#PortoVecchioProduttivo #Trieste
Il Piccolo nel giorno di Pasqua ci ha riservato un editoriale in cui R.
Morelli appare molto preoccupato dell’ opposizione, presente in tutta la città,
alla privatizzazione / urbanizzazione di Porto Vecchio ed esorta i candidati
sindaco a pronunciarsi sulla questione.
Tutta l’ articolessa è viziata da una mistificazione di fondo: la falsa
alternativa tra l' urbanizzazione / privatizzazione dell’ enorme area opposta
all’ attuale degrado.
Ipotizzando, inoltre, strumentalmente un uso
ESCLUSIVAMENTE PORTUALE DI CUI MAI, NESSUNO, HA PARLATO.
Va ricordato che la stessa Autorità Portuale di
Trieste nella nota 10135/p del 4/12/2015 per richiedere lo spostamento di una
parte del Punto Franco Nord motivava così la sua utilità:
- Promozione e concentrazione di attività logistica
-
Sviluppo e gestione di siti industriali
- Sviluppo dell’ attività di produzione di beni e
servizi
- Promozione dell’ attività per attrazione di
investimenti
- Promozione, sviluppo e applicazione di tecnologie
ICT
- Promozione di attività per il trasferimento di
tecnologie, condivisione di know how tra imprese, progettazione e
marketing.
- Promozione e realizzazione di attività scientifica
di alta specializzazione.
Tutte cose che possono essere fatte in Porto Vecchio
anche più rapidamente ed economicamente che sul SIN (sito inquinato di
interesse nazionale) in Zona Industriale.
Qualcuno domanda: "Se tutto questo è possibile perché non è stato fatto
finora?"
Per lo stesso motivo per cui nei giorni scorsi
l’ Autorità Portuale è andata ad informare, per la prima volta dal dopoguerra,
le imprese del Friuli (e il primo aprile lo farà in Veneto) che qui c’è
un Porto Franco: cosa che ha suscitato grande meraviglia perché finora i
vantaggi della extradoganalità del nostro Porto Franco Internazionale non sono
stati adeguatamente pubblicizzati nemmeno nelle aree più vicine.
Pertanto insistere che l’ alternativa sia tra PURA PORTUALITA’ o
URBANIZZAZIONE è solo una mistificazione perché NESSUNO ha mai sostenuto
questo.
Eppure la stampa locale ancora insiste nel voler trovare CHI ha impedito o
vuole ancora impedire il riuso dell’area.
DA SEMPRE il Porto Franco consente insediamenti produttivi di vario
genere. Tanto è vero che molti ricordano che proprio in Porto Vecchio
c’era uno stabilimento della Stock. Non solo, ma c’era anche la fabbrica statunitense Lucky Shoe, forte produttrice di
scarpe da esportazione, che dava lavoro ad oltre un migliaio di persone.
Ricordiamo anche che Generali e Fiat col progetto Polis dei primi anni ’90
proponevano di insediare nel Punto Franco di Porto Vecchio il CENTRO
FINANZIARIO-ASSICURATIVO OFF-SHORE, proprio per usufruire dei vantaggi del
particolare regime di extradoganalità (extra UE).
Fin dal 1999 l’ associazione degli Spedizionieri
triestini proponeva un utilizzo NON SOLO PORTUALE di Porto Vecchio, cioè un
UTILIZZO PRODUTTIVO (*nota1).
Qui riportiamo integralmente le PROPOSTE PER UN NUOVO PIANO REGOLATORE DEL PORTO (cliccare) del
novembre 1999 degli Spedizionieri: da pag 10 a pag.14 si parla del riutilizzo del Porto Vecchio.
La stessa “variante Barduzzi” all' attuale Piano Regolatore prevede la
“PORTUALITA’ ALLARGATA”, perfettamente compatibile con la proprietà pubblica
dell’area (demanio portuale) e con il regime di porto franco, che si sarebbe
potuto eventualmente sospendere selettivamente per quanto necessario a
permettere un libero accesso delle persone nelle aree dedicate a questo tipo di
attività.
Quindi non si capisce proprio chi abbia impedito
la riutilizzazione delle aree del Porto Vecchio per la cosiddetta portualità
allargata, dal momento che gli unici che avrebbero avuto interesse ad insistere
per un uso strettamente portuale commerciale avrebbero potuto essere proprio
gli spedizionieri.
Forse la domanda corretta non è CHI abbia impedito la riconversione dell’area,
ma COSA !
Vediamo se gli ostacoli individuati finora dalla classe politica che ha governato
la città negli ultimi vent’anni sono veri:
1) Si è sostenuto che il Porto Vecchio non aveva i fondali necessari: FALSO
!
I fondali non sono forse sufficienti per navi portacontainer dell’ultima
generazione, ma 12 metri sono sufficienti per molte altre tipologie di nave.
2) Si è detto che non c’era il collegamento ferroviario: FALSO !
Il collegamento ferroviario esisteva fino a pochi anni fa ed era diretto a
livello della Stazione Centrale, senza bisogno di entrare nella galleria
sotterranea che collega la linea internazionale con Campo Marzio.
3) Si è detto che il Porto Vecchio non poteva essere riutilizzato per colpa del
regime di Porto Franco: FALSO !
Basta interpretare in chiave moderna
il regime di porto franco ed adattarlo alle peculiarità dell’area.
4) Si è detto che la proprietà demaniale dell’area e dei manufatti non
avrebbero permesso di trovare degli imprenditori disposti ad investire: FALSO
!
Non è vero che, per usare un’espressione abusata negli ultimi anni, gli
investimenti privati sui beni demaniali non siano “bancabili”, cioè le banche
non siano disponibili a finanziare gli investitori privati. E’ una balla
assoluta, basti pensare a tutti i terminalisti portuali che stanno investendo
su tutte le altre aree del porto di Trieste.
E’ OVVIO CHE UN BUON PROGETTO E’ BANCABILE, UN PROGETTO IDIOTA NON LO E’.
A nostro giudizio ecco i veri motivi che hanno ostacolato sia l’uso portuale
che il riuso in un’ottica di portualità allargata dell’area del Porto Vecchio:
A) Gli sciagurati VINCOLI ARCHITETTONICI che hanno
impedito agli operatori di toccare anche un solo bullone e di rinnovare
l’ area secondo moderni criteri logistici, sono stati sicuramente una delle
cause principali, e rischiano di essere ancora un onere eccessivo per chi
volesse investire su quest’ area.
B) Un altro fattore è determinato dalla mancata
realizzazione dell’ACCESSO STRADALE DA NORD, che evidentemente non ha permesso
lo sviluppo portuale dell’area, ma che parimenti rischia ora di far fallire il
progetto di riuso della stessa. Accesso Nord chè è stato definitivamente
cassato dalla Giunta regionale Serracchiani nel 2014 malgrado fosse stato già
recepito dal CIPE.
C) Proprio questi fattori, insieme alla PRESSIONE "POLITICA" ad
abbandonare Porto Vecchio e al TAGLIO RECENTE DELLA LINEA FERROVIARIA
(2010), che per anni ha permesso il collegamento diretto dello scalo con la
linea ferroviaria internazionale, hanno determinato la progressiva
desertificazione del sito in cui è rimasto attualmente operativo l’ Adriaterminal.
E questo è avvenuto nonostante il Porto di Trieste sia complessivamente
bisognoso di spazi a mare perché piccolo e nonostante in porto Vecchio ci siano
fondali ampiamente sufficienti (12 m.) oltre a diverse banchine
ammodernate recentemente servite da collegamenti ferroviari solo sospesi di
recente.
Qui sta la manipolazione dell’ opinione pubblica....
L’ alternativa non è tra
urbanizzazione (fare un nuovo Centro Città) o lasciare Porto Vecchio alle
esecrate “pantigane” (nelle aree attualmente non utilizzate per attività
strettamente portuale, come ora ancora avviene all’ Adriaterminal con GMT e
SAIPEM).
L’ alternativa vera è tra la privatizzazione / urbanizzazione di un bene
pubblico strategico oppure un suo UTILIZZO PRODUTTIVO per creare posti di
lavoro qualificati.
Inoltre bisognerebbe che sia finalmente
dimostrata, dai suoi fautori, la necessità e l’ utilità per Trieste di
una “restituzione alla città” di un’ area enorme (un quarto della città attuale
con un milione di metri cubi di costruito) che non ha mai fatto parte della
città medesima e che è priva sia delle fogne che della costosa“urbanizzazione
primaria”, e che per giunta ha costi di gestione elevatissimi che saranno
accollati al Comune, cioè ai triestini tutti.
Trieste è in forte calo demografico con il commercio in crisi e 380 negozi
chiusi, ed ha ora un assetto urbano e abitativo adatto ad una popolazione di
350.000 abitanti pur avendone solo 200.000.
Costruire un nuovo Centro Città con negozi e abitazioni vorrebbe dire svuotare
la città attuale e condannarla al degrado.
E’ QUELLO CHE HANNO FATTO A L’AQUILA DOPO IL
TERREMOTO: UNA NUOVA CITTA’ INEFFICIENTE E QUELLA STORICA ABBANDONATA E
DEGRADATA.
*Nota1)
Più
volte abbiamo segnalato cosa intendiamo per UTILIZZO PRODUTTIVO DI PORTO
VECCHIO: il Porto Vecchio/Punto Franco Nord si presta, oltre che al mantenimento
delle attività portuali che vi continuano ad operare (dall’ Adria Terminal alla
Saipem), ad un utilizzo produttivo che sfrutti le possibilità offerte dal
particolare regime di Punto Franco ovvero:
- Imprese ad alta tecnologia pulite, sul tipo della “Silicon Valley”;
- Incubatori di “Start-up” giovanili con fiscalità di vantaggio;
- Centri di ricerca legati alle aziende dell’area di ricerca ed alle
istituzioni scientifiche;
- Centri finanziari e bancari “Off-shore”, extra UE, per realizzare la
nostra “city”;
- Custodia, borsa e manipolazione di materie prime e metalli, anche
pregiati ed opere d’arte anche per operazioni finanzarie come avviene nel
punto franco dell’aeroporto di Ginevra e Singapore;
- Trasformazione di merci, anche nel campo della moda, tessili ed alimentari,
in regime extradoganale;
- Assemblaggio di macchinari ad alta tecnologia per impieghi
specializzati, potenziando ed incentivando quanto già viene prodotto dalla
Saipem con i robot per le trivellazioni sottomarine;
- Potenziamento delle attività portuali esistenti come l’Adriaterminal,
alla quale sono stati tolti i collegamenti ferroviari nel 2010.
- Distretto nautico, con cantieri per Yacht che operano “estero su
estero” e “usi del mare” in esenzione doganale e fiscale.
Tutta l’ articolessa è viziata da una mistificazione di fondo: la falsa alternativa tra l' urbanizzazione / privatizzazione dell’ enorme area opposta all’ attuale degrado.
Ipotizzando, inoltre, strumentalmente un uso ESCLUSIVAMENTE PORTUALE DI CUI MAI, NESSUNO, HA PARLATO.
Va ricordato che la stessa Autorità Portuale di Trieste nella nota 10135/p del 4/12/2015 per richiedere lo spostamento di una parte del Punto Franco Nord motivava così la sua utilità:
- Sviluppo e gestione di siti industriali
Tutte cose che possono essere fatte in Porto Vecchio anche più rapidamente ed economicamente che sul SIN (sito inquinato di interesse nazionale) in Zona Industriale.
Qualcuno domanda: "Se tutto questo è possibile perché non è stato fatto finora?"
Per lo stesso motivo per cui nei giorni scorsi l’ Autorità Portuale è andata ad informare, per la prima volta dal dopoguerra, le imprese del Friuli (e il primo aprile lo farà in Veneto) che qui c’è un Porto Franco: cosa che ha suscitato grande meraviglia perché finora i vantaggi della extradoganalità del nostro Porto Franco Internazionale non sono stati adeguatamente pubblicizzati nemmeno nelle aree più vicine.
Pertanto insistere che l’ alternativa sia tra PURA PORTUALITA’ o URBANIZZAZIONE è solo una mistificazione perché NESSUNO ha mai sostenuto questo.
Eppure la stampa locale ancora insiste nel voler trovare CHI ha impedito o vuole ancora impedire il riuso dell’area.
DA SEMPRE il Porto Franco consente insediamenti produttivi di vario genere. Tanto è vero che molti ricordano che proprio in Porto Vecchio c’era uno stabilimento della Stock. Non solo, ma c’era anche la fabbrica statunitense Lucky Shoe, forte produttrice di scarpe da esportazione, che dava lavoro ad oltre un migliaio di persone.
Ricordiamo anche che Generali e Fiat col progetto Polis dei primi anni ’90 proponevano di insediare nel Punto Franco di Porto Vecchio il CENTRO FINANZIARIO-ASSICURATIVO OFF-SHORE, proprio per usufruire dei vantaggi del particolare regime di extradoganalità (extra UE).
Fin dal 1999 l’ associazione degli Spedizionieri triestini proponeva un utilizzo NON SOLO PORTUALE di Porto Vecchio, cioè un UTILIZZO PRODUTTIVO (*nota1).
La stessa “variante Barduzzi” all' attuale Piano Regolatore prevede la “PORTUALITA’ ALLARGATA”, perfettamente compatibile con la proprietà pubblica dell’area (demanio portuale) e con il regime di porto franco, che si sarebbe potuto eventualmente sospendere selettivamente per quanto necessario a permettere un libero accesso delle persone nelle aree dedicate a questo tipo di attività.
Quindi non si capisce proprio chi abbia impedito la riutilizzazione delle aree del Porto Vecchio per la cosiddetta portualità allargata, dal momento che gli unici che avrebbero avuto interesse ad insistere per un uso strettamente portuale commerciale avrebbero potuto essere proprio gli spedizionieri.
Forse la domanda corretta non è CHI abbia impedito la riconversione dell’area, ma COSA !
Vediamo se gli ostacoli individuati finora dalla classe politica che ha governato la città negli ultimi vent’anni sono veri:
1) Si è sostenuto che il Porto Vecchio non aveva i fondali necessari: FALSO !
I fondali non sono forse sufficienti per navi portacontainer dell’ultima generazione, ma 12 metri sono sufficienti per molte altre tipologie di nave.
2) Si è detto che non c’era il collegamento ferroviario: FALSO !
Il collegamento ferroviario esisteva fino a pochi anni fa ed era diretto a livello della Stazione Centrale, senza bisogno di entrare nella galleria sotterranea che collega la linea internazionale con Campo Marzio.
3) Si è detto che il Porto Vecchio non poteva essere riutilizzato per colpa del regime di Porto Franco: FALSO !
Basta interpretare in chiave moderna il regime di porto franco ed adattarlo alle peculiarità dell’area.
4) Si è detto che la proprietà demaniale dell’area e dei manufatti non avrebbero permesso di trovare degli imprenditori disposti ad investire: FALSO !
Non è vero che, per usare un’espressione abusata negli ultimi anni, gli investimenti privati sui beni demaniali non siano “bancabili”, cioè le banche non siano disponibili a finanziare gli investitori privati. E’ una balla assoluta, basti pensare a tutti i terminalisti portuali che stanno investendo su tutte le altre aree del porto di Trieste.
E’ OVVIO CHE UN BUON PROGETTO E’ BANCABILE, UN PROGETTO IDIOTA NON LO E’.
A nostro giudizio ecco i veri motivi che hanno ostacolato sia l’uso portuale che il riuso in un’ottica di portualità allargata dell’area del Porto Vecchio:
C) Proprio questi fattori, insieme alla PRESSIONE "POLITICA" ad abbandonare Porto Vecchio e al TAGLIO RECENTE DELLA LINEA FERROVIARIA (2010), che per anni ha permesso il collegamento diretto dello scalo con la linea ferroviaria internazionale, hanno determinato la progressiva desertificazione del sito in cui è rimasto attualmente operativo l’ Adriaterminal.
E questo è avvenuto nonostante il Porto di Trieste sia complessivamente bisognoso di spazi a mare perché piccolo e nonostante in porto Vecchio ci siano fondali ampiamente sufficienti (12 m.) oltre a diverse banchine ammodernate recentemente servite da collegamenti ferroviari solo sospesi di recente.
Qui sta la manipolazione dell’ opinione pubblica....
L’ alternativa non è tra urbanizzazione (fare un nuovo Centro Città) o lasciare Porto Vecchio alle esecrate “pantigane” (nelle aree attualmente non utilizzate per attività strettamente portuale, come ora ancora avviene all’ Adriaterminal con GMT e SAIPEM).
L’ alternativa vera è tra la privatizzazione / urbanizzazione di un bene pubblico strategico oppure un suo UTILIZZO PRODUTTIVO per creare posti di lavoro qualificati.
Inoltre bisognerebbe che sia finalmente dimostrata, dai suoi fautori, la necessità e l’ utilità per Trieste di una “restituzione alla città” di un’ area enorme (un quarto della città attuale con un milione di metri cubi di costruito) che non ha mai fatto parte della città medesima e che è priva sia delle fogne che della costosa“urbanizzazione primaria”, e che per giunta ha costi di gestione elevatissimi che saranno accollati al Comune, cioè ai triestini tutti.
Trieste è in forte calo demografico con il commercio in crisi e 380 negozi chiusi, ed ha ora un assetto urbano e abitativo adatto ad una popolazione di 350.000 abitanti pur avendone solo 200.000.
Costruire un nuovo Centro Città con negozi e abitazioni vorrebbe dire svuotare la città attuale e condannarla al degrado.
E’ QUELLO CHE HANNO FATTO A L’AQUILA DOPO IL TERREMOTO: UNA NUOVA CITTA’ INEFFICIENTE E QUELLA STORICA ABBANDONATA E DEGRADATA.
*Nota1)
Più volte abbiamo segnalato cosa intendiamo per UTILIZZO PRODUTTIVO DI PORTO VECCHIO: il Porto Vecchio/Punto Franco Nord si presta, oltre che al mantenimento delle attività portuali che vi continuano ad operare (dall’ Adria Terminal alla Saipem), ad un utilizzo produttivo che sfrutti le possibilità offerte dal particolare regime di Punto Franco ovvero:
IL DOCUMENTO DEGLI SPEDIZIONIERI TRIESTINI DEL 1999:
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