di quelle conquiste sia
ancora vivo. O se invece le luci della politica si stiano spegnendo, nel nostro
continente e non solo, per riconsegnarci alla brutalità della lotta di tutti
contro tutti. Con ogni mezzo disponibile.
L'assassinio
di una battagliera deputata laburista, Jo Cox, nel suo collegio elettorale di
Birstall — tipica località dell'Inghilterra tradizionale, presso Leeds, nota
per aver dato i natali al presunto scopritore dell'ossigeno — è un delitto
senza precedenti nella moderna storia britannica. È presto per definirne
tassativamente il movente.
ANCHE se un testimone giura di aver
sentito l'omicida strepitare " Britain First" — "la Gran
Bretagna prima di tutto" — mentre massacrava la parlamentare, impegnata a
sostenere la permanenza del suo Paese nell'Unione Europea.
Resta che l'eco di tanto crimine ha sconvolto
la patria della democrazia proprio mentre questa si appresta a esercitarla
nella sua forma suprema: la consultazione popolare diretta. La sospensione
della campagna su entrambi i fronti — Leave e
Remain — che fino a ieri non si sono
risparmiati invettive e colpi bassi, segnala un sussulto di consapevolezza
nella più sperimentata democrazia del pianeta: in un paese civile nessuna causa
può valere il sangue di un'innocente.
Possiamo mettere da parte analisi e
sondaggi condotti finora — gli ultimi davano i pro-Brexit al 53%. Da ieri
pomeriggio il referendum sull'uscita o meno del Regno Unito dall'Unione Europea
non è più lo stesso. Toni e modi dei due schieramenti dovranno necessariamente
adattarsi al lutto.
Ma l'asse dello scontro corre lungo un
discrimine irrazionale. I fautori della permanenza nell'Ue giocano la carta
della paura, dipingendo dall'alto di un condiscendente paternalismo catastrofi
imminenti in caso di Brexit. Quanto ai paladini della sovranità britannica,
accendono la rabbia contro i poteri stabiliti, conniventi con l'eurocrazia
brussellese nel consegnare le isole britanniche a orde di immigrati infiltrate
da terroristi islamici.
In un confronto normale, gli europeisti
dovrebbero cantare le lodi dell'Unione Europea — ciò che evitano scrupolosamente,
avvertendone l'impopolarità — e gli antieuropeisti dipingere il loro paradiso
alternativo, una volta emancipata Britannia dai ceppi di Bruxelles — peccato
non ne abbiano la minima idea. Nel Regno Unito si sta giocando una partita al
buio. Nessuna persona di senno può prevedere le conseguenze del referendum,
quale ne sia l'esito. Di qui il ricorso alla retorica eccitata, che parla alla
pancia e annebbia la ragione. Clima ideale per gli imprenditori dell'odio.
Non si tratta di una specialità britannica.
La campagna presidenziale negli Stati Uniti segue analogo copione. E la qualità
della vita democratica nel Vecchio Continente — soprattutto nei Paesi appena
emancipati dalla morsa sovietica, che sembrano regredire verso cupi etnicismi
illiberali — non è mai stata tanto misera. Quanto a noi italiani, viviamo in un
Paese nel quale Mein Kampf è tornato best seller.
Le gravi notizie che giungono
dall'arcipelago che da solo seppe resistere a Hitler finiranno per aprirci gli
occhi? Quattro anni fa uno storico australiano, Christopher Munro Clark, che
insegna nella università di Cambridge in cui si laureò Jo Cox, pubblicò il suo
monumentale studio sulla prima guerra mondiale: I sonnambuli. Come l'Europa è
andata alla guerra nel 1914. Siamo in tempo per evitarne una nuova edizione
aggiornata a questo secolo. A meno di continuare a far finta di nulla, mentre
il campo della politica ingiallisce e nelle praterie dell'antipolitica
crepitano le fiamme.
La "Macroregione Danubiana" da cui Trieste è esclusa a causa della politica estera italiana che privilegia la "Macroregione Adriatico Ionica" che comprende il Sud e la Sicilia
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