E’ sempre stato così: le vere riforme nascono dai movimenti popolari che riescono a far penetrare nelle istituzioni una parte dei punti centrali delle loro rivendicazioni.
Il 7 settembre la Commissione Affari Europei del Senato italiano ha approvato
una Risoluzione che impegna il Governo e la UE ad applicare la piena
extraterritorialità doganale del Porto Franco Internazionale di Trieste
consentendo così la lavorazione industriale delle merci con grandi vantaggi.
Ma tale diritto non è stato ancora riconosciuto concretamente: è necessaria la
mobilitazione della città sia verso il Governo Italiano amministratore che verso l’ Unione Europea per ottenerne l’
applicazione concreta.
Per questo è necessario che il Comune si faccia parte attiva sia con una solenne seduta pubblica del Consiglio Comunale in Piazza Grande alla presenza della cittadinanza convocata in piazza, sia mandando delegazioni ai ministeri sia istituendo un Assessorato al Mare e alla Economia Marittima per seguire seriamente, continuativamente e con competenza lo sviluppo del nostro Porto Franco che è il principale motore economico della città.
Ecco il testo della risoluzione approvata:RISOLUZIONE
APPROVATA DALLA 14°COMMISSIONE PERMANENTE DEL SENATO -
Politiche dell'Unione europea
SULL'AFFARE
ASSEGNATO N. 765
(extraterritorialità
doganale Porto Franco Internazionale di Trieste)
(Doc. XXIV, n. 51) 07/09/2021
La Commissione,
premesso che:
- l’affare assegnato relativo a "Le possibili iniziative legislative della
Commissione europea sulla delimitazione del territorio doganale dell'Unione
europea" (Atto n. 765), deferito dalla Presidenza del Senato alla 14a Commissione il 25 marzo 2021, ha consentito di approfondire
la normativa europea che regola la materia doganale in via generale e che
disciplina le specificità riconosciute allo stato attuale e che potrebbero
essere riconosciute in futuro;
- in tale contesto si inserisce, per quanto riguarda l’Italia, oltre al caso di Livigno e di Campione
d’Italia, quest’ultimo recentemente ricompreso nel territorio doganale UE, anche la questione del porto franco di
Trieste, nei suoi aspetti normativi europei e internazionali;
- anche su sollecitazione del Consiglio regionale della regione Friuli Venezia
Giulia e di alcune associazioni di categoria, si è profilata l’ipotesi di
intervenire presso le competenti autorità nazionali e dell’Unione europea, per
promuovere e sostenere la piena attuazione delle previsioni giuridiche inerenti
il regime di extraterritorialità doganale dei punti franchi del porto di
Trieste;
- tenuto conto delle audizioni di rappresentanti di Confetra Friuli-Venezia
Giulia, del Presidente del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia e di
rappresentanti dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale,
svolte l’8 giugno 2021;
considerato che:
- l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 952/2013, istitutivo del codice doganale
dell’Unione, delinea i confini del territorio doganale dell’UE, in cui vi
rientra "il territorio della Repubblica italiana, a eccezione del comune
di Livigno", in seguito alla modifica apportata dal regolamento (UE) 2019/474
che ha abrogato l’eccezione del comune di Campione d’Italia e le acque
nazionali del Lago di Lugano;
- l’esclusione dal territorio doganale europeo si differenzia dal regime delle
zone franche di cui agli articoli 243 e seguenti del regolamento (UE) n.
952/2013, in cui vi rientra attualmente il Punto franco di Trieste, in quanto
queste ultime sono parte integrante del territorio doganale dell’Unione,
sottoposte ad agevolazioni doganali specifiche, tra cui l’esenzione dal dazio
all’importazione di merci provenienti da Paesi terzi, ma non anche la libera
lavorazione industriale delle stesse;
- l’articolo 351 del TFUE prevede che le disposizioni dei Trattati non
pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse
anteriormente al 1° gennaio 1958, consentendo, in questo caso, l’esclusione dal
codice doganale dell’Unione di quei territori già regolati doganalmente in modo
specifico da trattati internazionali anteriori a tale data;
- in tal senso, il Porto franco di Trieste,
istituito già nel 1719 con patente dell’Imperatore Carlo VI D’Asburgo, trae
origine, nel suo status attuale,
dal Trattato di Pace di Parigi, del 10 febbraio 1947, con cui si dispone la
creazione, nel Territorio Libero di Trieste, di un porto franco doganale
(Allegato VIII), e pertanto può rientrare nella clausola di salvaguardia di
cui all’articolo 351 del TFUE, che consente l’esclusione dal territorio
doganale dell’Unione;
- lo speciale regime internazionale dei
punti franchi del Porto di Trieste era, peraltro, già stato riconosciuto dal
Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione europea, in base all’articolo
234 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE),
corrispondente al vigente citato articolo 351 del TFUE, quando, in occasione
dell’adozione del regolamento (CEE) n. 2504/88, del 25 luglio 1988, relativo
alle zone franche e ai depositi franchi (ora trasfuso nel codice doganale
comunitario), è stata resa la dichiarazione a verbale del Consiglio e della
Commissione, secondo cui: "Per quanto concerne i problemi relativi
all’applicazione del presente Regolamento al territorio della Repubblica
italiana, il Consiglio e la Commissione riconoscono, su comunicazione della
delegazione italiana e in relazione con l’articolo 234 del Trattato, che: Il porto franco di Trieste è stato
istituito dall’allegato VIII del Trattato di pace tra l’Italia e le potenze
alleate e associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, e ha formato oggetto
del memorandum di Londra del 5 ottobre 1954;
rilevato che l’eventuale extraterritorialità doganale del Porto franco di
Trieste, a differenza del suo attuale regime di zona franca europea, consentirebbe la lavorazione industriale
di semilavorati o materie prime importate in esenzione dal dazio e dall’IVA,
e quindi la produzione di beni con origine "europea" o "made in Italy", in base alla regola
doganale del luogo dell’ultima trasformazione sostanziale, e la loro esportazione a Paesi terzi in esenzione dalle imposte
doganali, con un evidente vantaggio economico per il Paese terzo
importatore, nonché come volano per lo
sviluppo dell’economia industriale e dei servizi del territorio di Trieste
e per l’intero Paese, e come prestigio per un porto a forte vocazione
internazionale con un bacino di utenza che si stende su tutta l’area
dell’Europa centrale;
rilevato, inoltre, che:
- il regime di lavorazione industriale delle merci provenienti dallo Stato
estero non genererebbe un minor introito di risorse proprie dell’Unione
europea, né minori dazi o IVA all’importazione per lo Stato, in quanto tale
genere di lavorazioni, qualora venissero effettuate sul territorio
unionale nella procedura ordinaria del perfezionamento attivo, comunque
non genererebbero un dazio, poiché lo stesso verrebbe sospeso fino
all’ottenimento del prodotto finito e che, qualora il prodotto finito venisse
destinato ad un Paese terzo, il dazio stesso non verrebbe mai assolto;
- qualora il prodotto finito ottenuto dalla lavorazione delle merci estere nel
porto franco doganale venisse introdotto in consumo nel territorio doganale
dell’Unione europea, le materie prime immesse in produzione o il prodotto
finito stesso verrebbero assoggettati a dazio ed IVA al pari di altri prodotti
importati da Paesi terzi, così come il prodotto finito di una lavorazione
effettuata sul territorio doganale unionale con perfezionamento attivo verrebbe
assoggettato a dazio ed IVA;
ritiene, pertanto, necessario che la Commissione europea, anche su richiesta
del Governo italiano, attivi la procedura legislativa europea per l’esclusione
dei punti franchi del Porto di Trieste dal territorio doganale dell’Unione
europea, mediante una modifica dell’articolo 4 del regolamento (UE) n.
952/2013, istitutivo del codice doganale dell’Unione, in ragione dell’origine
internazionale dello speciale regime del Porto franco di Trieste, derivante
dall’applicazione dell’Allegato VIII al Trattato di pace tra l’Italia e le
potenze alleate e associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, confermato
nel memorandum di Londra del 5 ottobre 1954 e nella dichiarazione a
verbale del Consiglio e della Commissione resa in occasione dell’adozione del
regolamento (CEE) n. 2504/88, del 25 luglio 1988, relativo alle zone franche e
ai depositi franchi;
dispone che la presente risoluzione sia
inviata alla Commissione europea, nell’ambito del dialogo politico con i
Parlamenti nazionali, e al Governo, ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 234
del 2012.
Link al sito del Senato:
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/SommComm/0/1307384/index.html?part=doc_dc-allegato_a:1
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