Il Piccolo di oggi pubblica un editoriale di Morelli, cui
solitamente viene affidato il compito di spiegare “la linea” e che è molto ben
introdotto in Confindustria: la sorpresa è che fa una giravolta di 360 gradi rispetto all' urbanizzazione e "fantaturismo" in Porto Vecchio e, salvo alcuni dettagli,
recepisce le istanze indipendentiste sia sulla finora misconosciuta
utilità dei Punti Franchi del Porto Franco Internazionale di Trieste, sia sull’
utilizzo produttivo di Porto Vecchio quantomeno per Centri Finanziari e sedi logistiche, e
non solo per un' improbabile urbanizzazione dell' enorme area per abitazioni e un turismo di massa assolutamente inesistente.
Argomenti che, prima di tutti, insieme a un giudizio non catastrofico sulla Brexit, abbiamo introdotto noi su queste pagine BEN PRIMA che li riprendessero autorità e giornali.
Argomenti che, prima di tutti, insieme a un giudizio non catastrofico sulla Brexit, abbiamo introdotto noi su queste pagine BEN PRIMA che li riprendessero autorità e giornali.
Vi invitiamo a rileggere alcuni recentissimi articoli: seguite la sequenza cliccando QUI e QUI e QUI e QUI.
Tutto nasce dalla, tardiva, presa d’atto ufficiale della unicità del
Porto Franco Internazionale di Trieste: unica zona con extraterritorialità
doganale extra UE in Europa perché deriva
dal Trattato di Pace del 1947 e dall’ Allegato VIII.
E perciò preziosa per tutte le attività che necessitano di un regime di libero scambio sopratutto in un periodo di instabilità e crisi della UE.
E perciò preziosa per tutte le attività che necessitano di un regime di libero scambio sopratutto in un periodo di instabilità e crisi della UE.
Quando il commissario dell’ Autorità Portuale D’ Agostino è arrivato a Trieste da Verona un anno e mezzo fa NON SAPEVA NEMMENO CHE C’ ERANO I PUNTI FRANCHI come ha detto lui stesso più volte in pubblico e in privato.
Chiedetegli da chi l’ ha saputo: se dal Piccolo, dal PD, dalle Autorità, da Confindustria oppure dagli Indipendentisti, dal Coordinamento Lavoratori Portuali che sull’ Allegato VIII ha pure fatto uno sciopero in contrasto con la “triplice” sindacale che dichiarò che l’ “Allegato VIII non è argomento sindacale”, e dagli Spedizionieri.
E’ una persona intellettualmente onesta che vi dirà come stanno le cose.
Adesso quella della Free Tax Zone utilizzando il particolare
regime del Porto Franco Internazionale è diventata una “geniale intuizione”
della Serracchiani, malgrado il PD l’ abbia sempre ostacolata strologando di "nostalgie" ed "evasione fiscale", e dopo molte
manifestazioni con denunce a decine di cittadini e lavoratori. E dopo che questi temi erano stati presenti nei programmi elettorali di ben tre liste di ispirazione indipendentista e anche del M5S di Trieste.
La Serracchiani, in realtà, ha parlato di No Tax Area generica nei Punti Franchi
disseminati sul territorio a seguito della nefasta “sdemanializzazione”: siamo
stati noi a sottolineare (clicca QUI ) che la localizzazione giusta per centri finanziari è Porto Vecchio dove era
previsto il Centro Finanziario Off-Shore della legge 19/91.
Invece di metterci le scempiaggini sparate da una sedicente “classe dirigente”: dall’ Ospedale della Savino, ai musei con trenini vuoti di Cosolini, ai mercati ittici di Dipiazza.
Invece di metterci le scempiaggini sparate da una sedicente “classe dirigente”: dall’ Ospedale della Savino, ai musei con trenini vuoti di Cosolini, ai mercati ittici di Dipiazza.
L’ area di "porto franco" di Porto
Vecchio è strategica per Trieste e lo sarà sempre di più dopo la Brexit e con la crisi della UE: deve restare pubblica e con piena
extraterritorialità doganale.
La trasformazione di quest' area in un rione cittadino anzichè essere destinata ad attività produttive legate al Porto Franco, comprese quelle finanziarie, è una stupidaggine colossale di cui finalmente ci si comincia a rendere conto.
E tutti coloro che si sono dichiarati per la privatizzazione / urbanizzazione e per l’ inutilità del Punto Franco devono recitare il “mea culpa” e mettersi in ginocchio sul sale grosso.
La trasformazione di quest' area in un rione cittadino anzichè essere destinata ad attività produttive legate al Porto Franco, comprese quelle finanziarie, è una stupidaggine colossale di cui finalmente ci si comincia a rendere conto.
E tutti coloro che si sono dichiarati per la privatizzazione / urbanizzazione e per l’ inutilità del Punto Franco devono recitare il “mea culpa” e mettersi in ginocchio sul sale grosso.
Stabilito da che mulino viene la farina della No Tax Area in Porto Vecchio va
precisato, rispetto all’ articolo di Morelli, che il Porto Franco
Internazionale di Trieste gode di PIENA EXTRATERRITORIALITA’ DOGANALE EXTRA UE perchè
costituito dal Trattato di pace del
1947, dieci anni prima della costituzione della UE.
Non si tratta di una Zona Franca di Tipo europeo o di una ZES in cui l’ extradoganalità è solo simulata e virtuale.
PERTANTO LE DOGANE DI QUALSIASI PAESE, ITALIANE NELLO SPECIFICO, DEVONO STARE FUORI DALLA CINTA DOGANALE E NON INTERFERIRE CON QUANTO VI AVVIENE SIA NELLA LOGISTICA CHE NELLA PRODUZIONE DI MERCI E SERVIZI.
E questo regime DEVE
ESSERE RECEPITO DAL NUOVO DISCIPLINARE DOGANALE.
Inoltre l’ Allegato
VIII non vieta assolutamente la “vendita al dettaglio” e la “residenza” nei Punti Franchi, che perciò possono essere
estesi a tutto il territorio abitato e dove si commercia al dettaglio come avviene a Livigno, e
pertanto tale divieto non ha motivo di essere introdotto nei prossimi DECRETI CHE REGOLAMENTANO I PUNTI FRANCHI.
Per poterli poi utilizzare sia per grandi Duty Free Shop che per la Zona Franca Territoriale.
Il fatto che il Porto Franco Internazionale di Trieste goda di piena extraterritorialità doganale rispetto alla UE è molto importante sia perché la UE non ha potere di regolamentarlo, sia perché una Zona Franca di questo tipo ha grande valore nel momento che alla Brexit seguiranno altre "Exit" soprattutto nelle aree a noi più vicine dell' Europa Centrale e Orientale e sarà necessaria una "zona di libero scambio"collegata a un Porto Internazionale. Per questo sarebbe necessario che Trieste partecipasse alla Macroregione Danubiana di cui l' Italia non fa parte ma la Slovenia, con Capodistria, si.
Per poterli poi utilizzare sia per grandi Duty Free Shop che per la Zona Franca Territoriale.
Il fatto che il Porto Franco Internazionale di Trieste goda di piena extraterritorialità doganale rispetto alla UE è molto importante sia perché la UE non ha potere di regolamentarlo, sia perché una Zona Franca di questo tipo ha grande valore nel momento che alla Brexit seguiranno altre "Exit" soprattutto nelle aree a noi più vicine dell' Europa Centrale e Orientale e sarà necessaria una "zona di libero scambio"collegata a un Porto Internazionale. Per questo sarebbe necessario che Trieste partecipasse alla Macroregione Danubiana di cui l' Italia non fa parte ma la Slovenia, con Capodistria, si.
Visto che il movimento indipendentista, portando alla luce
questi temi, è stato OGGETTIVAMENTE l’ avanguardia di questa possibile e
auspicata RINASCITA DI TRIESTE, sostenendo tesi
giuste che adesso vengono fatte proprie anche da altri, va istituito un tavolo di confronto anche
sul tema del Fisco di cui in questi giorni si parla ampiamente.
E’ noto che il Trattato di Pace del 1947 VIETAVA L’ ADDEBITO DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO AL TERRITORIO DI TRIESTE, e che il Governo Italiano assumendosi l’ Amministrazione Civile nel 1954 ha istituito la figura del Commissario del Governo, che è distinta dal Prefetto, con il compito di adeguare le leggi nazionali alla realtà del Territorio e agli obblighi internazionali.
Il Commissario del Governo infatti non esiste in Italia e solo nelle Province Autonome di Bolzano e Trento oltre a Trieste: tutti territori ex-asburgici (clicca QUI).
Le leggi nazionali sono passate per questa trafila fino al 1964 ma successivamente non più, e il regime fiscale vessatorio derivante dal Debito Pubblico Italiano esploso a partire dagli anni ’80 è stato automaticamente paracadutato qui, in violazione degli impegni internazionali italiani.
Desideriamo che
questi fatti vengano dibattuti ed accertati in un confronto serio.
Siamo certi che le mancate entrate fiscali derivanti dalla
obiezione dei 229 cittadini che ora si vogliono crocifiggere sono per un importo di
gran lunga inferiore ai soldi pubblici finora sperperati in onorari ad Advisor e fantasie “fantaturistiche” su Porto Vecchio, e siano anche inferiori ai costi del trenino elettorale
“fin quasi Barcola” che vediamo girare assolutamente vuoto questi giorni.
Pertanto chi, come il
Piccolo oggi, invoca l’ unità cittadina
per la “Free Zone” in Porto Vecchio, dove degli imbecilli hanno appena fatto togliere
gran parte del Punto Franco con apposita legge con l' intenzione di privatizzare un' area pubblica strategica, smetta di aizzare
alla repressione fiscale contro 229 concittadini che meriterebbero piuttosto la
qualifica di “avanguardie”, e speriamo non di martiri, per la rinascita della città e
si adoperi anche per una campagna stampa perché i concittadini denunciati per le lotte
per il riconoscimento dello status
speciale del Porto Franco Internazionale vadano assolti a testa alta per grandi meriti
civici verso Trieste.
Questo per iniziare perché non ci può essere dialogo e trattativa con chi vuole sbatterti in galera, facendoti pure passare per scemo, dopo aver dovuto riconoscere la validità di molte delle tue proposte.
E poi discutere dei vari punti del programma che trovate da mesi e anni su queste pagine cliccando QUI.
Questo per iniziare perché non ci può essere dialogo e trattativa con chi vuole sbatterti in galera, facendoti pure passare per scemo, dopo aver dovuto riconoscere la validità di molte delle tue proposte.
E poi discutere dei vari punti del programma che trovate da mesi e anni su queste pagine cliccando QUI.
E’ ovvio che su una No Tax area nel Punto Franco di Porto Vecchio siamo d’
accordo tutti: è uno dei nostri cavalli
di battaglia di cui TARDIVAMENTE si riconosce il valore !
p.d.
Ecco l’ articolo di
oggi sul Piccolo:
Tutti uniti con un
unico obiettivo: la “free zone” in Porto vecchio
di ROBERTO MORELLI
l momento è propizio:
Trieste avrebbe tutte le carte in regola per farcela. Serracchiani ha già
scritto al governo, ora serve un colpo d’ala
E se Brexit si
rivelasse un’insospettabile opportunità per Trieste? Se fosse proprio il
capoluogo giuliano ad avvantaggiarsi dalla fatale fuga da Londra dei gruppi internazionali
che non possono permettersi di ritrovarsi sull’uscio d’Europa, con vincoli
doganali, fiscali e normativi alla libera circolazione dei servizi?
L’opportunità è tutt’altro che campata in aria. I settori sono ben
identificati: le aziende dei servizi con raggio d’azione internazionale, dalla
telefonia alle compagnie aeree all’economia digitale (Vodafone, Easyjet,
persino le sedi europee di Google e Facebook). Gli spazi sono su un piatto
d’argento: il Porto vecchio e le aree di destinazione dei punti franchi. La
legittimazione di Trieste, per collocazione geografica e primazia di vocazione,
è indiscutibile. Lo strumento giuridico ha un nome e una procedura: Zes, cioè
Zona Economica Speciale. Se vogliamo perseguire un’autentica svolta per il
futuro della città, è un obiettivo da porci fin d’ora e con una coesione senza
riserve. La presidente della Regione Debora Serracchiani è stata tempestiva e
lungimirante nello scrivere a Matteo Renzi - al quale non ha certo bisogno di
scrivere - per promuovere Trieste come area defiscalizzata in grado di attrarre
capitali internazionali. È il momento giusto per farlo. E il passo giusto per
concretizzarlo è l’istituzione di una Zes, che molti perseguono in Italia ma
nessuno ha ancora ottenuto, né in verità proposto nelle forme dovute. Al mondo
esistono circa 2.700 free zone. Sono aree fiscalmente esenti o agevolate,
normalmente con canoni, costi energetici e di utenze ridotti e importanti
sgravi contributivi. Servono ad attrarre investimenti dall’estero. La gran parte
di esse è in Cina, ma - contrariamente a quanto si creda - sono consentite
anche dalla Ue, che ne ospita 70 in ben 20 Paesi, tra i quali la Francia, la
Germania, la Spagna e la stessa Gran Bretagna (nonché la Slovenia a Capodistria
e Maribor). Fra le poche a non averne è l’Italia, benché molte aspirazioni si
siano levate: Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Marghera. Ora è partita come un
razzo la proposta più seria di tutte: quella del neo-sindaco di Milano Beppe
Sala per costituire una Zes nell’area dell’Expo. A questa dobbiamo agganciarci
con altrettanta serietà. Per farlo è necessaria una legge: il governo ha già
fatto sapere che è allo studio, ventilando - oltre a Milano - l’area dismessa
di Bagnoli. La norma statale dovrà disciplinare le regole generali e le
attività ammesse, demandando poi alla Regione l’attuazione con la scelta delle
aree interessate. Per la gestione, è previsto che la stessa Regione costituisca
una società pubblica con possibile partecipazione dei privati. L’autorizzazione
della Ue, che vieta la “concorrenza sleale” fiscale, non è scontata: viene
concessa per aree periferiche o svantaggiate, o per situazioni specifiche in
potenziali zone strategiche. Che è proprio la nostra condizione. Vi sono
infatti cinque ragioni fondamentali per sostenere una free zone a Trieste: la
sua collocazione geografica al centro della “macroregione alpina” che comprende
sette Paesi europei; l’essere una zona riconosciuta di crisi industriale
sistemica al confine di una Zes esistente (Capodistria appunto); il regime del
punto franco, finalmente in procinto d’essere regolato, che rappresenta un caso
unico in Europa; l’area del Porto vecchio di cui è stato finalmente avviato il
recupero, e che potrebbe prestarsi a una parte dei potenziali insediamenti; il
precedente della legge sulle aree di confine del 1991, che creava un centro
off-shore extravalutario, poi abortito con la nascita della moneta unica, e di
cui ora la Zes costituirebbe una versione riveduta e corretta. Sotto il profilo
politico, non siamo mai stati così ben rappresentati su tutti i fronti: la
presidente della Regione Serracchiani è il numero due del partito di governo;
Ettore Rosato è il capogruppo alla Camera dello stesso Pd, come Massimiliano
Fedriga lo è della Lega; il rieletto sindaco Dipiazza è diventato un’icona
della riunificazione del centrodestra. La free zone sarebbe gradita persino
agli indipendentisti e ai 229 protagonisti dello sciopero fiscale. Roba da non
credere. Gli appelli alla coesione per un obiettivo comune suonano sempre
ridicoli e naif nel nostro panorama politico. Ma mai come ora c’è bisogno di un
colpo d’ala della classe dirigente triestina e regionale, se per una volta vuol
dirsi tale.
Ecco la slide che gira da DUE ANNI:
Ecco la slide che gira da DUE ANNI:
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