Da alcuni decenni i politici triestini parlano solo di turismo come prospettiva economica per Trieste.
Si sprecano progetti, tutti
irrealizzati, che dovrebbero fungere da “attrattori” per un mitico turismo di
massa che risolleverebbe le sorti economiche della nostra città: dai Musei in Porto Vecchio proposti da tutti gli schieramenti all’ Acquario di Paoletti, dall’ Ovovia di
Dipiazza alla Spiaggia di Sabbia di Russo, dalle Crociere al Fish Market e via
fantasticando
Questa impostazione deriva da una mentalità bottegaia, più che commerciale, della "classe politica" locale: di
rimpianto dei bei tempi in cui bastava aprire un negozio di Jeans o “strazze”
per arricchirsi, tentando nel 2020 di inventarsi “attrazioni” da Luna Park per far venire a
Trieste migliaia di persone al giorno a
riempire negozi, bar e ristoranti e tentando di imitare Venezia
Il sindaco Dipiazza si è dichiarato più volte contrario a puntare sullo
sviluppo industriale e produttivo, tempo perso a suo dire, al contrario del
turismo di cui parla sempre.
Per capire
quale sia la qualità del turismo auspicato basta ricordare le iniziative dell’
Assessore Comunale Bucci che affettava mortadelle all’ arrivo delle navi da
crociera e le salutava con fuochi artificiali in pieno giorno.
Quanto
all’ invidia per Venezia bisogna porsi la domanda sul perché il suo
centro storico sia sceso da 175.000 abitanti a solo 52.000 malgrado i milioni
di turisti.
Semplicemente perché il turismo di quel tipo non produce che rarissimi posti di
lavoro qualificati e i giovani se ne vanno alla ricerca di qualche lavoro
migliore che non quello del cameriere o commesso precario o a chiamata.
Ad arricchirsi a Venezia sono stati i pochi commercianti di paccottaglia per
turisti e i ristoratori di vario genere.
E adesso con la crisi post-Covid che ha cambiato i parametri del turismo
mondiale la città sta letteralmente sprofondando nel disastro.
Ripensando alla tragica situazione di Venezia il prof. Carlo Ratti (Docente presso il Mit di Boston dove dirige il
Senseable City Lab) ha scritto un interessante articolo sul Corriere della Sera in cui propone una seria riflessione sul turismo e sul tramonto, definitivo,
del turismo di massa (Clicca QUI).
Scrive
il prof. Ratti “Negli ultimi mesi, in giro per il mondo,
sono stati messi in atto piani per risollevare molti settori produttivi
prostrati dalla crisi del Covid-19: dall’ industria manifatturiera, alla
ristorazione fino ai saloni di tatuaggi.
Non è ancora chiaro tuttavia come si
possa rimettere in piedi il turismo internazionale, che da solo vale migliaia
di miliardi di euro all’anno. Sulla base di alcune recenti ricerche svolte
presso il Mit di Boston, proviamo a immaginare un modello turistico diverso,
che potrebbe funzionare sia nella fase transitoria di convivenza con il
Covid-19, sia nel lungo periodo”…
“quello che il nostro gruppo di ricerca
presso il Mit ha scoperto, analizzando i big data sulla mobilità di milioni di
persone, è che la frequenza degli spostamenti è un fattore altrettanto
importante ai fini del contagio quanto la distanza percorsa.”…
In altre parole il turismo sostenibile non è quello delle masse di turisti che
si spostano di continuo da un posto all’ altro bensì quello dei “viaggiatori
posati” che resterebbero per periodi più o meno lunghi in un certo
luogo anche molto distante da casa, vivendone l’ atmosfera, apprezzandone lo
stile di vita e l’ ambiente sociale e culturale.
“Un approccio di questo genere avrebbe
benefici non soltanto sanitari: nel lungo periodo ci permetterebbe di
affrontare molti problemi legati al turismo di massa, un’industria che già da
prima della pandemia creava ad alcune mete come Venezia gravi difficoltà.” continua
l’ articolo.
“I «viaggiatori posati» eviteranno di ripetere gli errori del
turismo mordi-e-fuggi e ci aiuteranno a ritrovare il senso di
parole come integrazione e contributo civico. Non solo soggiornare più a lungo
riduce il rischio di contagio, ma moltiplica le possibilità di incontro e gli
scambi culturali.”
E ancora: “Un tempo si trattava di un
lusso per le élites: pensiamo a Peggy Guggenheim o Cole Porter a Venezia. Nel
mondo interconnesso di oggi i soggiorni a lungo termine potrebbero diventare
accessibili a un numero molto più ampio di persone. Le videochiamate su Zoom o
Teams, con cui abbiamo acquistato familiarità nei mesi del lockdown, consentono
a molti lavoratori di stabilirsi in luoghi lontani senza interrompere la
propria vita professionale.”
“Per attrarre i «viaggiatori posati» i comuni potrebbero sfruttare
il potere delle piattaforme online. Oltre a creare opportunità
di volontariato o di lavoro temporaneo, le città potrebbero incentivare le
aziende come Airbnb a offrire sconti maggiori per soggiorni lunghi. Un’altra
opportunità: nel caos della pandemia in corso negli Stati Uniti, molte
università, tra cui anche il Mit, hanno impedito l’accesso ai campus a molti
studenti. E se Venezia o altre città italiane offrissero ai ragazzi un alloggio
a basso costo, che permetta oggi di terminare la formazione online e domani
magari di fare start-up e impresa in Italia?
Proviamo a immaginare un nuovo futuro per
Venezia. Nel 2021 la Serenissima potrebbe non
aver più bisogno di rimpinguare le proprie casse imponendo nuove tasse ai
turisti. Potrebbe invece contare sulla capacità dei «viaggiatori posati» di
contribuire in maniera ben più sostanziale alla sua «civitas».”
Ebbene se Venezia ripensa il proprio futuro turistico non può essere che Trieste,
dopo tanti proclami su “niente sarà più
come prima”, continui ad inseguire progetti balordi e irrealizzabili di
turismo di massa sostenuti da vecchi tromboni della politica ormai da decenni al potere senza
alcun risultato concreto.
Perché un dato è certo: il turismo di
massa allontana quello di qualità.
Un acquario da un milione di visitatori accalcati all’ anno non attitira il “viaggiatore
posato”: lo respinge. Al contrario di un’ area recuperata intorno alla storica Lanterna
con un affaccio sul mare e un panorama ineguagliabile.
Guardiamo quali sono i risultati concreti di anni e anni di ossessione per il
turismo dei politici locali:
TRIESTE E’ APPENA AL 70° POSTO TRA LE
PROVINCE ITALIANE: nel 2018 si sono registrati 245.092 arrivi di
turisti stranieri, 595.010 le permanenze. Per quanto concerne i turisti
italiani 268.437 arrivi e 593.093 presenze. Il totale del 2018 dunque
è 513.529 arrivi e 1.188.103 presenze. Nel 2020 naturalmente è
iniziato il collasso.
Per quanto riguarda le altre città della Regione:
Udine si piazza al 20esimo posto con 5.458.146 (spinta dalle località di
montagna e di mare),
Gorizia al 57esimo posto con 1.833.644.
Pordenone . al 90esimo posto con 542.657 turisti
(Fonte: Rapporto 2019, il turismo a Verona", realizzato dalla locale
Camera di Commercio - servizio studi e ricerca. Clicca QUI).
Conseguentemente Trieste non rientra tra le 29 città che avranno il contributo a fondo perduto per le attività nei centri storici colpite dal calo del turismo straniero previsto dal "Decreto agosto": il requisito per accedervi è di aver avuto l' anno prima un numero di turisti stranieri 3 volte superiore ai residenti mentre Trieste ha avuto un numero appena pari ai residenti che può apparire molto ma nell' industria turistica è insignificante (si pensi a Venezia o Cortina).(Nota 1)
E questo malgrado i continui trionfalistici proclami sui successi del turismo a Trieste e il fatto che sia una città di confine, storico sbocco al mare della Mitteleuropa.
Come si vede la montagna di chiacchiere ha partorito un topolino: la vocazione di Trieste non è il turismo ma il Porto e le attività industriali, produttive e di servizi che crescono intorno ad un grande scalo. La storia lo dimostra.
Il turismo può costituire un interessante contorno, se di qualità come sopra descritto, non certo il volano
economico di una città con la storia e le potenzialità di Trieste.
Nota 1:
L ’elenco delle 29 città i cui negozi sono ammessi al contributo a fondo perduto, con il rapporto tra presenze di turisti stranieri e residenti.
(Nei capoluoghi le presenze di turisti stranieri devono essere almeno il triplo dei residenti. Nelle città metropolitane devono essere semplicemente superiori.)
Venezia 42,6 volte i turisti stranieri rispetto ai residenti
Verbania 26
Firenze 21,5
Rimini 15,3
Siena 11,6
Pisa 9,9
Roma 7,6
Como 7,2
Verona 6,4
Milano 5,8
Urbino 5,7
Bologna 4,2
La Spezia 4,2
Ravenna 4,2
Bolzano 4,1
Bergamo 3,8
Lucca 3,7
Matera 3,4
Padova 3,3
Agrigento 3,3
Siracusa 3
Ragusa 3
Napoli 2,2
Cagliari 1,8
Catania 1,7
Genova 1,6
Palermo 1,3
Torino 1,3
Bari 1,3
Fonte Corriere della Sera clicca QUI
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