RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

sabato 23 luglio 2016

#DialoghiMitteleuropei - TRIESTE NON E’ ITALIA MA UN PEZZO INCOLLATO DI MITTELEUROPA - Un brano del 1990 del grande scrittore polacco Grudzinski amico di Leonor Fini -


#DialoghiMitteleuropei
Continuiamo la serie di articoli di riflessione sulla situazione dell’ Europa e sulla  natura mitteleuropea di Trieste pubblicando un bellissimo articolo che, con sorpresa, abbiamo trovato oggi sul Piccolo: ogni tanto la verità si fa strada a spintoni nei posti più impensati….(clicca QUI)
Seguirà nei prossimi giorni un articolo di geopolitica sul futuro dell' Europa e di Trieste di cui, in fondo, anticipiamo la foto di uno schema.


Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.

Ecco il testo:
TRIESTE NON E’ ITALIA MA UN PEZZO INCOLLATO DI MITTELEUROPA
Il brano del 1990 sulla visita alla città dello scrittore polacco amico della grande pittrice triestina Leonor Fini tradotto per la prima volta e pubblicato sul Piccolo oggi. 
di GUSTAW H. GRUDZINSKI

“Oggi ho raccontato a un mio amico triestino in visita a Napoli come reagisce Leonor Fini quando qualcuno le si rivolge dicendo: «Lei, da italiana…». Con una scintilla d'ira negli occhi interrompe: «Non sono italiana, sono di Trieste». Il mio conoscente annuì in modo solenne: «Ha ragione, ha ragione da vendere, Trieste non è Italia». Che cos'è Trieste? È un pezzo di Mitteleuropa annesso all'Italia. Ogni volta che parlo con Leonor o ascolto i suoi racconti sulla sua infanzia triestina, sulle sue parentele austriaco-slovene, capisco Kot Jelenski, che considerava la mitteleuropeità della sua compagna di vita come un elemento indispensabile di armonia nella loro relazione. «Nella sfera mondana e cosmopolita un affine sentire mentale, culturale e nazionale, e di costumi», aggiungeva, ridendo in modo fragoroso e contagioso, come soltanto lui sapeva fare, mentre Leonor annuiva. «Sono una triestina, non un'italiana» (in italiano nel testo, ndt), in questa sua dichiarazione di appartenenza e identità non ho mai sentito una nota d'ipocrisia né un' ostentazione d'originalità o un tentativo di darsi un tono. Triestino era in primo luogo il grande scrittore Italo Svevo che, a quanto pare, scriveva e parlava in italiano peggio che in tedesco. Ma non è questo il punto. Il punto è l'atmosfera mitteleuropea dei suoi romanzi. In "Senilità", il suo capolavoro, vi sono scene che evocano nella mia immaginazione reminiscenze "familiari". È esattamente la stessa cosa con il romanzo dell'esimio poeta triestino Umberto Saba. Il celebre Roberto Bazlen, l'intenditore letterario per antonomasia (leggeva tutto - dicevano di lui -, perfino quello che ancora non era stato scritto), anche triestino, una volta mi espose la sua convinzione riguardo alle "radici" erranti di Joyce, che erano più profonde a Trieste, poiché lì stava benissimo, e non certo solo per lo stipendio permanente che percepiva da Berlitz.
E sarà Joyce ad apprezzare per primo la grandezza di Svevo, forse grazie all'atmosfera "bizzarra" dei suoi romanzi, indigesta e inaccessibile all'italiano medio (solo in seguito Montale "scoprì" l'autore di "Senilità"). Bazlen si spinse ancora oltre: nominò un dipendente della filiale praghese delle Assicurazioni Generali di Trieste, Franz Kafka, triestino honoris causa.
Nella vicina Gorizia nacque Carlo Michelstaedter, matematico genialoide, grecista, filosofo e poeta, che nel 1910, all'età di ventitré anni, si tolse la vita. Questo suicidio "intellettuale" non era italiano, secondo me apparteneva piuttosto all'area mitteleuropea di Trieste e dintorni. Sono stato a Trieste solo una volta, molto tempo fa e per appena un giorno. Tuttavia quel solo giorno mi è bastato per conservare per sempre le immagini, i sapori e gli odori di Trieste, una città invero non italiana. Me ne andavo in giro con una costante sensazione di familiarità.
Le strade, la gente per le vie, le caffetterie, le conversazioni origliate nei caffè, l'architettura dei palazzi, la messa a San Giusto, le scritte "Oggi trippa" affisse nei ristoranti economici. La sera sono tornato a Venezia quasi fossi rientrato dall'estero.

L’ AUTORE
Grudzinski ha raccontato l’Europa del ’900
di CORRADO PREMUDA

Era stato a Trieste solo una volta, per la durata di un solo giorno, Gustaw Herling Grudzinski ma la città lo aveva sorpreso per essere così poco italiana e tanto più vicina al suo mondo centro-europeo. Di Trieste, poi, lo scrittore polacco sentiva parlare da un'amica, Leonor Fini, di cui era diventato intimo per tramite del compagno dell'artista, Kot Jelenski.
Gustaw Herling Grudzinski (1919-2000) oggi è considerato uno dei più grandi scrittori polacchi della seconda metà del XX secolo, la figlia Marta vive a Napoli e ne custodisce la memoria. Herling è noto soprattutto per le sue memorie sull'internamento in un gulag sovietico, "Un mondo a parte", pubblicato a Londra nel 1951 con la prefazione di Bertrand Russel. Dopo il suicidio della prima moglie, la pittrice Krystyna Stojanowska, sposa a Napoli Lidia Croce, figlia di Benedetto. Nel dopoguerra a Roma fonda con Jerzy Giedroyc la rivista "Kultura", punto di riferimento per la letteratura polacca d'emigrazione. È autore di racconti e romanzi ma soprattutto del "Diario scritto di notte", di cui Feltrinelli ha pubblicato nel 1992 una parte tradotta da Donatella Tozzetti, ma che in Italia è ancora in gran parte inedito. Il "Diario scritto di notte" è legato da un filo rosso a tutte le altre opere di Herling. È un libro poliedrico, un laboratorio di forme e temi, e insieme un racconto affascinante dell'Europa del XX secolo e dello stesso scrittore. Tra le parti ancora inedite in Italia del "Diario" ci sono pagine dedicate all'amica Leonor Fini, a Trieste e a considerazioni sulla storia e la letteratura della nostra città. Un primo brano, dell' estate 1983, è stato scritto a Ferrara durante la grande retrospettiva di Fini al Palazzo dei Diamanti. L'anno successivo lo scrittore racconta di una giornata trascorsa a Saint-Dyé-sur-Loire nella casa in campagna di Leonor dove ha la fortuna di osservare gli ultimi lavori dell'artista, e due anni dopo si sofferma ancora sulle sue creazioni in occasione della mostra al Palazzo del Lussemburgo: la produzione di Leonor per lui si divide in base a due visioni, una "chiara" e una "oscura". Ma il brano più interessante dedicato alla pittrice e a Trieste è datato 18 febbraio 1990. Si tratta di pagine inedite tratte dal secondo volume del "Diario", tradotte espressamente per il nostro giornale da Andrea F. De Carlo e qui pubblicate grazie all'autorizzazione di Marta e Andrea Benedetto Herling.

Un quadro di Leonor Fini


Lo schema introduttivo del prossimo articolo di geopolitica della serie #DialoghiMitteleuropei
Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.

Nessun commento:

Posta un commento