Il porto alza la
voce e chiede al governo che lo speciale regime di
porto franco dello scalo giuliano, derivante dall’applicazione dell’allegato
VIII del Trattato di Pace di Parigi del 1947, venga correttamente comunicato a
Bruxelles affinché Trieste venga aggiunta alla lista dei dieci punti
extradoganali dell’Unione Europea già esistenti.
E’ la conferma che sul boicottaggio italiano del Porto Franco di Trieste avevano sempre avuto ragione i movimenti autonomisti e indipendentisti per non parlare dei portuali del CLPT che rivendicano l' applicazione dell' Allegato VIII.
"Lo Stato
italiano, nell'ambito della sua comunicazione a Bruxelles relativa ai territori
extra doganali, si è dimenticato di dire che esiste il porto franco di Trieste.
E anche di aggiungere che ha tutti i requisiti in regola per essere presente
nella lista. Una dimenticanza che non fa bene alla città e all'intero Friuli
Venezia Giulia, ma anche un autentico problema politico: abbiamo la legge dalla
nostra parte e persino un trattato internazionale che dice che l'Italia deve
farsi viva a Bruxelles per ovviare alla sua omissione".Lo ha affermato il presidente dell'Autorità di sistema portuale
del mare Adriatico orientale, Zeno D'Agostino, davanti alla I e
alla IV Commissione consiliare, riunite in presenza a Trieste nell'emiciclo di
piazza Oberdan.
Continua: “mentre noi siamo qui a perdere opportunità preziose e legittime, l'ufficio
legislativo del ministero per l'Economia e le Finanze (Mef) non riconosce
l'extraterritorialità doganale di Trieste, perché non riesce a interpretare
il fatto che un trattato internazionale deve essere rispettato".
"Il Porto franco - ha
proseguito D'Agostino - potrebbe essere il luogo dove le imprese
tornano a fare attività e a essere aggressive. Basta leggere i venti articoli
dell'allegato ottavo del Trattato di pace di Parigi del 1947 e le poche righe
nel Memorandum di Londra del 1954 per apprendere che il porto di Trieste gode
di determinati benefici e che qui devono essere applicati addirittura quelli
migliori tra tutte le zone franche del mondo".
D'Agostino ha infine
ricordato che "l'Europa verificherà se ci sono le basi
giuridiche. L'ostacolo più insidioso non è tuttavia Bruxelles ma Roma:
deve essere convinta e, come già fatto nei confronti di Campione d'Italia, ora
deve fare l'opposto a vantaggio di Trieste".
Stefano Visintin, presidente della Confederazione regionale delle
categorie degli spedizionieri internazionali, agenti marittimi e terminalisti
portuali è partito dalla "certezza che la trasformazione industriale
delle merci nel porto franco di Trieste è fattibile, nonché prevista anche da
un decreto del 1959. Perché farlo? Intanto, smentisco la possibilità di pagare
di meno i lavoratori, perché vengono applicati i contratti di lavoro nazionali
con forti controlli da parte dell'Autorità di sistema. Inoltre, la Dogana rende
impossibili falsificazioni o contrabbando, proprio perché il porto franco è
soggetto a maggiori controlli. L'utilità è dunque legata al fatto che le merci
rimangono allo Stato estero e chi le detiene non deve anticipare dazi e Iva
prima che vengano immesse nel territorio comunitario politico dell'Unione
europea".
Infine, le lavorazioni industriali "all'interno del porto franco potrebbero essere utili per la vantaggiosa acquisizione dell'origine comunitaria. Il cardine della procedura doganale di perfezionamento attivo è invece legato alla valutazione delle condizioni economiche. Nella Ue - si è lamentato Visintin - ci sono 77 zone franche, perciò Trieste si ritrova alla pari con altri 76 soggetti e la soluzione deve essere drastica: il Governo deve comunicare all'Ue che lo scalo giuliano deve essere inserito nella lista delle aree non doganali dopo che, per troppi anni, la comunicazione non è avvenuta in modo corretto".
Infine, le lavorazioni industriali "all'interno del porto franco potrebbero essere utili per la vantaggiosa acquisizione dell'origine comunitaria. Il cardine della procedura doganale di perfezionamento attivo è invece legato alla valutazione delle condizioni economiche. Nella Ue - si è lamentato Visintin - ci sono 77 zone franche, perciò Trieste si ritrova alla pari con altri 76 soggetti e la soluzione deve essere drastica: il Governo deve comunicare all'Ue che lo scalo giuliano deve essere inserito nella lista delle aree non doganali dopo che, per troppi anni, la comunicazione non è avvenuta in modo corretto".
L’extra doganalità del
punto franco triestino rappresenta un unicum in territorio italiano ma i numerosi governi “non hanno mai comunicato
correttamente all’Unione Europea il suo status” così Visintin.
Riuscirà il governo italiano a continuare nel suo boicottaggio al Porto Franco adesso che stanno arrivando colossi tedeschi della logistica come Duisport all’ Interporto che gestisce anche il Punto Franco “Freeeste” ?
La Germania è già presente all’ Oleodotto e sta espandendo i suoi interessi nel Porto Franco Internazionale di Trieste: all’ Italia non resterà che cambiare rotta.
I cittadini di Trieste capiranno che il futuro economico è nello sviluppo del Porto Franco Internazionale e non nelle baggianate fantaturistiche inventate da un ceto politico espressione di piccoli negozi che si illudono di ricavare prosperità da attrazioni da Luna Park come Acquari, Ovovie, Spiagge di Sabbia o Case di Riposo in Porto Vecchio? Per non parlare delle "Lucette natalizie" e i "Color Saturday" con cui si vorrebbe combattere una terribile crisi?
Riuscirà il governo italiano a continuare nel suo boicottaggio al Porto Franco adesso che stanno arrivando colossi tedeschi della logistica come Duisport all’ Interporto che gestisce anche il Punto Franco “Freeeste” ?
La Germania è già presente all’ Oleodotto e sta espandendo i suoi interessi nel Porto Franco Internazionale di Trieste: all’ Italia non resterà che cambiare rotta.
I cittadini di Trieste capiranno che il futuro economico è nello sviluppo del Porto Franco Internazionale e non nelle baggianate fantaturistiche inventate da un ceto politico espressione di piccoli negozi che si illudono di ricavare prosperità da attrazioni da Luna Park come Acquari, Ovovie, Spiagge di Sabbia o Case di Riposo in Porto Vecchio?
Potrà Trieste svilupparsi se
continuerà, come già da vent' anni, a farsi governare dalla miopia
del "Sindaco Bottegher" Dipiazza e del ventennale Presidente della Camera di Commercio
Paoletti pluripresidente anche
dei negozianti di Confcommercio in barba alle altre categorie economiche?
Possibile che nello snodo strategico della Camera di Commercio le categorie produttive e che operano nel porto siano messe da decenni ai margini come se l' economia di Trieste fosse fatta solo di bar e negozi?
E' questa la partita dei prossimi mesi: Porto Franco Internazionale e Città devono lavorare in sinergia.
Con l' arrivo di operatori internazionali con le spalle robuste e la buona volontà dei cittadini, Trieste ce la può fare a non farsi travolgere dalla crisi italiana post-Covid, che si annuncia devastante ed epocale, e a mandare a casa una presunta "classe dirigente e politica" che ha finora portato la città al fallimento per tutelare i suoi piccoli privilegi di casta.
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Possibile che nello snodo strategico della Camera di Commercio le categorie produttive e che operano nel porto siano messe da decenni ai margini come se l' economia di Trieste fosse fatta solo di bar e negozi?
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Con l' arrivo di operatori internazionali con le spalle robuste e la buona volontà dei cittadini, Trieste ce la può fare a non farsi travolgere dalla crisi italiana post-Covid, che si annuncia devastante ed epocale, e a mandare a casa una presunta "classe dirigente e politica" che ha finora portato la città al fallimento per tutelare i suoi piccoli privilegi di casta.
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