RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

domenica 4 marzo 2018

I TEMPI BUROCRATICI E POLITICI ITALIANI SONO INCOMPATIBILI CON LO SVILUPPO DEL PORTO FRANCO DI TRIESTE COME TERMINAL DELLA "NUOVA VIA DELLA SETA" - I CINESI SONO GENTE CHE COSTRUISCE UNA STAZIONE FERROVIARIA IN 9 ORE (VIDEO) E NON CONCEPISCONO ATTESE DI ANNI PER QUESTIONI BUROCRATICHE - AUTONOMIA PER RIDURRE LA BUROCRAZIA E DECIDERE SUL TERRITORIO E NON A ROMA - BASTA CHIACCHIERE POLITICHE: E' ORA DI AGIRE !


Ha fatto una certa sensazione in questi giorni apprendere la notizia e vedere il video diffuso dall' ANSA di come in Cina abbiano costruito una importante stazione ferroviaria in 9 ore:

Cina meridionale, la costruzione della stazione ferroviaria di Nanlong nella città di Longyan viene portata a termine in sole nove ore da 1500 operai. Zhan Daosong vice direttore del China Tiesiju Civil Engineering Group, la principale compagnia di costruzione ferroviaria del paese, dichiara che gli operai sono stati divisi in sette unità per lavorare simultaneamente, con l’ausilio di 23 scavatori e sette treni. La linea ad alta velocità lunga 244 km collegherà il sud-est del paese con la zona centrale, supportando treni che viaggiano fino a 200 km/h. L’opera di costruzione è solo l’ultima tra i grandi progetti infrastrutturali portati avanti dal governo cinese che conta di completare i lavori entro la fine del 2018.

Del resto chiunque segua con attenzione i progressi delle infrastrutture create lungo la "Nuova Via della Seta" si rende conto che i tempi di decisione, progettazione e realizzazione sono del tutto incompatibili con i tempi italiani.

Pensiamo che le imprese  cinesi rapportandosi all' Italia, che ormai tanto parla di "Nuove Vie della Seta" ma poco realizza, abbiano la sensazione di essere capitate in un nido di lumache in letargo.


Tempi decisionali biblici, politica inconcludente, burocrazia bizantina e soffocante, veti incrociati, centralizzazione romana su cose che dovrebbero essere decise e sbrigate sul territorio.

Ne sappiamo qualcosa con la vicenda del Sito Inquinato Nazionale che coinvolge l' intera Zona Industriale dal 2001  senza niente di fatto.
Viene celebrata come una grande vittoria dell' efficienza e del decisionismo l' emanazione del Decreto attuativo sui Punti Franchi con 64 anni di ritardo dal 1954 e 23 anni dopo che era prescritto dalla legge 84 del 1994: un decreto che per giunta accoglie solo parzialmente quanto previsto dall' Allegato VIII al TdP del '47.
Per quanto riguarda Porto Vecchio a 39 mesi dalla "sdemanializzazione" - presentata come una rivoluzione con effetti miracolosi immediati - non è successo niente di concreto oltre ad un pericoloso svincolo disegnato in viale Miramare e un rifacimento della recinzione interna mentre il degrado prosegue imperterrito...

Sul Piccolo oggi si indica come un pericoloso elemento di rallentamento decisionale l' espulsione dal Comitato Portuale dei politici: una goccia nel mare dell' italica inefficienza.


Il Porto Franco Internazionale di Trieste, malgrado la buona volontà di operatori e Autorità Portuale, rischia di perdere il treno delle "Nuove Vie della Seta" per la banale inefficienza e incapacità di decidere in tempi rapidi tipica del sistema-paese Italia.

L' unico antidoto conosciuto e sufficientemente rapido è porre i centri decisionali sul territorio e la drastica riduzione della burocrazia: ovvero autogoverno e autonomia spinta (e centralizzazione di competenze e poteri sull' Autorità Portuale).


Tutto ciò che va in questo senso è benvenuto.

Ogni forma di centralismo è veleno per Trieste.
Chi vuole votare ne tenga conto.
 

Di seguito l' articolo del Piccolo odierno... e attenti che la Trojka in arrivo non sia quella del FMI e UE che si sta preparando per la disastrata Italia...

IL PORTO SENZA LA TROJKA

di ROBERTO MORELLI

Non sempre lo scontato richiamo “fuori i politici dagli enti di gestione” funziona. Stavolta non funzionerà: non al porto di Trieste, che funzionava benissimo prima che una nuova norma pretendesse di farlo funzionare meglio. Nessun dramma si abbatterà sull’Authority dello scalo, ma certamente i processi decisionali saranno un po’ più complicati e qualche lungaggine insorgerà. Che sta succedendo? Che un decreto legislativo dello scorso dicembre, ritoccando la recente riforma portuale, vieta che dei Comitati di gestione dei porti facciano parte pubblici amministratori ed esponenti politici. Sicché il sindaco Dipiazza e la presidente regionale Serracchiani, “autonominati” dai rispettivi enti nel consesso a quattro che formavano con il presidente dell’Authority D’Agostino e il comandante della Capitaneria Sancilio, sono stati sostituiti dai dirigenti Giulio Bernetti e rispettivamente Carlo Fortuna. Di fatto “espulsi” per decreto, dopo che la modifica normativa era intervenuta per spazzar via un conflitto esploso a Livorno tra sindaco e presidente del porto. Nulla di drammatico: Fortuna e Bernetti sono due giovani e ottimi manager pubblici, esattamente l’opposto dell’immaginario del burocrate, e ovviamente rappresenteranno Regione e Comune in sintonia con i loro vertici (la Serracchiani sarebbe comunque stata sostituita dopo le elezioni). Ma di certo la gestione del “Consiglio di amministrazione” – tale è di fatto il Comitato – si complicherà inutilmente, e soprattutto si dissolverà quel misterioso incanto che fino a oggi ha fatto camminare tutto liscio come l’olio: decisioni veloci, mai una polemica politica, una sostanziale intesa sulle cose da fare e sulla linea di sviluppo perseguita da D’Agostino. Destra e sinistra che non si azzuffano? Un miracolo. La troika al potere funzionava ch’era una meraviglia. Cominciamo con le complicazioni inutili: i due nuovi componenti dovranno continuamente raccordarsi con sindaco e presidente regionale, e continuamente riferire e verificare. Il Comitato sarà meno efficace e più lento nel decidere. Andrà a finire che per brevità D’Agostino e i due vertici istituzionali si consulteranno e decideranno preventivamente, e che l’organo di gestione sarà svuotato del suo potere. La volontà di avere i politici fuori dagli enti si tradurrà nel fatto che fuori dagli enti verranno prese le decisioni. E buonanotte allo spirito della riforma. Ma la vicenda – in sé non drammatica – va al di là di questo. Possiamo trarne due insegnamenti importanti. Il primo è che in un organo di gestione di un ente territoriale d’importanza strategica – e un porto lo è – devono starci i numeri uno e non i loro delegati. Devono proprio metterci la faccia e rispondere ai cittadini del loro operato, non sussurrare all’orecchio dei loro dirigenti e fare i mandanti di decisioni formalmente prese da altri. E’ una questione di trasparenza, responsabilità, obbligo istituzionale: decidere stando sotto i riflettori, non acquattati nella buca del suggeritore. Il secondo insegnamento è che il principio di “leale collaborazione” tra istituzioni, di cui dice la Costituzione con mirabile sintesi, non è una chimera, ma un obiettivo conseguibile quando v’è buona fede tra gli interlocutori: quando il confronto è sulle cose da fare, com’è accaduto a Trieste, e non sugli schieramenti, com’era accaduto a Livorno con la paralisi conseguente. In questo un motivo di sollievo va ascritto a Dipiazza. Il feeling tra Serracchiani e D’Agostino, nominato dal centrosinistra, era scontato; non altrettanto il supporto del sindaco, per giunta ritrovatosi spogliato dalla sera alla mattina delle competenze sui punti franchi passate al presidente del porto. Dipiazza avrebbe potuto mettersi di traverso, farne una questione politica, bloccare ogni delibera. Non l’ha fatto, per la fortuna del porto e della città, e alimentando la curiosità per le sue sfaccettature: capace (per imprudenza, sventatezza, indipendenza ostentata, o tutte queste cose insieme) di portare il saluto istituzionale a un movimento che aveva appena solidarizzato con un delinquente che sparava alle persone per la strada (Forza Nuova, Traini, Macerata), ma di sposare senza riserve chi annusa come buon compagno di viaggio nella gestione della città. Ebbene, gli amministratori negli enti non sono sempre il demonio. E quel che conta, ora, è che la loro uscita di scena non rallenti quanto di buono D’Agostino sta costruendo. 



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