RESTITUIRE TRIESTE AL FUTURO -

AUTONOMI DALL' ITALIA MA CONNESSI CON IL MONDO - RESTITUIRE TRIESTE ALLA MITTELEUROPA - RESTITUIRE TRIESTE AL SUO FUTURO: CENTRALE IN EUROPA INVECE CHE PERIFERICA IN ITALIA -

lunedì 10 dicembre 2018

PAURA XENOFOBA ANTICINESE DIFFUSA DAL PICCOLO: SI ATTIVANO I NEMICI DI TRIESTE INTERNAZIONALE E I PALADINI DI MISERABILI PICCOLI INTERESSI LOCALI - PAURA "IDENTITARIA" DI CARTELLI IN LINGUA CINESE: SIAMO ALLE SOLITE, SOLO CHE STAVOLTA TOCCA AI CINESI CHE PORTANO INVESTIMENTI E SVILUPPO ECONOMICO -


ORRORE ! ".. non solo il Pireo, ma anche l’aeroporto Venizelos e il centro della capitale sono punteggiati da negozi, cartellonistica e pubblicità nella sola lingua cinese ". Questo ci tocca leggere oggi sul Piccolo a pag. 14 insieme all' appello alla difesa dell' identità nazionale contro "gli stranieri".

Fobia ai cartelli in lingua estera: come ai bei tempi della lotta al "bilinguismo". Il Piccolo, che cambia proprietario e perde il pelo ma non il vizio, rispolvera un evergreen della miserabile "classe dirigente" locale spaventata dall' arrivo di potenziali concorrenti che possono scalzarla dalle parassitarie rendite di posizione attuali.
Ricordate anche quando la Zona Franca Transfrontaliera prevista da Osimo (che adesso Gorizia ha chiesto di avere) non è stata fatta partire con la scusa della paura di inquinamento culturale ed etnico proveniente dai Balcani? Ma in realtà per tutelare i potentati locali?
Stavolta non è il "pericolo slavo" bensì quello cinese che però ha le spalle larghe e ampia  disponibilità di capitali per investimenti produttivi di cui Trieste ha assoluta necessità per rilanciare l' economia altrimenti destinata all' italico disastro incombente.

Il Piccolo si duole del fatto che "Pechino riprenderebbe quel che Vienna lasciò: è il paradosso di una città fatta grande dagli stranieri".
"Stranieri" ? Chi è più straniero di Roma che dopo essersi fatto di Trieste un fiore all' occhiello della presunta "unità nazionale" l' ha spinta in una decadenza inarrestabile separandola dal suo entroterra naturale mitteleuropeo e fatta diventare l' unica città del continente che ha meno abitanti del censimento del 1910, mentre la media è quella della quadruplicazione dei residenti ?!?

Il Piccolo fa appello alla vera e collaudata xenofobia identitaria e alla paura dei cartelli in più lingue:  "Perfin le indicazioni per Miramar in cinese, siora Pina! Dove anderemo a finir?"... "Anche da Mirela i ga cambià l' insegna in Mir-Cin-Cela: poveri i nostri zovini... !".

L' inqualificabile giornale locale
, con questo articolo dell' eterodiretto (da interessi locali) Roberto Morelli, invita a " essere consapevoli delle proprie radici". Appunto: esse sono solidamente mitteleuropee come dimostra la nascita e lo sviluppo del Porto Franco e della città e come testimonia concretamente la rete di collegamenti ferroviari che riproponiamo sotto.
E le nostre radici sono sempre state nei traffici fra Europa e Oriente, Cina compresa, con il porto di Shanghai ben collegato con Trieste fin dalla metà dell' '800.

Trieste è sempre stata la cerniera tra Oriente ed Europa: questa è la sua identità.

Lo hanno capito bene al liceo Dante dove tra le lingue straniere hanno introdotto lo studio del cinese 
e perfino alcuni cartelli dei gabinetti sono scritti anche in quella lingua senza che ciò abbia turbato nessuno.
E dove invece di farsi spaventare dai pennivendoli perchè "...
 è la componente culturale e sociale quella destinata a sconcertare di più, se mai un disegno siffatto si avvererà."
 pensano al futuro dei ragazzi invece di destinarli all' emigrazione che colpisce tanti giovani triestini allevati a Tricolore e banalità da secolo scorso.

Il presidente D' Agostino ha più volte precisato che non c'è alcun problema di monopolizzazione del porto da parte di imprese cinesi perchè, oltre al fatto che altri terminal sono gestiti da anni da Turchi e in futuro probabilmente da Arabi del Dubai (il Piccolo non si preoccupa dei cartelli in turco e arabo?), il porto non è in svendita perchè forte e ben connesso con l' area di riferimento. L' esatto contrario di quello che era successo al Pireo. Evidentemente, oltre agli omaggi di rito in ogni articolo, non si tiene conto della sostanza di quello che dice.

Qui di seguito il testo dell' articolessa di Morelli a pag. 14 del Piccolo che ha avuto purtroppo eco sui media nazionali dove parlano di "dubbi" locali sugli investimenti cinesi a Trieste:

I CINESI E TRIESTE TRA RISCHI E OPPORTUNITA'
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Sciocco contrastare i capitali stranieri ma abdicare alla propria identità lo sarebbe altrettanto -di tal Roberto Morelli

"L’interesse della Cina per Trieste si è spostato dal cono di luce e fatto più discreto. Ma non per questo è meno forte: anzi, mira a fare dell’Alto Adriatico un ganglio della Via della Seta, il colossale progetto di sviluppo e controllo delle infrastrutture di trasporto euroasiatiche. Pechino ha solo compreso che in Italia, diversamente da quanto fatto in Repubblica Ceca e in Grecia, è meglio muoversi con passi felpati. Ma l’Italia è cruciale per la Via della Seta, e Trieste è dichiaratamente il porto preferito dal governo cinese. E se i progetti andranno a compimento, la città dei prossimi dieci anni potrebbe essere molto diversa da quella attuale. Nel bene e nel male: sviluppo economico contro “cinesizzazione” strisciante. senza che la svolta si possa giudicare con un taglio netto. SCENARI E CONCRETEZZA Sembra uno scenario da risiko, eppure è un insieme di azioni concrete. China Merchant Group, uno dei più grandi terminalisti del mondo, riconducibile al governo di Pechino, si appresta ad acquisire la maggioranza della Piattaforma logistica del porto di Trieste dagli attuali soci (Parisi e Icop): si tratta della più grande opera in costruzione tra gli scali italiani, di fatto un enorme piazzale che, congiungendosi allo Scalo Legami, comporrà un’infrastruttura sul mare da 26 ettari. Sarà completata tra circa sei mesi e sarà decisiva per lo sviluppo del porto, giacché per uno scalo moderno gli spazi a terra sono altrettanto importanti di quelli a mare. Ma il boccone ancor più grosso è un altro: la Ferriera. Davanti a un Arvedi scorato e scocciato per la pressione alla chiusura a cui è sottoposto, e con la mediazione lungimirante di un’Autorità portuale che ben comprende la valenza strategica di quella potenziale area di scalo, tutto lascia credere che un’offerta d’acquisto da parte dei cinesi di Cmg prima o poi pioverà sul tavolo. Offerta provvidenziale: nessuno in Italia (men che meno lo Stato) avrebbe le risorse a nove zeri per bonificare e rilanciare Servola che, senza l’intervento di un colosso straniero, sarebbe destinata a rimanere un fantasma di cemento per decenni. La bonifica, la trasformazione in terminale anche ferroviario e la fusione con la Piattaforma logistica ne farebbero uno spazio portuale di dimensioni e opportunità oggi inimmaginabili. Sarebbe un bene, sarà un male? Dipende da come la città si attrezzerà. Per l’economia locale sarebbe una manna dal cielo, poiché potrebbe restituire gradualmente a Trieste la centralità dei traffici che non ha più avuto dall’inizio del Novecento. Pechino riprenderebbe quel che Vienna lasciò: è il paradosso di una città fatta grande dagli stranieri. Ma con una miriade di punti interrogativi: lo sbarco cinese in Europa, che ha per ora nella Repubblica Ceca la base strategica (con presenza massiccia nell’energia, la finanza, i trasporti), rivela che i nuovi gestori tendono a costruire e lavorare con personale cinese. Un’ipotesi da contrastare dal bel principio, con accordi chiari condotti dall’Autorità portuale. Ma è la componente culturale e sociale quella destinata a sconcertare di più, se mai un disegno siffatto si avvererà. Cmg gestisce 53 porti, tra cui quello di Atene. Ebbene non solo il Pireo, ma anche l’aeroporto Venizelos e il centro della capitale sono punteggiati da negozi, cartellonistica e pubblicità nella sola lingua cinese, del tutto incomprensibili a greci ed europei. CONSAPEVOLI DELLE PROPRIE RADICI Siamo preparati a una trasformazione del genere? Nessuno può esserlo. Contrastare i capitali stranieri sarebbe una reazione sciocca e masochista, per chi ama pensare al futuro dei propri figli qui. Abdicare alla propria identità, storia e cultura lo sarebbe altrettanto. È in questa consapevolezza di sé e delle proprie radici, se mai il risiko diventerà attuale, che Trieste potrà prosperare senza negarsi e abbruttire in una dimensione indistinta.

LE RADICI DI TRIESTE




1 commento:

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