RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -
AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -
martedì 14 giugno 2016
L' ITALIA SI PREOCCUPA PERCHE' PER LA PRIMA VOLTA IN 90 ANNI SONO CALATI GLI ABITANTI: TRIESTE HA OGGI MENO ABITANTI DEL 1910 ED HA PERSO 70.000 ABITANTI DAGLI ANNI '70. CAUSA LA CRISI DOVUTA AL TAGLIO DELLE RADICI MITTELEUROPEE DEL PORTO E DELLA CITTA'- LA CRISI FA AUMENTARE LA MORTALITA' (prof. De Masi)
Al censimento del 1910 il Comune di Trieste contava 118.959 italiani, 56.916 sloveni, 2.403 croati e 38.597 stranieri per un totale di 216.875 abitanti.
A fine 2015 Trieste contava 204.814 : SONO OLTRE 12.000 ABITANTI IN MENO, dopo 105 anni !
Nel frattempo Roma è passata dai 511.076 abitanti del 1911 agli attuali 2.872.021 e l' Italia è cresciuta incessantemente fino a fine 2015.
Poi a fine 2015 la popolazione italiana è calata per la prima volta e malgrado l' immigrazione, a causa della CRISI che ha perfino fatto aumentare la mortalità come illustrato dall' agghiacciante intervista al sociologo prof. De masi, docente alla Sapienza di Roma.
Cali di popolazione e invecchiamento vi possono essere per guerre, pestilenze e crisi economiche.
A Trieste la crisi economica è cronica da quando sono state tagliate le radici con l'entroterra naturale che alimentavano la città: si pensi che oggi da Trieste non è possibile raggiungere Vienna con un treno diretto come era possibile fino al 1918.
Alla crisi strutturale di una città inserita con la guerra in un contesto economico/politico estraneo si è sommata la crisi di uno stato italiano incapace di prendere la strada dello sviluppo.
Noi a Trieste queste cose le sappiamo moto bene da decenni ma fa lo stesso impressione leggere l' articolo del prof. De Masi pubblicato l' 11/6 dal gruppo Repubblica e riconoscersi:
Ecco il testo:
«Un disastro provocato dalla crisi»
Per il sociologo De Masi è una situazione analoga a quella degli anni Trenta-
Le condizioni di vita degli italiani sono notevolmente peggiorate con la crisi, a partire dal 2007: la possibilità di ricorrere meno al welfare e di curarsi e il cibo di scarsa qualità, incidono sul bilancio demografico. Il sociologo Domenico De Masi, professore di Sociologia del lavoro all’università “La Sapienza” di Roma, dove è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione, attribuisce alla crisi e alla riduzione delle prestazioni sanitarie e del welfare i dati dell’Istat sul calo vertiginoso di residenti italiani, mai così forte negli ultimi 90 anni, con un saldo complessivo negativo per 130.061 unità. «Non c’è il mimino dubbio che i tagli alla sanità hanno avuto un effetto mortale sulle fasce più deboli della popolazione - spiega il professore - il fiore all’occhiello dell’ Europa è stato il welfare, che ha addolcito il liberalismo e quindi il divario tra ricchi e poveri. Ma il welfare è stato tagliato di anno in anno, l’Italia è all’avanguardia nel taglio welfare, e questo penalizza molto i più deboli. Dieci famiglie nel 2007 avevano l’equivalente della ricchezza di tre milioni e mezzo di italiani, oggi di 6 milioni di italiani. Sono raddoppiati i poveri. La povertà incide fortemente sulla durata vita: mangiare in modo meno salubre, non potersi a curare, non avere l’aria condizionata o il calore necessario, causa un aumento della mortalità. L’Istat certifica quindi che siamo arrivati ai livelli del 1925, ovvero agli anni della Grande Crisi: questi dati ci riportano ad allora e sono stati registrati in quasi tutti i Paesi del mondo, questa crisi non è stata meno terribile di quella degli anni Trenta, solo che stavolta l’epicentro è stato in Europa». Quanto agli stranieri, il rapporto Istat evidenzia come questi «tendono a passare e ad andarsene, ed essendoci una facilitazione allo spostamento, tendono a spostarsi altrove». «L’anno scorso - rende noto il sociologo - dall’Italia sono emigrati quasi 7 mila laureati, ma più sono arrivati con i barconi più di 90 mila laureati immigrati. L’Italia non è un Paese appetibile per gli italiani, lo è relativamente per gli stranieri che se possono andare altrove lo fanno. D’altra parte il Pil in Italia è di 34 mila euro procapite, molto meno è quello degli stranieri. Un povero italiano è molto meno povero di un nigeriano; sotto questo punto di vista, la distinzione tra “migrante politico” e “migrante economico” è crudele, chi scappa dalla fame è come chi scappa dalla guerra». Infine l’età media, che in Italia è di 44,7 anni: «Siamo quarti nel mondo per età media su 196 Paesi: abbiamo un’età media molto alta rispetto al resto del mondo», conclude il docente.
Il censimento di Trieste nel 1910 lo trovi cliccando QUI
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