"I punti franchi non erano l’ossessione di quattro nostalgici di un mondo estinto" lo scrive persino il Piccolo smentendo se stesso (vedi sotto) visto che era stato il principale responsabile mediatico della denigrazione del Porto Franco definito continuamente "obsoleto e inutile", "questione da nostalgici" e perfino "da abolire" (copyright Pacorini) in ossequio al pensiero unico di una classe politica e dirigente locale che ha perso la bussola da decenni.
Invece di pensare al "core business" di Trieste che è sempre stato il suo Porto Franco Internazionale, snodo tra Europa Centro-Orientale ed Oriente (medio e lontano), si erano persi in fantasticherie demagogiche sul turismo come motore economico principale con annesse "sdemanializzazioni e urbanizzazioni" in chiave turistica di aree produttive come Porto Vecchio.
Aree di cui Trieste ha invece estremo bisogno perchè sono pochi gli spazi utilizzabili per una cosa che era ormai divento tabù nominare: industria e manifattura che possono essere pulite e ad alta tecnologia (vedi Saipem e Seleco).
Fortunatamente un movimento popolare a forte componente indipendentista e autonomista ha messo in luce le opportunità del Porto Franco, regolato dall' Allegato Ottavo, costringendo le istituzioni a confrontarsi su questi temi.
E questo è un merito che resterà nella storia di Trieste.
Contemporaneamente la "Nuova via della Seta" del Presidente Xi ha delineato il quadro strategico geopolitico della rinascita del nostro porto.
Siamo stati i primi, e per lungo tempo gli unici a Trieste, a recepirlo e pubblicizzarlo in ogni modo.
Fino a poco più di un anno fa chi parlava di "Porto Franco" e "Nuova Via della Seta", che sono stati i temi centrali del nostro blog Rinascita Triestina, veniva attaccato e persino deriso con accuse che andavano dal "nostalgico" al "velleitario"(entrambi copyright Possamai ex-direttore del Piccolo) all' "utopista".
Ride bene chi ride ultimo: i fatti dimostrano il contrario.
Oggi il giornale locale parla di "due sindaci" di Trieste ma sbaglia.
Abbiamo in realtà un Borgomastro che è il "Direttore del Porto Franco" dell' Allegato VIII che si occupa delle cose serie come lo sviluppo dell' economia e delle connessioni internazionali di Trieste, e una macchietta prodotta da una classe politica disastrata che fa il simpatico ed ha una Giunta e una Maggioranza che è in realtà una fabbrica di gaffe e scemenze che arrivano fin sui media nazionali deteriorando l' immagine pubblica della nostra città.
Ma se può dirsi ormai vinta la battaglia per affermare la centralità e l' importanza del Porto Franco contro le posizioni di una classe politica e dirigente vecchia, incapace e da mandare al macero, non dobbiamo nasconderci i rischi.
In Italia ogni cosa buona viene toccata e trasformata in letame dalla Mafia e ce lo ricorda oggi in prima pagina lo stesso Piccolo.
Ma vi sono pericoli meno spettacolari e più insidiosi che si chiamano Burocrazia e Fisco Rapace particolarmente rigogliosi in Italia e capaci di stritolare le imprese ed allontanare gli investitori internazionali che non possono accettare i tempi biblici e le tortuosità burocratiche italiane.
Non sono pericoli fittizi: al porto di Taranto non arriva più un solo container perchè gli operatori cinesi si sono allontanati, dopo un iniziale interesse, proprio per questi motivi, trasferendosi al porto greco del Pireo che è cresciuto in modo esponenziale.
Noi riteniamo che la principale e urgente medicina per questi problemi sia una forte autonomia e autogoverno del territorio sul modello di Bolzano e delle tuttora Città-Stato Portuali autonome del Nord come Amburgo e Brema: per allontanare lo strapotere paralizzante dei ministeri e permettere al territorio di autogovernarsi e rispondere in tempi rapidi alle sollecitazioni dei mercati internazionali senza interferenze romane.
Nel contempo il segnalato pericolo di infiltrazioni mafiose indica la necessità di autorità di livello europeo preposte alla sicurezza.
Il nostro Porto Franco serve un ampio entroterra mitteleuropeo ed è opportuno che ci sia una azione congiunta e coordinata delle istituzioni preposte alla sicurezza di tutta quest' area europea.
Si facciano accordi a livello europeo e si uniscano le forze per contrastare la criminalità di ogni tipo a partire dai porti, come il nostro, che servono vaste aree: come si vede quotidianamente l' Italia, malgrado l' impegno e la capacità di singoli magistrati e funzionari, non è in grado di farcela ed ha addirittura perso il controllo di parti del territorio nazionale.
Non vogliamo finire come Gioia Tauro e c'è bisogno della collaborazione sulla sicurezza principalmente con Germania, Austria e Slovenia.
TRIESTE SEMPRE PIU' AUTONOMA ED EUROPEA: questa la strada da perseguire per la rinascita e la liberazione di Trieste dalle sabbie mobili in cui è stata gettata nel 1918, giusto cento anni fa, con la sciagurata annessione all' Italia.
Forse non piacerà a chi si illude di avere tutto e subito e non vuole seguire un percorso di realizzazioni graduali, ma servirà a portare a casa risultati concreti, sviluppo economico e occupazione ed a proseguire sulla strada giusta come è stato fatto col Porto Franco.
E' bene che cominciamo a impratichirci con il millenario pensiero cinese:
"L’uomo che sposta le montagne comincia portando via i sassi più piccoli" (Confucio).
Ecco l' articolo del Piccolo che abbiamo citato:
I DUE “SINDACI”
DI TRIESTE
di ROBERTO MORELLI
L’aria
di rinascita
che si respira
dipende innanzitutto
dalla forma smagliante
attraversata dal porto
governato da un manager
come D’Agostino
Da quanto non accadeva,
che Trieste potesse
guardare all’anno che
verrà con una fiducia non venata
d’incognite? Da quanto, che
potessimo attenderci una città
in condizioni migliori di qui a
12 mesi senza essere presi per
folli? Forse non è mai accaduto
a memoria recente. E a dirlo fa
quasi impressione: il 2018 si
apre con ottimi auspici per l’economia
del capoluogo e in generale
dell’area giuliana.
Se poi
gli auspici diventeranno fatti,
dipenderà in gran parte da noi.
L’aria di rinascita che si respira
come mai in passato ha due
anime: il porto e il turismo.
Ed è
la prima quella che conta.
La seconda
è un acceleratore, un’iniezione
di adrenalina; è lo sprizzo
di vitalità che promana quando
gli spettatori alla tua corsa ti dicono
che ce la puoi fare.
La forma smagliante dello
scalo dipende da una combinazione
di fattori, e in primis da
un manager dalle idee chiare e
dalla capacità di realizzarle come
Zeno D’Agostino, a cui
non difetta pure l’abilità di navigazione
politica.
Nominato
dalla sinistra, non gli è stato
torto un capello dalla destra:
sia perché ha cercato e trovato
la quadratura del cerchio di un
conflitto quasi secolare (recupero
del porto vecchio e contestuale
rilancio del punto franco,
anziché le due istanze contrapposte),
sia perché ha trovato
nel sindaco Dipiazza un sostegno
pragmatico e fattivo,
laddove un politico più “ideologo”
si sarebbe messo di traverso
rivendicando le competenze
sulle aree cittadine.
La governatrice Serracchiani
ha offerto una strategia, un
ombrello istituzionale e l’autostrada
romana (soldi e decreti),
completando il quadro di
una troika politicamente
scombinata che compone proprio
il Comitato di gestione del
porto. Con il recente decreto
attuativo delle franchigie,
Trieste
è oggi l’unica città al mondo
con due sindaci: l’uno (Dipiazza)
governa la città, l’altro
(D’Agostino) i punti franchi ormai
fisicamente staccati dal
porto. Che la cosa funzioni, è
un mezzo miracolo. Eppure
funziona.
Ma l’accelerazione dirompente
sta arrivando da altrove.
Come la Trieste asburgica fu
fatta da ebrei, greci e armeni,
così quella di questo quarto di
secolo potrebbe essere fatta
dai cinesi.
Trieste sarà con Genova
lo snodo italiano della
“Via della Seta”, ovvero del colossale
progetto di “colonizzazione”
(parola che disturba,
ma così è) da parte della Cina
del sistema euro-asiatico dei
trasporti marittimi.
Le visite incrociate
delle delegazioni governative
cinesi e italiane non
sono state quattro viaggetti a
vanvera: a Pechino non si perde
tempo in blablà istituzionali.
Una relazione privilegiata di
traffici con Shanghai comporta
la connessione con una distesa
di 1.300 moli lungo 127
chilometri lineari per 5.000
chilometri quadrati: l’equivalente
di uno scalo ininterrotto
da qui a oltre Venezia. Non è
un porto: è il centro del mondo.
L’arrivo a Trieste nel 2018 di
una delegazione della “China
Construction”, ovvero il più
grande progettista e costruttore
di porti dell’Asia, ci dice
molte cose.
La prima: l’unica
free zone portuale europea che
include la lavorazione industriale
ha fatto drizzare le orecchie
a chi in Cina determina
rotte e investimenti inimmaginabili,
a dimostrazione del fatto
che i punti franchi non erano
l’ossessione di quattro nostalgici
di un mondo estinto.
La seconda: per la Cina muovere
traffici significa anche e
soprattutto costruire, gestire e
controllare le infrastrutture
portuali, ovvero il business.
La
terza e più importante: se quest’opportunità
decolla, è di tali
dimensioni da prefigurare opportunità
di sviluppo per Trieste
che non riusciamo ancora
a considerare.
Non sappiamo dove questo
ci porterà.
Forse avremo centinaia
di aziende cinesi in aree
franche sempre più estese, e
con un “sindaco del porto”
sempre più importante.
Forse
nella gestione dei moli nuovi
nomi impronunciabili si affiancheranno
a quelli familiari
di Maneschi, Parisi, Samer.
Forse non basterà un Molo Ottavo,
e tra vent’anni anche la
Ferriera sarà un’enorme e redditizia
banchina movimentata
da chi alimentava l’altoforno,
e avremo trovato un qualche
Paperone d’Asia che l’avrà
smantellata.
Forse non accadrà
nulla di ciò: ci accapiglieremo
per anni su qualche questione
di principio, e il tutto
svanirà come una bolla di sapone (soprattutto se permetteremo alla burocrazia, al fisco e alla criminalità italiani di sabotarci NdR)
Sicché anche il 2018 non
sembra più così diverso dai
precedenti. Siamo come sempre
a un bivio. E sta a noi scegliere
la direzione, o rimanere
come sempre pensosi davanti
al bivio.
RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -
AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -
domenica 31 dicembre 2017
2018 LA SVOLTA - PORTO FRANCO: BATTAGLIA GIUSTA E VINCENTE - "I punti franchi non erano l’ossessione di quattro nostalgici di un mondo estinto" lo scrive persino il Piccolo - IN ITALIA TUTTE LE COSE BUONE SONO MINACCIATE DALLA MAFIA - Autonomia come a Bolzano, e collaborazione mitteleuropea sulla sicurezza, per non permettere a burocrazia, fisco e criminalità italiani di sabotare la rinascita di Trieste e del suo Porto Franco Internazionale -
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