#DialoghiMitteleuropei
Continuiamo la serie di articoli di riflessione sulla situazione dell’ Europa e sulla natura mitteleuropea di Trieste pubblicando un bellissimo articolo che, con sorpresa, abbiamo trovato oggi sul Piccolo: ogni tanto la verità si fa strada a spintoni nei posti più impensati….(clicca QUI)
Seguirà nei prossimi giorni un articolo di geopolitica sul futuro dell' Europa e di Trieste di cui, in fondo, anticipiamo la foto di uno schema.
Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.
Continuiamo la serie di articoli di riflessione sulla situazione dell’ Europa e sulla natura mitteleuropea di Trieste pubblicando un bellissimo articolo che, con sorpresa, abbiamo trovato oggi sul Piccolo: ogni tanto la verità si fa strada a spintoni nei posti più impensati….(clicca QUI)
Seguirà nei prossimi giorni un articolo di geopolitica sul futuro dell' Europa e di Trieste di cui, in fondo, anticipiamo la foto di uno schema.
Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.
Ecco il testo:
TRIESTE NON E’ ITALIA
MA UN PEZZO INCOLLATO DI MITTELEUROPA
Il brano del 1990 sulla visita alla città dello scrittore
polacco amico della grande pittrice triestina Leonor Fini tradotto per la prima volta e pubblicato sul Piccolo
oggi.
di GUSTAW H. GRUDZINSKI
“Oggi ho raccontato a
un mio amico triestino in visita a Napoli come reagisce Leonor Fini quando
qualcuno le si rivolge dicendo: «Lei, da italiana…». Con una scintilla d'ira
negli occhi interrompe: «Non sono italiana, sono di Trieste». Il mio conoscente
annuì in modo solenne: «Ha ragione, ha ragione da vendere, Trieste non è
Italia». Che cos'è Trieste? È un pezzo di Mitteleuropa annesso all'Italia. Ogni
volta che parlo con Leonor o ascolto i suoi racconti sulla sua infanzia
triestina, sulle sue parentele austriaco-slovene, capisco Kot Jelenski, che
considerava la mitteleuropeità della sua compagna di vita come un elemento
indispensabile di armonia nella loro relazione. «Nella sfera mondana e
cosmopolita un affine sentire mentale, culturale e nazionale, e di costumi»,
aggiungeva, ridendo in modo fragoroso e contagioso, come soltanto lui sapeva
fare, mentre Leonor annuiva. «Sono una triestina, non un'italiana» (in italiano
nel testo, ndt), in questa sua dichiarazione di appartenenza e identità non ho
mai sentito una nota d'ipocrisia né un' ostentazione d'originalità o un
tentativo di darsi un tono. Triestino era in primo luogo il grande scrittore
Italo Svevo che, a quanto pare, scriveva e parlava in italiano peggio che in
tedesco. Ma non è questo il punto. Il punto è l'atmosfera mitteleuropea dei
suoi romanzi. In "Senilità", il suo capolavoro, vi sono scene che
evocano nella mia immaginazione reminiscenze "familiari". È
esattamente la stessa cosa con il romanzo dell'esimio poeta triestino Umberto
Saba. Il celebre Roberto Bazlen, l'intenditore letterario per antonomasia
(leggeva tutto - dicevano di lui -, perfino quello che ancora non era stato
scritto), anche triestino, una volta mi espose la sua convinzione riguardo alle
"radici" erranti di Joyce, che erano più profonde a Trieste, poiché
lì stava benissimo, e non certo solo per lo stipendio permanente che percepiva
da Berlitz.
Le strade, la gente per le vie, le caffetterie, le conversazioni origliate nei caffè, l'architettura dei palazzi, la messa a San Giusto, le scritte "Oggi trippa" affisse nei ristoranti economici. La sera sono tornato a Venezia quasi fossi rientrato dall'estero.
E sarà Joyce ad apprezzare per primo la grandezza di Svevo, forse grazie all'atmosfera "bizzarra" dei suoi romanzi, indigesta e inaccessibile all'italiano medio (solo in seguito Montale "scoprì" l'autore di "Senilità"). Bazlen si spinse ancora oltre: nominò un dipendente della filiale praghese delle Assicurazioni Generali di Trieste, Franz Kafka, triestino honoris causa.
Nella vicina Gorizia nacque Carlo Michelstaedter, matematico genialoide, grecista, filosofo e poeta, che nel 1910, all'età di ventitré anni, si tolse la vita. Questo suicidio "intellettuale" non era italiano, secondo me apparteneva piuttosto all'area mitteleuropea di Trieste e dintorni. Sono stato a Trieste solo una volta, molto tempo fa e per appena un giorno. Tuttavia quel solo giorno mi è bastato per conservare per sempre le immagini, i sapori e gli odori di Trieste, una città invero non italiana. Me ne andavo in giro con una costante sensazione di familiarità.
L’ AUTORE
Grudzinski ha raccontato l’Europa del ’900
Grudzinski ha raccontato l’Europa del ’900
di CORRADO PREMUDA
Era stato a Trieste solo una volta, per la durata di un solo
giorno, Gustaw Herling Grudzinski ma la città lo aveva sorpreso per essere così
poco italiana e tanto più vicina al suo mondo centro-europeo. Di Trieste, poi,
lo scrittore polacco sentiva parlare da un'amica, Leonor Fini, di cui era
diventato intimo per tramite del compagno dell'artista, Kot Jelenski.
Gustaw Herling Grudzinski (1919-2000) oggi è considerato uno dei più grandi scrittori polacchi della seconda metà del XX secolo, la figlia Marta vive a Napoli e ne custodisce la memoria. Herling è noto soprattutto per le sue memorie sull'internamento in un gulag sovietico, "Un mondo a parte", pubblicato a Londra nel 1951 con la prefazione di Bertrand Russel. Dopo il suicidio della prima moglie, la pittrice Krystyna Stojanowska, sposa a Napoli Lidia Croce, figlia di Benedetto. Nel dopoguerra a Roma fonda con Jerzy Giedroyc la rivista "Kultura", punto di riferimento per la letteratura polacca d'emigrazione. È autore di racconti e romanzi ma soprattutto del "Diario scritto di notte", di cui Feltrinelli ha pubblicato nel 1992 una parte tradotta da Donatella Tozzetti, ma che in Italia è ancora in gran parte inedito. Il "Diario scritto di notte" è legato da un filo rosso a tutte le altre opere di Herling. È un libro poliedrico, un laboratorio di forme e temi, e insieme un racconto affascinante dell'Europa del XX secolo e dello stesso scrittore. Tra le parti ancora inedite in Italia del "Diario" ci sono pagine dedicate all'amica Leonor Fini, a Trieste e a considerazioni sulla storia e la letteratura della nostra città. Un primo brano, dell' estate 1983, è stato scritto a Ferrara durante la grande retrospettiva di Fini al Palazzo dei Diamanti. L'anno successivo lo scrittore racconta di una giornata trascorsa a Saint-Dyé-sur-Loire nella casa in campagna di Leonor dove ha la fortuna di osservare gli ultimi lavori dell'artista, e due anni dopo si sofferma ancora sulle sue creazioni in occasione della mostra al Palazzo del Lussemburgo: la produzione di Leonor per lui si divide in base a due visioni, una "chiara" e una "oscura". Ma il brano più interessante dedicato alla pittrice e a Trieste è datato 18 febbraio 1990. Si tratta di pagine inedite tratte dal secondo volume del "Diario", tradotte espressamente per il nostro giornale da Andrea F. De Carlo e qui pubblicate grazie all'autorizzazione di Marta e Andrea Benedetto Herling.
Un quadro di Leonor Fini
Gustaw Herling Grudzinski (1919-2000) oggi è considerato uno dei più grandi scrittori polacchi della seconda metà del XX secolo, la figlia Marta vive a Napoli e ne custodisce la memoria. Herling è noto soprattutto per le sue memorie sull'internamento in un gulag sovietico, "Un mondo a parte", pubblicato a Londra nel 1951 con la prefazione di Bertrand Russel. Dopo il suicidio della prima moglie, la pittrice Krystyna Stojanowska, sposa a Napoli Lidia Croce, figlia di Benedetto. Nel dopoguerra a Roma fonda con Jerzy Giedroyc la rivista "Kultura", punto di riferimento per la letteratura polacca d'emigrazione. È autore di racconti e romanzi ma soprattutto del "Diario scritto di notte", di cui Feltrinelli ha pubblicato nel 1992 una parte tradotta da Donatella Tozzetti, ma che in Italia è ancora in gran parte inedito. Il "Diario scritto di notte" è legato da un filo rosso a tutte le altre opere di Herling. È un libro poliedrico, un laboratorio di forme e temi, e insieme un racconto affascinante dell'Europa del XX secolo e dello stesso scrittore. Tra le parti ancora inedite in Italia del "Diario" ci sono pagine dedicate all'amica Leonor Fini, a Trieste e a considerazioni sulla storia e la letteratura della nostra città. Un primo brano, dell' estate 1983, è stato scritto a Ferrara durante la grande retrospettiva di Fini al Palazzo dei Diamanti. L'anno successivo lo scrittore racconta di una giornata trascorsa a Saint-Dyé-sur-Loire nella casa in campagna di Leonor dove ha la fortuna di osservare gli ultimi lavori dell'artista, e due anni dopo si sofferma ancora sulle sue creazioni in occasione della mostra al Palazzo del Lussemburgo: la produzione di Leonor per lui si divide in base a due visioni, una "chiara" e una "oscura". Ma il brano più interessante dedicato alla pittrice e a Trieste è datato 18 febbraio 1990. Si tratta di pagine inedite tratte dal secondo volume del "Diario", tradotte espressamente per il nostro giornale da Andrea F. De Carlo e qui pubblicate grazie all'autorizzazione di Marta e Andrea Benedetto Herling.
Un quadro di Leonor Fini
Lo schema introduttivo del prossimo articolo di geopolitica della serie #DialoghiMitteleuropei
Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.
Trieste per la sua storia e per il fatto di essere un Porto Franco INTERNAZIONALE non può essere isolata in uno Stato Nazione decotto come l' Italia ma può vivere solo dei suoi rapporti con il suo entroterra naturale e con il mondo intero.
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